Una proposta “sostenibile” per migliorare l’inclusione, di Gianluca Rapisarda

La preparazione iniziale degli insegnanti curricolari ed un ruolo “definitivo” del docente per il sostegno.
Di recente, tanti sono gli incontri ed i seminari organizzati dalle associazioni di e per persone con disabilità per riflettere, discutere ed avanzare proposte in merito all’ormai (si spera) imminente riforma dell’inclusione scolastica.
Personalmente, ho la convinzione che la riflessione sull’attuale “sistema” del sostegno non può che essere animata dalla certezza da tutti condivisa di non doversi “trincerare” nella tutela ad ogni costo dell’esistente o in rimpianti del passato ma che, al contrario, bisogna guardare avanti con “realismo” per garantire il migliore futuro possibile all’inclusione scolastica degli alunni/studenti disabili italiani.
E per raggiungere tale obiettivo, a mio avviso, non servono riforme “rivoluzionarie od opere “faraoniche”, quanto piuttosto una proposta “sostenibile” per l’inclusione, compatibile con le profonde trasformazioni in atto, ma che sia di qualità e, soprattutto rispondente alla necessità di dover provvedere con urgenza e quanto prima possibile ad un adeguato supporto ai nostri ragazzi, alle loro famiglie ed alle scuole da essi frequentate.
Fortemente persuaso di ciò, la proposta per l’inclusione, che di seguito riporto, è il frutto non tanto di mere “elucubrazioni” mentali, ma della mia esperienza concreta a stretto contatto con la faticosa quotidianità didattica degli allievi con disabilità. Essa si basa sui seguenti tre pilastri portanti:
una preparazione iniziale sulle diverse tematiche della disabilità da parte dei docenti curricolari ed un percorso formativo universitario specifico dei futuri insegnanti per il sostegno, che permetta loro l’accesso ad un ruolo “definitivo”,
una riorganizzazione dell’intero “contesto” dell’inclusione, con la creazione di “centri di servizio” specializzati,
La formazione ed il riconoscimento di specifiche “figure” per il supporto e l’inclusione scolastica dei disabili.
E’ pleonastico sottolineare che una delle più pressanti e cogenti richieste delle famiglie dei nostri ragazzi è l’indifferibile ed inderogabile esigenza di una maggiore specializzazione dei docenti titolari e per il sostegno, di una loro maggiore continuità e della cessazione del perverso meccanismo della delega all’insegnante di sostegno dell’alunno con disabilità.
Oggi, infatti, a causa dell’inadeguatezza professionale dei docenti curricolari della scuola di ogni ordine e grado nella presa in carico degli alunni/studenti disabili, dovuta alla mancanza del possesso di specifiche competenze didattico-pedagogiche, tecnico-metodologiche, di comunicazione e di relazione, assistiamo sovente e desolatamente alla “pericolosa” china della loro delega del ragazzo con disabilità al solo docente per il sostegno, con il suo conseguente isolamento dal resto della classe e lo svolgimento delle sue attività didattiche esclusivamente nelle tristemente note “aule del sostegno”.
Come se non bastasse, a tali elementi di grave criticità, si aggiunge spesso la scarsa preparazione dei docenti di sostegno, risultato di una loro formazione che, dall’iniziale carattere “polivalente” dei “corsi biennali” della fine degli anni Ottanta ed inizio Novanta del secolo scorso, oggi, prima con le SIS ed ora con i corsi di perfezionamento, è diventata indifferenziata, troppo generica, incapace di dare risposte idonee ed efficaci ai bisogni educativi particolari e specifici delle singole disabilità
Per non parlare della “precarietà ed ambiguità del ruolo e della funzione dei docenti italiani per il sostegno. Essi hanno l’obbligo di restare sul sostegno per cinque anni, ma non nella stessa scuola e non entrano a far parte dell’organico di diritto, restando nel limbo del cosiddetto “organico provinciale”.
Inoltre, relativamente alla loro funzione, persino loro non sanno bene se il loro compito sia quello di docenti della didattica disciplinare o di docenti a supporto dell’insegnante titolare della disciplina nella progettazione ed attuazione di percorsi formativi inclusivi.
Al riguardo, io ritengo che tali “ambiguità” possano essere superate, come suggerito dalla recente proposta di legge 2444 presentata dalla FISH e dalla FAND, solo adoperandosi con tutte le forze nel migliorare la qualità del livello di inclusione scolastica dei nostri ragazzi. E questo significativo traguardo, a detta della FISH e della FAND, ed io sono totalmente d’accordo con la loro proposta, può essere perseguito attraverso una preparazione iniziale di base di tutti i futuri docenti curricolari sulle specifiche problematiche riferibili alla disabilità, da garantire già all’Università con la frequenza di appositi moduli disciplinari in Pedagogia speciale e Didattica inclusiva, che rilascino almeno 30 CFU. Ma, soprattutto, ancora più ragguardevole sarebbe l’attivazione di uno specifico percorso formativo universitario per i futuri docenti per il sostegno, con la possibilità di accedere ad un ruolo ed ad una “carriera” definita e di permanere all’interno della medesima scuola per almeno cinque anni.
