Centro di Documentazione Giuridica – Congedo parentale: prolungamento per figli con disabilità in situazione di gravità compatibilità del congedo parentale con i permessi legge 104/1992, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

L’articolo 8 del Decreto Legislativo n.80/2015 interviene nell’ambito delle disposizioni contenute nell’art. 33 del decreto legislativo n. 151/2001 ridefinendo il limite di età del figlio con disabilità in situazione di gravità entro cui i genitori possono fruire del prolungamento del congedo parentale. Analizziamo le novità.

L’art. 3 del Decreto legislativo n. 119/2011 prevede che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, hanno diritto al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi del “normale” congedo parentale, non superiore a tre anni.

Con il Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, che ha novellato gli articoli 32, 33 e 36 del Decreto legislativo 151/2001, il limite di è stato innalzato dagli otto ai dodici anni (o dodici anni dall’ingresso nel nucleo nei casi di affido o adozione).
Con la legge 81/2015 tale disposizione, inizialmente prevista per il solo 2015, è tata resa definitiva.

Come nel caso dei permessi lavorativi (art. 33, Legge 104/1992), la condizione essenziale è che il figlio disabile sia stato accertato persona con handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992). Non sono ammesse, a parte per i soggetti con sindrome di Down, certificazioni di altro genere quali ad esempio il certificato di invalidità totale con diritto all’indennità di accompagnamento o frequenza. Chi non dispone del certificato di handicap deve attivare la procedura di accertamento presentando domanda all’INPS e presentandosi poi a visita presso la Commissione della propria Azienda Usl di residenza.

Per poterne fruire del congedo, il primo requisito è essere genitori lavoratori dipendenti, anche adottivi e affidatari.
Inoltre:
– Il riconoscimento dello stato di grave handicap del figlio.
– L’età del figlio: entro il compimento dei dodici anni.
– Il non ricovero a tempo pieno in istituto specializzato, salvo il caso in cui la presenza del genitore sia richiesta dagli stessi
sanitari.

Il prolungamento del congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro 12 anni (e non più 8 anni) dall’ingresso del minore in famiglia. Rimane fermo che il prolungamento del congedo parentale non può essere fruito oltre il raggiungimento della maggiore età del minore.

Rimane salvo, altresì, che il prolungamento del congedo parentale decorre a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente:

– Per la madre: trascorsi 6 mesi del periodo di congedo di maternità;
– Per il padre: trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del bambino;
– Per il genitore solo: trascorsi 10 mesi decorrenti:
– In caso di madre sola: dalla fine del congedo di maternità;
– In caso di padre solo: dalla nascita del minore o dalla fruizione
dell’eventuale congedo di paternità.
I 36 mesi sono spalmabili nell’arco dei primi 12 anni.

Esempio: se i genitori hanno usufruito di 10 mesi di congedo parentale (art. 32 D. Lgs. 151/2001, 6 mesi per la madre, 7 mesi per il padre, fino a 11 mesi per entrambi), potranno essere utilizzati, entro i 12 anni del figlio, ulteriori 26 mesi da parte di uno soltanto dei genitori ovvero da parte di entrambi alternativamente.

Ricordiamo che il prolungamento del congedo al pari di quello “ordinario” spetta al genitore lavoratore dipendente anche se l’altro genitore è titolare di rapporto di lavoro a domicilio oppure domestico o è lavoratore autonomo o in condizione non lavorativa (casalinga, disoccupato, pensionato).

I giorni fruiti fino al dodicesimo anno di vita del bambino – o fino al dodicesimo anno dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento – a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni, con diritto per tutto il periodo alla indennità economica pari al 30% della retribuzione.

Si riepilogano di seguito, in base al vigente disposto normativo, i benefici previsti in favore dei genitori lavoratori per l’assistenza a figli con disabilità in situazione di gravità in alternativa al prolungamento del congedo parentale di cui all’art 33 del Decreto Legislativo n. 151/2001.

Tre giorni di permesso mensile, oppure le ore di riposo giornaliere per bambini, anche adottivi o affidati, fino a 3 anni di età; tre giorni di permesso mensile per bambini tra i 3 e i 12 anni di vita, oppure tra i 3 anni di vita e fino a 12 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Si ricorda che a partire dal compimento del dodicesimo anno di età del figlio biologico, e dal dodicesimo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato, i genitori possono fruire esclusivamente dei tre giorni di permesso mensile. L’INPS ha chiarito che è possibile cumulare il congedo parentale in modalità oraria con i permessi Legge 104/1992, presi per l’assistenza a familiari disabili gravi o a beneficio di se stessi.

