Quando viaggi con la giusta protezione che rientra in un disegno “Superiore”
“La misura dell’amore è amare senza misura.”
— Sant’Agostino
Questa la frase di Sant’Agostino, impressa a rilievo in nero e in braille, che campeggia sul quadro tattile della nostra amata patrona, la Madonna delle Grazie.
Un’opera destinata al Santo Padre, un capolavoro di Arte Sacra accessibile, realizzato grazie alle innovative tecnologie di stampa tattile della TEXI srl di Benevento.
Un’opera nata d’istinto, come tutte le cose che prendono forma dalla passione autentica per il proprio lavoro e dall’amore vero per il prossimo.
Non un semplice quadro, ma un’esperienza sensoriale: materia che parla, superfici che raccontano, segni che possono essere visti, toccati e sentiti. Un dono pensato per includere, per abbattere barriere, per rendere la bellezza fruibile a tutti, senza distinzione, frutto della ricerca, dell’innovazione e della sensibilità umana di chi ha deciso di realizzarla.
Un gesto ammirevole, impagabile, un dono che meritava di essere consegnato personalmente nelle mani di Papa Leone XIV il 10 dicembre.
Un desiderio messo in discussione dalla soppressione dell’Udienza Generale di mercoledì 3 dicembre, che sembrava compromettere l’intero disegno.
Eppure, doveva esserci un senso più alto. Doveva esserci una speranza per quel dono della Madonna con il Bambino Gesù tra le braccia, in viaggio verso Pietro, per il pellegrinaggio dei soci della Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Benevento, chiamati a sostare nella zona di San Paolo, passando dalla Porta del Perugino.
“Domani ci sarà il caos!”. Così veniva annunciata una difficoltà che avrebbe messo a dura prova una macchina organizzativa solitamente impeccabile: oltre 20.000 pellegrini, il doppio di quelli previsti, tanto da costringere a spostare l’udienza dall’Aula Nervi a Piazza San Pietro, con il doppio dei disabili attesi.
Eppure, nonostante tutto, rinunciare al viaggio risultava l’unica possibilità non contemplata. La partenza era fissata alle 03.20 dal Terminal Santa Colomba. Un orario proibitivo… ma dopo appena tredici minuti eravamo già in direzione Telese, sorprendentemente puntuali, come i pellegrini della Valle Telesina. Qualcuno, nell’attesa del pullman, aveva persino ceduto al sonno nell’area parcheggio.
Una volta saliti tutti, il pullman aveva proseguito verso Roma. Giuliano per delicatezza spense le luci interne per consentirci di riposare: un intento vano, vista l’ansia accumulata per le incertezze annunciate. Dopo qualche ora, una sosta obbligata e poi il caffè di Clelia. Germana, Anna e Raffaela avevano aggiunto un dolce e un salato: un presagio di come si sarebbe svolta la giornata. Era necessario affrontare l’ipotesi peggiore – non riuscire nemmeno a sfiorare le mani del Santo Padre – e condividere un possibile ripiego: parlare di un eventuale ritorno, il che aveva aiutato a stemperare gli animi.
L’arrivo sul raccordo anulare rispettava la tabella di marcia e, poco dopo, i messaggi con il nostro angelo custode iniziarono a portarci buone notizie. Quando finalmente ci incontrammo, ogni aspettativa fu confermata. Le persone perbene hanno il dono di normalizzare il battito cardiaco: il nostro, fino a poco prima, era decisamente accelerato.
Da quel momento, la giornata prese una direzione nuova. Solo Nino, il nostro angelo custode, continuava a invitarci alla cautela, ma l’ansia scendeva, inspiegabilmente.
Giunti alla Porta del Perugino eravamo pronti a scendere, quando la gendarmeria alzò la sbarra e il pullman proseguì all’interno. Una volta scesi, all’autista fu detto di non muoversi. Ci ritrovammo a seguire una carovana di vescovi in abito viola. Tutto appariva irreale, eppure era tutto assolutamente vero. Nino aveva accennato a una possibile introduzione, ma ciò che accadde dopo fu semplicemente provvidenziale.