Questa separazione dei ruoli e delle carriere dei docenti curricolari e per il sostegno non determinerebbe una deriva verso la “medicalizzazione” e “sanitarizzazione” del percorso formativo degli insegnanti di sostegno, come denunciato di recente da qualche detrattore della proposta di legge di cui sopra, al contrario, secondo me, rafforzerebbe e qualificherebbe ulteriormente le loro competenze pedagogiche e didattiche, rendendoli finalmente “progettisti ed attuatori” di modelli veramente inclusivi, capaci di supportare il collega titolare ed il C.D.C. e di contribuire all’elaborazione di un PTOF veramente “accogliente” per tutti.
D’altra parte, non considero utile dal punto di vista pedagogico e didattico il sistema della “cattedra mista” proposto dalla legge 107, in quanto tale modalità organizzativa, a mio modesto avviso, risulterebbe poco praticabile ed efficace per quei ragazzi disabili che abbisognano di un rapporto uno a uno con il loro docente e per quelli per i quali, il PEI, il terapista e la famiglia valutano inopportuno lavorare con più insegnanti curricolari di riferimento. Ma, in particolar modo, ritengo quella della “cattedra mista” una soluzione didattica sbagliata, perché più centrata sulle esigenze di “gratificazione” professionale dell’insegnante che sugli effettivi bisogni formativi specifici degli alunni/studenti con disabilità, che, con siffatto modello scolastico, rischierebbero di non avere né un sostegno, né insegnamenti disciplinari idonei e sufficienti.
Per quanto concerne la preparazione e l’aggiornamento dei circa 750000 docenti italiani in servizio (curricolari e per il sostegno) sulle diverse problematiche della disabilità, invece, le recentissime risorse della “Carta del prof” e del “Piano Triennale di Formazione obbligatoria”, che ha tra le sue priorità tematiche anche l’inclusione scolastica, potrebbero costituire e sicuramente costituiranno un’altra “arma vincente” a disposizione del sistema educativo di istruzione per implementare e fornire agli insegnanti che già lavorano una formazione più adeguata sulla disabilità.
Formazione specifica obbligatoria sulle diverse tematiche della disabilità, che io reputo debba essere estesa a tutto il personale della scuola in servizio, ivi compresi i Dirigenti scolastici, gli assistenti tecnico-amministrativi ed i collaboratori scolastici.

2) La riorganizzazione del “contesto” dell’inclusione scolastica.
Nell’ambito della prossima Legge delega sul sostegno, un ineludibile aspetto da attenzionare è l’improcrastinabile impellenza di dover rafforzare e “riorganizzare” il contesto dell’inclusione scolastica.
Infatti, la sola assegnazione dell’insegnante di sostegno all’alunno/studente con disabilità non è sufficiente a garantire il loro successo scolastico e formativo, se non affiancata da un contesto veramente “inclusivo”.
La nomina del docente per il sostegno, seppur rappresentando un “sacrosanto” diritto assolutamente esigibile dai nostri ragazzi e dalle loro famiglie, da sola rischia di essere quasi inutile e di ripetere le “distorsioni” e gli sbagli dell’attuale modello dell’inclusione scolastica, che hanno finito per provocare i “deprecabili” fenomeni della “deresponsabilizzazione” dei docenti curricolari rispetto ai suoi alunni con disabilità e la sopraccitata “delega” al solo collega di sostegno dei loro insegnamenti e delle loro valutazioni.
Come egregiamente scritto da Luciano Paschetta in un suo recente articolo pubblicato sulle pagine del giornale Superando.it, intitolato “Dal docente di sostegno al sostegno del contesto”, anch’io concordo nell’affermare che soltanto in un “contesto” scolastico veramente inclusivo ed accogliente, dove il PAI sia parte integrante della progettazione, della didattica e della valutazione delle Istituzioni scolastiche italiane e, dunque, anche dei loro Piani Triennali dell’Offerta Formativa, si potranno realisticamente garantire per tutti e per ciascuno quelle condizioni di “pari opportunità” nel raggiungimento del massimo “possibile” dei traguardi d’istruzione, tanto decantate da tutta la più recente normativa italiana sull’autonomia scolastica.
