Sento l’obbligo di portare a conoscenza dei lettori una vicenda grottesca e dolorosa, a mio avviso gravissima, che ha colpito una appartenente alla nostra categoria.
Mi riferisco ad una persona affetta da problemi visivi che nel 2006, in quanto vincitrice di concorso già dal 2001, venne assegnata ad insegnare in un circolo didattico della Sicilia occidentale.
Giusto qualche giorno e il dirigente scolastico, che è quello che nell’intera vicenda resterà vergognosamente impunito, sorpreso dall’avere nel corpo docenti una non vedente, cominciò ad inventarsi la necessità di produrre certificati di idoneità alla mansione, pena la risoluzione del rapporto.
Non uno ma tre furono i certificati che la docente si premurò a produrre ma la cecità mentale del dirigente in questione portò inesorabilmente, nel breve volgere di qualche settimana, al licenziamento dell’insegnante per omessa integrazione documentale, quando era invece palese sin dall’inizio che si è trattato di un licenziamento discriminatorio.
Era l’inizio del 2007 e, con grande amarezza, alla nostra protagonista non restò altro da fare che impugnare il licenziamento davanti al Tribunale del Lavoro di Palermo che, però lo respinse.
Confidando nella giustizia, l’ex docente presentò ricorso alla Corte di Appello di Palermo che, incredibilmente, confermò la sentenza negativa di primo grado.
Allora, sicura delle proprie ragioni e consapevole della gravissima ingiustizia che aveva subito, si determinava ad affrontare le spese necessarie a presentare ricorso per Cassazione.
Una parentesi è necessaria: per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, il cosiddetto patrocinio gratuito, occorre non superare il limite di reddito annuo di circa 11.600,00 euro, limite nel quale, pur non costituendo reddito, sono considerate anche le pensioni e le indennità da invalidità civile e cecità. In poche parole le provvidenze per cecità totale superano tale limite ed escludono, di conseguenza, i ciechi totali da tale istituto.
La Suprema Corte di Cassazione, come il giudice a Berlino del mugnaio di Postdam, anche se solo nel 2014, vale a dire a sette anni di distanza, ha finalmente indicato la via da seguire cassando con rinvio le ingiuste sentenze palermitane ed assegnando alla Corte di Appello di Catania il nuovo giudizio.
La docente discriminata ha opportunamente ritenuto di rivolgersi ad un avvocato del Foro di Catania donna e con problemi visivi, che senz’altro avrebbe compreso meglio il suo dramma di donna e non vedente discriminata plurima, per vivere tale uguale condizione quotidianamente, che si sarebbe immedesimata nella sua situazione e l’avrebbe sostenuta con maggior forza.
Ed in effetti la Corte di Appello di Catania, Sezione Lavoro, con sentenza dello scorso 23 novembre, ha finalmente fatto giustizia accogliendo pienamente il ricorso in riassunzione e disponendo l’immediata reintegrazione della docente nel posto di lavoro da cui era stata illegittimamente ed ingiustamente allontanata quasi tredici anni fa, con il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate ed accessori, condannando altresì il MIUR alle spese di tutti i gradi giudizio, ben quattro.
Il dirigente scolastico che ha disposto l’illegittimo ed ingiusto licenziamento nel frattempo è andato in pensione e resterà impunito.
La vicenda dimostra che, forse, la previsione statutaria della nostra Associazione di cui all’art. 24, comma 6, ancora disattesa, che non prevede incompatibilità nell’assegnazione di incarichi professionali a coloro che rivestono cariche elettive all’interno della Nostra Associazione, in possesso delle relative competenze, sia fondata sulla necessità di supportare i soci non solo dal punto di vista rappresentativo ma anche da quello sostanziale con l’esperienza personale e professionale dei dirigenti che, per primi, sono meglio in grado di occuparsi delle problematiche, nel caso di specie legali, dei soci evitando che si rivolgano altrove e a chi non vive la minorazione visiva sulla propria pelle.
Giustizia é fatta.
Avv. Mattia Gattuso