Sempre più spesso i non vedenti sono vittime del pregiudizio di chi, di
fronte ad un problema reale, quello dei falsi ciechi, guarda con sospetto
anche chi cieco lo è davvero, ma nonostante tutto riesce ad avere una
buona qualità della vita.
“Ormai sono finiti i tempi in cui i portatori di handicap visivo (e i
disabili in generale) se ne stavano chiusi in casa seduti sul divano
accuditi in tutto e per tutto dalle loro famiglie. Ora siamo cittadini del
mondo, lavoriamo, studiamo, viaggiamo, ci divertiamo e ci impegniamo a
livello sociale con dignità”: è una presa d’atto con rabbia quella che
viene da Marco Lijoi, centralinista della Provincia di Forlì-Cesena, non
vedente quasi totalmente da un occhio e non vedente per niente dall’altro.
“Di fatto di un oggetto vedo solo un ombra, un contorno sfumato“, spiega.
Sempre più spesso i non vedenti sono vittime del pregiudizio di chi, di
fronte ad un problema reale, quello dei falsi ciechi e dei relativi
benefici fatti di pensioni e assegni di invalidità, guarda con sospetto
anche chi cieco lo è davvero, ma nonostante tutto riesce ad avere una
buona qualità della vita. Come dire, vittime dei falsi ciechi non sono
solo le casse pubbliche e quindi tutta la collettività, ma anche i veri
ciechi, quasi costretti a dover giustificare di fronte ad ogni sconosciuto
il fatto che tutto sommato possono vivere felici pur nell’handicap.
Come trova Forlì di fronte a questo nuovo e singolare pregiudizio?
Spiega Lijoi che vive e lavora a Forlì: “Ormai spesso anche in questa
città se ti vedono con un cane guida, però sei capace di bere un caffè da
solo finisci nel mirino di chi è pronto sommariamente e senza appello a
definirti ‘falso cieco’. Gli altri cittadini non hanno idea, e non sanno
cosa possa significare oggi vivere con una disabilità come la mia. Grazie
a Dio posso dire che, oggi, anche se con un problema molto importante,
come non avere la vista, mi sono integrato in un mondo che ora è anche
nostro: mandiamo sms, utilizziamo i mezzi pubblici, facciamo sport”.
Vuole rivolgere un appello?
“Non si può pretendere che nel 2013 gli ipovedenti, o i ciechi, debbano
rimanere chiusi in casa per paura di avere una vita sociale troppo aperta.
E’ giusto perseguire i finti invalidi, ma senza discriminare quelli che
invece lottano ogni giorno per dimostrare a sé stessi di essere disabili
“normali”.
Lei è giovane, anche lei pazzo per Facebook e smartphone?
“Frequentemente la cronaca racconta di persone scoperte a compiere azioni
ritenute impossibili per chi ha una disabilità visiva: mandare messaggi
con il cellulare o lo smartphone, avere un profilo Facebook. In questi
ultimi anni, fortunatamente la tecnologia ci è venuta in soccorso. Ormai
su tutti i dispositivi mobili e fissi è possibile installare programmi
vocali o ingrandenti che ci permettono di accedere al web, alla posta
elettronica, agli sms e ai vari social network. Quindi non c’è da stupirsi
se anche un disabile visivo gestisce autonomamente il suo profilo Facebook
o Twitter.
Lei si era rivolto a ForlìToday, all’interno della rubrica ‘La città che
non va’ per protestare contro la mancata dotazione di strumentazione per
gli invalidi sugli autobus. Come si trova sui mezzi pubblici?
“Riesco a prendere, pur nelle difficoltà dovute alla mancanza delle
apparecchiature previste per legge, ad attraversare la strada prestando
attenzione alle auto e raggiungere la fermata. C’è chi si stupisce del
fatto che individuiamo la nostra fermata di discesa, come se fossimo
extraterrestri, ma siamo comuni mortali che semplicemente stanno più
attenti di chi può basarsi sulla vista. E, se abbiamo delle incertezze
rispetto ad un percorso che non conosciamo bene, chiediamo informazioni
all’autista o ai passeggeri”.
Insomma, è possibile avere una vita piuttosto autonoma…
“Spesso, se siamo ipovedenti, per orgoglio o per vergogna tendiamo a
mascherare i nostri limiti, quindi la gente non si accorge che abbiamo
bisogno di una mano. Anzi, se viene a sapere che godiamo di indennità e
pensioni si indigna e ci accusa di essere falsi invalidi solo per il fatto
che vede abbastanza autonomi. Per fare un esempio, chi di noi ha un visus
abbastanza buono, non è il mio caso, riesce a leggere il giornale,
nonostante nel suo campo visivo rientrino solo un paio di parole alla
volta. E’ una situazione per niente piacevole. Non possedere una visuale
totale di ciò che ci circonda ci porta in molti casi ad avere incontri
ravvicinati con pali, cartelloni pubblicitari, bidoni dell’immondizia”.
Se uno ha un legittimo dubbio di ‘falso invalido’, però, potrà in qualche
modo verificare senza correre il rischio di essere discriminatorio?
“Certamente, sul territorio italiano, quasi in ogni città, esiste una
sezione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti alla quale ci
si può rivolgere per avere maggiori informazioni”.