Persone con minorazioni aggiuntive. Testimonianze – azioni – prospettive, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Un universo di persone che hanno sempre incontrato una attenzione minore di quanto fosse loro dovuto.
Una realtà umana e sociale che dobbiamo abituarci a tenere sempre in cima alle nostre priorità e verso la quale mai potremo dire di aver fatto abbastanza.
Persone che recano su di sé, insieme alla disabilità visiva, fattore già costitutivo di gravissima minorazione, ulteriori e più gravi limitazioni fisiche, sensoriali e psichiche, tali da richiedere la cura continua, la presenza puntuale, l’azione costante delle istituzioni preposte e della nostra Associazione di tutela.
Istituzioni le quali sono chiamate a predisporre supporto, servizi e azioni positive; Associazione che deve saper assumere su di sé, senza riserve, l’onere della tutela e della rappresentanza, per assicurare a queste migliaia e migliaia di cittadini la dignità della vita, la libertà dal bisogno, la parità dei diritti umani e civili.
Senza dimenticare, infine, l’universo variegato, talvolta contraddittorio e dolente delle famiglie, alle quali troppo spesso viene lasciato il compito della cura e dell’assistenza in un contesto di solitudine sociale e di latitanza istituzionale non più accettabile.
Diciotto mesi or sono, quando ho assunto l’onere della presidenza nazionale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, mi sono prefisso di porre questo tema tra le priorità assolute, chiedendomi innanzitutto quanto avevamo già fatto in termini di azioni positive e quanto fosse ancora da fare per raggiungere gli obiettivi minimi di presenza, di cura, di assistenza.
Grazie all’attività della nostra apposita commissione nazionale, coordinata dal vice presidente Luigi Gelmini, abbiamo messo a punto un programma di ricognizione dell’esistente, tale da darci un quadro della realtà corrente, dei servizi disponibili sul territorio, dello stato reale di difficoltà di tante persone e di tante famiglie.
Nel contempo abbiamo continuato e rafforzato la nostra sia pur modesta azione di supporto soprattutto verso le persone con contemporanea disabilità visiva e uditiva tramite l’organizzazione e il finanziamento di specifici periodi di soggiorno marino e montano, grazie anche all’opera della nostra Angela Pimpinella, ora, finalmente, coordinatrice anche di una commissione nell’ambito dell’EBU European Blind Union.
Come terzo elemento di attenzione, abbiamo profuso ogni nostra immaginabile energia per dare attuazione concreta a una disposizione di legge che ci assegna il compito di edificare e strutturare un “Centro di alta specializzazione dedicato alle persone colpite da cecità e da disabilità aggiuntive, tramite l’intervento operativo della nostra Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi.
Una disposizione di legge che ha stanziato un contributo straordinario di cinque milioni di Euro, purtroppo immobilizzati da quasi dieci anni nel pantano della burocrazia amministrativa delle autorizzazioni edilizie, forse anche a causa di scelte iniziali da parte nostra rivelatesi non proprio adeguate, tanto che l’autorità dello Stato era in procinto di avviare l’azione di recupero e riassorbimento della somma già messa a disposizione del progetto.
Grazie all’impegno solerte di Rodolfo Masto, presidente della Federazione e di Claudio Cassinelli, coordinatore del progetto, i quali mai mi hanno fatto mancare la loro disponibilità e il loro lavoro di supporto, siamo riusciti a portare a termine l’acquisizione della sede del Centro, mediante una operazione di cristallina trasparenza che ci ha visto acquirenti dell’immobile in sede di asta giudiziaria, mentre stiamo per dare inizio ai lavori di ristrutturazione e di adattamento che dovrebbero essere completati nell’arco di alcuni mesi, ponendo finalmente nelle nostre mani un gioiello di struttura di profilo nazionale ed europeo.
Una struttura che vogliamo elevare a punto di eccellenza e di riferimento in ambito scientifico e operativo, confidando sul contributo di idee, di proposte e di managerialità che venga innanzitutto dalle nostre realtà disseminate sull’intero territorio, ma che sappia coniugare e collegare anche tutte quelle organizzazioni nazionali che offrono oggi interventi e servizi di qualità, verso le quali dobbiamo guardare con umiltà e modestia, consapevoli della credibilità che hanno saputo acquisire grazie al loro lavoro, nonché pronti a promuovere ogni utile azione volta alla crescita reciproca, rispettosa e produttiva, nel superiore interesse dell’utenza.
Nei mesi scorsi dunque, abbiamo dato vita a tre incontri seminariali di studio e di approfondimento della tematica, delle risorse e delle prospettive, che si sono tenuti a Verona, a Roma e a Napoli, consentendoci una ricognizione puntuale e dettagliata della realtà del territorio, dalla quale dovremo saper partire per promuovere e coordinare interventi in sede locale e regionale che mantengano sempre e comunque un’impronta di profilo unitario e un’operatività basata su modelli di riferimento dagli standard di qualità elevata, secondo una validazione scientifica di livello europeo.
Dagli incontri succitati, emerge la fotografia di una realtà variegata, pur sempre ricca di risorse e soprattutto sostenuta da una tenace, disperata volontà umana di offrire risposte che abbiano l’impronta dell’adeguatezza, della continuità, della dignità.
Per dare consistenza al lavoro svolto e visibilità all’impegno di tante persone in ogni angolo d’Italia, abbiamo voluto raccogliere le testimonianze in un volume che ne consenta la conoscenza e che offra una panoramica ampia dell’esistente, a disposizione delle famiglie toccate dal problema, dei nostri dirigenti sul territorio, degli operatori sociali e sanitari, degli amministratori locali e regionali, delle autorità politiche a ogni livello.
Un insieme di testimonianze che possa diventare la base del nostro lavoro dei prossimi cinque anni, nei quali il ruolo di rappresentanza e di tutela esercitato dall’Unione deve farsi più pressante, continuativo, efficace, mantenendo il tema delle disabilità aggiuntive al centro di ogni azione associativa in ambito nazionale, territoriale e locale.
Una piattaforma di lavoro che vogliamo consegnare al nostro XXIII congresso di prossimo svolgimento, ma anche un messaggio da trasmettere immediatamente alle autorità politiche del Paese, oltre che un invito a tutte le altre organizzazioni prestigiose che operano nel settore a congiungere competenze, risorse e capacità operative per destinarle, unite, a mettere in atto azioni positive sempre più efficaci ed efficienti, in una prospettiva nuova di collaborazione, di fiducia, di reciprocità nel supporto.
Con questi intenti abbiamo profuso energie nei mesi scorsi; con questi propositi presentiamo le risultanze del nostro pur breve lavoro, perché se ne possano trarre serenamente giudizi, proposte, prospettive, lontani da qualsivoglia autocelebrazione o ambizione egemonica, desiderosi soltanto di tenere al centro della scena, per i prossimi anni, questa delicata tematica .

