Ricordo di Giuseppe Fucà, 3° Presidente dell’Unione, scomparso 40 anni fa.
Mio caro amico Presidente, si dice che sei scomparso il 18 settembre di quaranta anni fa, ma stento ancora a crederlo vero, anche se ho partecipato con immenso dolore al Tuo funerale. I tanti momenti trascorsi insieme, le tante iniziative, le tante lotte, le tante conquiste conseguite, i momenti di vera soddisfazione, le amare delusioni, le nostre confidenze, le nostre discussioni, ma soprattutto i tuoi insegnamenti, il tuo impegno per costruire un futuro migliore per i ciechi italiani e la passione con la quale conducevi le vicende associative, sono sempre presenti e vivi nella mente e nel cuore di chi come me, ha avuto la fortuna di conoscerti e di vivere al tuo fianco. Ci siamo conosciuti a Roma, nel marzo 1965, nella trattoria da “Guerra”, in Via dei Serpenti, frequentata sovente dal Presidente Bentivoglio. Eri in compagnia dei tuoi, poi anche miei, amici toscani Baragli e Borrani e del milanese Formigoni. Ero presente invitato dal Presidente, avendo accompagnato Piero Bigini ad uno degli incontri presso il Parlamento. Ero giovanissimo, inesperto e a disagio al cospetto di voi esperti dirigenti associativi. Sono stato accolto come se già ci conoscessimo da vecchia data, poi voi fiorentini avete provveduto con qualche bicchiere di vino a farmi superare ogni disagio e timidezza. Ci siamo nuovamente incontrati nel corso di un presidio al Parlamento per sollecitare l’approvazione della legge sui centralinisti. Successivamente in occasione della improvvisa morte del Presidente Bentivoglio, ma eravamo talmente addolorati, che ci siamo abbracciati senza dire una parola. Dopo la Tua elezione alla Presidenza Nazionale, il nostro rapporto associativo e personale si è costantemente rafforzato ed è divenuto più costante e intenso nel corso del Congresso del 1966, che ti ha confermato Presidente, nonostante la sgradevole e ingiusta avversione di alcuni uomini politici e di alcune persone cieche a loro collegate. Mentre il mio rapporto con il Presidente Bentivoglio, era improntato sulla stima, sulla riconoscenza, sulla soggezione, che induceva all’obbedienza, quello con te, era ugualmente di grande stima e di ammirazione, ma anche fraterno, amichevole e perfino confidenziale. Mi hai reso partecipe delle cose dell’Unione, affidandomi anche importanti e riservati incarichi. Mi sentivo orgoglioso quando chiedevi la mia collaborazione. Nonostante fossi molto giovane, mi hai prestato sempre piena fiducia, guidandomi e sostenendomi nelle varie attività svolte. Mi hai riservato comprensione anche per qualche contestazione verso alcune Tue decisioni, che ritenevo moderate. Nei primi giorni di giugno del 1970, sorprendendo la mia famiglia, sei giunto con l’autista e amico Benedetto, a casa dei miei suoceri a Cisterna di Latina, dove mi trovavo con mia moglie Giovanna e il nostro bambino di pochi mesi. Abbracciando Giovanna, le hai chiesto di farti il regalo di lasciarmi libero per tutto il mese, perché quel periodo sarebbe stato decisivo per la sorte della legge sulle pensioni. Giovanna, per il bene che ti voleva, con il pianto nel cuore non seppe dirti di no ed io sono partito con Te per Roma. Fin dal 1967, mi avevi, riservatamente, già affidato il compito, risultato davvero gravoso, di gestire le tante manifestazioni con i soci che giungevano a Roma, di volta in volta da varie città. Quel mese passato con te, fatto di pressanti impegni, di incontri a vario livello istituzionale e politico, ma anche di incontri con dirigenti associativi, per approntare delegazioni di dirigenti e soci da inviare presso le forze politiche e i gruppi parlamentari, di organizzazione di manifestazioni di piazza, è stato maggiormente gravoso sotto ogni aspetto. Si ritornava ogni sera presso la Tua abitazione dove ero ospite, totalmente stremati. Prima di addormentarci, nel fare il bilancio della giornata, più volte ci siamo chiesti, se le nostre compagne e i nostri figli avrebbero mai potuto comprendere e perdonarci per il tempo loro sottratto. Ricordo, che per te, sono stati giorni terribilmente difficili. Eri angosciato e triste, perché Milena, tua moglie, era ricoverata in ospedale, e non potevi essergli vicino, come non potevi nemmeno essere