Estate. Tempo di vacanza e riflessione, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Scrivo queste poche righe per condividere, se qualcuno avrà la pazienza di leggerle, alcuni pensieri.

Prima di tutto voglio augurare buone vacanze a tutte e a tutti. Auguro buone vacanze anche a tutti coloro che collaborano e lavorano per la nostra famiglia associativa; poi, auguro a tutti i colleghi dirigenti e alle socie e ai soci una vacanza serena.

Penso, però, che non vi sia tempo migliore delle vacanze per fermarsi a riflettere e, come si dice, a farsi un esame di coscienza.

Non credo che dovremmo riflettere sulla nostra vita ma su alcuni temi portanti della nostra associazione certamente sì.

Penso che per una buona riflessione dovremmo farci guidare da queste quattro chiavi:

ci vuole continuità, coerenza, condivisione e non bastano le sole risposte tecniche.

Se la nostra riflessione si circostanzia su queste chiavi ci porterà sicuramente a dei risultati.

Io credo di poter dire che la chiave a cui ho certamente dato seguito è la quarta: non bastano le sole risposte tecniche.

Ho impegnato nella mia attività, tutta la mia passione e il mio amore per l’associazione e in particolare per l’I.Ri.Fo.R.

Le altre chiavi qualche problema me lo pongono perché, mentre riesco a valutare la mia continuità, le altre due chiavi non riesco a valutarle e spero che possano essere valutate da chi mi legge o da chi mi ha dato fiducia prima come dirigente locale, poi come dirigente regionale e infine come dirigente nazionale.

Tutti noi che sentiamo di poterci e doverci impegnare a ogni livello dobbiamo mettere al centro queste chiavi per poter rispettare chi, davvero, deve essere al centro del nostro agire: le persone.

Molto spesso, presi dal vortice del lavoro si perdono di vista le persone e questo ci porta lontano dal nostro compito primario.

Riusciamo anche a compiere azioni rilevanti su vari aspetti ma poi ci accorgiamo che chi ci osserva non sempre può comprendere cosa stiamo facendo o cosa stiamo cercando di comunicare.

Mi sono accorto, in alcune occasioni, che le mie azioni erano arrivate in modo distorto o impreciso ma non per cattiveria bensì proprio per la frenesia del nostro operare.

Allora, oggi che il riposo ci fornisce l’occasione, potremmo fermarci a riflettere sul nostro essere dirigenti proprio in base a queste quattro chiavi anche se da questa riflessione potrebbe scaturire qualche sorpresa poco piacevole per noi ma positiva per l’organizzazione.

Sembrerà strano ma vi propongo delle letture che vi stupiranno:

vi propongo lo Statuto sociale dell’Unione, dell’I.Ri.Fo.R e i relativi regolamenti.

Se lo faremo con il giusto approccio potremo ricavarne utili spunti di riflessioni che alla ripresa ci potrebbero aiutare per prepararci con maggiore forza all’anno del centenario e del Congresso.

Mi piace suggerire, e cercherò di farlo a mia volta, di leggere questi documenti calandoci dentro le quattro chiavi.

Un’altra lettura potrebbe essere quella delle mozioni congressuali e delle relazioni consuntive e programmatiche dei vari anni.

Credo di poter dire che, senza tema di smentita, si sia fatta tanta strada dal 2015 ma se si pensa a cosa ci siamo impegnati a compiere, molta strada abbiamo da fare.

Abbiamo un vantaggio, possiamo non perdere tempo in cerca di una guida perché la guida c’è e ha tutte le patenti per una guida capace e sicura.

Possiamo e dobbiamo lavorare sulle idee, sulle strategie e sulle persone che queste idee e queste strategie devono attuare guidate da un presidente capace, sicuro e determinato come Mario Barbuto. Tutti insieme, in modo condiviso e collegiale dovremo portare questa nostra grande casa nel futuro.

Vibo Valentia – Convegno “Disabilità visiva e Istruzione”, di Pierfrancesco Greco

Il simposio, organizzato dalla Sezione Territoriale “Giovanni Barberio”, s’è dipanato attraverso la definizione di una prospettiva particolare sulla complessità connotante la dimensione dell’istruzione contestualmente alla quotidianità della disabilità visiva, focalizzando l’attenzione sull’orizzonte calabrese, osservato con l’occhio della sensibilità.