Da questo punto di vista, dovrà essere particolare cura del MIUR mettere tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado nelle “reali” condizioni di “sfruttare” al meglio tutti gli strumenti che l’autonomia (fino alla recentissima e criticatissima Buona Scuola) loro consente per implementare e migliorare la qualità del processo di inclusione scolastica dei disabili, creando strutture organizzative flessibili e più confacenti alle effettive esigenze formative dei diversi alunni ed utilizzando in modo “funzionale” l’organico “potenziato” per la progettazione e realizzazione di percorsi personalizzati ed individualizzati, di insegnamenti aggiuntivi ed opzionali, per classi aperte e parallele, per gruppi omogenei ed eterogenei e di attività didattiche laboratoriali e curricolari ed extracurricolari integrative.
Insomma, io credo che solo un “contesto” così strutturato possa favorire e promuovere, accanto all’indispensabile presenza del docente per il sostegno, una didattica finalmente “inclusiva” e “for all”.
Tuttavia, “riorganizzare” il contesto del sostegno significa pure creare dei “centri di servizio” specializzati, dei luoghi cioè dove è possibile fornire adeguata, efficace ed efficiente consulenza specifica agli allievi con disabilità, ai loro genitori, ai loro docenti curricolari e di sostegno e, più in generale all’intero contesto scolastico.
Restando ancorato alla realtà che seguo più da vicino, da disabile visivo ed anche da Consigliere nazionale della Federazione delle Istituzioni Pro Ciechi, devo dire che noi non siamo rimasti a “guardare” e fermi con le mani in mano e che, a proposito della necessità di istituire dei centri “specializzati” in favore dei nostri ragazzi, sin dal 1997, grazie alla legge 284, in stretta sinergia con la Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”, abbiamo creato ben 17 “Centri di Consulenza Tiflodidattica” (CCT), distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Ciononostante, l’intenso e prezioso lavoro del Network per l’Inclusione Scolastica (NIS), fortemente voluto all’inizio di quest’anno dal Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI) Mario Barbuto, ha evidenziato come tali CCT siano ancora poco collegati tra di loro e forniscano un servizio di consulenza difforme e disomogeneo.
Di qui, la necessità di ottimizzare le loro risorse e competenze, creando appunto il sopramenzionato NIS, con il difficile ma “improrogabile” compito di definire le Linee guida dei servizi dei nostri CCT, gli “indicatori di qualità” dell’inclusione scolastica degli studenti ciechi ed ipovedenti ed i criteri di valutazione dei servizi erogati dai nostri Centri di Consulenza Tiflodidattica.
Un altro “mast” del Network per l’Inclusione Scolastica” dell’UICI è anche quello di cercare di “omogeneizzare” le singole potenzialità dei nostri CCT con tutte le realtà pro ciechi, per dare vita ad un un unico “sistema”, che noi abbiamo ipotizzato strutturato a più livelli di competenze e territoriali (comprendente a livello regionale ed interregionale oltre che i Centri di Consulenza Tiflodidattica, anche gli ex Istituti dei ciechi ed ovviamente, in ambito nazionale, l’I.Ri.Fo.R., la Biblioteca “Regina Margherita”, il Centro di Produzione del materiale didattico della Federazione ed il Centro Nazionale del Libro Parlato dell’UICI).
Naturalmente, questa nostra “rete di servizi” a più livelli, che io auspico realizzarsi quanto prima pure per le altre disabilità, non potrà e dovrà rimanere “isolata” dal resto dei “centri di servizio territoriali a supporto dell’inclusione scolastica, già esistenti ed istituiti dal MIUR e, diciamo così, non propriamente riconducibili alle Istituzioni pro ciechi.
Operare separatamente sarebbe da parte nostra un “sesquipedale” errore e, consentitemi un pizzico di ironia, anche una clamorosa “svista”.
Consapevoli di ciò e ben lungi da atteggiamenti di “splendido” isolamento”, è nostra ferma intenzione “fare “squadra” con tutte le altre Associazioni di e per disabili, affinché insieme si pretenda dal MIUR la realizzazione all’interno dei CTS, CTI e CTR, così come è già avvenuto per l’autismo, di appositi “sportelli” competenti per le singole disabilità. E ciò, perché tali strutture del sostegno periferiche del MIUR stentano ancora a “decollare”, rappresentando a tutt’oggi soltanto delle “potenzialità” costose ed inefficaci del processo d’inclusione scolastica dei nostri ragazzi.

3) Il riconoscimento di “figure” specifiche a supporto dell’inclusione scolastica.
Di recente, l’ultimo, ma non per questo meno rilevante, impegno del NIS dell’UICI sta riguardando la definizione del percorso formativo e del profilo di “figure specifiche” per l’organizzazione del sostegno al processo di inclusione dei disabili visivi, argomento che coinvolge tra l’altro, come spiegherò tra poco, pure gli alunni non udenti e disabili sensoriali in generale.