Mario Barbuto
Presidente Nazionale

Presentazione al Consiglio Nazionale, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Non è facile presentarsi in poche righe. Proprio per questo, invece di farlo attraverso un formale curriculum e la descrizione dei progetti, ho scelto prima di presentarmi attraverso un racconto dei miei 55 anni e secondariamente di illustrare quello che è il mio sogno. Parlo di sogno, non tanto perché ritengo che sia qualcosa di irraggiungibile, anzi!, ma perché, anche se si sogna da soli, un sogno può essere realizzato solo se si è uniti e lo si condivide.
1. Vi racconto la mia storia
Per prima cosa chiarisco il mio handicap, sono una persona fortunata o sfortunata a seconda di come si vede la vita, personalmente non lo so neppure io passano i giorni e non riesco ancora a definirmi, alcuni giorni mi ritengo fortunato in quanto la mia vita è continuata a migliorare sotto certi aspetti, altri giorni penso che è veramente difficile convivere con il nostro handicap.
Vi spiego subito perché.
Ho passato i miei primi 40 anni come vedente, non proprio un aquila ma neppure una talpa, improvvisamente per distacchi di retina La mia vista ha iniziato a peggiorare, sei operazioni non sono servite ad evitare di diventare in pochi mesi ipovedente.
Non finisce qui, ma il continuo peggioramento in una manciata di anni si è concluso con l’ultimo verdetto, cieco.
Ma ricominciamo dal principio… scuole elementari medie e liceo classico a Brunico
Una piccola cittadina a due passi dal confine austriaco, in provincia di Bolzano, dove convivono due gruppi linguistici italiani e tedeschi. Chiariamo subito, abbiamo una mentalità mitteleuropea dove due culture importantissime della vecchia Europa si incontrano e a volte si scontrano ma attualmente, prevale sempre la volontà di comunicare e risolvere le problematiche.
Dopo il liceo ho scelto una facoltà universitaria che si avvicinasse al mio carattere, un insieme di avventura e spirito di sacrificio, medicina veterinaria a Parma.
Anni favolosi, ricchi di amicizie in tutta Italia e non solo, tanto sport e anche tanta fatica sopra i libri. Ho citato lo sport, altro elemento fondamentale della mia vita. Ho praticato numerosi sport sia singoli che di squadra, per piacere o per agonismo, ma soprattutto continuo a praticarli e invito tutti a farlo, specialmente noi con ridotta mobilità, perché ne abbiamo tanto bisogno: non serve correre e sudare, ma camminare è obbligatorio per tutti noi, minimo 30-60 minuti tutti i giorni.
Alla fine mi sono laureato a Torino per la collaborazione attiva con un professore di quella università, sviluppando una tesi sulla protezione animale richiestami dal ministero della sanità e che successivamente ha dato il via alle leggi nazionali riguardanti benessere e protezione degli animali in Italia.
Durante gli ultimi anni di università facevo pratica presso una clinica per piccoli animali e in estate seguivo un veterinario specializzato in vacche, maiali, galline, cavalli e tutti gli animali della vecchia fattoria.
Subito dopo la laurea sono volato in Canada e li ho perfezionato le cure indirizzate verso i cavalli, animale che mi ha sempre affascinato.
Rientrato in Italia ho incominciato subito a lavorare nel mondo bucolico dei contadini di montagna che è dentro a tutti noi, meraviglioso, sicuramente il lavoro più bello al mondo, tutti i giorni su e giù dalle montagne con il fuoristrada attrezzato per ogni evenienza ma soprattutto per arrivare in qualsiasi luogo e con qualsiasi tempo.
Giorni indimenticabili, persone indimenticabili, che arricchiscono la vita non a tutti ma solo a coloro i quali ne sanno cogliere le sfumature.
Operavo vitelli, curavo vacche e cavalli, correvo di notte per i parti o i collassi e le urgenze, per hobby operavo rapaci gratuitamente in una clinica dedicata a questi nobili animali e sostenuta dal WWF, seguivo cani e gatti di amici e familiari o turisti, nel tempo libero mi sono specializzato in ginecologia equina e diagnostica per immagini diventando in poco tempo veterinario ufficiale ANICA (associazione nazionale italiana cavallo arabo) e veterinario FISE (federazione italiana sport equestri).
Questo idillio è durato fino al 2001 dove per successivi distacchi di retina mi sono dovuto arrendere e appendere le siringhe e bisturi compreso l’ecografo e l’iscrizione all’albo dei veterinari, dicevo appenderli al chiodo ma soprattutto farmene una ragione, cosa non facile. Dopo una vita lavorativa dinamica e contemporaneamente coinvolgente.
Mi sono ritrovato fermo immobile, con mille incertezze e mille paure, anni duri e difficili supportati splendidamente dalla mia famiglia, moglie e figlio, che in quegli anni era appena nato.
Sono diventato una persona con ridotta mobilità. La vita non poteva finire li, anche se il mio carattere scalciava dentro di me facendomi soffrire non poco.
Bene alzati e cammina, disse…
E io mi sono alzato e con l’ausilio del computer ho aperto una società di consulenza in internet per mediazioni internazionali. Fermo dal mio ufficio ricercavo tramite internet clienti o prodotti per società. Sono entrato in partnership con il presidente di industria e commercio svizzero e con la sua SPA abbiamo cooperato in diverse transazioni internazionali, con clienti e istituti italiani ed esteri.
Un giorno l’assessore Provinciale all’agricoltura mi chiama e mi dice “Lei deve essere dei nostri ed entrare a collaborare nel mio staff!”. Detto fatto ho accettato subito, il richiamo bucolico era troppo forte, l’illusione appariva come ritornare vedente e riesumare il passato.
La collaborazione è iniziata come consulente per i contadini di montagna. Dovevo illustrare, in lingua esclusivamente tedesca, la normativa sui contributi unici comunitari, le leggi e regolamentazioni CEE, oltre che tenere convegni per sensibilizzare gli agricoltori sui nuovi regolamenti attuativi.
Successivamente sono passato alle progettazioni e allo sviluppo di idee. Li mi sono divertito ad applicare tutto quello che avevo toccato con mano negli anni precedenti. Ho elaborato progetti su misura per tutti quegli agricoltori che, vivendo sulle montagne, erano fortemente svantaggiati rispetto ai loro colleghi di pianura. La mia filosofia era ed è produrre, trasformare, vendere, ovvero vendita diretta senza intermediari, trasformando i prodotti primari della terra e offrendo al compratore una chiara idea di cosa acquista e quindi cosa mangia o beve. Non trascurabile il creare reddito per il produttore che eliminando la catena alimentare ed istruendolo nella produzione, nella trasformazione, nella conservazione e nella vendita del prodotto alimentare realizzavo in lui un’autonomia lavorativa per tanti inimmaginabile, conoscendo loro solo la grande distribuzione.
Ho progettato, trasformato, ma soprattutto venduto in tutta Italia, (chi fosse interessato, mi può contattare e sarò ben lieto di inviargli alcuni dei miei progetti più significativi). Contemporaneamente, mentre lavoravo come consulente, sono entrato in società in una cooperativa di Reggio Emilia che necessitava di supporto in campo agroalimentare. Con loro sto sviluppando progettualità sull’Appennino Emiliano e non solo,
Tutto questo può essere bello e interessante, ma voglio sottolineare che io, come te che leggi e sei ipovedente o cieco, ho passato anni difficili anzi molto difficili, per cercare di accettarmi e farmene una ragione ma soprattutto per convivere con quel lungo e bianco bastone che per gli altri rappresenta la nostra debolezza e per noi tanta solitudine. Come a tanti, anche a me è accaduto di provare disprezzo verso quel bastone bianco, quella sedia a rotelle immaginaria che divide il normale dall’handicap.
Attualmente sto passando all’area amministrativa dell’azienda sanitaria provinciale, ma il mio sogno è quello di tornare medico veterinario anche con handicap visivo.
Personalmente confido nella elezione di un direttivo dinamico, capace di interagire ma soprattutto di essere presente e comunicare.
Credo che chi si vuole candidare al consiglio nazionale della nostra Onlus deve essere fortemente motivato, deve credere di poter apportare la sua esperienza per un unico fine quello di essere utile a tutti i nostri soci.
Inizio cosi la mia seconda parte quella dedicata alle promesse, al programma, al mio sogno da condividere, ma soprattutto da realizzare.
2. Il mio sogno
Progetti, sogni, possibilità si fà presto a scriverli non sono mai le idee che mancano, attuarle è tutt’altra cosa, bisogna trovare un gruppo di persone motivate che lavorano anche quando i riflettori sono spenti, ma soprattutto che remino tutti nello stesso verso, questo è il compito del manager, del coordinatore o del dirigente.
L’UICI ha indiscutibilmente fatto tantissimo fino ad oggi, di questo bisogna rendergliene atto, ma non bisogna assolutamente essere paghi in quanto c’è ancora moltissimo da fare.
Gli ultimi 15 anni sono stati una svolta, i computer, internet, le sintesi vocali, i telefonini di ultima generazione hanno dato una forte accelerazione alla vita di tutti, compreso noi minorati della vista, apportando grandi vantaggi sia sulla quotidianità che per l’informazione e la comunicazione.
La comunicazione nel mondo è diventata normalità, se prima ci si muoveva per conoscenze o per sentito dire oggi basta un click e tutto è alla nostra portata, sfruttiamolo.
Cosa centra con noi tutto ciò? Moltissimo!
Comunicare è diventato un verbo facile, semplice, ma soprattutto non ha più scusanti. La nuova dirigenza deve comunicare in tempo reale sia tra dirigenti che con i soci.
Solo in questa maniera si ha la piena consapevolezza delle problematiche, ma non solo, anche i vantaggi o le novità, questo significa dedizione, disponibilità e presenza sul territorio.
Punto fondante per il nostro futuro è il nuovo statuto che ripete o meglio segue gli sviluppi di una Politica Italiana che attualmente fatica ad illuminarsi sufficientemente di luce propria.
La strada scelta non è sbagliata ma a parer mio toglie molta identità alle sezioni che sono il vero cuore della nostra Unione.
Sono convinto che le sezioni sono la locomotiva di tutto e come tale deve essergli data maggiore rilevanza. I soci si interfacciano con i dirigenti locali e la realtà delle Province è mutevole e assolutamente non paragonabile, eventualmente solo confrontabile una provincia con l’altra.
un solo coordinamento Regionale o Nazionale toglie l’autonomia e l’indipendenza fondamentale per i nostri soci che in ogni caso per ora è solo a parole annunciata come “autonomia sezionale” ma che dovrebbe essere e divenire assolutamente una realtà.
Il centralismo, ovvero dirigenza e presidenza, devono dare massima priorità e collaborazione alle sezioni, affinché tutte seguano un iter di crescita e sviluppo, con consulenze, meeting e aggiornamenti atti ad uniformare tutte le sezioni.
A livello regionale basta solo ed esclusivamente un unica persona che funga da portavoce o rappresentanza con i responsabili politici del potere esecutivo e di coordinazione Regionale, supportato eventualmente da uno o più rappresentanti di sezione, qualora ne insorga la necessità.
Questa figura di Presidente Regionale, deve collaborare attivamente con le sezioni rispettando l’autonomia sezionale ed eventualmente ha il compito di costituire commissioni per risolvere diatribe o problematiche, oltre che essere figura consultiva e propositiva per le sezioni stesse.
Avendo la supervisione di tutte le sezioni ha pure il compito di interagire mettendo a confronto problematiche e soluzioni interne alle sezioni stesse.
La Presidenza Nazionale con la sua direzione ha un compito istituzionale molto importante proprio a questa deve essere data massima rappresentatività e visibilità, tutte le grandi novità passano attraverso il loro operato. Per visibilità non intendo la loro immagine ma la trasparenza nel loro operato, con pagine dedicate sul nostro sito nazionale, divise singolarmente per attività.
Oltre che una direzione Nazionale forte e collaborativa deve assolutamente essere consultabile e raggiungibile da tutti dirigenti e anche da soci, via e-mail o telefonicamente senza dover assistere ad attese infinite o lunghi silenzi senza risposte.
il dirigente nazionale si deve prendere cura in primis di diritti e doveri dei soci, deve rappresentare una figura di riferimento una persona super partes che apporti risorse a tutti.
L’attuale nostro Presidente Mario Barbuto sta svolgendo correttamente il suo compito per quel che mi riguarda è sempre stato molto attivo impegnandosi a rispondere puntualmente alle richieste o problematiche sottopostegli, non voglio per questo avvantaggiarlo rispetto a candidati come Nicola Stilla e Simone Giuseppe che stimo in egual maniera, ma auguro a loro che vinca chi ha veramente voglia di lasciare scritto il suo nome come persona dinamica, moderata, con un briciolo di follia e curiosità, gli chiedo solo di prendere decisioni e non essere titubante, gli errori si possono correggere, ma se si ha paura di sbagliare si perde in partenza e ai nostri soci non rimarrà nulla.
Il nostro governament non deve essere diretto da correnti o raggruppamenti che ricordano il mal costume politico nazionale ma deve assolutamente emergere la meritocrazia e l’uomo o individuo singolo, come tale deve saper fare un passo indietro, per tanti è una sconfitta personale per me un elogio alla responsabilità. Spero vivamente che queste parole non si perdano nel vento ma che crescano dentro ognuno di noi con la consapevolezza che siamo solo di passaggio e che se vogliamo che rimanga una traccia di noi dipende solo dal nostro operato.
Non sono più concepibili e assolutamente anacronistiche le convivenze politiche o i raggruppamenti pro o contro, in una onlus senza fini di lucro,
L’Unione deve essere fatta dalle persone e gli statuti devono solo essere un atto di regolamentazione interna alla quale si deve dare un’occhiata ogni tanto, non è un codice comportamentale o un regolamento da seguire in risposta a problematiche appellandosi ad uno o l’altro articolo statutario.
Il nostro unico e indiscutibile fine deve essere la risoluzione dei problemi dei nostri soci.
Parliamo di immagine, benissimo credo che ci sia molto da lavorare, l’immagine della nostra onlus non riguarda il direttivo e le sue capacità e professionalità ma solo ed esclusivamente i nostri soci,
spesso troppo soggetti a visite oculistiche da parte di comuni cittadini per non citare datori di lavoro o colleghi e non per ultimo controllori e autisti di mezzi pubblici ecc., che mettono in dubbio il nostro handicap. La nostra categoria è stata fortemente denigrata da falsi ciechi o persone che attraverso i media attaccando giustamente i truffatori hanno messo in dubbio la credibilità di tutti noi. Il direttivo deve difendere e valorizzare la nostra minorazione sempre comunque e in tutti i casi, tutti i direttivi sia il nazionale che Regionale e di Sezione devono seguire i disagi sia quelli già costituzionalmente e legalmente protetti per legge sia le problematiche nuove o minori, non lasciando mai solo il singolo o gruppo di soci.
Sul tema lavoro, diciamo che più che un problema è una assoluta disperazione, che riguarda tutti noi e i nostri figli, vedenti o non vedenti.
A riguardo propongo di continuare la politica pressante o addirittura farla diventare asfissiante, verso gli organi competenti che ogni sezione e ogni direttivo Regionale e Nazionale ha svolto diligentemente fino ad oggi.
Propongo una maggiore collaborazione interna sfruttando le risorse che sono presenti dentro la nostra Unione.
Coinvolgiamo le nostre risorse intellettuali e intellettive, aprendo cooperative sociali che creino reddito ai nostri soci, creiamo una rete di contatti una raccolta sia nazionale che regionale delle professionalità e attraverso le cooperative si può operare abbattendo spese di contabilizzazione e gestione. Potremmo cosi sviluppare attività che possono integrare redditi personali o che siano le risorse primarie individuali.
Potenzialità come insegnanti, professionisti, appassionati di software e hardware, medici, ingegneri, operatori sociali, interpreti, ragionieri… possono attraverso la collaborazione interna trovare opportunità di collocarsi dentro la nostra Unione fornendo e potendo far fruire servizi internamente a noi. Possiamo creare autonomamente quelle risorse che mancano, non dimentichiamoci tra l’altro che le nostre professionalità danno sicuramente maggior piacere lavorativo, che a tanti manca.
Cosi facendo questo start lavorativo potrebbe avere l’occasione di espandersi anche fuori dall’ambito della nostra disabilità, creando non poche soddisfazioni.
Sono consapevole che il tema lavoro ha molte sfaccettature e che i posti protetti sono indispensabili ma credo sia giunta l’ora di iniziare a progettare alternative o possibilità che ci aiutino a crescere.
Questo a mio parere dovrà essere uno dei compiti del nuovo direttivo e so per certo che tematiche di certo peso non solo mie ma dentro tanti dirigenti, creiamo un gruppo di lavoro, confrontiamoci, collaboriamo per un unico fine, questo è quello che ci chiedono i nostri soci, dobbiamo accontentarli.
Qualora non venissi eletto in ogni caso metterò a disposizione il mio bagage culturale sperando di poter essere utile e fornire anche gratuitamente possibilità di crescita e soddisfazione per i nostri ragazzi e o disoccupati che vogliano intraprendere la strada singolarmente o associativamente nell’imprenditoria agricola o nelle cooperative sociali o cooperative societarie, per queste tematiche lavorative sono disponibile ad essere contattato fin da oggi.
Ai nuovi candidati alla poltrona presidenziale e al consiglio Nazionale auguro buona fortuna,
Spero che il mio profilo possa essere utile alla nostra Unione.
Lavorare o collaborare con l’Unione deve diventare un onore un privilegio e non un titolo davanti al nostro nome e il fine ultimo deve essere e rimanere solo l’interesse dei nostri associati.
Auspico che anche senza il mio apporto il mio sogno si realizzi, diversamente metterò tutto me stesso affinché questo sogno diventi anche il tuo.

