La presa di posizione della FAND sul decreto delegato sull’inclusione scolastica, (la cui bozza non è stata mai condivisa dal MIUR con i diretti interessati)
Qualcuno ci ha accusati di “silenzi colpevoli”, in merito all’emanando decreto delegato sull’inclusione scolastica; purtroppo, però, nonostante la nostra richiesta (di FAND e FISH), reiterata al MIUR in tutte le occasioni di incontro sul decreto, avute in questi mesi, e ribadita in una lettera inviata, oltre quindici giorni fa, al Ministro Stefania Giannini ed al Sottosegretario Davide Faraone , di poter avere la bozza del decreto, questa, ad oggi, non è ancora pervenuta.
Poter esaminare il testo di una norma di legge è essenziale per poterne esprimere una valutazione consapevole e, all’occasione, proporre eventuali “aggiustamenti” emendativi, cosa questa impossibile sulla base delle sole presentazioni verbali e le dichiarazioni di intenti e di impegno alle quali abbiamo assistito nel corso degli incontri avuti in questi mesi sull’argomento.
Tuttavia, grazie al nostro stretto legame con il territorio, abbiamo avuto modo di avere la bozza del decreto trasmessa dal MIUR agli EELL ed in una riunione del gruppo scuola FAND abbiamo avuto modo di esaminarla con attenzione.
Come prevedevamo ci sono alcuni punti che meriterebbero un confronto per piccoli emendamenti, cosa che speriamo di poter fare quanto prima in un incontro “testo alla mano” con i responsabili del MIUR. Incontro che riteniamo oltremodo urgente ed importante per far rilevare a Ministro e Sottosegretario, come il decreto, là dove, tra i documenti che il DS deve trasmettere al PUAD (Punto unico di accesso dei disabili) per la redazione del “Progetto individuale” (è questo un nuovo documento previsto dal Decreto che dovrà seguire il disabile per tutto il suo percorso formativo), la norma sembra ispirarsi più ad una cultura della separazione che a quella dell’inclusione, poiché tra i documenti richiesti alla scuola non c’è il P.T.O.F., ma solo il P.A.I.
Abbiamo già avuto modo di considerare come quest’ultimo documento, sia indice di una mentalità che tende a separare la didattica e gli interventi formativi, rivolti agli alunni con disabilità, dal contesto scolastico nel quale l’alunno è inserito. Quello che fa la differenza nel processo di inclusione è il livello di “inclusività” del contesto rilevabile solo dal P.T.O.F. del singolo istituto scolastico. Nello schema di decreto che abbiamo visto, l’esame di questo documento non viene neanche inserito tra i criteri di valutazione della “qualità dell’inclusione”: anche in questo caso ci si limita all’esame del P.A.I , come se l’inclusione si realizzasse in una “scuola per disabili”: una “scuola altra” , vicina, forse inserita, ma non inclusa nella scuola di tutti. A conferma di questa tendenza a separare, nonostante tutte le nostre sollecitazioni sul tema, il decreto prevede sì l’obbligo della scuola di predisporre iniziative di formazione sulle tematiche della disabilità per tutti i docenti, ma non l’obbligo dei docenti a frequentarle.
Continueremo così ad assistere a docenti titolari che si dichiarano “incompetenti” nell’istruzione dei disabili, delegandola al docente di sostegno e a DS che “invitano” le famiglie a tenere a casa il figlio disabile in attesa del docente di sostegno, senza il quale la “scuola del disabile” non può funzionare. È questa la “deriva” pericolosa , acuitasi negli ultimi anni, che sta mettendo a rischio il nostro modello di inclusione e che speravamo il Decreto delegato avrebbe invertito: purtroppo quello che abbiamo letto sulla bozza di decreto “trafugata” sembra invece istituzionalizzarla.