Mi riferisco al “pedagogista esperto in scienze tiflologiche” ed all’”educatore (od assistente) alla comunicazione”, previsto dall’art 13 comma 3 della legge 104 del 1992 e la cui definizione è stabilita dalla 107 del 2015.
Infatti, la maggiore facilità dell’assegnazione del docente per il sostegno, ed il fatto che la nomina dell’assistente alla comunicazione, ex art 13 comma c della 104, dipenda dagli EE.LL. (pertanto più incerta), ha fatto quasi del tutto dimenticare l’esistenza di tale figura.
Per tale motivo, l’assistente alla comunicazione non si è mai imposto come operatore “necessario” per il supporto all’inclusione scolastica dei ragazzi disabili sensoriali, restando sempre confinato ai margini di tale processo, e costretto ad una costante precarietà di ruolo e di formazione.
Certi dell’urgenza di dover ovviare a questa grave criticità, noi del NIS dell’UICI stiamo profondendo ogni nostra energia nel tentare di “riesumare” tale “figura” professionale, definendone il profilo ed il percorso formativo. Così, abbiamo individuato l’”educatore alla comunicazione per i disabili sensoriali come la figura di I° livello del sostegno degli alunni/studenti con disabilità sensoriale.
Il titolo di “educatore alla comunicazione” viene rilasciato a tutti coloro che, in possesso di qualsiasi Laurea triennale, decidano di frequentare un Master universitario di I° livello di 1500 ore, che rilasci loro 60 CFU.
L’”educatore alla comunicazione” possiede una formazione di tipo tecnico-strumentale ed ha una conoscenza di base della Pedagogia speciale e della Didattica inclusiva. L’I.Ri.Fo.R. sta lavorando alacremente con lo IUSVE (Istituto Universitario Salesiano di Venezia) per l’attivazione (in Convenzione) di un corso formativo per “educatori alla comunicazione per i disabili sensoriali”, di qualità e veramente spendibile nel mondo del lavoro.
Parallelamente alla definizione del profilo e del percorso formativo dell’”educatore alla comunicazione”, invochiamo l’aiuto di tutte le associazioni di e per disabili per fare “pressione” sul MIUR, perché il riconoscimento di questa figura professionale diventi finalmente realtà.
Occorre inoltre sollecitare la Conferenza Stato-Regioni, perché le Regioni istituzionalizzino una volta per tutte il profilo dell’”educatore/assistente alla comunicazione e, conseguentemente, obblighino le cooperative che gestiscono il servizio di assistenza scolastica e postscolastica ad assumere tali operatori come “figure” necessarie al processo di inclusione dei disabili sensoriali.
Successivamente, sarà premura dell’I.Ri.Fo.R. proporre agli Educatori alla comunicazione, in possesso pure di una Laurea in Scienze della Formazione, Scienze dell’educazione ed in Pedagogia, agli Educatori specializzati, ed ai docenti curricolari e di sostegno la frequenza di un Master universitario di II° livello di 1500 ore per il conseguimento del titolo di Pedagogista esperto in scienze tiflologiche.
Tale Master universitario rilascia 60 CFU e fornisce una formazione più specifica di quello di I° livello in “educatore alla comunicazione”.
Infatti, l’”esperto in scienze tiflologiche” ha il compito di progettare, realizzare e monitorare l’intero progetto di vita del disabile visivo e, quindi, è la figura di II° livello del suo processo di inclusione scolastica. Un primo modello formativo di tale figura è stato già tracciato dall’I.Ri.Fo.R., che, grazie all’interessamento di Marco Condidorio, Coordinatore della Commissione Istruzione dell’UICI, ha attivato in Convenzione con l’Umimol di Campobasso il riuscito Master in Typhlology Skilled Educator.
Io ritengo che queste due tipologie di “educatori” dovrebbero poter operare, oltre che a scuola ed a casa dei nostri ragazzi, ovviamente anche nei nostri CCT e nei “centri di servizio” specializzati nelle singole disabilità (da me tanto auspicati) e nei CTS, CTI e CTR, garantendo un concreto ed adeguato supporto al sistema scolastico.
In conclusione, a mio parere, solo se il MIUR prenderà seriamente in considerazione nella prossima legge delega sull’inclusione scolastica l’istituzione di un ruolo “definitivo del docente per il sostegno, la riorganizzazione e la ristrutturazione del contesto scolastico, anche con la creazione per ogni tipo di disabilità di “centri di servizio” specializzati e la formazione ed il riconoscimento di figure specifiche “necessarie” al sostegno, potrà garantire il pieno successo scolastico e formativo degli alunni/studenti con disabilità del nostro Paese.