Una straordinaria esperienza, di Gaetano Aquilino

Autore: Gaetano Aquilino

XXIV Congresso Nazionale Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: quante ansie, quanto lavoro e quante gioie riposte attorno a questo evento. Io ve lo voglio raccontare dal dietro le quinte!

Eventi di tale portata e risonanza non sono mai facili da realizzare, c’è bisogno di tanto lavoro e determinazione, ma questo lo avevamo ben chiaro. Ogni progetto va vissuto come un grande giorno che ha un alone di magnificenza che poi, dopo tanto duro e minuzioso lavoro, si concretizza in una splendida e straordinaria opera da mettere in pratica.

Ed è proprio un gran giorno quello che, ancora una volta, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti mi ha fatto vivere insieme a tutto il team selezionato per il Congresso.

Dentro la Famiglia dell’Unione da poco più di un anno e mezzo, mai avrei potuto pensare che mi avrebbero chiesto di entrare a far parte della squadra di collaboratori, soprattutto del Congresso. Fidarsi di qualcuno, anche e soprattutto a livello professionale, non è mai una passeggiata, ma a volte può rivelarsi una fortuna e dare senso a tutto il resto: ai sacrifici, alle ore infinite di lavoro, ai pianti.

Fortunatamente esistono anche i sorrisi di chi ama ciò che fa e te lo insegna, le amicizie che confortano quando le ore di lavoro superano i limiti e che riscaldano quando ti senti solo e perso in una grande città che non ti appartiene. Ci sono momenti, addirittura, in cui le risate superano i momenti di sconforto, perché magari hai la fortuna di lavorare con professionisti di talento.

Tutto inizia dal pomeriggio di mercoledì 4 novembre: arrivata l’equipe per le riprese, noi iniziamo a predisporre il tutto per i collegamenti e le piattaforme. Ma in realtà già alla base di tutto c’era ben altro. Quanti immaginano che dietro un Congresso così imponente hanno sudato più di 60 persone? Mesi e mesi di ragionamenti e di contrattazioni, di cambi di idee, di rinunce, di “forse non è opportuno”. Si lavora ininterrottamente per cercare di capire cosa può piacere e cosa no, cosa può garantire un qualcosa che deve filare “liscio”. Ogni minuzia, ogni dettaglio deve essere livellato alla perfezione. I computer e i telefoni sono stati il pane quotidiano di quelle persone per settimane.

Impari presto che il dietro le quinte non è mai uguale al davanti. Anche se la gente, a volte, è esattamente la stessa. Sarà che quando arrivi ad una meta, in proporzione, tutto assume una dimensione decisamente inferiore. Alcune persone che avevo idealizzato, sono diventate d’improvviso persone umane come me, fatte di debolezze, di capricci, di momenti di sconforto. Persone che sanno far sorridere e ridono di gusto.

E allora in un momento sei già dentro l’evento, sei già a dover coordinare gli interventi di varie personalità di spicco della Politica: il premier Conte, Matteo Salvini, la ministra Azzolina, il Presidente Mattarella. Il tutto in combutta con il tempo che è sempre troppo poco per poter dar spazio a tutti e di cui sei l’unico custode. Il primo giorno è passato e con esso la rafforzata fiducia che tutto può andar bene, deve andar bene. Arriva il sabato, il giorno più temuto da tutti noi, il giorno delle elezioni.

Ore 12:30. Il Presidente Mario Barbuto ne annuncia l’inizio. Partono le schede. Un misto di preoccupazione e sollievo ci assale. Qualcosa potrebbe andare storto, ma allo stesso tempo pensiamo con grande “ottimismo” che il più è passato. Alla fine delle votazioni, il seggio di cui anche io faccio parte, svolge i lavori preliminari. Poi il Congresso riprende fino alle 21, momento di inizio dello spoglio. Il presidente di seggio apre le operazioni. Le mani sudano, la voce trema, cercando di scandire bene numeri e nomi dei candidati. Più scorrono le schede, più aumenta l’attenzione, anche se a complicare il tutto ci sono la tarda ora e la stanchezza. Ore 00:15, finalmente finisce lo spoglio. Ci guardiamo tutti, soddisfatti, sfiniti, ma felici. Vorremmo perderci in un abbraccio comune, almeno in delle calorose strette di mano. Il periodo non lo consente, ma gli occhi rossi, sopra la mascherina, non celano i sentimenti e le emozioni che si diffondono nel gruppo. La domenica 8 novembre è condita di rilassatezza, soddisfazione, stanchezza e forse un po’ di sonno. Ma l’importante è essere consapevoli di aver fatto un bel lavoro per la riuscita di tutto! La proclamazione e la torta danno il giusto epilogo a tre giornate da “distanti, ma vicini”.

Siamo fatti di sogni e viviamo tutta la vita cercando di realizzarli. Poi, un giorno, qualcuno diventa straordinariamente realtà, e questo nel nostro piccolo lo è diventato. Pensare di fare un Congresso così seguito e partecipato solo pochi mesi fa forse era utopia pura e la vera vittoria è non aver rinunciato a nessuno. Se vi dicono che è tutto facile o che “non ci vuole niente”, non credeteci. Ma in voi stessi, invece, non smettete di farlo mai!