Parlare di strumenti ottici a casa nostra può sembrare paradossale, ma evidentemente si tratta di metafora riassuntiva. Il prossimo sarà il quarto congresso nazionale al quale prendo parte; a parte le ovvie considerazioni sull’età che questo lascia intendere, la memoria degli scorsi episodi mi ha suggerito alcune riflessioni che potranno parere forse un po’ folli ma nel caso sono in buona compagnia di tanti folli. Mi soffermo in particolare sulla questione del programma; ogni volta si alzano a gran voce richieste di quali siano i programmi del candidato presidente e dei candidati consiglieri, li si esamina e li si seziona per ogni verso e alla fine… succede che il programma che esce dal congresso elenca dai 300 ai 400 obbiettivi, che spesso e volentieri o ignorano bellamente tutti i vari programmi proposti da candidati di ogni livello oppure li comprendono tutti senza eccezioni, senza priorità, ma, soprattutto, determinati da commissioni nelle quali spesso i candidati non sono compresi. Senza voler esagerare potrebbe accadere tranquillamente che di tutti i vari programmi presentati dai candidati diversi non si trovasse traccia nelle risoluzioni finali del congresso, anche se più spesso accade che nei programmi dei candidati le proposte veramente nuove siano molto rare e si tratti spesso di riproporre problemi che tutti conoscono benissimo e che vengono riproposti ad ogni congresso, con risultanti evidenti considerazioni negative su quanto l’intera associazione riesca veramente ad incidere in certi ambiti, se gli stessi problemi ricorrono a distanza di anni quando non di decenni interi. “Va bene, bighellone, ma dove vuoi arrivare?” Domanda del tutto legittima alla quale mi affretto a rispondere. Parto da un presupposto. L’articolo 5 dello statuto, comma 2, recita:
“2. Sono di sua competenza: la discussione e l’approvazione della relazione consuntiva del Consiglio Nazionale e delle risoluzioni di indirizzo sulla politica associativa”.
La parte che desidero consideriate con attenzione è la seconda frase, cioè: ”risoluzioni di indirizzo sulla politica associativa”.
Questa frasetta, di per sè insignificante per dimensioni, è in realtà quella che porta poi alla nascita dei famosi trecento e passa obbiettivi finali, ma il senso della frase è chiarissimo: chi stabilisce le linee che guideranno l’attività dei prossimi cinque anni sono le risoluzioni del congresso, non i programmi più o meno mirabolanti e formalmente impeccabili dei candidati. Altro che pretendere i programmi! Lo statuto afferma chiaramente che le linee guida le decide il congresso, in barba a qualsiasi cosa ci abbiano raccontato i candidati a qualsiasi carica: questo è il cannocchiale rovesciato che da origine al titolo paradossale, tanto più paradossale se si pensa che questo banalissimo ragionamento statutario non si è forse mai sentito fare, che da decenni o forse di più ogni congresso ha chiesto ampio spazio perché i candidati a qualsiasi carica esponessero il loro programma mentre le commissioni statutarie congressuali ne formulavano un altro magari simile magari no senza che nessuno battesse ciglio. Per onestà devo dire che al prossimo congresso non mi aspetto certo che si cambi registro, perché prima di tutto dovrebbero cambiare registro i candidati, a partire dai candidati presidenti, che dovrebbero limitarsi a dire: ”Caro il mio congresso, il programma non lo devi chiedere a me, perché lo statuto affida il compito a te e tu lo hai sempre svolto producendo programmi con centinaia di punti; a me, candidato presidente o consigliere, puoi chiedere solo lumi su come praticamente ed organizzativamente io debba far lavorare questo macchinone per ottenere gli obbiettivi che tu mi dici”. Solo questo e null’altro, “il di più viene dal maligno” parafrasando il Vangelo quando indica il rapporto con la verità dei discorsi. Ma un discorso così, lo sentiremo mai in un congresso? E se qualcuno lo facesse, il congresso lo capirebbe? Siamo tutti un po’ troppo avvelenati dalla politica elettorale, che ci imbottisce la testa di programmi chilometrici e miracolistici per darci l’impressione di poter scegliere diverse alternative, mentre in realtà le scelte che si possono realmente fare spesso son obbligate dalle scelte economiche e chiunque vinca quelle, dovrà mettere in campo qualsiasi cosa ci abbia raccontato prima; e così anche noi ci apprestiamo ad una nuotata nei programmi chiesti ai candidati che stavolta potrebbero arrivare a 66. Si salvi chi può.
Giovanni Taverna
Consigliere Nazionale UICI