Il simposio organizzato dalla Sezione Territoriale di Vibo Valentia, intitolata all’indimenticato Giovanni Barbero, dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, con il patrocinio della Presidenza Nazionale e del Consiglio Regionale calabrese dell’UICI, della Regione Calabria e della Provincia vibonese, e svoltosi nella mattinata di sabato scorso, 22 giugno, a Vibo Valentia, presso l’Aula Magna dell’Istituto Alberghiero di Stato, s’è dipanato attraverso la definizione di un punto di vista alquanto originale sulla complessa interazione tra la quotidianità della disabilità visiva, ancora troppo spesso marginalizzata rispetto alle assise universali, e il mondo della scuola, agitato da un’indeterminatezza che, certamente, non agevola la proficua reciprocità tra una condizione dell’esistenza, come quella che vivono i disabili, e un’agenzia di elargizione culturale, quale l’istituzione scolastica, che devono convergere, in un processo di crescita comune, stillante linfa nel tessuto connettivo ideale, valoriale e anche fattuale dell’intera comunità umana, non solo della categoria dei disabili visivi. Un punto di vista originale, si diceva, introdotto già dal tema formulato e scelto per riempire di contenuti il convegno: “Disabilità visiva e Istruzione – Sensibilità, Realtà, Possibilità e Sviluppo nell’orizzonte Calabrese”; tema articolato e calzante, attorno a cui i partecipanti hanno intessuto un’interessante riflessione. Del resto, una vera, profonda ed efficace riflessione analitica sulla questione inerente alla piena, duratura ed effettiva integrazione delle individualità interessate dalla disabilità, in questo caso visiva, nel consesso collettivo, non può prescindere da un approccio interiore filtrato dalla sensibilità, intesa come capacità di vedere, sentire, vivere con particolare slancio empatico la realtà che ci circonda, dipinta dagli sguardi, dai pensieri, dalle condizioni, dalle situazioni, dalla felicità, dalle ansie, dalle difficoltà punteggianti le vite che con noi condividono l’esperienza mondana; nello specifico, osservare la realtà della disabilità con gli occhi della sensibilità permette non solo di focalizzare in maniera cristallina il nesso inscindibile e consequenziale intercorrente tra l’adeguata istituzionalizzazione dell’offerta formativa, in cui trova sbocco un’esaustiva, capillare, onnicomprensiva e autenticamente “Pubblica” istruzione, vale a dire l’autentica e imprescindibile stella polare dell’autonomia, della realizzazione e della libertà di ogni persona, e l’integrazione delle categorie svantaggiate, ma anche di cogliere con maggiore lucidità le possibilità concrete che un determinato contesto culturale, sociale e territoriale offre ai fini della costruzione di una compiuta società inclusiva, creando, nel contempo, le condizioni di colmare eventuali lacune e ampliare, in tal modo, il ventaglio delle summenzionate possibilità, sulle ali delle quali spiccare il volo verso lo sviluppo di un rinnovato sentire morale, normativo e istituzionale intorno alla dimensione delle pari opportunità, afferentemente a ogni settore del quotidiano incedere, sia esso scolastico, professionale o relazionale, in un orizzonte esistenziale mondato dalle nuvole dell’indifferenza, del pregiudizio, delle barriere, mentali e materiali. Al riguardo, i lavori del Convegno tenutosi a Vibo hanno focalizzato lo stato dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità sensoriale visiva sul territorio calabrese, alla luce della riforma della legge sulla buona scuola e del decreto 66/17. In particolare, dalle relazioni e dagli interventi, è emerso chiaramente come i temi, tramite i quali si può evincere la maturazione o meno del processo d’inclusione, siano sostanzialmente gli stessi dai tempi della legge 104/92, permanendo diverse discrasie: discrasie in fase di accoglienza e predisposizione amministrativo-organizzativa dell’inserimento, della definizione concernente il grado di disabilità e dell’impatto sul PEI (Piano Educativo Individualizzato); discrasie sulla definizione delle attività curriculari e della metodologia d’insegnamento, ossia di un’adeguata tiflopedagogia; e, poi, il permanere di questioni annose, come quelle relative all’assegnazione dell’insegnante di sostegno, alla valutazione delle sue competenze, e agli strumenti e materiali tiflodidattici, sovente non conosciuti e adottati, per non parlare delle modalità, nei casi della pluridisabilità, di predisposizione e assegnazione della figura di assistenza all’autonomia e alla comunicazione, della continuità dell’insegnante di sostegno, della mancanza di attività specifiche extrascolastiche, dell’accompagnamento ai cicli scolastici successivi. Insomma, sovente, ci si trova al cospetto di un processo solo burocratico, che, in tante realtà, ha causato gravi danni alla crescita e integrazione dell’alunno. A prescindere dagli aspetti normativi e dalla loro revisione e da quanto rintracciabile attraverso l’osservatorio dell’UICI, che ha il suo avamposto nel lavoro sul campo, offerto con strumenti, ausili e materiali appositi, possiamo dire che gli alunni con disabilità visiva non hanno ancora le giuste e pari opportunità per completare un percorso di studi avente come coronamento il traguardo della laurea: difficoltà di studio, d’inserimento, ostacoli nel reperire materiale adatto e supporto tecnico competente e la scarsa motivazione, indotta, in determinati casi, anche da un ambiente poco accessibile, rendono tale prospettiva alquanto tortuosa. “In questo contesto – ha asserito Rocco Deluca, presidente della Sede Territoriale UICI di Vibo Valentia – l’UICI rappresenta un faro costantemente puntato sull’itinerario dell’inclusione scolastica, con il lavoro quotidiano esperito nelle cinque sedi provinciali”, coordinate “da un Consiglio Regionale – ha inteso mettere in evidenza il Presidente Regionale dell’UICI Pietro Testa – il quale ha fatto una scelta ben precisa, orientata a difendere la cultura, che è una sorta di propellente per camminare di più e più velocemente, cosa a cui noi ciechi e ipovedenti siamo chiamati in maniera particolare, per recuperare il terreno perso, per dare valore al nostro essere persone in grado di incidere nel nostro tempo e nel nostro spazio”. Dare valore alla personalità di ogni cieco e ipovedente è, del resto, la missione che l’UICI porta avanti da quasi cento anni: anni durante i quali sono state predisposte, attraverso la Federazione Nazionale Istituzioni Pro-ciechi, la Biblioteca Nazionale per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza, l’Irifor, le Sedi Territoriali UICI e tutte le altre organizzazioni collegate, a qualsiasi titolo, al nostro sodalizio, una serie di misure e azioni, che, in molti casi, hanno sopperito e sopperiscono ai vuoti cui s’è fatto cenno; un lavoro certosino svolto, oggi più di ieri, in maniera capillare sui territori, grazie al quale è possibile arrivare in tutte le scuole, cercando di rimediare alla scarsa presenza della “buona scuola” e ponendo in essere interventi mirati sul personale docente di sostegno, volti a trasferire la competenza tiflologia di cui l’UICI è presidio ed ente propulsore, attraverso la pianificazione di percorsi tiflodidattici, l’offerta di strumenti e materiale tiflodidattico e tiflotecnico, la definizione di un approccio esperienziale guidato. Purtroppo, non sempre alcune scuole risultano aperte e pronte a comprendere il metodo e il coordinamento offerto dall’UICI, cosa che rappresenta sempre un danno, anche in presenza di un solo alunno cieco o ipovedente. “Ecco perché – ha evidenziato in proposito la dottoressa Annamaria Palummo, Consigliere Nazionale dell’UICI e moderatrice del simposio – è necessario che nella riforma si definiscano modalità, termini e azioni dirompenti, nonché le responsabilità per l’inclusione scolastica di tutti i disabili, non solo di quelli visivi. È altresì opportuno, da parte di tutte le istituzioni preposte al processo dell’inclusione scolastica, operare con flessibilità e volontà riconducibili ad azioni umane e non prettamente burocratiche, senza dimenticarsi che è, che deve essere l’alunno disabile, cieco o ipovedente, il terminale di una strategia formalmente definita. In altre parole, ogni alunno necessita di attenzione continua, che porti consequenzialità e rinforzi le possibilità di raggiungere l’obiettivo”. Obiettivo, il cui raggiungimento passa da “competenze, esperienze, risorse da mettere a fattore comune, rispetto dei ruoli – ha affermato il professor Mario Barbuto, Presidente Nazionale dell’UICI –, senza improvvisare o rinchiuderci nell’autoreferenzialità e nella diffidenza, ma piuttosto cercando l’interazione con le Istituzioni e con le altre organizzazioni di rappresentanza e tutela di coloro i quali, come noi ciechi e ipovedenti, vivono una situazione di deficit, di svantaggio, nei confronti degli altri. Uno svantaggio da colmare, dando respiro a un’interazione che noi dobbiamo perseguire con orgoglio, con i valori di cui noi, come UICI, siamo portatori, cercando il passo decisivo sulla strada dell’integrazione, dell’inclusione e, quindi, di un futuro ove la fragilità, indotta dalla cecità, possa esprimere la sua forza, le sue specificità; un passo che è rappresentato dall’istruzione, un diritto costituzionalmente garantito e, tuttavia, necessitante d’incessante tutela da parte nostra; un diritto relativamente a cui, purtroppo, registriamo ancora delle difficoltà, che devono indurre a porci una domanda: sulla didattica e sull’inclusione, stiamo percorrendo la strada giusta? Ebbene, didattica e inclusione sono diritti irrinunciabili, rispetto a cui, sovente, agiamo in ordine sparso, limitandoci a tappare falle, senza intervenire a livello strutturale. Un agire, il nostro, dentro al quale dobbiamo evitare di crogiolarci: piuttosto, sull’inclusione e sulla didattica, dobbiamo puntare al massimo, magari chiedendo la convocazione degli Stati Generali della scuola e confrontandoci con essi. Insomma, dobbiamo puntare – ha concluso il presidente Barbuto – a dare di più, tutti insieme, verso l’obiettivo cui aneliamo”. Dare di più, con azioni volte a ottimizzare le possibilità che le varie sfere, istituzionali e territoriali, possono offrire; azioni e possibilità che, recentemente, in Calabria, hanno trovato senso nel lodevole lavoro di rivendicazione della IAPB e dell’UICI regionali, sfociato nella Legge Regionale n.17 del 31/05/2019, sugli “Interventi per l’assistenza a favore dei ciechi pluriminorati”, e che, fino a oggi, hanno avuto il vero volano “nelle famiglie, le quali giornalmente sopportano il peso di una disabilità”, ha asserito Luciana Loprete, Presidente della Sezione Territoriale UICI di Catanzaro, nonché Coordinatrice Istruzione dell’UICI Calabria, la quale ha parlato di “Inclusione Scolastica: dati e risposte concrete”, nell’esposizione della sua relazione. “Non intendo – ha continuato la Presidente Loprete – essere assolutamente cruda in ciò che ho appena affermato, ma, al cospetto degli esponenti istituzionali oggi presenti – tra cui Maria Limardo, Sindaco di Vibo Valentia, Franca Falduto, Assessore all’Istruzione e alle Politiche Sociali di Vibo Valentia, Sonia Tallarico, Dirigente Generale della Regione Calabria, partecipante in rappresentanza dell’Assessorato all’Istruzione e alle Attività Culturali, e Sabrina Nardo, delegata dell’Ufficio Scolastico Regionale – è giusto comprendere come un intervento che in alcune occasioni può sembrare banale, al contrario, per la famiglia rappresenti un particolare sostegno. Venendo al tema dell’odierno incontro, e nello specifico di come il territorio regionale risponda in termini d’inclusione scolastica, consentitemi di affermare come la situazione per nostra fortuna non sia totalmente negativa. Certo, non risponderebbe al vero se oggi dicessi che viviamo in una regione che integra pienamente i ragazzi disabili, ma il lavoro e la costante presenza della nostra associazione sui territori sono stati forieri di conquiste e, soprattutto, hanno fatto sì che barriere apparentemente insuperabili, con il passare del tempo, si siano sempre più assottigliate, consentendo un positivo standard d’inclusione nel panorama scolastico regionale.  