Valter Calò
Presidente UICI Alto Adige
Valtercalo21@gmail.com

La Spezia – Targa al Prof. Lucio Carassale

Mercoledì 16 settembre alle ore 11.00 nella Sala Giunta del Comune della Spezia, verrà consegnata una targa al Prof. Lucio Carassale da parte del Sindaco del capoluogo e della locale sezione dell’UICI.
La Cerimonia è stata fortemente voluta sia dal nostro Consiglio che dalla Giunta municipale, visti gli innumerevoli meriti che il Prof. Carassale ha avuto nella vita sociale della nostra città attraverso innumerevoli battaglie per l’integrazione sociale delle persone con disabilità visiva e per riconosciuti meriti come insegnante prima e preside poi del locale Liceo Classico “Costa”.
Lucio ha deciso di ritirarsi dalla vita associativa, come previsto da tempo, ma è e rimarrà un maestro per tutti noi e per tanti giovani dirigenti e soprattutto una grande figura di riferimento di come attraverso il lavoro, l’aiuto degli strumenti adatti e la perseveranza, si possa diventare protagonisti della vita cittadina, preziosa risorsa per le politiche sociali e generali, ed esempio per tanti giovani che cominciano a cimentarsi con il mondo della scuola, dello sport, del lavoro.

XXIII Congresso UICI Candidatura al Consiglio Nazionale, di Annita Ventura

Autore: Annita Ventura

Presentazione

Il mio impegno nell’Associazione inizia negli anni 90. Ho collaborato con la Sezione di Roma della quale nel 1996 sono divenuta vicepresidente per dieci anni, fino al 2005, quando ho assunto la carica di Presidente Regionale del Lazio.
Sono stata responsabile delle Unità Territoriali di Coordinamento in Abruzzo, Lazio ed Umbria. Ho fatto parte di commissioni nazionali tra cui la Commissione Istruzione e mi sono impegnata in altri ambiti dove, nella veste di Consigliere Nazionale, veniva richiesta la mia collaborazione.
Nel novembre 2014 sono stata nominata dalla FAND quale componente del Comitato istituito con la legge 278 del 2005, relativo al Coordinamento delle attività di un Centro Polifunzionale Sperimentale di Alta Specializzazione per persone cieche con minorazioni aggiuntive.
Nella mia vita professionale ho insegnato dapprima nelle scuole speciali di Roma, poi ho vinto la cattedra per l’insegnamento di lettere negli Istituti di istruzione secondaria superiore ed ho insegnato nei licei romani, ricoprendo anche diversi incarichi di progettazione e coordinamento. Per i dettagli si può consultare il curricolo.

Proposte
Nel proporre la mia candidatura al Consiglio Nazionale per il XXIII Congresso dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, comunico che sono una dei firmatari del documento di sostegno alla candidatura a Presidente Nazionale di Mario Barbuto, di cui apprezzo il lavoro svolto in questo breve periodo di presidenza.
Mi sento di affermare che i canditati al Consiglio Nazionale non debbano avere programmi individuali. Infatti ritengo che il programma dell’Associazione debba essere unico e condiviso. Esso non può che basarsi sui tre elementi fondamentali individuati nel 1920 dai “padri fondatori” e che vengono ben enunciati nello Statuto Sociale: “Istruzione, Lavoro, Assistenza”.
Tre capisaldi all’interno dei quali è possibile declinare la tutela e l’esigibilità dei diritti inalienabili conquistati dai ciechi delle generazioni precedenti e quelli che vanno difesi, migliorati e adeguati alla società attuale in continua e veloce trasformazione.
Ogni dirigente associativo, qualunque sia il ruolo che ricopre, non può esplicare la sua azione politica che operando all’interno di quei capisaldi.
Dunque non mi dilungherò né sul diritto alla cultura nei suoi vari aspetti, né sul diritto al lavoro, o sull’accessibilità o sulla questione dell’ISEE, etc.; mi limiterò ad alcune riflessioni, senza la pretesa di essere originale.
L’Associazione, nella ricchezza delle sue articolazioni, dovrà adeguare la sua organizzazione rendendola più democratica e realmente partecipativa. In questa direzione vanno molte delle proposte di modifica allo Statuto sociale che, se approvate dal Congresso per la loro efficace portata, costituiranno da un lato un maggiore ed effettivo riconoscimento della volontà dei soci (e non soltanto dei dirigenti), e dall’altro una limitazione dei poteri degli organi statutari, garanzia questa di qualsivoglia impianto democratico.
L’Associazione, dunque, dovrà correggere una certa commistione, cui si è assistito, nelle funzioni e nei ruoli specifici degli organi statutari. Perché l’azione politica sia efficiente ed efficace, si dovrà evitare la sovrapposizione o, peggio, il disconoscimento dei singoli organismi istituzionali; per chiarezza: la funzione politica e la funzione esecutiva. Al Consiglio Nazionale deve essere restituito e riconosciuto il suo ruolo di organismo politico, dove il programma viene elaborato e modificato in conseguenza dei mutamenti che si presentano nel corso della consiliatura; alla Direzione deve essere riconosciuto il ruolo propositivo unitamente al ruolo esecutivo; ciò non rappresenta affatto una “diminutio”, ma, al contrario, si configura come una importante funzione di attuazione, nell’individuazione di strategie, metodi e strumenti, calibrati per i diversi ambiti, finalizzati al perseguimento ed al raggiungimento degli obiettivi politici individuati dal Consiglio Nazionale, di cui la Direzione è parte integrante, così come parte integrante ne sono i Presidenti Regionali, garanti delle esigenze diversificate dei territori.
3) La funzione decisionale, insomma, non dovrà più essere affidata a conventicole o ad oligarchie che si compongono e si ricompongono in base a variabili e criteri soggettivi o personalistici, ma dovrà essere effettiva assunzione di responsabilità da parte degli organi statutari, ognuno per la parte di propria competenza. Ritengo che in questo risieda il vero metodo democratico e consultivo.
4) La formazione dei dirigenti, a qualsivoglia livello, deve diventare effettiva e permanente. Il continuo susseguirsi di norme in tutti i settori, le “riforme” in atto e la loro attuazione, i mutamenti istituzionali del Paese uniti a quelli amministrativi, richiedono una informazione corretta ed una conoscenza chiara da parte di chi ha l’onore e l’onere di dirigere, a qualunque livello, l’Associazione. La formazione, ripeto, deve essere permanente, organizzata con scansioni precise e sostenibili, evitando certi impianti narrativi od omiletici cui talvolta si è stati sottoposti. Sarà pur vero, come si legge, che i Presidenti non devono né fare né sapere tutto, però, essendo essi gli interlocutori politici privilegiati (senza nulla togliere agli altri dirigenti), non possono essere privi della contezza su ciò e su quanto si va modificando o aggiornando.
5) Il Centro Polifunzionale per le persone cieche con minorazioni aggiuntive ha in questi mesi mosso i primi, faticosi, ma significativi passi: è stato salvaguardato il finanziamento pubblico a suo tempo ottenuto (cosa, come si sa, non scontata); con procedure pienamente trasparenti è stata acquistata una sede idonea, che, e sempre in piena trasparenza, verrà adeguata alle esigenze del Centro. Il Centro Polifunzionale di Alta Specializzazione rappresenterà la sfida dei prossimi anni, per la nostra Associazione così come per la Federazione delle Istituzioni pro Ciechi: occorreranno capitale umano, risorse economico-finanziarie, nonché una forte condivisione associativa nella consapevolezza che esso potrà rappresentare un punto di riferimento per gli utenti e per le loro famiglie.
6) Una associazione forte e riconosciuta come la nostra dovrebbe aprirsi alla solidarietà globale. In continenti diversi dal nostro, in condizioni di sottosviluppo, il numero dei ciechi è sicuramente altissimo e le condizioni di vita, di istruzione, sanitarie e lavorative, sono molto difficili. La conquista dei diritti fondamentali è lì ancora assai lontana e, allo stato delle cose, non facilmente attuabile per le motivazioni che ognuno può comprendere. Tuttavia bisognerebbe intraprendere delle azioni solidali e di sostegno alla emancipazione dei ciechi, unitamente ad organizzazioni presenti su quei territori, azioni che possano alimentare il sogno di una vita migliore. Non so bene cosa suggerire, ma auspico che questa mia proposta possa trovare accoglienza ed essere materia di approfondimento comune.

