Spesso la condizione di disabile visivo può comportare delle difficoltà negli spostamenti, sensazioni di frustrazione, quando ci si ritrova costretti a dover ricorrere all’aiuto altrui, a far cadere suppellettili o a inciampare in mobili di cui non si conosce la disposizione. Tutte queste emozioni possono fluire via come l’acqua di un torrente in piena con un semplice tuffo nelle profondità marine e per questo c’è uno sport, un po’ più magico degli altri: il diving.
Solitamente si ritiene che uno sport come le immersioni subacquee possa implicare dei limiti notevoli per coloro che non vedono, dal momento che non possono ammirare lo scenario che li circonda oppure non possono percepire attraverso il tatto alcune forme di vita ittica, perché velenose come le murene ecc. Oltretutto, si pone un’altra difficoltà pratica, la comunicazione, che in caso di immersione viene praticata attraverso i gesti. Se il primo è un impedimento fisico che condiziona a prescindere dal contesto in cui ci si trova, il secondo in realtà è un finto problema. Esistono infatti un codice di gesti prestabiliti e convenzionali, che una volta imparati risultano spontanei e, attraverso il semplice contatto con il palmo della mano del proprio istruttore, si può comunicare in maniera facile e immediata. Ovviamente occorre avere una grande fiducia nel proprio coach ma di questo non bisogna preoccuparsi perché le persone che di solito fanno questo tipo di lavoro, sono persone straordinarie, competenti e sensibili. Certamente, ci vuole anche un po’ di fortuna e io l’ho avuta.
Nel 2014, infatti, ho preso il brevetto di livello C della HSA (Handicapped Scuba Association International) ad Ischia con l’istruttore Alessandro Verzetti e da allora ho capito che fare immersioni non solo è il mio sport preferito ma è il mezzo più efficace per ricostituire l’equilibrio dello spirito. È straordinaria la sensazione di libertà che si prova quando si è sospesi nell’acqua, la mano che corre lungo la corda dell’ancora per mantenere il ritmo della discesa verso il fondo.
Molti sport possono comportare delle difficoltà e dei rischio però, e il diving non è da meno: quando si è su una barca o sott’acqua è necessario rimanere totalmente calmi per poter mantenere una respirazione lenta e costante e, in questo modo, non consumare troppo dell’ossigeno presente nella bombola. In questi casi, e in molti altri, la lucidità può fare la differenza! Nasconderei la verità se non vi confessassi che i rischi ci sono, eccome, ma se fatto in sicurezza con le giuste precauzioni può regalare istanti unici.
Diventare sub non significa solo prendere un brevetto, significa acquisire una nuova filosofia di vita, legata al mare, elemento naturale eccezionale che può suscitare stupore, ammirazione e timore.
Il mare infatti ha i suoi tempi e le sue leggi. Va rispettato perché al contempo dà e toglie. Fatale ma stupendo. Cosa meglio del mare può rappresentare il Sublime, di cui tanto si è parlato nella letteratura inglese, dai romanzi gotici ai componimenti romantici di Wordsworth e Coleridge.
Come diceva Edmund Burke: ” [il sublime è] tutto ciò che è caratterizzato da oscurità, difficoltà, magnificenza, dolore, potere terrore e infinito”. Cosa è questo, se non il mare? Qualcosa di immenso, di ineffabile ma al contempo anche oscuro, perché per un vedente che si tuffa da una barca in alto mare è un salto in un blu profondo senza fine, magnifico ma terribile.
Un primo impatto con il diving può mettere ansia: alcune persone si sentono oppresse dalla muta di neoprene, dal GAV, bombola, piombo e tutta l’altra attrezzatura, ma una volta che si è sotto, ogni cosa ritrova il suo posto e il suo equilibrio, tutto ritorna alla perfezione e si crea un silenzio magico, ovattato e non assoluto, che ti fa dolere le orecchie e al contempo ti ammalia con i suoi rumori distanti e ammorbiditi.
Si potrebbe collegare l’attaccamento dell’uomo all’acqua a un istinto primordiale, in quanto l’acqua è l’elemento originale in cui cresciamo come feto nel grembo materno, ma forse il mondo marino riserva e cela qualcosa di più, un potere una forza di attrarre e respingere unica per l’essere umano.
È innegabile ad esempio l’effetto calmante del rumore delle onde che si infrangono sulla battigia o dello sciabordio del riflusso dell’acqua contro gli scogli e le fiancate delle barche, legate agli ormeggi e per questo bisogna sostenere e complimentarsi con tutti quei biologi marini e associazioni che tutelano il mare con la sua flora e fauna. Un patrimonio inestimabile e senza eguali per cui vale la pena di lottare.
Come auspicio lancio la proposta di organizzare molti più corsi e attività connesse agli sport marini e alla conoscenza del mare non solo per i disabili visivi, ma anche per i vedenti, perché il mare insegna a vivere più sereni, dandoci dentro una forza e una stabilità che forse null’altro ci può donare.
Annaclara Farace