Rubrica per genitori
In questo numero vi presentiamo il resoconto di un lavoro condotto a Bologna dalla prof.ssa Caldin-Professore Ordinario di Pedagogia Speciale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna-con un gruppo di genitori di bambini/ragazzi con disabilità visiva, dal quale è scaturito un vademecum utile per tutti coloro che vivono l’esperienza di essere madri o padri di un bambino o ragazzo cieco o ipovedente.
Si intitolerà “Da genitori a genitori. Esperienze, timori, sfide e prospettive nel deficit visivo” il prodotto finale di mesi di dialoghi, scambi di esperienze, riflessioni sul passato, presente e futuro di genitori con bambini o ragazzi ciechi o ipovedenti di Bologna. Per un anno, condotti dalla prof.ssa Roberta Caldin, i genitori si sono incontrati e hanno potuto condividere le proprie esperienze con tutto ciò che il termine esperienza porta con sé. E con tutto ciò che la situazione “genitori con bambini/ragazzi con disabilità visiva” porta con sé. Il percorso ha avuto diversi significati: intrinseci ed estrinseci; intimi e pubblici; peculiari e comuni; ma è stato soprattutto un percorso di condivisione.
Questo cammino non è nato con obiettivi peculiari ai gruppi di auto-aiuto, cioè con l’obiettivo di fare da presidio ad un disagio o per trovare soluzione a dei problemi, o ancora per trasformare coloro che domandano aiuto a persone in grado di offrirlo, ma è nato semplicemente come spazio di riflessione intorno a temi che potevano essere comuni tra i presenti. Si è svolto in ambienti conosciuti e familiari a tutti – presso l’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza – ma anche in luoghi che potremmo definire “neutri”. Infatti, i partecipanti hanno goduto della possibilità di essere insieme a Cesenatico: un luogo fuori dalla propria quotidianità, stimolante e accogliente.
La riflessione ha seguito, molto semplicemente e – allo stesso tempo – approfonditamente, le tappe evolutive di crescita dei figli e si è soffermato in quei momenti che hanno segnato di più la memoria dei presenti: la nascita, le relazioni familiari, quelle sociali, il primo ingresso a scuola fino alle attività extrascolastiche e all’autonomia dei figli stessi.
Mano a mano che gli incontri si susseguivano, il coinvolgimento personale di ciascuno è aumentato, anche grazie al clima di rispetto e conoscenza reciproca che si andava creando. Il gruppo è divenuto sempre più compatto, coeso, luogo di nuove sensibilità e palestra per nuovi stili di comportamento. Insieme ci sono stati momenti di supporto emotivo, di comprensione e condivisione, ma anche di scambio di concrete informazioni utili. La connessione emotiva, il senso di appartenenza e il senso di comunità hanno creato una percezione di identità plurale. Il “noi” ha iniziato ad essere il pronome più utilizzato! Certo, si è partiti da un gruppo di genitori che già si conoscevano, ma la stima, l’essere in grado di riconoscere ed esplicitare le proprie storie, ha fatto sì che la propria storia e quella della propria famiglia diventasse una storia in comune. Ed ecco nascere l’idea di mettere per iscritto parte di questo percorso, per poterlo condividere con la comunità, con l’esterno.
Al termine, infatti, di questo percorso – se mai si può affermare che questo percorso possa avere un “termine” – il gruppo di genitori si è sentito chiamato, come in modo naturale, ad allargare la propria esperienza ad altri ideali genitori come loro. Il gruppo ha avvertito l’esigenza di sintonizzarsi su una dimensione più vasta: la comunità.
L’idea ha portato a ulteriori momenti di confronto per delineare la struttura del lavoro. Il percorso di vita è stato il filo conduttore per scrivere di emozioni e di cammini esplicitati durante gli incontri, cercando di tessere le emozioni intorno a temi chiave, conservando ciò che si riteneva strada facendo fosse utile a genitori con bambini e ragazzi con disabilità visiva. Ciò che ne è emerso è stato un libretto che ciascuno dei presenti avrebbe voluto avere in mano all’inizio della propria storia con il proprio figlio.
I temi principali trattati sono stati: il momento della nascita con gli interrogativi che accompagnano questo periodo e, soprattutto, quello della scoperta della disabilità visiva del proprio figlio. Da interrogativi che sorgono spontanei di fronte ad un neonato: a chi assomiglia? Fino a interrogativi più vicini alla situazione: com’è accaduto? Perché proprio mio figlio? Chi ci aiuterà?
Il lavoro prosegue ripercorrendo la crescita e le libertà da “autorizzare” e da sviluppare nel momento dell’esplorazione del mondo, attraverso la scelta dei giochi, delle attività sportive e culturali, l’aiuto nel relazionarsi col mondo esterno. E questo mondo esterno è composto da elementi materiali e animali, ma anche da persone, a partire dai fratelli. E la relazione non è mai univoca: va bene aiutare il figlio con disabilità visiva, ma i fratelli e le sorelle? Nella quotidianità ci sono differenze se i fratelli sono più grandi o più piccoli del figlio con disabilità visiva?
Ma “relazione” con le persone significa non solo guardare ai familiari e ai conoscenti stretti, ma alla società tutta. E il primo ingresso in società è spesso dettato dall’ingresso nel nido o nella scuola dell’infanzia. Che cos’hanno questi ambienti in più rispetto alla famiglia? La scuola stessa se e come va preparata? Quante preoccupazioni… e insieme quante porte aperte all’incognito e alla scoperta! Va da sé che dopo la scuola dell’infanzia venga da affrontare la scuola primaria con i primi interrogativi sul Braille e il bastone bianco.
Le domande chiave che accompagnano il breve testo possono essere riassunte in queste due: In generale: qual è la maniera giusta per ottenere il rispetto dei diritti di nostro figlio? Possiamo delegare?
Avendo sempre inteso questo libretto come una sorta di mediatore, di strumento che permettesse un dialogo con genitori di cui non si conoscono i volti e le storie, ma attraverso il quale si vuole condividere la fatica e i timori, le conquiste e le gioie, questo lavoro ha avuto uno sbocco naturale: l’aggiunta di una sezione di testimonianze. Sono state individuate delle figure chiave della vita dei figli e a loro è stata chiesta qualche considerazione riferita alle sensazioni ed emozioni provate alla nascita del bambino, ai pensieri e riflessioni presenti e alle prospettive relative al futuro.
Ed ecco, quindi, gli interventi che seguono nel libretto e che costituiscono una sorta di insieme di testimonianze corredate da alcune fotografie che alleggeriscono il testo e ne danno un’identità maggiormente definita: un ragazzo cieco, una mamma, due papà, un educatore, un professore di sostegno, due fratelli, una sorella, una nonna, una zia, un allenatore e un istruttore. Tutte figure chiave che fanno parte di una rete sociale costruita negli anni intorno a ragazzi e alle loro famiglie.
La presente esperienza, corroborata dalla qualità delle relazioni che sono nate e cresciute o anche semplicemente riprese e irrobustite, sta lasciando un segno. Utilizziamo il gerundio “sta lasciando” proprio perché, nonostante vada verso la sua conclusione, il lavoro svolto ha aperto nuovi interrogativi, nuove strade e ha dato vita a una voglia di condivisione a cui spesso è difficile trovare risposta. E sono proprio questi slanci che permettono di intravedere nuove prospettive, incentivate dagli stessi protagonisti della situazione analizzata: i genitori e i figli.
Prof.ssa Roberta Caldin
Professore Ordinario di Pedagogia Speciale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna.
Dott.ssa Valeria Friso
Postdoctoral Researcher presso Università Alma Mater Studiorum Bologna