Ci piaccia on no, l’età che avanza c’impone dei cambiamenti dovuti al prolungarsi della vita che nella maggior parte dei casi non ne favorisce un’accettabile qualità.
Fino a non molto tempo fa, infatti, m’illudevo di potere usare le mie mani che creavano per trasformare gomitoli di lana o cotone in fiori e foglie all’infinito, come più mi piaceva, anche per potere interagire con gli altri. A poco a poco, invece, dovevo constatare che le nodosità delle dita dovute ad un’artrosi progressiva, non avrebbero più obbedito al dettato di una fantasia che l’avanzare dell’età non era riuscita a fiaccare. In effetti, ad un certo punto, Mi son dovuta accorgere che il rigonfiamento delle ossa me ne avrebbero impedito i movimenti più semplici, obbligandomi ad un’inerzia cui non ero abituata, a dispetto degli sforzi che avrei potuto fare per contrastare la sofferenza provocatami dalla rigidità delle dita che ’non si sarebbero più piegate per reggere i ferri.
Non vi nascondo che rendermene conto non è stato indolore, avvezza com’ero ad ascoltare libri col mio lavorino fra le mani, inventando di sana pianta motivi da provare, o decifrando disegni che dal materiale informe diventavano la realizzazione di schemi complicati riportati dai giornali e trascritti in una vita utile ed operosa. Mi piaceva paragonare il mio continuo sferruzzare ad una droga che mi aiutava ad integrarmi attraverso il mio lavoro, nei più diversi contesti in cui mi trovavo, indipendentemente se in ufficio o dal parrucchiere, dove non era raro che qualcuno mi chiedesse di insegnare il motivo che stavo eseguendo. Aiutate dalla pazienza certosina di chi crede nella passione di un’arte affinatasi nel tempo, con la tecnica del lavoro artistico a calza, le mie mani hanno creato indumenti vari: eleganti copri spalle, favolosi scialli, tappeti per salvaguardare tavoli di pregio, preziosi copriletti, copertine per culle o carrozzelle, vere e proprie copertine di linus che hanno accompagnato nella crescita moltissimi bambini, maglioncini per coprirsi d’inverno e bomboniere. Ma ora che la loro condanna all’inerzia forzata mi vorrebbe vedere passiva e senza scopo, con la determinazione e la testardaggine di sempre,io ho deciso di non demordere.
Mio malgrado, col senso pratico che mi ritrovo, ho dovuto incominciare a pensare seriamente a come far trascorrere nel più proficuo dei modi possibili, il tanto tempo libero che ho da gestire, fino a che il cervello mi aiuta a crearmi nuovi interessi da coltivare. Perché, mi son detta, non prendere a cercare e riordinare cose scritte nel tempo, guidata da un evento, o sollecitata dall’emozione di un momento particolare? E così, coadiuvata da chi meglio di me sapeva farlo, la rete mi ha aiutata a ritrovare sensazioni dimenticate, a far riemergere ricordi rimossi, ad impedirmi di isolarmi, e mi ha fatto venire la voglia di comunicare, ricominciando a scrivere. Da principio tutto quello spazio bianco del computer mi ha spaventata, poi piano piano qualche idea da riportare in parole mi ha soccorsa, ed il deludente canto del cigno non c’è stato.
In attesa che nuove belle cose da provare, non solo a me, ma a chiunque non sia più in grado di continuare a realizzare ciò che faceva, vengano a riempire giornate non più caratterizzate dalla pigrizia che le renderebbero inutili o maggiormente difficili da trascorrere, perciò, a chi lo ha già fatto, ma anche a chi non si è mai cimentato nella scrittura, mi permetto di suggerire di provarci. Chi sa che un simile espediente non sia utile anche a costoro per invecchiare meglio.