È stata una maratona contro il tempo, con tanti venti contrari: la burocrazia, le restrizioni del Coronavirus, direttive nazionali, locali non sempre chiare, una incredibile caccia al tesoro per reperire il funzionario responsabile di questo o quel settore. Ma alla fine…
Il gomitolo si è srotolato fra le mani dei ragazzi e degli operatori.
Ieri, domenica pomeriggio, nel caldo afoso fiorentino, abbiamo trovato un po’ di refrigerio presso la Casa per ferie Don Bosco di Firenze, dove abbiamo tagliato il nastro di partenza.
Sotto la guida di Elena Ferroni, psicologa, coordinatrice ormai stabile dei nostri campi estivi, 11 ragazzi dai 6 ai 14 anni e i loro operatori, più il presidente della sezione di Firenze Niccolò Zeppi, il presidente del consiglio Regionale Antonio Quatraro, Elisabetta Franchi del centro di consulenza tiflodidattica, il segretario del consiglio regionale Alessandro Fioravanti, vero deus ex machina, che ha saputo scavalcare tutti gli ostacoli burocratici, si sono legati idealmente con il “filo di Arianna”.
Abbiamo voluto dare questo titolo un po’ altisonante al nostro quarto campo estivo per richiamare l’attenzione sulla particolare situazione di disorientamento che vivono i nostri ragazzi, in ragione del coronavirus e del distanziamento sociale, che rischia davvero di diventare un vero e proprio labirinto, dal quale appunto si può uscire a “riveder le stelle”, proprio grazie al filo di Arianna, un filo di empatia e di complicità che, al di là del contatto fisico, unisce grandi e piccoli, dirigenti e famiglie, attorno all’idea che “insieme si può”.
Quest’anno poi il nostro campo ha ricevuto anche un cofinanziamento dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, la quale tuttavia ha messo al centro dell’attenzione la necessità di “ricuperare” il tempo perduto, in vista del prossimo anno scolastico.
Così abbiamo dovuto esplicitare alcuni punti che da sempre fanno parte del nostro programma e cioè conciliare il gioco, il divertimento, con la presa di coscienza di alcuni concetti che ci fanno spesso storcere il naso. Riguardano l’educazione linguistica, l’educazione matematica e scientifica in genere, insomma, abbiamo dovuto conciliare lo studio con il gioco e, lo speriamo almeno, i partecipanti, quando sentiranno parlare di “equazione” o di “proposizione subordinata” non cambieranno canale, magari giocherellando sotto il banco con il telefonino, ma si ricorderanno del “filo di Arianna” e di aver sperimentato direttamente come si pesano gli alimenti con una bilancia a 2 piatti o come si organizza una valigia, dentro la quale magari, in subordine, c’è anche una trousse per gli effetti personali.
Il gioco del gomitolo, per me che ormai ho qualche anno sulle spalle, fra le voci gioiose dei nostri ragazzi e le frasi lanciate per gioco, si è rivelato un tuffo negli anni belli e per questo li ho ringraziati.
Antonio Quatraro