A chi condivide queste poche riflessioni, a chi ha apprezzato il mio operato nell’Associazione, chiedo un riconoscimento in Congresso con l’espressione di voto favorevole alla mia candidatura.

Annita Ventura

Per contatti:
cell. 348 65 86 086
e-mail ventura.annita@gmail.com

Presidenzialismo o democrazia rappresentativa? Riflessioni per una scelta responsabile, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Avvicinandoci alla celebrazione del 23° Congresso nazionale dell’Unione, crediamo non sia più rinviabile da parte nostra, cercare di ragionare e riflettere pacatamente ed una volta per tutte, su come si debba inquadrare correttamente il delicato tema afferente la promozione delle candidature alle diverse cariche associative. Il fulcro del problema ruota attorno alle modalità di ricercare in modo trasparente il consenso da parte dei candidati alla presidenza e al consiglio nazionale.
Una riflessione sollecitata anche dai numerosi ed accorati appelli del Presidente nazionale orientati nel merito da un’aperta e aspra polemica afferente alla prassi di formare alleanze tra diverse aree regionali.

Nell’intento di porre la questione in termini chiari e rispettosi della buona fede di tutti, si possono evidenziare alcuni punti fondamentali:
ogni candidato si presenta per essere eletto con il maggior consenso possibile;
il candidato per essere eletto deve ottenere il maggior numero possibile di voti;
in sede congressuale è normale che i candidati si contendano il voto dei delegati ricercando consenso e alleanze.

Ricercare i voti è prassi assolutamente fondamentale e legittima per chi si candida a una carica, mediante campagne elettorali (non campagne acquisti) secondo un percorso democratico che si può così sintetizzare:
a) è perfettamente legittimo che un organo associativo del territorio proponga e sostenga la candidatura di una personalità di fiducia;
b) lungi da qualsiasi intento spartitorio, è perfettamente legittimo da parte di un gruppo di delegati  presentare apertamente e formalmente la richiesta ad altre delegazioni di far convergere il proprio sostegno su un candidato, sul suo programma  e sulla sua strategia associativa;
c) è del tutto ovvio e indiscutibile che, di là da ogni linea concordata, il voto di ogni delegato deve essere assolutamente e insindacabilmente libero;
d) ricercare alla luce del sole il consenso condiviso dei congressisti è un diritto inalienabile dei candidati che vogliono costituirsi una solida base democratica.

Ciò premesso, sembra ragionevole sostenere che per realizzare un’attiva partecipazione all’agone democratico, un simile percorso possa essere legittimamente scelto da chi ne abbia titolo, essendo stato chiamato democraticamente a rappresentare gli iscritti (democrazia rappresentativa).
Allo stesso modo, è ragionevole che siano valutati con uguale attenzione progetti e proposte di autocandidatura, le quali, peraltro, per ottenere consenso non potranno sottrarsi alle logiche di ogni congresso, la ricerca dei voti, magari non attraverso le interlocuzioni con le delegazioni, ma grazie al sostegno di personalità variamente influenti nelle diverse aree regionali.
Allargando l’orizzonte sul tema della democrazia rappresentativa, assistiamo da tempo a un quadro sociale e politico caratterizzato da una crisi diffusa dei corpi intermedi della rappresentanza sociale e dalla crescente sfiducia nella classe politica, che ha ridato vigore al pervicace ricerca del leader carismatico capace di realizzare ciò che alla prassi democratica è precluso. A nostro parere un uomo solo o una ristretta squadra al comando non sono garanzia di buona politica, come dovrebbe essere chiaro a tutti dopo anni di cattiva politica e mala amministrazione.

Presidenzialismo e leaderismo si fanno sentire ormai anche nella nostra associazione, in particolare nella proposta di statuto predisposta dall’apposita commissione e sottoposta al giudizio del corpo associativo.
Al contrario, il buon senso e la ragione dovrebbero indurci a salvaguardare nella nostra Unione il tradizionale e prezioso confronto democratico e il valore della rappresentanza associativa costruita con l’esperienza di una lunga prassi democratica e statutariamente incardinata soprattutto nei consigli sezionali e regionali.

Nicola Stilla

Il Centro Le Torri di Tirrenia, oggi Olympic Beach, nonché Centro Federale Fispic, di Luigi Loglisci

Autore: Luigi Loglisci

«Era il 38 Luglio, e faceva molto caldo!
Era scoppiata l’afa!».
Così recitava un testo di una vecchia ma bella canzone famosissima di un eccellente grande gruppo musicale di ottimi musicisti professionisti quale gli Squallor!
Questa è la canzone, ma nella realtà di oggi che non si discosta molto dall’ora, visto che il giorno 23 Luglio 2015 pur facendo molto, ma molto caldo, tipo afa, come recitava appunto la canzone, è stata costituita l’Associazione Sportiva Dilettantistica, ASD Olympic Beach Tirrenia e registrata il 27 dello stesso mese presso l’agenzia delle entrate di Livorno!
Già dall’anno scorso il desiderio del sottoscritto, era molto forte, ma poi ha dovuto cedere il passo, perché i tempi tecnici non lo hanno permesso, quindi, assieme ad alcuni miei amici appassionati della disciplina dello Showdown, ci siamo momentaneamente associati per partecipare agonisticamente ad alcuni tornei che si sono disputati nell’anno sportivo appena trascorso, alla ASD Onlus, Silvano Dani Di Firenze, la quale ringraziamo nella persona del suo presidente, Nicola Vincenti, per l’ospitalità offertaci.
Io, Luigi Loglisci in stretta collaborazione con Teresa Carota e il determinante grande supporto di Luca Barontini nostro amico, abbiamo dato vita all’ASD Olympic Beach Tirrenia.
Abbiamo preso il nome dalla nuova gestione in essere che da circa tre anni orsono, ha risollevato le sorti del nostro Centro Le Torri Di Tirrenia, che con grande onore e piacere ci ha permesso di chiamarci allo stesso modo!
A tale proposito, un doveroso grande grazie, e non solo, va a Ivan Barile nonché attuale referente e gestore dell’Olympic Hotel Beach di Tirrenia!
Dal momento, che io Luigi di Livorno, Teresa di Melfi e diversi altri, come Caterina e Massimo di Ferrara, nelle rispettive nostre città, non avevamo la possibilità di appartenere ad un gruppo sportivo perché non presente, ho avuto questa idea, riunendo così facendo, le nostre volontà ed esigenze sportive per convergere tutti in questo neo nato, gruppo sportivo!
Con sede legale e logistica presso lo stesso centro federale Fispic a Tirrenia, nonché al Centro le Torri, convergeremo per i nostri allenamenti di showdown, fruendo anche del tavolo di gioco di cui il centro è già in possesso, in quanto questa è la principale attività sportiva del gruppo stesso.
Come da statuto debitamente registrato all’ufficio delle entrate di Livorno, e contestualmente all’atto costitutivo del neo nato gruppo, attualmente il consiglio direttivo presente è complessivamente di soli tre membri, ovvero composto dagli stessi tre soci fondatori che lo rappresentano, aventi le rispettive cariche di seguito elencate:
Luigi Loglisci presidente atleta,
Teresa Carota vice presidente atleta e Luca Barontini segretario tesoriere, più due già tesserati solo atleti, nelle persone di:
Caterina Mignani e Massimo Sicchiero.
I membri dello stesso consiglio direttivo e il presidente, vengono rieletti ogni quattro anni con riferimento al quadriennio paraolimpico.

Augurandoci e augurando a tutti gli altri atleti dei vari gruppi sportivi un buon anno agonistico 2015/2016, diamo appuntamento a tutti con il nostro esordio, per il prossimo 30/31 Ottobre e 01 Novembre, data di inizio dell’anno sportivo 2015/2016, con il primo torneo Fispic in calendario, ovvero il secondo torneo Olympic Beach, di cui la nostra ASD porta il nome, ma non organizzato da noi, bensì dal gruppo sportivo di Pisa.

Per il consiglio direttivo,
il presidente
Luigi Loglisci

A S D OLYMPIC BEACH TIRRENIA
Sede Legale Via Delle Orchidee 44 56128 Tirrenia Pisa
Tel. 050 322 70
Fax. 050 374 85
E-mail:
asdolympicbeachtirrenia@gmail.com
Codice Fiscale 93084790505
Banca Di Credito Cooperativo Di Fornacette Pisa
Iban
IT40B0856214004000011130457