È bene ricordare come in Calabria il numero degli alunni affetti da disabilità si attesti intorno alle 7800 unità, dato sempre in crescita, se si considera che nel 2018 erano ben 400 in meno. L’UICI della Calabria, attraverso le sue diramazioni territoriali e l’Unità territoriale di coordinamento, diretto dalla dottoressa qui presente Lavinia Garufi, da anni, ormai, presta la sua professionalità, affinché le problematiche comuni, come l’assenza dei libri di testo, l’assenza di personale specializzato e, talvolta, l’assenza di ausili didattici, vengano risolti; in ogni caso, questo non deve far ritenere superata ogni problematica. Un fattore comune presente in tutte le realtà territoriali è legato alla presenza in aula di docenti di sostegno sprovvisti di specializzazione, come s’è registrato nelle provincie di Catanzaro, Cosenza, Crotone e Vibo Valentia. Comunque, le risposte concrete, rispetto a quanto accadeva qualche anno addietro, sono pervenute: basti pensare che, secondo i dati ufficiali del MIUR, in Calabria vi sono 5829 insegnanti di sostegno. Questo, però, non ci deve rendere fieri, essendo tante, se non troppe, ancora le lacune di un sistema che non è del tutto pronto e preparato a farsi carico di tipologie di alunni così differenti tra di loro. Il motivo, ovviamente, non è solo da addebitare alle istituzioni scolastiche; in particolare, un aspetto da non sottovalutare è legato anche al mancato aggiornamento non solo degli insegnanti di sostegno ma anche di quelli curriculari: ciò lo posso affermare con cognizione di causa, sulla scorta del lavoro svolto dalle nostre sezioni IRIFOR, le quali, ogni anno, si fanno promotrici di corsi di aggiornamento, che, purtroppo, registrano una scarsa adesione per motivi a noi ignoti, considerando che sul territorio siamo l’unico ente di rappresentanza e tutela di tutti i ciechi, gli ipovedenti e i pluriminorati. Numerose sono le azioni che, in concerto tra le parti, potrebbero essere messe in opera; per fare ciò ovviamente serve un costante dialogo con le istituzioni preposte che dovrà essere costruttivo e soprattutto rispondente alle svariate istanze dei numerosi alunni disabili visivi presenti nell’apparato scolastico del territorio. Teniamolo ben presente: ciò che noi attueremo oggi – ha terminato la Presidente Loprete –, si ripercuoterà sul futuro dei nostri figli”. Futuro in cui fondamentale sarà “la coniugazione di senso tra educazione, pedagogia e, quindi didattica”, come affermato dal professor Marco Condidorio, Coordinatore Nazionale della Commissione Istruzione dell’UICI, nella sua relazione “Sviluppi Pedagogici e didattici nei percorsi d’istruzione alla luce della normativa vigente e dei lavori condivisi tra MIUR e UICI”. Particolare “attenzione – ha proseguito Condidorio – dovrà essere riservata all’evoluzione della pedagogia, che ha quale snodo cruciale la partecipazione attiva delle figure genitoriali e il riconoscimento del legislatore, che interpreta e legifera sul ruolo di queste. Non solo: il percorso attivo-passivo d’integrazione, inteso come il processo che riguarda direttamente l’alunno, e inclusione, riferito, invece, alla classe, all’inserimento dell’alunno nella classe, è da intendersi come il DNA, la cui catena rappresenta il progetto di crescita per il discente, ma anche per chiunque viva e operi lungo tutto il percorso d’istruzione e educazione dello stesso.  Integrazione e inclusione sono due dei diversi segmenti essenziali della catena, che determinano gli obiettivi e le finalità del percorso d’istruzione e educazione del discente: segmenti il cui approccio metodologico si struttura a partire da fondamenta di tipo sociale, in cui la scuola è per tutti e di tutti, il diritto allo studio è un diritto sociale e ove l’apprendimento concerne la persona. L’apprendimento è, dunque, un diritto soggettivo, con la persona che deve essere posta nelle condizioni di raggiungere quel tipo di traguardo, generalmente prefissato per la comunità. Perché tutto ciò si realizzi quale progetto condiviso, a partire dalla famiglia, e per consentire al discente di raggiungere la massima realizzazione di sé, che esploderà con la maturità, l’integrazione e l’inclusione devono passare anzitutto per la persona, poi dal Progetto Individuale, attraverso ogni attore del percorso di scolarizzazione, comprese le singole competenze, dunque contestualmente a una maggiore centralità della famiglia, a un uso e applicazione corretti dell’ICF – la Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, che vede il funzionamento e la disabilità come una complessa interazione tra le condizioni di salute dell’individuo e i fattori ambientali e personali – e sulla base di un profilo di funzionamento che tenga conto, a partire dalla persona, dell’ambiente, dei punti di forza di questi, alla luce di un profilo antropologico, biologico, psicologico e sociale. La certificazione non deve accentuare i limiti ambientali, ma attenuare quelli soggettivi, che pure esistono. La scrittura di un PEI, che sia la costruzione realistica di obiettivi condivisi e realizzabile alla luce degli stessi scopi per cui è stato progettato, dunque scritto, passa per un’edilizia scolastica, che si faccia promotrice delle abilità, delle aspirazioni e necessità di tutti coloro i quali la occupano e vivono; passa, altresì, per l’innovazione, essendo troppo poche le sperimentazioni di scuola d’avanguardia. L’integrazione e l’inclusione navigano nel mare magnum delle sigle, degli acronimi; ma non solo: l’integrazione e l’inclusione passano dalle scuole polo, ben 319 su tutto il territorio nazionale e dai CTS che sono 107; passano dai coordinatori per l’inclusione e dal Piano Nazionale per la Formazione. Centrale, relativamente agli sviluppi pedagogici, è il ruolo della didattica, ove gli attori sono il dirigente scolastico, l’insegnante curriculare, quello sul sostegno didattico, le figure quali l’assistente per la comunicazione e per l’autonomia e l’educatore, laddove previsto. L’integrazione e l’inclusione scolastiche dovrebbero andare oltre le categorie del deficit, sia di quello certificato dal servizio sanitario nazionale riguardo al discente, sia di quello economico dichiarato praticamente sempre dall’ente locale o regionale. Noi tutti abbiamo coscienza di come ciò accade e talvolta, forse inconsapevolmente, di quanto noi per primi siamo i diretti responsabili, ora in veste di genitori, ora di operatori. Questioni, quelle appena esposte, che sono alla base dei lavori presso il Comitato paritetico tecnico MIUR e UICI, la cui attività potrà trarre giovamento dal contributo degli amministratori e degli Enti territoriali, in direzione di una scuola sempre più rispondente a esigenze sempre nuove; una scuola a cui chiediamo tutto, l’impossibile, il massimo, senza sconti. In verità – ha concluso Condidorio –, dovremmo chiedere di meno e fare qualcosa in più, partendo dai nostri figli”, trovando la via più corretta ai processi d’inclusione, che, come spiegato dalla dottoressa Lavinia Garufi, responsabile del Centro di Consulenza Tiflodidattica della Calabria, nella sua relazione “Percorsi di Inclusione: il C.C.T. e le esperienze sui territori”, sono “da verificare continuamente, perché in ogni realtà scolastica può emergere qualche criticità legata alla didattica specifica e al concreto inserimento degli alunni nel loro ambito di riferimento. La ventennale esperienza profusa nelle diverse realtà scolastiche, ci indica che, con i diversi sostegni messi a disposizione, funzionali a portare ogni bambino alla piena libertà, laddove sia stato tangibile l’intervento integrato di famiglie e scuola, e, comunque, seguendo sempre un metodo associato agli ausili per la didattica, si sono raggiunti buoni risultati in termini di apprendimento. Vien da sé che si devono coniugare, metodo, servizi integrati, buona scuola e tanta voglia di farcela da parte dell’alunno, il quale deve poter ricevere continuamente stimoli e supporti adeguati”, al fine di poter godere pienamente del diritto allo studio, rispetto a cui la dottoressa Linda Legname, Coordinatrice Nazionale dei Centri di Consulenza Tiflodidattica, tracciando nella sua relazione un “Focus sull’inclusione scolastica in Italia, a partire dai Centri di Consulenza Tiflodidattica”, ha rappresentato “un quadro tinteggiato da ombre e luci, nonostante il diritto allo studio sia un diritto sancito formalmente, in cui non dovrebbero sussistere impedimenti; piuttosto che considerare la minorazione visiva e sensoriale come un limite alla reale inclusione scolastica, si dovrebbe pensare alla condizione di disabile visivo come una mera deviazione alla normalità, che, però, trova la giusta dimensione, teorica e pratica, con semplici accorgimenti di metodo, di approccio, di didattica specifica, di coordinamento e sinergia, nonché con una dose altissima di sensibilità: tutti elementi, questi, alla cui luce il processo dell’inclusione scolastica non deve palesarsi come un problema, bensì nella sua corretta accezione di processo armonico, in cui gli alunni con disabilità sensoriale visiva possano pienamente godere del diritto allo studio, senza pregiudizi e discriminazioni, superando ogni amenità burocratica, in una logica ove esistono bisogni specifici e non speciali. I centri tiflodidattici pongono in essere, attraverso le consulenze e il materiale, costanti e necessarie declinazioni per la didattica specifica e la reale inclusione, in una visione, come ripetuto più volte quest’oggi, anche dal nostro presidente Barbuto, sinergica”. Sinergia in cui ripone grande fiducia l’Ufficio Scolastico Regionale, rappresentato sabato mattina dalla dottoressa Sabrina Nardo, secondo la quale “ogni bambino è portatore di un linguaggio, che noi  riteniamo parte fondamentale di quel grande patrimonio che è il plurilinguismo. Ecco perché, su tematiche quali integrazione e inclusione, noi, come Scuola, ci siamo da sempre e ci saremo domani, pronti a camminare con voi mano nella mano”; una disponibilità a seguire i percorsi virtuosi di cui l’UICI è corifea e garante, fatta propria anche dall’Ente Regionale calabrese, di cui s’è fatta portavoce la dottoressa Sonia Tallarico, che, nel riaffermare “l’inclusione scolastica quale priorità della politica regionale”, ha fatto riferimento ai provvedimenti già varati “riguardo al diritto allo studio, volti a regolamentare la materia, nell’intento di rendere più agevole il processo di scolarizzazione a tutti gli alunni ciechi e ipovedenti. Il percorso, per loro, è stato lungo, però oggi sappiamo che l’obiettivo della piena realizzazione per i ragazzi non vedenti è a portata di mano, in una realtà calabrese che, a ogni livello, politico, civile e scolastico, vuole accogliere tutte le specificità”, andando oltre le difficoltà che ancora permangono e di cui s’è parlato durante il dibattito conclusivo, arricchito dagli interventi di Franca Falduto, Assessore all’Istruzione e alle Politiche Sociali del Comune di Vibo Valentia, della giovane alunna Arianna e di Antonio, un rappresentante dei genitori. Dibattito da cui è emerso, una volta di più, che “il processo d’integrazione e inclusione – come ha chiosato la moderatrice del meeting, dottoressa Annamaria Palummo – è un processo in evoluzione; un processo che deve portare a un cambiamento, certamente da parte nostra, come associazione che tutela i diritti e l’avvenire dei non vedenti e degli ipovedenti, ma anche da parte delle istituzioni che qui l’hanno dichiarato, certificandoci vicinanza e volontà di collaborazione, come auspicato dal nostro presidente Nazionale Barbuto, il quale oggi ha reso onore a questa iniziativa con la sua autorevolissima presenza. In conclusione, spero che, con coerenza e con passione, con verità e con forza, questo convegno, da una parte, vi abbia aiutato ad ampliare il vostro sguardo su questo difficile tema e, dall’altra, sia assurto a manifesto della nostra disponibilità a disegnare, insieme con tutti voi, un altro futuro”; un futuro di nuove speranze e rinnovate certezze per tutti i ciechi e gli ipovedenti; un futuro bello come lo stupendo affresco che la natura ha, nella mattinata di sabato, schiuso a quanti hanno affollato la Sala dell’Istituto vibonese, affacciato sulle sfumature turchesi del Golfo di Sant’Eufemia, ove Nettuno severamente s’incunea, quasi a ghermire con i suoi flutti la sfolgorante catena costiera volgentesi, in una cavalcata a volte convessa e altre concava, verso il merlato lembo centrosettentrionale dei lidi di Calabria, percorso dal carro di Apollo, in un susseguirsi di vallate ed erte, fin sull’apogeo, ruvidamente gentile, di Monte Cocuzzo, ove, forse, sta a indugiare, per rimirare, il Creatore di cotanto splendore; uno splendore ombrato per i nostri fratelli ciechi e ipovedenti, i quali devono, comunque, avere la possibilità di cogliere la medesima magia in ogni palpito che l’esistenza può regalare in altre fogge, abbeverandosi, innanzitutto, all’inesauribile fonte della conoscenza. Quella conoscenza che solo un ambiente umano e istituzionale eticamente salubre e strutturalmente sano può garantire, lasciandosi spingere dalla brezza della sensibilità, quella capace di trovare il visibile in ciò che appare invisibile, di fugare ogni velatura, di abbracciare del mondo la luce duratura.