insieme a tuo figlio Gianni, il giorno della discussione della sua tesi di laurea. Dopo aver trascorso una giornata particolarmente negativa, fatta di incontri andati a vuoto e la notizia del ricovero ospedaliero del nostro amico Giorgio Morelli, l’atmosfera non poteva essere peggiore. Giunti a casa, Senza cenare, ci siamo distesi sui lettini. Come una molla, ti sei Subito rialzato, per raggiungere la scrivania. Hai telefonato a Gianni, che dopo averti aggiornato sulle condizioni di salute di Milena, ti ha comunicato che si era brillantemente laureato, ricevendo i complimenti del suo Professore. Evidentemente commosso, hai preso la bottiglia di Whisky e dopo aver brindato con me, ti sei messo a scrivere quelle lettere per Milena e Gianni, che ho ritrovato, emozionandomi, pubblicate nel libro, Un racconto per Chiara. La legge sulle pensioni ha finalmente ottenuto la copertura finanziaria, ma all’atto della grande festa per l’importante risultato conseguito in favore dei ciechi italiani, non ha potuto partecipare uno dei maggiori artefici, il nostro comune amico Piero Bigini, che era nel frattempo scomparso nel mare di Ponza. Al suo funerale, pur stremato dal dolore, Ti sei superato nel ricordarlo con le più belle e commosse parole di fraterna amicizia. . Il tuo grande cuore, affaticato e duramente provato dalle tensioni derivanti dal sovrapporsi di tanti problematici avvenimenti politici e associativi, nei primi giorni del dicembre 1978, ha purtroppo ceduto. Nonostante il grave infarto e i ripetuti ricoveri ospedalieri, in disaccordo con i tuoi medici e rischiando la vita, hai voluto essere presente il 13 dicembre 1979, a Roma, al momento dell’approvazione da parte della Camera dei Deputati, della legge che ha equiparato l’indennità di accompagno dei ciechi civili, a quella percepita dai ciechi per causa di guerra, elevandone l’importo da 62 mila a 288 mila lire mensili. In quell’occasione ci siamo abbracciati con grande gioia, per il piacere di esserci rincontrati e per la soddisfazione del grande risultato conseguito. Pur preoccupato per il tuo stato di salute, non avrei mai potuto pensare, che quello potesse essere il nostro ultimo abbraccio.
Quando le complicanze dell’infarto, che nel 1980, Ti costrinsero a rinunciare al Tuo ruolo di Presidente, mi sono, per la prima volta, sentito davvero solo e privato degli stimoli per portare avanti le iniziative associative. Ho davvero sofferto per il venir meno del prezioso punto di riferimento, quale tu sei sempre stato.
Sarà stata una coincidenza, ma quando hai lasciato la Presidenza, anche i fraterni amici del Lazio, quali eravamo, Durini, Faina, Fortini, Notari ed io, siamo riusciti a litigare, determinando il Commissariamento del Consiglio Regionale. Il 18 luglio del 1981, con immensa sorpresa e gioia, ho ricevuto la tua telefonata con la quale, dopo avermi fatto, con la voce dell’amico di sempre, gli auguri per il compleanno, con la voce del Presidente di sempre, mi hai espresso tutto il tuo rammarico per quanto accaduto nel Lazio, sollecitandomi a riprendere i contatti con gli amici delle Sezioni, per ricostruire il Consiglio Regionale. Il tuo input è stato determinante per ricostruire l’unita associativa nel Lazio e di questo, ne sei stato contento. Purtroppo, dopo poco tempo, in tanti, abbiamo dovuto assistere, con tanta tristezza al tuo funerale. La tua scomparsa, mi ha profondamente segnato. Conservo di te Il ricordo di un grande uomo e di un grande Presidente, che accompagna la mia esistenza, ma la vita associativa, privata del tuo pensiero, della tua umanità e della tua passione, non è più la stessa che avevo conosciuto e vissuto. Questo è il mio ricordo, ma chi volesse conoscere meglio quell’Unione e l’impegno, con il quale hai portato avanti il “movimento dei ciechi” e le tante conquiste sociali in loro favore, consiglio vivamente la lettura del tuo libro “un racconto per Chiara”. Hai anche scritto, che “i ciechi sono gente meravigliosa”. Dopo averne conosciuti tanti, comincio a crederlo anch’io.
Se tu e i tanti amici che mi avete lasciato, vi siete da qualche parte ritrovati, conservatemi un posto accanto a voi, per quando sarà il mio momento.
Ciao Giuseppe, amico Presidente.
Carlo Carletti
Pubblicato il 17/09/2021.