Candidatura al Consiglio nazionale: 1- Quale Consiglio?, di Giovanni Taverna

Autore: Giovanni Taverna

La mia decisione di presentare la candidatura al Consiglio nazionale ha origine da due decenni di attività a contatto con i soci, prima come volontario, poi come consigliere e presidente sezionale. Da questa esperienza quotidiana, fatta di successi, frustrazioni, situazioni individuali talora allucinanti, ho tratto la precisa conclusione che l’esistenza dell’intera nostra organizzazione a partire dai livelli nazionali deve avere al centro della propria attività il sostegno e l’operatività massima delle sezioni territoriali. Prioritariamente bisogna garantire che la sezione territoriale, sotto qualsiasi forma denominata ora o in futuro, sia messa nelle migliori condizioni di funzionalità, per essere a disposizione totale dei soci, senza dover perdere ore e ore di lavoro per bilanci bizantini, burocrazie barocche et similia. E’ altrettanto fondamentale si garantisca che i dirigenti sezionali siano sempre disponibili al rapporto diretto con i soci e non rinchiusi in fumose torri d’avorio che spesso servono solo a massaggiare l’ego di se stessi e a coprire una sostanziale incompetenza di fronte alle domande dei soci. Per fortuna le difficoltà economiche delle sezioni stanno spazzando via questi ultimi atteggiamenti, ma nel recente passato non era difficile dover affrontare un colloquio col presidente di sezione organizzato come se si dovesse incontrare il Vescovo o il Prefetto. La presentazione della candidatura ha avuto però anche l’effetto di farmi riflettere in via prioritaria sulla funzione e il funzionamento del Consiglio nazionale, ancor prima di parlare di programmi concreti da proporre a voi e ai delegati. “qui incomincian le dolenti note a farmisi sentire…”. Passatemi la quasi parafrasi e scusate se faccio un passo indietro. Lo statuto, sia il vecchio sia la bozza nuova, delinea precisamente ruoli e compiti della dirigenza nazionale: presidenza nazionale e direzione nazionale hanno in sostanza il potere esecutivo, il consiglio nazionale ha il potere programmatorio e propositivo. Ovviamente è banale affermare che questa divisione dei compiti non è così secca e cruda, in quanto è auspicabile che il presidente nazionale abbia una sua visione della funzione dell’associazione e delle sue esigenze, come pure i membri della direzione nazionale; quindi è del tutto accettabile e fruttuoso che anche da queste fonti vengano proposte e suggerimenti concreti. Resta il fatto che la funzione propositiva deve costituire la maggior parte del lavoro del consiglio. Ora, se questo prescrive la norma occorre dire che da quando sono presente in associazione la sensazione è stata ben altra. Infatti ho percepito nella realtà che la presidenza nazionale e la direzione assorbivano totalmente sia il potere esecutivo che quello propositivo, riducendo il consiglio a mero strumento di approvazione formale di decisioni che avevano luogo in ambienti del tutto diversi. Ripeto , che alcune proposte vengano dalla presidenza o dalla direzione nazionale è del tutto legittimo è opportuno , ma non è per nulla opportuno anche se vagamente legittimo far assurgere tale comportamento a sistema. Questo andazzo è a mio parere anche dimostrato da alcuni fatti, in particolare dal funzionamento delle varie commissioni tematiche nazionali, burocraticamente formalizzate ad ogni tornata congressuale ma ridotte , pur con rare e lodevoli eccezioni a simulacri inconcludenti. Ma come aspettarsi qualcosa di diverso se si sa da decenni che, di fatto, chi fa proposte è sempre e comunque la Presidenza nazionale o la Direzione? Quante sono state le proposte di commissioni portate in Consiglio nazionale fino al marzo 2014?Temo che la risposta possa essere deludente, ma sarei lietissimo di essere contraddetto da numeri e fatti, soli argomenti accettabili. Da vecchio medico non posso però fermarmi alla descrizione dei sintomi, ma devo anche avanzare una diagnosi sulla patologia che ne è responsabile. La diagnosi a mio parere è evidente: questo strisciante sovvertimento della norma di diritto e la prevalenza di una norma di fatto del tutto diversa è dovuta alla composizione attuale del consiglio. Anche qui ha preso piede una sorta di legislazione di fatto per la quale i consiglieri nazionali sono determinati non dalla libera candidatura di persone con i loro valori e le loro competenze, bensì da accordi extra statutari congressuali tra presidenti regionali i quali , usando una specie di manuale Cencelli de noartri, badavano solo che i venti componenti fossero puntigliosamente ripartiti geograficamente in base al peso congressuale delle regioni che garantivano contemporaneamente la maggioranza per l’elezione del Presidente nazionale. Chi era dentro era dentro e chi era fuori restava fuori. Stesso meccanismo veniva usato anche per la nomina della Direzione nazionale , ovviamente. Lo Statuto non prevede nulla di tutto questo, ma per decenni esso è stato più o meno tacitamente, sostituito, con uno Statuto di fatto che ha ottenuto questi risultati. Il meccanismo è emerso chiarissimamente nel Congresso 2010 nel quale i risultati delle elezioni del Consiglio nazionale sono stati con evidenza figli di questo sistema per lo meno estroso di interpretare lo Statuto. Dal sistema elettorale di fatto emergeva però un Consiglio che non poteva essere composto da altri che da singoli individui, che rappresentavano se stessi o al massimo la regione di origine, senza alcuna modalità di valutazione da parte degli elettori sulle competenze di ciascuno di loro e senza alcun potere reale di proporre autonomamente atti od iniziative ritenute opportune per l’Associazione. D’altronde in queste condizioni di frantumazione dei componenti elettivi non si capisce come si sarebbe potuto ottenere una approvazione di una deliberazione proposta da un singolo consigliere senza che fosse stata prima vagliata da chi aveva fatto in modo che tale consigliere sedesse a quel posto. Attenzione! Conosco degnissime persone con eccellenti competenze che, malgrado questo pasticciaccio elettivo hanno fatto parte e fanno parte del Consiglio e della Direzione, ma alla luce di quanto descritto il fatto appare più frutto di fortuna per l’associazione e mi permetto di pensare cosa sarebbe potuto essere se anche poche persone di questo valore avessero potuto lavorare senza lacci e lacciuoli del genere descritto. Per verità devo riconoscere che l’elezione di Mario Barbuto nel marzo 2014 potrebbe rappresentare l’inizio di una maggior considerazione dei consiglieri circa le loro funzioni generali, ma occorre che questo episodio non resti una rara avis nella storia associativa. Per deformazione professionale, alla diagnosi segue la terapia. La mia proposta susciterà certamente le ire di qualcuno e probabilmente mi verrà rappresentata la necessità di salvaguardare l’unità associativa e dei suoi vertici, con aggiunta quasi certa della ulteriore considerazione che tutti i consiglieri nazionali sono lì “per il bene dell’Unione” e altre preziose massime filosofiche similari. Affermo che tutta questa serie di principi per me è scontata in chiunque assuma cariche associative, ma che oltre agli onorevoli principi di unitarietà e considerazione del bene associativo occorre anche permettere agli organi nazionali di lavorare al meglio delle condizioni previste dallo statuto. In primis il Consiglio deve recuperare le proprie funzioni propositive. Se fosse già attivo il nuovo Statuto la soluzione sarebbe semplice: si presenta una lista di candidati al Consiglio collegata alla candidatura di un Presidente nazionale, unitamente ad un programma condiviso che , in caso di vittoria, diverrà il programma di lavoro della maggioranza del Consiglio, senza escludere che anche la lista o le liste risultate minoritarie possano dare il loro contributo in Consiglio proponendo modifiche od aggiunte. Ma tutto questo può essere realizzato tra 5 anni se verrà approvato il nuovo Statuto. Dubito che la nostra Associazione possa permettersi questo lusso. Tra l’altro, la splendida iniziativa attuale della libertà di candidatura se da un lato permetterà di mettere in non cale il manuale Cencelli della divisione per territori, non dà però molte garanzie sulla possibile omogeneità di proposte da parte dei consiglieri. Non sto parlando di arrivare a tutti i costi in Congresso con una maggioranza consiliare già precostruita ma ritengo del tutto auspicabile, trasparente e legittimo che alcuni gruppi di candidati si possano riconoscere in alcuni temi programmatici da portare in Consiglio se eletti e portino a conoscenza di tutti sia il possibile programma sia i nomi di chi si impegna a sostenerlo Non . sarebbe certo una formula perfetta, ma almeno metterebbe in condizione i consiglieri eletti di non doversi presentare al Consiglio ciascuno con un programma diverso da tutti gli altri 40 e passa componenti.
Giovanni Taverna

Sport – BXC: al via la Coppa Italia

Durante il prossimo week-end, su 2 campi, a Ronchi dei Legionari e a Firenze, si giocano le qualificazioni per le semifinali di Coppa Italia di baseball per ciechi. Saranno impegnate le nostre due formazioni, i Lampi Milano e i Thunder’s Five Milano.

Girone A, Ronchi dei Legionari, 12 settembre e 13 settembre: Milano Thunder’s Five, Lampi Milano, I Patrini Malnate, Blue Fire Cus Brescia.
Questo il programma di sabato 12:
ore 14.00 I Patrini Malnate – Milano Thunder’s Five
a seguire Milano Thunder’s Five – Lampi Milano
a seguire Lampi Milano – I Patrini Malnate
a seguire Blue Fire Cus Brescia – Milano Thunder’s Five
domenica 13 settembre:
ore 9.30 Lampi Milano – Blue Fire Cus Brescia
a seguire Blue Fire Cus Brescia – I Patrini Malnate

Girone B, Firenze, 12 settembre: Fiorentina BXC, Tigers Cagliari, White Sox Bologna Cvinta, Roma All Blinds.
Questo il programma di sabato 12:
ore 9.30 Fiorentina BXC – Tigers Cagliari
a seguire Tigers Cagliari – White Sox Bologna Cvinta
a seguire Roma All Blinds – Fiorentina BXC
a seguire Tigers Cagliari – Roma All Blinds
a seguire White Sox Bologna Cvinta – Fiorentina BXC
a seguire Roma All Blinds – Bologna White Sox Cvinta

Le semifinali e la finale sono in programma il 27 settembre a Bologna.

Tredicesima edizione Scopone Scientifico – Brescia 25-28 settembre 2015

La finale della tredicesima edizione del torneo nazionale di Scopone scientifico si terrà a Brescia dal 25 al 28 settembre 2015.
Le gare finali si disputeranno presso:
Hotel Ambasciatori
Via Crocifissa di Rosa 92- Brescia tel. 030 399114
Come già preannunciato con comunicato n. 61 del 22 aprile 2015, le spese di viaggio dei partecipanti saranno a carico delle strutture regionali di appartenenza, mentre il soggiorno sarà a carico della presidenza nazionale.
I finalisti dovranno essere presenti all’illustrazione del Regolamento di Gara, fissata per le ore 15.00 di venerdì 25 settembre.
Ricordiamo che:
L’organizzazione delle Finali di Campionato è affidata al Coordinatore della Commissione Nazionale Sport e Tempo Libero, Hubert Perfler, coadiuvato da Giuseppe Pinto.
Alle Finali nazionali, parteciperanno le coppie prime classificate nelle gare regionali e la coppia vincitrice del Campionato 2014, composta da Danilo Vanoni e Maurizio Viganò per la regione Lombardia, che di fatto, come da regolamento, ospita la finale 2015.
Le Finali saranno disputate secondo il Regolamento già inviato con comunicato n. 61 del 22 aprile 2015, al quale i finalisti dovranno attenersi, senza riserve. Chiarimenti sulle regole di gioco potranno essere richiesti ad Hubert Perfler o a Giuseppe Pinto, raggiungibili, rispettivamente, agli indirizzi
hubert_perfler@alice.it
g.pinto@aqp.it
e ai numeri telefonici
348 642 3872 – 334 668 9311
Alle coppie prima, seconda e terza classificata verrà assegnata in premio una coppa.
Alla coppia campione, e alla Unione Regionale di cui essa è espressione, sarà conferito l’onore di ospitare, ovviamente senza aggravi di spesa, le Finali del Quattordicesimo Campionato.
Come già preannunciato con precedenti comunicati, le spese di soggiorno, dal pranzo del 25 al pranzo del 27 settembre, saranno a carico di questa Presidenza Nazionale, mentre le spese di viaggio dei finalisti e dei loro accompagnatori (uno per ogni Socio) sono assunte dai Consigli Regionali, rappresentati in gara.
I Presidenti Regionali avranno la cortesia di comunicarci i nominativi e le esigenze di soggiorno dei finalisti, tenendo come modello la scheda che alleghiamo alla presente. I dati, il più possibile completi e precisi, dovranno pervenire, pena esclusione, entro il 17 settembre 2015, agli indirizzi:
ssg@uiciechi.it o archivio@uiciechi.it
Per chiarimenti sulla sistemazione in albergo e/o per comunicazioni urgenti, preghiamo di far riferimento ad Anna Maria Sgroi, raggiungibile al numero 06 699 88373 e all’indirizzo ssg@uiciechi.it.
Non mancheremo, ovviamente, di dare notizia dello svolgimento delle Finali e dell’esito della Finalissima.