Linda Legname interviene durante il convegno

Asti – “La prevenzione non va in vacanza”

A Costigliole e Montiglio Monferrato due appuntamenti “da tenere d’occhio“ torna l’iniziativa per la conoscenza e la prevenzione delle patologie della vista

Da diversi anni la sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità – IAPB Italia ONLUS (Organismo riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e per l’Italia, dalla Legge n. 284/1997) attua, attraverso i propri comitati provinciali e in collaborazione con le sezioni locali dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, una serie di iniziative volte a favorire la conoscenza e la prevenzione delle malattie degli occhi.

Nell’ambito del progetto “La Prevenzione Non Va In Vacanza”, il Comitato IAPB (International Agency Prevention Blindness) di Asti, con il patrocinio dell’AIORAO (Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia) e della Croce Rossa Italiana e con il prezioso supporto dei volontari dell’UNIVoC, offre alla popolazione una serie di eventi gratuiti.

“Il nostro obiettivo – spiega Adriano Capitolo, presidente del comitato IAPB di Asti – è quello di offrire occasioni di incontro e di sensibilizzazione sulle patologie della vista, in un periodo particolare come quello estivo, in cui aumenta l’esposizione ai raggi solari e crescono i rischi per la salute dei nostri occhi, soprattutto nei soggetti giovani. Con incontri informativi in alcune piscine e recandoci con l’unità mobile oftalmica nelle piazze di alcuni paesi della provincia, attuiamo ormai da anni uno screening di prevenzione delle malattie degli occhi. Il primo appuntamento è per domenica 23 giugno a Costigliole d’Asti. A partire dalle ore 9, in Piazza Scotti, l’ortottista a bordo del mezzo effettuerà gratuitamente uno screening della vista. L’iniziativa è aperta ai giovani e non solo”.

Oltre allo screening IAPB proporrà un esperimento di simulazione della cecità e dell’ ipovisione sottoforma di gioco durante il quale i partecipanti, indossando appositi occhiali in grado di riprodurre i difetti della vista, dovranno individuare e riconoscere alcuni oggetti attraverso la sola percezione tattile, muovendosi nello spazio circostante aiutandosi con l’ausilio del bastone bianco.

“Quando siamo in vacanza – ricorda Capitolo – la nostra attenzione è tutta rivolta alla pelle, ma occorre ricordare che anche gli occhi corrono dei rischi.  Da qui la necessità di sensibilizzare i cittadini, informandoli correttamente sui danni che possono derivare da una eccessiva esposizione ad agenti irritanti come i raggi ultravioletti, la polvere, la sabbia, le impurità dell’acqua eccetera. Nel corso della giornata di domenica distribuiremo un opuscolo che spiega come prevenire le malattie degli occhi. A tutti i partecipanti verranno offerti una merenda e un succo a base di frutta e verdure, alimenti amici della salute dei nostri occhi. Tutti potranno contribuire alla promozione social dell’evento postando foto e selfie della giornata con gli hashtag che verranno comunicati a bordo dell’unità oftalmica”.

Il secondo evento domenica 30 giugno in piazza Regina Margherita a Montiglio Monferrato. In entrambe le giornate sarà effettuata la raccolta degli occhiali usati in collaborazione con il Lions.

Catanzaro – Nona giornata per la prevenzione dei disturbi visivi

Ha avuto notevole successo e riscontro da parte della cittadinanza la nona giornata dedicata all’attività di prevenzione dei disturbi visivi che la IAPB (l’Agenzia internazionale per la Prevenzione della Cecità) Comitato Provinciale di Catanzaro in collaborazione con la sezione territoriale UICI di Catanzaro ha promosso nella giornata di ieri presso il Gabinetto oculistico “Mario Barbuto” della sede Polivalente UICI in via Gattoleo n°2.

Il tutto grazie alla collaborazione consolidata negli anni e alla professionalità degli Oculisti dell’Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, dell’azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro e del Policlinico Universitario di Germaneto.

Nello specifico per la giornata di ieri la Dott.ssa Angela Turturo, Oculista esperta in oftalmologia Pediatrica dell’azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” ha sottoposto a screening un numero considerevole di cittadini di varie età, da bambini, fino a giovani ed anziani ed i cui risultati saranno utilizzati per uno studio epidemiologico della città di Catanzaro e provincia.

Durante l’attività di prevenzione sono stati distribuiti opuscoli informativi sulle patologie oculari, questionari, Fumetti, Stickers e gadget anche per i più piccoli.

Continuiamo ad essere operativi sul territorio collaborando con le istituzioni, associazioni e scuole della provincia perché riteniamo che riconoscere precocemente patologie oculari è fondamentale per una corretta vista e perché siamo consapevoli che unificando le forze i risultati saranno più che soddisfacenti.

La IAPB, riconosciuta ufficialmente dallo stato con la legge 284 del 28 agosto 1997 e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha come suo scopo principale quello di promuovere e sostenere una campagna globale contro tutte le forme di cecità che si possono evitare, con impegno particolare nei riguardi delle comunità prive di mezzi. Opera su tutto il territorio nazionale attraverso i comitati provinciali.

A Catanzaro ormai da più di 15 anni diverse sono state le iniziative che ci hanno visto protagonisti dalla prevenzione Primaria in quasi tutte le scuole della provincia con il Progetto “Salva la Vista” e “Occhio ai Bambini” gratuite per i bambini dai 0 agli 11 anni, alla prevenzione secondaria ed alle attività di prevenzione attraverso screening e seminari informativi organizzati e promossi in collaborazione con i Lions Club, i Rotary Club, l’Ader Calabria, l’Avis Provinciale e Regionale, le amministrazioni comunali del territorio, l’amministrazione Provinciale di Catanzaro Regione Consiglio Regionale della Calabria.

Inoltre ormai con cadenza annuale aderiamo alle giornate e settimane dedicate alla prevenzione, alla Settimana Mondiale della vista, alla settimana del Glaucoma e retinopatia Diabetica.

L’invito infine rivolto a tutta la popolazione è quello di accogliere le campagne di sensibilizzazione alla prevenzione perché è importante intervenire e prevenire prima che sia troppo tardi.

Regione Lombardia aggiorna le linee guida relative ai servizi di supporto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità sensoriale, di Massimiliano Penna

Proseguendo lungo il percorso avviato il 30 giugno 2017 con l’approvazione delle linee guida relative ai servizi di supporto all’inclusione scolastica rivolti agli alunni con disabilità sensoriale per ogni grado di istruzione e la contestuale riacquisizione delle competenze in materia (Delibera della Giunta Regionale X/6832), lo scorso 27 maggio, con la Delibera della Giunta Regionale XI/1682, Regione Lombardia ha aggiornato le medesime linee guida al fine di renderle maggiormente rispondenti alle reali esigenze degli alunni.

Mantenendo invariato il loro impianto originario, elaborato a suo tempo allo scopo di rendere i servizi uniformi su tutto il territorio regionale prevedendo precisi standard da rispettare da parte degli enti erogatori, con la Delibera adottata lo scorso 27 maggio Regione Lombardia ha introdotto alcuni miglioramenti che si ritiene vadano nella direzione da sempre auspicata dall’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) Lombardia, ovvero la predisposizione di una serie di servizi che tengano come punto di riferimento imprescindibile l’alunno con disabilità sensoriale inteso come persona con proprie inclinazioni, proprie aspirazioni e ovviamente anche con le proprie limitazioni e non come una mera voce di bilancio per la quale procedere ad una pianificazione puramente tecnica di risorse.