Come il sole che splendeva in un cielo romano incredibilmente azzurro e caldo per un 10 dicembre. A metà strada nel settore San Paolo, nonostante qualche esitazione, una strana e profonda allegria iniziò a farsi spazio nell’animo. Un sentimento che non venne scalfito neppure dall’agitazione di Filippo, responsabile della supervisione. Inaspettatamente, ci ritrovammo sul Sagrato superiore, proprio dove si trova il baldacchino del Pontefice. La nostra brigata di persone con disabilità e accompagnatori prese posto a soli sei o sette metri dalla poltrona papale.
Il sole era sempre più intenso. Tutto era, stranamente, al suo posto. Anche il quadro tattile della Madonna delle Grazie, una volta liberato dal suo packaging, appariva ancora più maestoso: le superfici in rilievo, le scritte in braille, la raffinata tecnologia di stampa tattile capace di trasformare l’arte in inclusione e il gesto artistico in messaggio universale. L’apprezzamento del Reggente Sapienza e dei coordinatori ci riempì d’orgoglio.
Eravamo 52 anime e un angelo custode. Ma la verità era un’altra: la Madonna delle Grazie ci aveva accompagnati da Benevento a Roma. Era lì con noi, dando senso a ogni attesa, a ogni timore, a ogni passo.
Attendeva l’incontro con Pietro, nella zona San Paolo, sotto un cielo azzurro, dopo essere passata dalla Porta del Perugino – proprio come nel dipinto del 1520 del grande maestro, con Lei e il Bambino al centro e San Pietro e Paolo ai lati – ci rendemmo conto che eravamo dentro un disegno più grande.
Quando la papa-mobile si fermò a pochi metri da noi, eravamo ormai in uno stato di grazia. La Divina Provvidenza aveva compiuto il suo corso. Papa Leone XIV presiedette l’udienza e, al termine, venne a salutarci uno ad uno. A tutti donò un rosario, una parola, un conforto, una speranza.
Lacrime, baci, abbracci e tante preghiere… e anche promesse. Abbiamo conosciuto il nuovo Pontefice: diverso dal suo predecessore, ma di eguale spessore umano e spirituale. La sua aura emana una vibrazione gentile, un’energia positiva che si percepisce intensamente nella presenza viva. Un’energia che vibrò forte quando gli raccontammo il significato del dono, nato perché il suo predecessore, papa Leone XIII, posò la prima pietra della nostra basilica minore, la Madonna delle Grazie, nel 1839, nelle vesti di monsignore Gioacchino Pecci.
Ecco perché ci era sembrato naturale proporre alla Texi srl di Benevento di scrivere in braille la scritta di Sant’Agostino sulla immagine ad alta risoluzione proposta da padre Antonio, frate del nostro Santuario. Ma non avremmo mai pensato che venisse invece realizzato un capolavoro tattile di arte sacra, di una bellezza rara, mai realizzato, degno di un dono al papa.
Papa Leone più di 20 anni fa era già stato a Benevento, come vescovo, ma sarebbe stato bello averlo ospite come Papa e a quel punto ci disse che si poteva provare ad organizzare, magari su invito del nostro Arcivescovo.
Quel mercoledì siamo stati accolti, sostenuti e coccolati da persone straordinarie e rare: Alberto e Antonino (che non smetteremo mai di ringraziare), Annarita, Giuliano, Filippo e tutta la meravigliosa macchina organizzativa e operativa del Vaticano.
L’energia di questa esperienza è ancora troppo intensa per essere raccontata fino in fondo. Resterà custodita nei nostri cuori, come una calda luce che non si spegne.
Indimenticabile sarà averla vissuta con tanta intensità ed insieme a tanti attori, che si sono incastrati alla perfezione. Perché quando un dono nasce dall’amore diventa inclusione e se cammina con la Fede e si accompagna alla innovazione non è più soltanto un’opera: diventa un segno.
E quando il segno è autentico, nonostante le difficoltà, trova sempre la strada giusta. Grazie.