Siena – Visto! Periodico di informazione della sezione di Siena Numero 7 – agosto 2015

Direttrice responsabile: Susanna Guarino
Registrazione Tribunale di
Siena n. 3 del 5/8/2014.

Con il contributo di: ESTRA

Sezione Cavaliere Attilio Borelli
Viale Cavour, 134 Siena
Telefono 0577 46181
e-mail: uicsi@uiciechi.it
Sito internet: www.uicisiena.org

Il nostro arcobaleno

La settimana dei campi solari dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Siena

La settimana dei campi solari dell’Unione ciechi e ipovedenti di Siena è stata soprattutto una settimana piena di allegria. Giornate in cui è stato ancora più tangibile il senso del nome dell’associazione, si sono infatti ritrovate persone con percorsi di vita totalmente diversi tra loro, ma uniti dal buio. Chi è nato cieco, chi lo è diventato per una malattia, chi è ipovedente.
Questo intrecciarsi di strade diverse si è incrociato poi con quelle degli operatori della sezione e della sede ospitante della fattoria sociale La mattonaia, creando colori in un mondo sfuocato o addirittura invisibile. Perché per questa settimana al buio non ci può essere parola più indicata di “arcobaleno”. Pittori di questa tela ideale tutti coloro che hanno partecipato, grazie a una tavolozza di colori fornita dal presidente della sezione che ha organizzato vari laboratori. Sono così riusciti a esternare la propria caparbietà tramite il l kung fu, ad immaginare personaggi e storie grazie alla scrittura creativa, a esprimere curiosità nell’accarezzare gli animali della fattoria, consapevolezza del proprio corpo tramite lo shiatsu, a gettarsi nei ricordi grazie alla stanza del silenzio delle terme di Chianciano, a impegnarsi tutti insieme nell’attività del coro. Fino ad arrivare al momento in cui, tutti in cerchio, sono stati invitati a ringraziare loro stessi per qualcosa, rendendo i colori di quell’arcobaleno ancora più accesi e vivaci, come Lucia che dice “grazie a me stessa perché so apprezzare le piccole cose della vita” o Salvatore “in questi anni ho trovato dentro di me una forza che non credevo di avere, o di Alessandro per l’impegno che mette in tutto ciò che fa mentre persegue il sogno di diventare Avvocato, o di Pia “perché so essere comprensiva con gli altri e con me stessa”. Ecco perché questa settimana al buio diventata arcobaleno si può riassumere con le parole di Federico, trentenne non vedente dalla nascita “Fede, tu perché ringrazi te stesso?” “Perché sono felice”.
Selene Bisi Fineschi
OPINIONI A CONFRONTO

Il Congresso che vorrei

Come è noto il 23º Congresso Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, per la seconda volta consecutiva, si svolgerà a Chianciano Terme dal 5 al 8 novembre. Questo è sicuramente un segno di riconoscenza da parte del Presidente Nazionale e di tutta l’associazione verso la nostra sezione che in questi ultimi anni, grazie soprattutto al Presidente, si è distinta per le innumerevoli iniziative e per i risultati conseguiti. La cosa ci gratifica enormemente e nello stesso tempo ci stimola a fare ancora di più e meglio. Purtroppo, da quanto mi risulta, nel corso dell’assemblee sezionali, salve qualche eccezioni, si è parlato poco di progetti sul futuro dell’associazione, da portare in discussione nell’assise congressuale. Tuttavia, ad oggi, esiste il documento approvato dalla Commissione nazionale per le modifiche allo statuto sociale che costituisce un punto di riferimento da perfezionare nell’assemblea congressuale e si è tenuto un convegno a Napoli, sui problemi del lavoro dal quale dovrebbe uscire un documento da approfondire nel Congresso. Da qui al Congresso, a mio parere, sarebbero opportune altre iniziative sull’istruzione e la formazione professionale, sulle barriere architettoniche, sull’assistenza sanitaria e sociale ecc.
Per quanto riguarda le iniziative già programmate e auspicate mi riservo di intervenire prossimamente; intanto vorrei dire qualche cosa sulle proposte di modifica allo statuto. Per quanto riguarda le modalità di elezione dei presidenti sezionali, non mi sembra che attualmente questi non rappresentino adeguatamente a tutti gli effetti le sezioni. Inoltre, l’elezione da parte dell’assemblea potrebbe comportare, nel corso di dimissioni del presidente, lunghi periodi di vuoto amministrativo rispetto ad oggi. Se si aggiunge che ogni candidato presidente deve presentare una propria lista, questo potrebbe acuire le divergenze e le rivalità personali già esistenti in molte sezioni.
Un’ altra osservazione la vorrei fare anche per quanto riguarda la proposta di portare a cinque il numero di consiglieri nelle sezioni più piccole, capisco le difficoltà a trovare persone disponibili a lavorare, ma riducendo i consiglieri potrebbe diminuire anche la possibilità di avere un ricambio nella gestione futura di queste sezioni. Infine per quanto riguarda la proposta di eleggere consiglieri regionali nell’assemblea regionale costituita dai consiglieri delle sezioni, vorrei ricordare che è stata sperimentata negli anni 90 ma è stata modificata nel congresso successivo, perché di fatto metteva la gestione delle nomine nelle mani dei presidenti delle sezioni e toglieva la centralità dei soci nella scelta dei consiglieri regionali. Capisco la rivendicazione da parte delle sezioni più grandi di avere una rappresentanza più equa rispetto al numero dei soci e per questo propongo che nelle sezioni con più di un certo numero di soci vengano eletti due consiglieri regionali. In questo modo tutte le sezioni sarebbero equamente rappresentate e non si toglierebbe la centralità dei soci nella scelta dei consiglieri regionali. Infine, sempre a proposito della modifica dello statuto, mi permetto di suggerire la proposta, già avanzata tempo fa su questo giornale, di far partecipare alle nostre assemblee, con diritto di voto attivo, anche i ciechi e gli ipovedenti non iscritti in possesso dei requisiti previsti dalla legge 138 del 2001. Questa sì che sarebbe un’ innovazione! dal momento che all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è affidata per legge la tutela degli interessi morali e materiali dei ciechi e degli ipovedenti e che l’Unione, nei limiti della proprie possibilità, fornisce servizi a tutti coloro che sono in possesso dei requisiti sanitari della suddetta legge, non vedo perché chi non è iscritto all’associazione non debba essere coinvolto nelle scelte di politica associativa e nelle elezioni dei consiglieri sezionali, regionali e dei delegati al congresso nazionale fra gli iscritti all’Unione. Sono convinto che attuando la suddetta modifica l’associazione avrebbe da guadagnare sia in democrazia, sia in forza contrattuale in quanto potrebbero aumentare anche gli iscritti. Dallo statuto si possono capire le linee guida dell’associazione ma quello che più conta è la capacità di individuare i problemi e di affrontarli con determinazione.
Per questo ritengo sia importante che da qui al Congresso si costruiscano iniziative su altre tematiche come la prevenzione (la cura e la riabilitazione) delle malattie oftalmiche, l’istruzione, la formazione professionale per fare emergere le potenzialità della persona, le barriere architettoniche che nonostante le leggi esistenti non accennano a diminuire; l’assistenza sanitaria, sociale dignitose ecc. in modo che dal congresso possa uscire una linea chiara e qualitativamente valida, tale da poter stimolare e incalzare le istituzioni della società civile, affinché affrontino con determinazione le problematiche che ci riguardano. Ecco il Congresso che vorrei!
Pierino Bianchini

IMMAGINI E PAROLE

Anna Karenina – un amore fatale

Le scene del film “Anna Karenina”, realizzato dal regista Joe Wright e uscito nelle sale cinematografiche nel 2012, scorrono velocemente l’una dopo l’altra, quasi rincorrendosi, rivelate da un vero e proprio sipario che si apre davanti agli occhi dello spettatore e, dipanandosi come atti teatrali che si intrecciano su un palcoscenico, ci raccontano la storia di Anna, la protagonista dell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj, pubblicato nella sua prima completa edizione nel 1887.
La figura di Anna, una giovane donna aristocratica della Russia dell’Ottocento, viene introdotta dall’autore, e dal regista, solo dopo l’apparizione di altri due personaggi: Stepàn “Stiva” Arkad’ic Oblònskij, un ufficiale civile, e la moglie Dar’ja “Dolly” Aleksandrovna: la crisi del loro matrimonio, causata dai numerosi tradimenti di lui, costituisce infatti il pretesto che porterà lo spettatore a conoscere Anna, sposata a San Pietroburgo con l’ufficiale governativo Aleksej Karenin, e chiamata a venire in visita a Mosca per aiutare il fratello e la cognata a ritrovare la serenità della loro unione. All’arrivo in stazione Anna incontra il conte Aleksej Kirillovic Vronsky, un affascinante ufficiale dell’esercito che aspettava la madre in viaggio sul suo stesso treno. I due si ritrovano la sera stessa ad un ricevimento dell’alta società moscovita e Anna, sorpresa e al contempo turbata dalla reazione che il corteggiamento del giovane provoca in lei, decide di ripartire già il giorno seguente per San Pietroburgo. Vronsky però la segue sullo stesso treno continuando a corteggiarla e a tentarla nel lasciarsi andare a quella passione proibita, persuadendola ad infrangere i propri doveri di moglie in un matrimonio comunque, a detta di lei, infelice, e portandola dunque a sfidare in tal modo ogni convenzione sociale. Anna si rende conto di non poter resistere alla forza travolgente del sentimento che irrompe dentro di lei e inizia così fra i due una relazione segreta che la porterà a rimanere incinta. La Karenina in società non riesce a nascondere la devozione e l’amore che nutre nei confronti di Vronsky, tanto che il marito, oltre ad essersi accorto e a tentare di coprire tutto per evitare lo scandalo, le ordina di chiudere la relazione con il conte e tornare ad essere una moglie fedele. Ma lei non riesce a rinnegare i propri sentimenti e a domare i propri desideri e, al contrario di Dar’jaAleksandrovna, decide di andare fino in fondo, abbandonando il marito e, addolorata, il figlio. La convivenza con Vronsky però non si rivela facile come ella si aspettava: serie difficoltà al momento del parto la portano quasi a perdere la vita e le malelingue e i pettegolezzi dei nobili suoi conoscenti continuano a gettare veleno sul suo conto. Anna cade in un vortice di paranoia e dolore: inizia a sentirsi trascurata dall’amato compagno, a notare la sua assenza nei suoi confronti e a sospettare tradimenti; sente inoltre forte nostalgia del figlio e si rende amaramente conto di non nutrire lo stesso sconfinato amore per la figlia avuta da quella relazione clandestina. Alla storia di Anna si intersecano le vicende di altri personaggi appartenenti alla società aristocratica russa. Il regista narra di loro, dei loro sentimenti, e delle loro passioni, spesso rinnegati e non vissuti, dei loro dolori soffocati e del coraggio che non dimostrano né a se stessi né agli altri, senza però tralasciare l’esperienza di personaggi come Kitty, sorella minore di Dar’ja Aleksandrovna, la cui vita sembra imboccare la strada della serenità in un amore ritrovato, e rimanere salva dal destino di infelicità che travolge quelle degli altri personaggi.
L’autore e il regista, in questo modo, sembrano voler raccontare non solo il contesto dell’alta società russa di fine Ottocento, ma anche e soprattutto l’esistenza umana come esperienza; attraverso il vissuto di Anna infatti Tolstoj tenta di rompere con gli schemi fissi di una classe sociale che già di per se appare rigida e opprimente, negando la libertà all’individuo che vive chiuso in essa. Quello di Anna è un tentativo di emancipazione che si conclude con il tragico fallimento di aspettative deluse, con la sconfitta delle proprie speranze, la perdita della propria dignità. Si sente abbandonata a se stessa, ormai fuori da un mondo che non la vuole più, che non è più in grado di proteggerla ma soltanto di condannarla. È interessante notare infine che alcuni dettagli che arricchiscono le scene e gli avvenimenti narrati sia nel libro che nel film, sembrano farsi presagio della fine tragica, funesta: dettagli ai quali la protagonista assiste e che vedono il proprio destino già segnato.
Martina Medori e Rossella Miccichè