Ecco di seguito un quadro sintetico delle novità introdotte.

ALUNNI CON PLURIDISABILITÀ

Viene meglio precisato il concetto di pluridisabilità, da intendersi come «doppia disabilità sensoriale o copresenza di una disabilità sensoriale con altra tipologia di disabilità».

Si pone così rimedio alle criticità createsi in precedenza a seguito di una errata interpretazione da parte di alcune ATS (Agenzie di Tutela della Salute), che consideravano con pluridisabilità solo gli alunni sordociechi, escludendo tutti i casi in cui l’alunno con disabilità sensoriale presenti minorazioni aggiuntive di natura fisico-motoria o intellettiva-relazionale.

ASSISTENZA A DOMICILIO

Viene meglio precisato il concetto di attività svolta presso il domicilio dell’alunno, da intendersi come «l’attività svolta al domicilio finalizzata ad accompagnare l’alunno/studente nelle attività di apprendimento scolastico didattiche, – e stabilendo che – pertanto non sono ammissibili altre e diverse attività. In tal senso, contesti diversi dall’abitazione della famiglia sono da circoscrivere a particolari situazioni che rendono inopportuno il domicilio per svolgere le attività didattiche, che devono essere comunque realizzate in contesti adeguati (es. biblioteca o luoghi similari)».

MAGGIORE ATTENZIONE PER GLI STUDENTI FREQUENTANTI L’ULTIMO ANNO DEL PERCORSO FORMATIVO

Agli studenti che, al termine dell’anno scolastico, sostengono l’esame di Stato dei percorsi di istruzione o l’esame di qualifica o diploma dei percorsi ordinamentali di istruzione e formazione professionale, può essere riconosciuto un monte ore aggiuntivo per un massimo rispettivamente di 15 ore nel caso dell’assistente alla comunicazione e di 4 ore nel caso del tiflologo/tifloinformatico (fermo restando il rispetto del tetto massimo previsto dal piano individuale).

INCREMENTO DEL MASSIMALE PER I PIANI INDIVIDUALI

Il massimale previsto per il piano individuale standard passa da 5800,00 a 6300,00 euro.

ENTI EROGATORI

Il contributo riconosciuto all’ente erogatore per garantire le necessarie azioni relative all’attuazione del piano individuale (incontri con la scuola, con gli specialisti, con la famiglia, predisposizione di specifico materiale), anche attraverso l’individuazione di una figura professionale responsabile del piano stesso, passa da 150,00 a 200,00 euro per ciascun piano (erogabile una sola volta).

La Delibera assunta lo scorso 27 maggio, infine, prevede l’ampliamento dei servizi anche a favore dei bimbi frequentanti gli asili nido e a tal fine si procederà alla sperimentazione di un modello di offerta adeguato alla fascia di età tra 0 e 36 mesi, che garantisca interventi precoci e adeguate stimolazioni sensoriali, così da facilitare l’inserimento dei bambini nei successivi percorsi educativi e formativi.

“La Delibera recentemente adottata da Regione Lombardia – dichiara il Presidente Regionale UICI Nicola Stilla – arriva dopo quasi 2 anni dalla prima approvazione delle linee guida in materia di servizi di supporto all’inclusione scolastica. Già nel 2017 eravamo perfettamente consapevoli che le linee guida, pur rappresentando un grande risultato, erano solo l’inizio di un lungo e complesso percorso. In questi 2 anni – prosegue Stilla – l’UICI della Lombardia ha prodotto il massimo sforzo nell’instaurare e mantenere vivo un confronto aperto e costruttivo con Regione Lombardia e credo che la Delibera del 27 maggio ne sia il risultato tangibile. Rivolgo un sentito ringraziamento all’Assessore Regionale alle Politiche Sociali, Abitative e Disabilità Stefano Bolognini per la disponibilità all’ascolto e al dialogo dimostrata nei numerosi incontri svoltisi. L’istruzione e la formazione, non ci stancheremo mai di ribadirlo, sono il primo passo verso una concreta inclusione sociale e l’ampliamento dei servizi anche a favore dei bimbi frequentanti gli asili nido costituisce un ulteriore punto di forza delle linee guida. Auspico pertanto che si proceda con celerità alla definizione delle modalità applicative delle linee guida, così da poter assicurare ai nostri alunni e alle loro famiglie un inizio anno scolastico più sereno, riducendo al minimo i ritardi nell’erogazione dei servizi che troppo spesso rendono questo momento colmo di incertezze e di interrogativi”.

Siena – “Comunicazioni visive e tattili”, di Marianna Grazi

“Comunicazioni visive e tattili” è il titolo della mostra d’arte dei detenuti della casa circondariale di Siena, che sarà inaugurata alla Galleria Olmastroni di Palazzo Patrizi, via di Città  75, sabato 1 giugno alle 11. La rassegna rientra nell’ambito del festival “Siena città aperta ai giovani”. Le opere, prodotte dagli allievi del laboratorio permanente di pittura e ceramica, raffigurano la città  di Siena e sono realizzate con materiali di scarto.

Un valore di questa iniziativa riguarda la fruibilità  anche da un pubblico di non vedenti: a tale scopo, infatti, sono corredate da didascalie anche in linguaggio braille.

L’Unione Italiana Ciechi di Siena ha fornito il suo prezioso aiuto ai curatori della mostra, e soprattutto all’operatrice volontaria che collabora stabilmente con la direzione della casa circondariale, Monica Minucci. Capofila del progetto, culminato nella mostra dei detenuti, è l’Auser comunale di Siena che, in collaborazione con la direzione del carcere , è risultato tra i vincitori del bando di concorso promosso dal Comune per la partecipazione al festival.

L’allestimento dell’esposizione sarà  arricchito da fotografie e filmati che riportano le testimonianze degli autori delle opere d’arte e la loro descrizione.

Gli effetti sonori di accompagnamento alle immagini guideranno i visitatori, specie quelli non vedenti, in un vero e proprio viaggio sensoriale.La mostra resterà  aperta al pubblico dall’1 al 15 giugno.

