Pordenone – Il maggio pordenonese sotto il segno della cultura inclusiva

La sezione di Pordenone ha vissuto, nel mese di maggio e nel giro di pochi giorni, un poker di appuntamenti, dalle emozioni speciali e dai contenuti forti, ai quali abbiamo partecipato in diversi tra soci, familiari, volontari, educatori. Abbiamo iniziato lunedì 9, in biblioteca civica, con la presentazione del libro di Lucia Baracco “Barriere percettive e progettazione inclusiva. Accessibilità ambientale per persone con difficoltà visive”, alla presenza dell’autrice, di alcuni progettisti e di una discreta cornice di pubblico. E’ stata un’utile opportunità di informazione, formazione e discussione, coordinata da Corrado Bortolin (istruttore di orientamento, mobilità ed autonomia personale), che ha messo in luce varie criticità delle nuove realizzazioni, paradossalmente sbagliate ed inadeguate rispetto alle esigenze, in particolare degli ipovedenti, rispetto a quanto fatto in passato ed in tempi meno inclusivi.

Mercoledì 18 poi, abbiamo partecipato ad una visita alla nave-scuola “Amerigo Vespucci”, in rada a Venezia per qualche giorno. Accolti alla stazione ferroviaria lagunare da un gruppo di studenti dell’Istituto Nautico del capoluogo, che ci hanno fatto da tutors per tutto il tempo, abbiamo ricevuto il saluto di un Ammiraglio della marina, prima di accedere a bordo della nave. Bella e maestosa, solenne e raggiante, baciata dal sole, l’abbiamo percorsa e scrutata (laddove era possibile), con curiosità, ammirazione e rispetto. A bordo era palpabile il suo fascino, la sua grande storia, che l’ha portata lungo 85 anni di vita a solcare i mari del mondo raccogliendone gli onori e costruendosi la leggenda di cui sa essere fiera.

Sabato 21 un altro gruppo ha partecipato alla 15° edizione della “Giornata del volo”, organizzata dall’aeroclub Pordenone, che annualmente dedica alle varie categorie di disabili la possibilità di voli dimostrativi sui cieli della destra Tagliamento. Anche questa esperienza è stata vissuta con entusiasmo ed intensità, un’occasione unica, grazie ad una macchina organizzativa che ha visto la collaborazione di varie altre istituzioni, tra cui Esercito, Associazione Alpini, Vigili del Fuoco, Carabinieri, Protezione Civile e Croce Rossa, che hanno colorato e vivacizzato l’atmosfera con i loro stand di rappresentanza e le loro coreografie. Un grazie speciale a tutti e, soprattutto, ai nostri volontari, che hanno dimostrato, ancora una volta, grande spirito d’insieme.

La sera di lunedì 23 maggio infine, coinvolgendo la cittadinanza, abbiamo potuto riflettere sulle problematiche della sordo-cecità, grazie alla proiezione, a Cinemazero, del film “Marie Heurten, Dal buio alla luce”. Oltre 300 persone hanno gremito la sala, lasciandosi trasportare da un turbinio emotivo profondo ed intenso, data la trama del film. Alla fine, un breve dibattito, coordinato da Corrado Bortolin, ha contribuito a mettere in risalto vari aspetti dell’accessbilità e della friubilità della cultura e dell’informazione da parte dei ciechi e dei sordi. Non si può parlare infatti di cultura inclusiva se questa non viene resa disponibile a tutti, pena la non cultura. La serata è stata organizzata in collaborazione con l’ENS di Pordenone, la Cooperativa Itaca e l’Associazione San Pietro Apostolo. Per i non vedenti e sordi vi era la possibilità di seguire l’audiodescrizione delle scene, o la loro sottotitolazione, attraverso un’app per smartphone, che permetteva la piena comprensibilità di una rappresentazione, per lunghi tratti esclusivamente visiva e povera di dialoghi.

Anche in questo caso un immenso grazie a chi ha organizzato, nella persona, in primis, di Chiara Buligan, operatrice Itaca ed educatrice UICI, che a distanza di due anni ha riproposto una serata al cinema, su un tema sociale molto forte quale la cecità, coinvolgendo la cittadinanza, creando motivo di riflessione e dibattito, anche fuori dal cinema. Il film, ambientato nella Francia della prima metà dell’ottocento, narra, in modo realistico, la storia di una bambina sordo-cieca, affidata dai genitori, impotenti davanti alla sua situazione, alle cure di un convento e di una suora in particolare, che con tenacia, caparbietà ed amore, riesce a stabilire un codice di comunicazione ed una parvenza di umanità. Nel film emergono dinamiche ed approcci metodologici allora efficaci e oggigiorno improponibili, con ruoli ben definiti ed una pedagogia inventata sul campo, a proprie spese. Il risultato finale premia gli sforzi, costati la salute della suora educatrice e registra la trasformazione di Marie da un quasi animale a persona che, seppur con gravi e perenni difficoltà, si relaziona e manifesta tutta la sua umanità e la sua voglia di vivere e di scoprire.