ESPERIENZE DI VITA

“L’unico capolavoro è vivere” Gilbert Cesbron

Palazzo Strozzi come non l’avete mai visto

Questo pezzo che state per leggere è un meraviglioso tuffo nelle emozioni di un’adolescente non vedente dalla nascita.
Ci muoveremo insieme a lei nei corridoi di palazzo Strozzi a Firenze e ci stupiremo per come si può vivere un’esperienza piena e soddisfacente anche chiudendo gli occhi. La vista mostra sfumature, ombreggiature, chiaroscuri che si impongono davanti a noi in modo direi quasi violento. L’ascolto e il tatto invece vanno scelti, cercati, ci fanno fermare, dobbiamo prestarci attenzione come si fa con le cose preziose. Per questo motivo sono felice di dare spazio alle parole di Soemi, che ci racconta la sua gita nel palazzo fiorentino.

Venerdì 17 aprile ho aderito all’esperienza a Palazzo Strozzi promossa dall’insegnante di storia dell’arte.
Prima di partire ero un po’ agitata, e avevo paura di non trovare una guida disposta a farmi apprezzare in pieno tutto ciò che il museo offriva; quando sono arrivata lì, invece, tutto mi è sembrato più semplice e le mie preoccupazioni si sono alleggerite, fino a svanire completamente.
Per prima cosa ho messo l’auricolare, per poter sentire la guida che ci forniva spiegazioni durante il percorso; poi mi è stato chiesto di mettere i guanti per evitare che le statue si rovinassero.
In quel momento mi sono sentita un po’ a disagio perché con i guanti non riuscivo bene a capire i particolari, quali materiale, superficie liscia o ruvida eccetera. Fortunatamente ho avuto il
coraggio di riferire le mie sensazioni alla guida, che è stata così gentile da permettermi di toccare le statue senza l’uso dei guanti appositi, anche se non era concesso.
Della prima statua, essendo molto alta, ho potuto toccare solo i piedi: erano freddi al tatto, e apparivano a tratti lisci e a tratti ruvidi, poiché la figura indossava degli stivali piuttosto alti, più o meno fino al ginocchio. Ho capito che gli stivali erano alti fino al ginocchio, perché la guida mi ha permesso di salire su una specie di gradino situato davanti alla statua, ma anche quello in realtà non era concesso. Poi mi sono soffermata a toccare una statua che raffigurava una testa di cavallo. Era anch’essa in bronzo, quindi fredda al tatto. Successivamente sono entrata in una sala, in cui, attraverso statue divari materiali, veniva mostrato il processo di lavorazione del bronzo.
Le statue che erano in quella sala raffiguravano la stessa persona, ma erano comunque differenti l’una dall’altra. La prima era in cera, liscia e morbida e non molto fredda; la seconda era in bronzo e intorno ad essa c’erano delle asticelle dette sfiatatoi. Non mi è piaciuta molto quella statua, poiché la presenza degli sfiatatoi mi impediva di apprezzarla in tutta la sua bellezza. L’ultima statua che ho toccato in quella sala, è stata per me la più bella, senza nulla togliere alle altre. Era la statua che rappresentava il bronzo completamente lavorato: essa era infatti molto liscia, piacevole da toccare a tal punto che non volevo più andar via da lì. In seguito ho visitato una sala completamente dedicata alla dea Minerva, all’interno della quale c’erano cinque o sei riproduzioni della stessa figura, di materiale e dimensioni differenti, dal bronzo a materiali plastici piuttosto ruvidi. La cosa che mi ha colpito di più di quelle statue era il fatto che ognuna metteva in evidenza un diverso particolare: l’elmo, la corazza eccetera. Ricordo tutto come se fosse ieri, dato che per me è stata un’esperienza entusiasmante e indimenticabile, forse la più bella ed emozionante fino ad oggi. Spero di ripetere presto un’esperienza simile, e di ritrovare una guida tanto disponibile come quella che mi ha accompagnata in questa splendida avventura.
Elena Ferroni, Soemi Alberigo
CONSIGLI DI LETTURA

“La giostra degli scambi” di Andrea Camilleri

La Giostra degli Scambi, l’ultimo libro con protagonista il commissario Montalbano dato alle stampe nell’Aprile 2015. Comincia con una mosca che infastidisce il commissario impedendogli di riprendere sonno, dopo essersi svegliato di buon ora. Quando riesce a schiacciarla si accorge che un’altra mosca gira indisturbata sul suo letto. Il poliziotto si sente in colpa: “E se non fosse lei quella che mi ha disturbato impedendomi di dormire?” pensa. Da questo primo scambio prende il via il romanzo che potremmo definire una “commedia degli scambi”. Infatti, poco dopo, i carabinieri prendono Montalbano per l’autore di una rissa e lo arrestano. Appena torna a casa scopre che la cameriera ha preso a padellate un gentiluomo scambiandolo per un ladro.
In commissariato, un uomo chiede di essere ricevuto dal commissario e non ci riesce, perché il suo appuntamento viene rinviato in continuazione. Il giallo vero e proprio riguarda una ragazza che viene narcotizzata ma quando si risveglia non le è stato fatto alcun male e non le è stato rubato niente. “Non sarà mica stato uno scambio di persona?” è quello che viene in mente ai poliziotti che avviano l’indagine. Poco dopo Salvo viene a sapere di un’altra giovane che ha subito lo stesso trattamento. Pensa subito che la situazione sfuggirà di mano al malvivente, infatti, il giorno dopo un’altra donna, che lavora in banca, come le altre malcapitate, viene ritrovata però oltre ad essere stata addormentata è stata ferita lievemente su tutto il corpo con dei piccoli tagli. Poi capita che un negozio di elettrodomestici venga dato alle fiamme, i primi sospetti si indirizzano sulla mafia, e il cadavere di un uomo viene ritrovato avvolto nel cellofan. “Ma la mafia non avvolge le vittime nel cellofan”. E per finire il corpo di una donna uccisa a calci e pugni viene rinvenuto in una discarica. In mezzo a tutto questo marasma, che comprende anche auto rubate e date, successivamente, alle fiamme; con un testimone che vede l’uomo che ha dato fuoco al mezzo con il volto nascosto da una coppola occhiali da sole ed una sciarpa sulla bocca, in mezzo a tutto questo, dicevamo, il poliziotto tenta di trovare il classico “bandolo della matassa”. Aiutato, anzi direi, con la complicità, degli uomini del commissariato di Vigata; dopo che anche una testimone chiave si è lasciata tradire da uno scambio di persona, riesce a mettere le mani sul vero assassino. Anche questo con un vero e proprio colpo di teatro, di quelli caratteristici di tutti i romanzi riguardanti Salvo Montalbano. Questo libro è molto gradevole, consiglio a tutti la lettura anche per le numerose battute e situazioni divertenti che contiene, a differenza dei classici gialli dove a tenere desta l’attenzione del lettore è la tensione che gli autori riescono a mantenere alta fino alla conclusione. A me non piacciono molto i continui riferimenti all’età che avanza nel protagonista procurandogli alcuni fastidi, però fa tutto parte del (teatrino) creato da Camilleri.
Nei libri dell’autore siciliano le situazioni divertenti, alcune volte, prendono il sopravvento sui fatti di cronaca nera, strappando letteralmente una risata ai lettori. Non inganni neppure il fatto che alcune parole sono scritte in dialetto siculo, perché la lettura risulta ugualmente molto gradevole, e comunque comprensibile, anche per chi non è originario della bellissima isola, porta meridionale d’Europa. Per scoprire il colpevole non vi resta che leggere questo libro!
Antonio Garosi
Dona un’ora del tuo tempo per il volontariato a favore dei disabili visivi. Per farlo chiama il numero 0577 46181
o visita il sito www.uicisiena.org
SPENNELLATE DI CUCINA

Cari lettori,
Durante questo nuovo percorso della mia vita, ho incontrato e conosciuto l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Siena ed il suo presidente Massimo Vita. Da subito è stata sintonia, ci siamo compresi! Da questa “mia nuova visione“ e stimolato dal presidente, è nato il desiderio, di essere parte della stessa, e allo stesso tempo, rendere partecipe, di alcune mie esperienze i membri dell’associazione e chi ci leggerà.
Non ci dimentichiamo che tutti noi siamo apprendisti e insegnanti insieme, con queste spennellate di cucina spero di farvi e far assaporare….. una parte di quello che è stato il mio mondo da chef.
Buona lettura e buon appetito.

La cucina italiana è variegata di mille ricette tra queste ho deciso di parlarvi di un tubero per la sua semplicità e naturalezza e la versatilità delle preparazioni.
La patata
Il tubero non è appariscente, non risalta con colori forti o profumi intensi come quelli di altri ortaggi. L’intensa carriera della patata inizia negli altopiani andini di Perù, Bolivia, Ecuador e Cile. Vennero portata in Europa intorno alla fine del 1500 dagli spagnoli e poi si diffuse lentamente in tutto il mondo e in particolare modo in Cina, Giappone e nei paesi islamici.
In Europa la diffusione della coltivazione di patate per scopi alimentari avvenne lentamente a causa della diffidenza per ciò che nasce sotto terra e per dei casi di intossicazione. Le patate divennero un cibo consumato dalla popolazione in seguito alla povertà causata dalle guerre e dalle carestie del XVII e XVIII secolo.
In Russia e in Polonia le patate, insieme ad altri cereali, sono utilizzate per produrre una bevanda superalcolica tradizionale: la vodka.
Le patate fanno bene perché contengono: molte vitamine C, B1, B2, B3, B6 e minerali come potassio, ferro, magnesio e fosforo.
Un basso contenuto proteico e di grassi.
Dal punto di vista dietologico, pur essendo ricche di amido, contengono meno calorie del pane e della pasta.
La classificazione delle varietà di patate è fatta in base alla caratteristica della polpa: soda in quelle a pasta gialla e per questo più adatte per insalate, fritture e cotture in cui il tubero sia intero o a pezzi; farinosa in quelle a pasta bianca e per questo più adatta in tutte quelle preparazioni dove viene sfarinata durante o dopo la cottura come purè e crocchette.
Per molti di noi la patata fin dalla prima infanzia significa solo patatine fritte, purea e patate lesse. Ma la patata può rappresentare un appello alla fantasia del cuoco al dono dell’improvvisazione. Oltre che nei modi comuni la patata può essere preparata nelle modalità più disparate fino ad arrivare ad raffinatissimi piatti con caviale, salmone orate ecc.