Braille: scoprire la differenziazione inclusiva, di Giancarlo Abba

Matera 20 febbraio 2019

Uno dei concetti fondamentali che ci dice la pedagogia, e con essa la pedagogia che si occupa e preoccupa delle persone con disabilità, è quello della Educabilità, intesa come senso profondo dell’umanità che è in ciascuno di noi.
Sembra quasi ovvio insistere, qui, sul principio della educabilità di chi non vede anche se ritengo importante ribadire quei concetti dati per consolidati ma che in realtà, per i più, non lo sono. Basta seguire un po’ la stampa generalista e quella specializzata del settore e leggere quasi quotidianamente episodi di mala scuola, di cattiva inclusione per carenze amministrative e burocratiche connesse con la politica del personale docente ma, credetemi anche a volte, per mancanza sia di sensibilità educativa che di conoscenze. E il Braille è, tra quelle, una delle conoscenze specifiche più peculiari e importanti che la scuola, sia dell’infanzia che dei gradi successivi, deve possedere quando accoglie alunni disabili visivi.
In questi ultimi anni, in occasione della Giornata Nazionale del Braille sono stato invitato più volte ad esporre, insieme ad altri colleghi, riflessioni sul Braille (chi scrive ha insegnato nella scuola media per ciechi, poi integrata per ciechi e vedenti all’Istituto di Milano, praticando direttamente con i ragazzi il Braille) e sempre tutti abbiamo evidenziato l’alto valore culturale del Braille.
Un sistema che va sempre tenuto “in focus”, proprio in questo momento storico in cui la tecnologia è uno degli elementi costitutivi della società. Infatti, se da un lato il mondo digitale ha valicato diversi confini e sicuramente ha portato soluzioni per molti problemi dall’altro, specialmente nella sfera della relazione umana e nell’insegnamento di qualcosa a qualcuno, (soprattutto nella primaria o comunque nel primo ciclo) la tecnologia ancora non offre risposte perché forte è il bisogno del bambino di legami emotivi e di motivazioni affettive. In una scuola che purtroppo, spesso, naviga sull’onda di questa moda associata ad una tecnologia pervasiva anche in campo didattico (una dimensione didattica adatta, a mio parere, a saperi freddi) il Braille corre dei rischi, sopraffatto da affermazioni tipo “con il computer il Braille è ormai superato” e altre superficialità non appartenenti certo alla cultura tiflopedagogica.
Allora, pur se per brevi tratti, cerchiamo, qui, di potenziare il valore del Braille soprattutto partendo dal rispetto per il bambino non vedente oggi, il giovane e l’adulto di domani, pensati però come cittadini ai quali è dovuta la difesa del principio del diritto allo studio a partire dal saper leggere e scrivere. Con questa particolare sottolineatura: saper leggere e scrivere AUTONOMAMENTE, senza mediatori, in modo diretto, intimo, personale. Dove il gesto del fermarsi, del procedere, del tornare indietro nella lettura o nella scrittura, non richiede comandi da digitare su una apparecchiatura ma dipendono esclusivamente dalla mano ovvero dalla volontà di chi legge o scrive.
Altra considerazione che intendo proporre è questa: il Braille è stata ed è una soluzione geniale di un problema. Il Braille non è nato dal buon cuore di qualcuno, con tutto il rispetto per gli atti di buon cuore, è nato dallo sforzo intelligente, geniale appunto, di chi non vedendo, ha sentito innanzitutto l’indomabile esigenza di accedere là dove tutte le strade sembravano precluse: la scrittura e la lettura. In che modo? In modo DIFFERENTE. Quante cose nella storia dell’umanità sono cambiate proprio perché ad un certo punto qualcuno le ha guardate o considerate in modo differente o, semplicemente si è chiesto il perché?
Possiamo definire il Braille una DIFFERENZIAZIONE INCLUSIVA? Sì, e per diverse ragioni, a partire proprio dalla sua differenza.
DIFFERENTE perché insiste sulla modalità TATTILE e non su quella visiva; DIFFERENTE perché il codice tattile non ha nulla in comune con quello grafico visivo; INCLUSIVA perché il Braille, con la sua specificità insiste in un contesto comune, di tutti: saper leggere e scrivere nella propria lingua madre e/o nelle altre lingue. In buona sostanza è come andare in un negozio in aeroporto e pagare gli acquisti con monete diverse, differenti, specifiche. Le diverse monete vengono accettate. Lo scopo rimane comune.
Già da questo semplice esempio si evincono gli elementi che collocano il Braille in una dimensione “normale” che non deve spaventare gli insegnanti vedenti che operano con bambini ciechi.
Il Braille è inevitabile. Il Braille non è una soluzione didattica per far capire, in modo più efficace al bambino non vedente, un contenuto, un concetto ecc. Il Braille è ciò che serve al bambino non vedente per la costruzione del proprio bagaglio cognitivo, così come l’alfabeto grafico-visivo lo è per chi vede.
Nell’apprendere a leggere e scrivere (il Braille) il bambino compie operazioni cognitive che lo rendono consapevole della parola, dello spazio fra le parole, dell’ortografia, della dimensione ritmata tra righe e pagina, un insieme di atti motori, di motricità fine e di affinamento senso-percettivo che, nello stesso tempo, costruiscono i concetti, la corrispondenza con la realtà. Saper scrivere una pagina reale diventa un passaggio indispensabile per “sapere scrivere una pagina virtuale”. Significa avere cognizione di quale sia la dimensione, la quantità di ciò che si deve leggere, 5 o 10 pagine non sono la stessa cosa, significa saper costruire riferimenti spaziali concreti ai quali potranno essere associate, poi, misurazioni anche temporali.
Molte delle considerazioni scientifiche sull’apprendimento ci dicono che scrivere, saper scrivere, migliora la comunicazione verbale, la memoria, la coordinazione motoria, le capacità organizzative, la capacità attentiva, il pensiero astratto. La letto-scrittura alimenta l’attività cognitiva. Leggere il Braille, scrivere in Braille, fa parte di questa attività del pensiero, della mente per chi non vede.
Ciò fa riflettere inoltre su quanto sia importante l’AGIRE individuale, con le mani, sulla parola “scritta da me e che sento sotto le mie dita”, e non essere sempre AGITI, nella condizione di semplici recettori passivi. Anche l’utilizzazione futura di tutto il mondo web non può prescindere dalla condizione di autonomia che trova però le sue radici, ineludibili, nel possedere la competenza nella letto-scrittura Braille. L’era digitale, anche per chi non vede, ha sostituito la scrittura? Direi di no.
La cultura della scrittura, del libro, ha aperto la via a pratiche e funzionamenti cognitivi e psichici che non possono essere tralasciati. Quello della cultura del libro è un paradigma che oggi, certo, deve fare i conti con la cultura del digitale (e dello schermo per chi vede) ma noi siamo tra quelli che pensano sia importante, anzi fondamentale, salvare dapprima l’acquisizione della scrittura vissuta tra le dita, sentita, costruita in modo personale, autonomo e successivamente, esercitata in modo libero e volontario, con le diverse modalità acquisite, per navigare nell’oceano del digitale.
In EDUCARE AL COMPRENDERE Howard Gardner ci ha detto che non è possibile istruire se prima non si è provveduto alla costruzione dell’identità. Ebbene cosa è il Braille per chi non vede se non uno dei mattoni costitutivi della sua identità? Un codice che permette di conoscere la propria lingua madre e di saperla riprodurre, un codice che mette in comunicazione, che NON separa. Anche chi non vede è portatore di intelligenze e tra queste intelligenze multiple, (sempre ricordando Gardner), quella linguistica, logico-matematica, musicale, solo per fare qualche esempio, sarebbero possibili senza la conoscenza e l’uso (della letto-scrittura) del Braille?
È ancora necessario ribadire la qualità inclusiva del Braille? Un codice differente sì, come lo sono tanti altri codici di cui siamo a conoscenza a seconda dei nostri interessi o ambiti professionali, ma un codice che include! Man Ray (famoso fotografo e pittore dadaista) ha scritto che non si chiede mai ad un pittore quali pennelli usa o a uno scrittore che macchina usa per scrivere, quel che conta è ciò che crea, ciò che scrive, è l’idea non la macchina.
Se pensiamo al sistema Braille abbiamo l’evidenza della verità di questa affermazione: il codice tattile ci offre l’esempio che ciò che conta è ciò che si esprime non la modalità o lo strumento con i quali ci si esprime. E quello del Braille non è uno specialismo escludente bensì esclusivo nel senso di peculiare, prezioso. Richiede una competenza che tutti abbiamo, quella tattile, una competenza però, quando manca la vista, che diventa SPECIFICA e, nello stesso tempo, IRRINUNCIABILE e IMPRESCINDIBILE, da sviluppare in termini educativi e cognitivi rispettando le fasi di sviluppo e apprendimento in relazione alle caratteristiche, all’età e alla unicità della biografia del bambino non vedente.
Lo specialismo esasperato, in ambito educativo intendo, indirizza la persona disabile su versanti non scolastici, adiacenti alla scuola e alla persona (es. ambiti terapeutici) ma NON scolastici.
La specificità caratterizza e, se (ri)conosciuta, include.
Il Braille non è qualcosa che ripara il danno, è uno strumento per la cultura di chi non vede, è per tutti perché, se ci pensiamo bene, “butta giù parecchie barriere”. È una modalità differente di scrivere e leggere che non è in mano ai terapeuti di qualsiasi natura bensì agli educatori.
Incontrare sul proprio cammino scolastico insegnanti che conoscono e sanno insegnare il Braille significa incontrare figure educative che sanno “riconoscerti come bambino che non vede, nella tua peculiarità e contribuire, così, seriamente alla costruzione e consolidamento della tua identità”. Dove riconoscere, nel senso più bello dell’insegnare, significa “stare accanto”.
Da un’altra angolazione insegnare il Braille, sempre sul piano della costruzione dell’identità, significa imparare a rispettare, attendere i tempi del bambino non vedente, dello sviluppo del suo apprendimento, per permettergli di padroneggiare il codice che, nel futuro, gli consentirà di utilizzare con sicurezza tutti gli altri diversi mezzi e sistemi utili per accedere alla conoscenza.
L’inclusione sociale ha come premessa imprescindibile l’inclusione scolastica. Se non avviene nella scuola non avverrà nemmeno, a pieno titolo, nella società.
Il grande poeta argentino Borges in una delle sue illuminanti riflessioni ha scritto “… cos’è il libro? Il libro, la scrittura, è l’estensione della memoria…”.
A chi irresponsabilmente afferma un dubbio, o peggio, un No al Braille, per una acefala adesione al mondo digitale, dimenticando che prima di qualsiasi strumento o macchina che noi possiamo utilizzare per muoverci dobbiamo innanzitutto imparare a stare sulle nostre gambe e a camminare da soli, porgo questa domanda: “è possibile togliere la scrittura a chi può avvalersene, conoscerla, gioirne e praticarla per sé o per donare idee agli altri, una scrittura personale, non mediata, solo perché non la si conosce?”.

