Preciso subito che la mia non vuole essere una polemica, né una critica verso l’operato della Presidenza dell’unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ma dopo la stipula del protocollo di intesa tra UICI e Banca d’Italia e dopo la consegna del premio Braille ad ABI, sento il bisogno di fare qualche riflessione e mettere in evidenza alcune, forse troppe, criticità che ultimamente stiamo riscontrando nei rapporti con gli istituti bancari. Per una persona che possiede una discreta dimestichezza con le applicazioni informatiche, quale mi ritengo di essere, è sempre più difficile gestire autonomamente il conto on line. Senza timore di citare l’Istituto di Credito, mi risulta sempre più complesso gestire il mio conto sull’applicativo di Unicredit utilizzando uno screen reader; e pure fino a qualche anno fa, riuscivo tranquillamente anche a fare operazioni complesse. Nell’ultimo anno, ed ho segnalato il tutto anche agli uffici della sede Centrale, nella mia qualità di presidente della Sezione UICI di Napoli, ho dovuto faticare e non poco, per convincere alcuni direttori di Istituti di credito che la firma del cieco è valida a tutti gli effetti e per aprire un conto corrente, per richiedere un prestito, per compiere una qualsiasi operazione bancaria, il cieco non necessita di testimoni. Per salvaguardare la par condicio, dico senza problemi di essere intervenuto con direttori di Filiali di Unicredit, Deutsche Bank, CheBanca, Credito agricolo e BNL. Con l’ultimo istituto di credito, in particolare, la difficoltà è consistita nel convincere il direttore di filiale che un non vedente poteva da solo accedere ad una cassetta di sicurezza e non aveva bisogno di alcun accompagnatore a garanzia. Forse, sarebbe utile un po’ di formazione finalizzata a far conoscere ai bancari le capacità dei disabili visivi, dato che negli ultimi anni non possono neanche più confrontarsi con colleghi non vedenti. Per cambiare argomento, infatti, almeno in regione Campania, a fronte di tanti pensionamenti di centralinisti telefonici, da molti anni ormai gli istituti di credito non assumono più ciechi; e, se si afferma che il lavoro di centralinista è superato, gli istituti di credito non possono negare che forniscono alla clientela molteplici servizi a mezzo telefono. Spero che il protocollo firmato con Banca d’Italia possa portare anche alla ideazione di qualche progetto concreto finalizzato all’inserimento lavorativo dei disabili visivi da parte dell’abi e degli istituti di credito.
Riflessioni sui rapporti dell’Uici con le banche, di Mario Mirabile
Autore: Mario Mirabile