FETTINE DI ARISTA ALLA GRIGLIA CON PATATE ALLE ERBE
4 fette di arista alte circa 2 cm, 4 patate medie
rosmarino, salvia, timo, sale, pepe.
Fate un trito delle spezie. Lavate le patate farle a fette alte come l’arista.
Insaporite con il tritato salare scaldare bene la griglia e cuocere.

INSALATA DI PATATE CON FETA E OLIVE NERE.
1 kg di patate, 1 cipolla bianca, rosmarino, pomodori, 200 g feta, 100 g olive, olio, sale, pepe, aceto, 1 tuorlo d’uovo
Lessare le patate pelarle tagliarle a cubetti e così anche i pomodori. In padella rosolare la cipolla con olio finemente tritata. Sbattete il tuorlo dell’uovo aggiungendovi poco alla volta olio e aceto creare una maionese aggiungere alle patate insieme al resto degli ingredienti

ORATA CON PATATE AL FORNO
un orata di circa 500 g, patate, aglio, rosmarino, salvia, sale, pepe, olio.
In una teglia mettete l’orata con le patate tagliate a piccoli spicchi condite con olio e tutti gli aromi preriscaldate il forno. Infornate a 180 per 20 minuti.

PATATE ALLA PROVENZALE
1 kg e mezzo di patate novelle, 6 cucchiai di olio d’oliva, 50 g di burro, 3 rametti salvia, 3 rametti maggiorana, 2 cucchiaini zucchero, sale.
Se possibile non sbucciarle ma lavarle in acqua corrente asciugarle. Riscaldare l’olio in tegame e rosolare le patate, aggiungete il burro le spezie e il sale portate a cottura mettere lo zucchero caramellare e servire.
Fabrizio Mazzieri
SPORT PER TUTTI

I campioni italiani dell’U. I. C.I. di Siena

La nostra socia Maria Salaris ha vinto la medaglia d’argento nella categoria Assoluti Visually Impaired femminile, partecipando alla XXVIII edizione dei Campionati Italiani Targa Para-Archery che si sono tenuti l’11 e il 12 luglio a Padova presso l’impianti sportivi Comunali “Filippo Raciti”.
Maria è una cieca ventesimista che pratica il tiro con l’arco da 3 anni allenandosi nella Mens Sana – Arcieri Senesi grazie alla realizzazione, qualche anno fa, di un importante progetto sociale che ha permesso anche ad altri soci di allenarsi e raggiungere buoni risultati.
Vi state chiedendo come sia possibile che un disabile visivo pratichi uno sport di mira come il tiro con l’arco?
In realtà questa è un attività fisica che può essere praticata a qualsiasi età, che non richiede particolari doti fisiche in quanto è l’attrezzo sportivo (l’arco) ad essere calibrato sulla base delle caratteristiche fisiche dell’atleta e adatta anche a persone con disabilità fisiche e sensoriali.
I non vedenti possono praticare il tiro con l’arco in quanto la mira, dunque la vista, da sola non garantisce di centrare il bersaglio; determinanti sono anche la corretta esecuzione della sequenza di tiro e l’allineamento scheletrico. Un buon tiro con l’arco ha bisogno di: coordinazione, equilibrio, di controllo dei segmenti scheletrici e capacità di concentrazione. Partendo da questa ottica si può ribaltare la prospettiva in cui siamo abituati a ragionare, venendo meno la vista, bisogna sviluppare gli altri elementi e per farlo ci vorranno sicuramente dei tempi di apprendimento più lunghi.
In Italia ci sono molte scuole di tiro con l’arco per non vedenti e ognuna di essa ha adottato delle tecniche diverse che si differenziano per il numero ed il tipo di “ausili” da utilizzare per l’esecuzione del tiro.

Fotografia

Nella fotografia Maria Salaris mentre viene premiata dal Presidente Nazionale della Federazione Italiana Tiro con l’Arco Mario Scarzella.

Anche quest’anno gli atleti della società sportiva “Se mi aiuti ballo anch’io” si sono fatti onore ai recenti “Campionati Italiani di danza sportiva 2015” che si sono tenuti a Rimini dal 6 al 12 luglio. Ecco i risultati:
BALLO DA SALA (valzer lento, tango, fox trot e mazurca) – Categoria minorati della vista
1° – Scheila Soprani e Roberto Erodiani,
2° – Borghi Mario e Iliana Belfiori
3° – Rosanna Zanchi e Falsetti Ermelindo
4° – Maria Pia Chechi e Petreni Maurizio
5° – Luciana Massari e Fabio Zeppi.
COMBIMATA NAZIONALE (mazurca e fox trot) – categoria minorati della vista
1° – Francesca D’amico e Marco Urciolo
2° – Mario Borghi e Iliana Belfiori
3° – Scheila Soprani e Roberto Erodiani
4° – Rosanna Zanchi e Ermelindo Falsetti
5° – Maria Pia Chechi e Maurizio Petreni
6° – Luciana Massari e Fabio Zeppi.
L’associazione “Se mi aiuti ballo anch’io” è nata a Siena nel 2008 da un idea di Roberto Girolami, Tecnico Federale e Responsabile dei non vedenti per la Federazione Italiana Danza Sportiva (FIDS), ipovedente e campione regionale e nazionale di danze latino-americane e danze standard. L’associazione ha svolto la sua attività presso gli impianti sportivi della Mens Sana e i locali del Circolo A.r.c.i. di Fontebecci.
Il gruppo è guidato da un insegnante di ballo e ogni coppia è formata da un non vedente o diversamente abile e un tutor. Questo ruolo è ricoperto da dei volontari, ballerini professionisti abilitati. Il suo scopo è quello di divulgare la cultura della danza sportiva nel mondo dei non vedenti e dei diversamente abili. La danza, da sempre, oltre ad essere portatrice di benessere fisico e psichico, è anche un mezzo per socializzare e fare amicizie.
Ringraziamo questi atleti che onorano la città di Siena e la sezione U.I.C.I. per averci dimostrano che con l’impegno e la determinazione si possono ottenere grandi risultati.
Maria Grazia Marchi
Sogni, speranze e idee: pensieri in libertà ad alta voce

Esprimere i propri pensieri in libertà e ad alta voce, non è né facile né scontato ma se si riesce a compiere questo difficile esercizio intellettuale ci si sente davvero liberi. Io spesso ci provo e non so se ci riesco ma il giudizio in merito spetta a chi mi conosce e giudica. Sono spesso definito difensore delle pubbliche amministrazioni e da queste sono definito rompi scatole e polemico ma forse la verità, come al solito, sta nel mezzo.
Sento sia giusto difendere i diritti delle persone più deboli e dare voce a chi voce non ha anche se questo spesso risulta esercizio molto pericoloso.
La polemica che ho posto in essere rispetto alla iniziativa della fondazione MPS, ad alcuni è sembrata eccessiva, ad altri fuori luogo e ci sono stati assordanti silenzi. Rispetto le posizioni diverse dalla mia ma non sopporto il silenzio di chi in quella situazione era certamente più danneggiato di me e della categoria che rappresento. Comunque anche questa polemica è passata quasi inosservata perché nella nostra società vi è poco spazio per il dibattito sui diritti. Questa volta non si può dire che la stampa non abbia prestato ascolto ma era legittimo attendersi una presa di posizione di chi si occupa di sociale e di chi spesso specula politicamente su questi temi. Forse non si deve disturbare “Mamma Fondazione”.
Un altro tema che stimola i sogni, le speranze e le riflessioni ad alta voce, è il dibattito sulla riforma del sistema scolastico. Ancora una volta ci siamo divisi tra bianchi e neri e questo ci ha impedito di sviluppare un vero dibattito sui contenuti della riforma e sulle questioni più rilevanti.
Io mi soffermo sulla questione dell’integrazione scolastica per esprimere la mia delusione rispetto a una riforma che non porta significative novità e che, soprattutto, non compie una riflessione seria su quanto è accaduto in questo paese in materia di integrazione scolastica. Non si è detta tutta la verità; non abbiamo avuto il coraggio di affermare che la scuola e il sistema paese ha fallito sull’educazione e la formazione dei disabili.
Abbiamo voluto scolarizzare ogni tipo di disabile e questo ha portato all’impoverimento culturale dei disabili. Anche in questa materia sono considerato un retrogrado perché mi si inquadra tra coloro che vogliono aprire nuovamente gli istituti o le classi differenziali. In realtà, essendo vissuto per sei anni in istituto, so cosa sono e quali errori hanno compiuto. Io vorrei un sistema sostenibile sul piano didattico e sul piano economico che sapesse guardare in faccia alla realtà per il bene dei disabili. In conclusione faccio appello a chi legge affinché coltiviate sempre la cultura della libertà intellettuale guardando i problemi dal didentro. Se questo avverrà potremo realizzare il sogno di una società più vera, più libera e più solidale.
Massimo Vita
LAUREA
Il 29 aprile 2015 la nostra socia Rachele Duchini, ha conseguito la laurea in fisioterapia presso la Facoltà di Scienze della salute umana dell’Università degli Studi di Firenze con il massimo dei voti, discutendo una tesi dal titolo: “il kinesiotaping applicato in flessione o in estensione è in grado di influenzare la precisione e la regolarità del movimento isocrono ripetitivo?”
Rachele, con la sua tesi, ha partecipato e vinto il bando di concorso emesso dall’Università degli Studi di Siena per l’attribuzione di due premi di laurea intitolati a “Erica Angelini” per laureati con disabilità presso gli Atenei toscani.
Hai in mente di lasciare una parte del tuo patrimonio in beneficenza?
Considera l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – ONLUS  di Siena.
Noi ci occupiamo di chi non vede o vede male e lo facciamo con serietà e qualità perché siamo ciechi e ipovedenti.
Per donare alla nostra associazione basta visitare il sito www.uicisiena.org oppure recarsi da un notaio e indicare nelle proprie volontà testamentarie la nostra associazione curandovi di precisare il nostro nome per intero e la via.
Per donazioni in denaro fai un bonifico su: IBAN IT 95 X 08351 14201 000 000 091 880