Un accordo importante, di Eugenio Saltarel

Nel mese scorso hanno avuto luogo due cerimonie molto significative durante le quali è stato siglato un importante accordo di gemellaggio fra la nostra Unione e la presidenza delle associazioni per ciechi e ipovedenti del Burkina Faso. Il 19 febbraio siamo stati all’Ambasciata di questo paese in Italia. Il Presidente Barbuto e il Presidente Christophe Oulé, davanti all’Ambasciatrice burkinabé Joséphine Ouedraogo, hanno siglato il documento; è stato un momento molto emozionante e anche molto intimo sia per i pochi presenti, sia per il clima veramente disteso.
Il giorno dopo a Matera, durante le celebrazioni per la Giornata Nazionale del Braille l’avvenimento si è ripetuto, questa volta, davanti a un numeroso pubblico. È stato molto importante siglare questo accordo nella città europea della cultura, alla presenza delle autorità locali, degli studenti e di quanti si sono voluti unire a noi per celebrare il Braille. Attraverso questa duplice firma abbiamo posto un punto fermo per il progresso anche della cultura non solo in Italia, ma anche al di fuori dei nostri confini. Non solo l’utilizzo del Braille, ma anche l’informatica, l’assistenza alle persone pluridisabili, gli interventi nelle scuole e nei confronti di quanti hanno problemi alla vista sono stati l’oggetto degli incontri, delle visite e delle discussioni che ci hanno caratterizzato durante i 10 giorni della permanenza dei rappresentanti burkinabé in Italia. Hanno potuto visitare il nostro centro del Libro Parlato, l’istituto Sant’Alessio di Roma, la nostra radio web, l’istituto David Chiossone di Genova, quello di Milano, la stamperia Braille di Firenze e la clinica oculistica di quella città, oltre alla Biblioteca Regina Margherita di Monza. In tutti questi luoghi abbiamo concordato la possibilità di interventi concreti a favore di studenti e cittadini con problemi alla vista. Il fatto che ha stupito di più i nostri ospiti è stato quanto di concreto finora abbiamo potuto mettere in moto a sostegno di chi ha pluridisabilità; loro infatti non avevano ancora pensato di prendere in esame questa iniziativa pertanto questo incontro è risultato ancora più importante proprio per lo scambio di informazioni. L’Ambasciatrice burkinabé è stata molto impressionata dal fatto che abbiamo voluto stringere un patto di gemellaggio con i ciechi del suo paese e si è augurata che a questo seguano altri atti simili con tutte le altre associazioni per disabili.
A breve invieremo a tutte le nostre strutture la richiesta di verificare se disponiamo di materiale per i ragazzi delle scuole burkinabé, non verrà richiesto del materiale qualunque, ma solo quello di cui questi ragazzi hanno veramente bisogno e che sanno utilizzare. Stiamo anche cercando di avviare un progetto per la realizzazione di spazi perché anche in Burkina Faso persone con problemi di vista possano trovare qualche occupazione e lo facciamo in collaborazione con altre associazioni in modo da poter mettere tutti insieme un poco che così diventa tanto. Con questo spirito abbiamo iniziato una attività che speriamo possa continuare e produrre risultati che, anche se sembrano poca cosa, per persone che hanno a disposizione quasi niente, significano molto.

Braille: due secoli di storia, di Lorenzo Montanaro

A Torino un convegno per fare il punto

Ha quasi duecento anni, ma è ancora giovane. E a chi lo vorrebbe mandare in soffitta risponde mostrando una vitalità straordinaria, che gli permette di dialogare con le nuove tecnologie e di adattarsi a quasi tutti i linguaggi umani (matematica e musica comprese). Parliamo del codice Braille, il sistema di letto-scrittura a sei punti in rilievo, inventato da Louis Braille nella prima metà dell’800 e tuttora insostituibile strumento d’inclusione per milioni di persone cieche in tutto il mondo. Per far conoscere il valore e l’importanza di questo sistema (che ai non “addetti ai lavori” può apparire un po’ misterioso) l’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) e il Club Italiano del Braille, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, hanno organizzato il convegno “Braille: sei punti per una chiave d’accesso al sapere”, che si è svolto venerdì 1° marzo a Torino presso Palazzo Nuovo (sede delle facoltà umanistiche). L’appuntamento si è inserito nelle iniziative per la Giornata Nazionale del Braille, istituita nel 2007 dal Parlamento Italiano per valorizzare e promuovere questo particolarissimo sistema comunicativo.
Fondamentale è stato, innanzi tutto, il coinvolgimento dell’ateneo torinese. Infatti all’incontro hanno partecipato molti studenti del dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione. “Questi giovani sono gli insegnanti, gli educatori e gli assistenti sociali di domani” ha sottolineato la prof.ssa Cecilia Marchisio, referente per il dipartimento. “Sono contenta che fin da ora abbiano un’opportunità per familiarizzare con il Braille, imparando a comprenderne l’utilità e il funzionamento, almeno nelle sue linee generali”.
Il convegno, in effetti, ha avuto un taglio fortemente divulgativo, che ha permesso ai presenti (anche a chi non aveva competenze specifiche sulla disabilità visiva) di esplorare il Braille sotto diversi punti d’osservazione. Nicola Stilla, presidente del Club Italiano del Braille dichiara: “Arriviamo da un ventennio di relativo disinteresse nei confronti del Braille. Si pensava che, con l’avvento delle nuove tecnologie, sarebbe stato superato. Fortunatamente oggi assistiamo a un’inversione di tendenza. Riteniamo che ogni persona cieca debba poter conoscere e padroneggiare tutti gli strumenti a propria disposizione, per poi scegliere quelli più idonei, anche a seconda delle diverse situazioni. È quindi fondamentale che il Braille continui a essere insegnato agli studenti con disabilità visiva, fin dalla più tenera età”.
Che il Braille non abbia mai avuto vita facile lo dimostra la sua storia, ripercorsa per l’occasione dal prof. Luciano Paschetta, Direttore I.Ri.Fo.R. (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) del Piemonte. I pregiudizi ci sono sempre stati. “Va innanzi tutto osservato che, fino all’illuminismo, salvo rarissime eccezioni nessuno riteneva che le persone con disabilità visiva potessero essere educabili. Quindi l’idea di immaginare un sistema di letto-scrittura a loro dedicato era tutt’altro che scontata” ha fatto notare Paschetta. “Al tempo di Braille c’era chi tentava di trasferire in rilievo le lettere stampate in nero, ma il sistema consentiva solo una lettura molto lenta e i libri realizzati con questo metodo erano enormemente ingombranti. La soluzione studiata da Braille invece era molto più lineare e “compatta”, tanto che, nonostante le critiche, si affermò nel giro di pochi anni”.
Leggere e scrivere un testo in Braille, però, sono azioni che presuppongono lo sviluppo di abilità complesse, come ben sa chi quotidianamente lavora con i bambini. “Oltre alle facoltà cognitive legate alla comprensione, in questo caso è necessario possedere capacità di orientamento nello spazio e una specifica sensibilità tattile” ha spiegato Silvia Lova, coordinatrice educativa I.Ri.Fo.R. Torino. “Per svilupparla, sono molto utili alcuni piccoli esercizi che possono essere proposti ai bambini già dalla scuola materna: scatole con oggetti da trovare e riconoscere, disegni in rilievo, giochi come il domino con tessere tattili”. Viene poi la fase dell’apprendimento vero e proprio: “Essendo in rilievo, il Braille ha un verso di scrittura speculare rispetto a quello di lettura. Questa caratteristica presuppone un’abilità che i bambini molto piccoli ancora non posseggono, perciò, solitamente, nel primo anno di scuola, l’apprendimento è un po’ più lento rispetto al percorso dei compagni normodotati. Ma, superato questo piccolo scoglio, il bambino può tenere senza difficoltà il passo col resto della classe”. Molto diverso, ovviamente, è il caso di chi debba apprendere il Braille da adulto, magari a causa di una disabilità visiva sopravvenuta. “Per chi già sappia leggere e scrivere è molto più semplice avvicinarsi all’alfabeto. Non altrettanto immediato è, invece, sviluppare la sensibilità tattile necessaria a percepire il confine tra le varie lettere”.
Proprio in virtù della sua grande versatilità, il Braille è adatto a diversi tipi di linguaggio, matematica compresa. E a tal riguardo, dal capoluogo piemontese arrivano novità significative. Infatti, presso il dipartimento di matematica dell’università di Torino, è attivo il laboratorio “Sergio Polin”, che da tempo lavora per l’inclusione, anche in ambito scientifico, degli studenti con disabilità visiva. Il gruppo di ricerca ad esso legato sta raggiungendo conquiste ragguardevoli. “Il Braille è un sistema di scrittura lineare. Il problema è che, invece, formule, grafici e tabelle (alla base non solo della matematica ma di tantissime discipline, comprese l’economia e la statistica) sono organizzati in colonna” ha osservato Anna Capietto, docente di matematica presso l’università di Torino. “Grazie alle nuove tecnologie, però, è stato possibile ovviare a questo problema, rendendo, per così dire, lineari i testi contenenti formule, grafici o tabelle. Riteniamo sia una conquista fondamentale, non solo per gli studenti ciechi che volessero avvicinarsi a una facoltà scientifica, cosa ritenuta finora pressoché impossibile, ma anche per le inedite possibilità lavorative che dischiude”. Sono stati fatti certamente grandi passi in avanti, però molto resta ancora da fare. “Tra i problemi da superare – spiega ancora la prof.ssa Capietto – c’è il fatto che per la trascrizione in Braille della matematica non esiste un codice universale, ma diversi sistemi, variabili a seconda delle aree geografiche. Quando, come stiamo cercando di fare, si propone un confronto a livello internazionale, questa è una difficoltà aggiuntiva”.
Anche al di là degli specifici ambiti d’intervento, tutti i relatori hanno posto l’accento sulla grande duttilità e contemporaneità del Braille. Lo ha fatto in modo particolare Alessio Lenzi, responsabile del comitato informatico UICI Torino. “Sono appassionato di tecnologia fin da quando ero bambino e per un certo periodo della mia vita anch’io ho creduto che i nuovi mezzi di comunicazione avrebbero mandato in soffitta il “vecchio” sistema a sei punti in rilievo. Ma l’esperienza mi ha portato a ricredermi. Oggi so che informatica e Braille possono andare a braccetto” ha spiegato Lenzi. “Infatti, sia i computer, sia i dispositivi di nuova generazione (come smartphone e tablet) possono dialogare con i display Braille, che garantiscono grande autonomia. Ve ne sono di vari formati (dai “tascabili” a quelli con più righe di testo) e alcuni sono anche dotati di una memoria interna, che consente di salvare e archiviare materiali. Unico limite, i costi, che restano, ancora oggi, piuttosto alti”.
La diffusione del Braille in maniera capillare può avvenire anche grazie al ruolo di alcuni punti di riferimento, come i centri tiflodidattici “che – ha ricordato la coordinatrice nazionale Linda Legname – svolgono un ruolo prezioso nell’educazione integrale della persona e nel superamento delle barriere fisiche e culturali”. Da notare, infine, che alcune case editrici hanno dedicato attenzione al codice Braille. È il caso dell’editore torinese Silvio Zamorani, che ha realizzato alcuni libri “nei quali i caratteri del testo in nero convivono con quelli in rilievo del codice tattile. Libri veramente inclusivi, libri per tutti”.
“Nel corso della sua storia, dai primi anni di vita fino alla contemporaneità, questo codice è stato vittima di molti pregiudizi” ha esordito il presidente nazionale UICI, Mario Barbuto. “C’è chi lo ha bollato come segregante, perché non leggibile dai vedenti, chi, a varie riprese, ne ha profetizzato la fine. Ma la realtà dimostra che, al contrario, il sistema ha spalancato alla comunità delle persone non vedenti le porte della cultura e della conoscenza. Ecco perché a Braille e alla sua invenzione dobbiamo, innanzi tutto, essere grati”.
Al termine del convegno, alcuni dati si sono imposti con assoluta chiarezza. Ben lontano dall’essere superato, il Braille è ancora molto vivo e vitale. Oggi come in passato (e per certi forse più ancora che nei decenni scorsi) rappresenta un’opportunità unica di inclusione, che consente agli studenti come ai lavoratori di confrontarsi alla pari col mondo dei vedenti. E a tutti di accedere a quel tesoro inesauribile che è la cultura.

La cultura tra le mani, di Fabiana Santangelo

“La cultura tra le mani”: questo il titolo dell’iniziativa dedicata alla XII Giornata Nazionale del Braille, promossa dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e dal Club Italiano del Braille che è stata inaugurata il 20 febbraio scorso nell’ex ospedale San Rocco di Matera. L’evento, che si rinnova a cadenza annuale, ha lo scopo di far conoscere ed approfondire uno straordinario strumento di accesso alla cultura e di emancipazione per le persone con disabilità visiva, che imparano a leggere e a scrivere sentendo le parole nascere sotto le loro dita. Un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni a mettere in atto iniziative di solidarietà e politiche che agevolino una reale inclusione sociale, civile e morale dei cittadini ciechi e ipovedenti. I lavori, coordinati dalla giornalista Fabiana Santangelo e dal Presidente nazionale del Club Italiano del Braille, Nicola Stilla, sono stati aperti con la presentazione e il significato proprio della Giornata Nazionale del Braille. Sono intervenuti, in qualità di rappresentanti delle varie realtà associative ed istituzionali: Nicola Stilla, Presidente Club Italiano del Braille, Mario Barbuto, Presidente Nazionale UICI, Angelo Camodeca, Presidente Consiglio Regionale UICI Basilicata, Giuseppe Lanzillo, Presidente Sezione Territoriale UICI Matera. L’iniziativa ha visto alternarsi momenti di profonda riflessione a piacevoli intermezzi musicali, affidati all’Orchestra del Conservatorio di Musica “Egidio Romualdo Duni” e al duo musicale composto dal soprano Anna Varriale, insieme al pianista Fernando Russo, entrambi non vedenti, soci UICI. Uno spazio particolare è stato dedicato al valore intrinseco del codice Braille soprattutto alla luce della differenziazione inclusiva, tema scelto da Giancarlo Abba, Pedagogista, componente del Nis (Network Inclusione Scolastica) e della Commissione Nazionale Istruzione UICI. Un percorso evolutivo mai scontato che grazie ai laboratori “Insoliti puntini: a scuola di Braille” esplica appieno gli scopi sociali e didattici che l’insegnamento del Braille rappresenta per gli studenti in prospettiva dei propri investimenti nel mondo del lavoro. Interessanti e altrettanto emozionanti le testimonianze di Maria Buoncristiano, Consigliera Nazionale UICI e Donato Donnoli, Governatore Rotary distretto 2120 Puglia e Basilicata che hanno raccontato come è nata la loro iniziativa di portare il sistema Braille nelle scuole. Il progetto, che è stato proposto alle seconde classi degli istituti comprensivi di Potenza e Matera, ha permesso a circa 1.000 famiglie di entrare a contatto con questo affascinante codice e con il mondo dei non vedenti ritenuto spesso a torto chiuso e buio. Colorati e spensierati a dispetto di ogni pregiudizio sono stati i messaggi di ringraziamento e incoraggiamento degli allievi degli istituti che hanno collaborato con l’UICI come l’I.C Domenico Savio che ha dedicato al Braille una raccolta di pensieri dal titolo “La Magia del Braille”, realizzata sotto la guida delle referenti Prof.ssa Vittoria Buscicchio e Maestra Maria Dapoto. Altrettanto emozionante ed incisiva la proposta pervenuta dagli alunni dell’I.C Pascoli di Matera di intitolare una strada al noto inventore Louis Braille, sulla scorta di numerose altre città italiane, che l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Matera, Marilena Antonicelli si è impegnata a perseguire.
Durante l’interessante dibattito “Braille, il mio compagno di vita” si sono alternate le preziose testimonianze di Mario Dileo, di Francesca Modena, socia UICI Dottoressa in Lingue straniere e dello psicologo Alfonso Guttieri. A seguire l’attrice Emilia Fortunato di Hermes Teatro Laboratorio e Francesca Modena hanno letto alcuni brani tratti dal libro “Filippo e Louis Braille” di Fabiana Santangelo.
“La Giornata Nazionale del Braille è per noi – ha dichiarato Mario Barbuto, presidente Nazionale UICI – l’occasione annuale più grande per ricordare ai cittadini e a noi stessi che i ciechi devono istruirsi e dotarsi degli strumenti adeguati per promuovere quel riscatto civile e quella inclusione sociale che sono la ragione stessa di esistenza della nostra Associazione”. Nel corso dell’evento la Presidenza nazionale UICI ha inoltre sottoscritto un protocollo di Gemellaggio con l’Unione Ciechi del Burkina Faso allo scopo di incentivare le politiche di sostegno e prevenzione alla cecità nei Paesi più svantaggiati.
L’evento nazionale ha avuto seguito il 21 febbraio (la giornata celebrativa istituita con legge 126 del 2007) con l’incontro nell’Aula Magna della nuova sede Unibas di Matera. Dopo l’introduzione affidata a Nicola Stilla, Presidente Club Italiano del Braille, ha avuto inizio il dibattito moderato da Giancarlo Abba.
Vari e interessanti gli interventi che si sono susseguiti nel corso del seminario durante il quale i relatori hanno approfondito da differenti prospettive l’importanza pedagogica ed accademica del Braille.
Domenico Milito, Professore Associato di Didattica e Pedagogia Speciale, corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, Università degli Studi della Basilicata, ha offerto al pubblico la Lectio Magistralis “Tutti diversi e uguali, indicazioni pedagogiche e applicazioni possibili”.
Stefano Salmeri, Professore Associato di Pedagogia generale e sociale, Facoltà di Studi Classici, Linguistici e della Formazione, Università degli Studi di Enna “Kore”, ha relazionato sul tema “L’uso del Braille, oggi e domani”, mentre Marco Condidorio, componente della Direzione Nazionale UICI, ha illustrato il tema “Chi e perché può insegnare il Braille: la radice comune per una didattica condivisa”. Franco Lisi, Direttore Scientifico della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano ha offerto il suo contributo sul tema “Braille: dall’inclusione scolastica all’inserimento nel mondo del lavoro oggi”, a seguire, Antonio Quatraro, Presidente Consiglio Regionale UICI Toscana e coordinatore della Commissione Nazionale Studi Musicali UICI ha relazionato su “Braille e musica: un connubio indiscutibile”.
Infine sono arrivate le conclusioni di Mario Barbuto, Presidente Nazionale UICI che ha affermato: “Credo che il Braille si porti dietro una sorta di maledizione sin dalle sue origini poiché chi lo osteggiava lo riteneva segregante. La domanda che mi pongo oggi come presidente nazionale UICI è se dal punto di vista dell’istruzione stiamo facendo le azioni corrette. Secondo voi è normale arrivare in terza elementare senza saper leggere o scrivere, senza libri, senza poter fare attività fisica?
Per questo oggi bisogna chiamare al confronto gli Stati Generali della scuola e chiedere loro se questo sistema scolastico aiuti davvero a sviluppare autonomia, conoscenza, libertà personale per tutti i disabili visivi”.
“È stato entusiasmante e coinvolgente – ha dichiarato Maria Buoncristiano, consigliera nazionale UICI – aver avuto l’opportunità di interagire con diversi attori sociali con i quali l’UICI ha fatto rete per l’organizzazione dell’evento. Prevalentemente hanno collaborato persone ed organizzazioni con mission totalmente differenti che hanno trovato un punto di incontro nell’idea di promuovere il territorio e la cultura universalmente intesa”.