Fonti normative di riferimento:
• per la richiesta del congedo parentale ad ore, vedi art. 32 del decreto legislativo 2001/151 – T.U. maternità e paternità, a cui è stato aggiunto prima il comma 1-bis per effetto dell’art. 1, comma 339, della legge di stabilità per il 2013 (legge 14 dicembre 2012, n. 228), e successivamente il comma 1-ter ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. b) del decreto legislativo 80/2015; per l’applicazione di tale disposizione, in via sperimentale nell’anno 2015, vedi l’art. 26, commi 2 e 4, dello stesso decreto legislativo 80/2015 (uno dei decreti attuativi del Jobs Act).
• per la fruizione dei permessi per disabilità grave, vedi Legge 104/1992, art. 33, comma 3 per la modalita’ a giorni frazionati per CCNL e comma 6 per la modalità ad ore.

Fonti amministrative:
• circolari INPS n. 139 del 17-07-2015 e n. 152 del 18-08-2015 par. 2.1, ultimo capoverso
• messaggio INPS n. 6704 del 03-11-2015

Pertanto, a quanti intendano richiedere i congedi parentali, madri e padri di minori entro il dodicesimo anno di età, e che, al contempo, siano titolari di permessi Legge 104/1992, art. 33, è concessa la possibilita’ di fruire congiuntamente del congedo parentale su base oraria anche nei giorni in cui gli stessi fruiscano delle assenze per Legge 104/1992, siano esse giornaliere e frazionate a ore come da previsione contrattuale, siano esse orarie ex art. 33 comma 6.

Ciò in base alla diversa fonte normativa che stabilisce la titolarità del diritto all’assenza, appunto il citato T.U. maternità e paternità da un lato, la Legge 104/1992 dall’altro.

Nota Bene: Per l’elevazione, sempre in via sperimentale nell’anno 2015, dei limiti temporali di fruibilità del congedo parentale da 8 a 12 anni e l’elevazione dei limiti temporali di età da 3 a 6 anni del bambino per godere dell’indennizzo al 30 per cento della retribuzione media giornaliera, a prescindere dalle condizioni di reddito, vedi decreto legislativo 80/2015, che modifica gli artt. 32 e 34 del T.U. maternità e paternità. Per la fonte amministrativa si rimanda alla circolare INPS N. 139 del 17-07-2015.

Sussistono, invece, ipotesi di incumulabilità, ad esempio, tra il congedo parentale a ore e i riposi orari giornalieri previsti per i figli con disabilità gravi di cui agli artt. 33, comma 2, e 42, comma 1, del medesimo T.U. maternità e paternità, che in genere vengono richiesti in alternativa al prolungamento del congedo parentale, così come sussiste incumulabilità tra il congedo parentale a ore e i riposi orari per allattamento, sempre previsti dal T.U. agli artt. 39 e 40.

Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – No al trasferimento del lavoratore che assiste la madre invalida, anche senza legge 104 illegittimo il licenziamento che segue il rifiuto di spostarsi di 800 km. Essenziali la cura e l’assistenza svolte dalla famiglia, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

È illegittimo il licenziamento del lavoratore che abbia rifiutato di essere reintegrato in altra unità produttiva dell’azienda per esigenze familiari e personali, quali la necessità di assistere il parente disabile (compreso nello stato di famiglia) invalido al 100%, nonostante non godesse dei benefici di cui all’art. 3 della legge n.
104 del 1992.

Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 22421/2015 che ha accolto il ricorso di una lavoratrice.

La donna veniva licenziata a causa di un termine finale di durata apposto al contratto di lavoro, poi dichiarato nullo dal Tribunale di Palermo, pertanto la società della quale era dipendente provvedeva a reintegrarla a Bari (800 km di distanza dal luogo di precedente occupazione), stante l’avvenuta chiusura dell’unità produttiva in cui era stata occupata.

Tuttavia, la ricorrente aveva rifiutato l’esecuzione del provvedimento di trasferimento, ritenuto illegittimo, ed offerto la propria prestazione lavorativa a Palermo (sede originaria), ma per tale rifiuto era stata licenziata. Nonostante la favorevole pronuncia in primo grado, in Appello i giudici ritengono illegittimo il rifiuto opposto dalla lavoratrice.

Tutto cambia dinnanzi ai giudici della Cassazione che, analizzati i dieci motivi di ricorso, accolgono la domanda.
Si legge nella motivazione che non risulta fornita dalla società, sebbene richiesta, adeguata motivazione in merito alla mancata considerazione della situazione familiare della lavoratrice.
Per la Cassazione è ininfluente che la donna non godesse dei benefici della legge n. 104/92, poiché aveva prodotto certificato di stato di famiglia in cui è ricompresa la madre affetta da invalidità al 100%, circostanze non negate dalla società.

I giudici rammentano l’importanza che il legislatore ha voluto attribuire alla socializzazione del soggetto disabile in tutte le sue modalità esplicative, quale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute psico-fisica del portatore di handicap.
Si pone l’attenzione anche sul ruolo fondamentale della famiglia nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap, che richiedono, in quanto soggetti deboli, una tutela fatta non solo di prestazioni sanitarie e riabilitazione, ma della continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.

La giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. 16102/2009), ha ritenuto che il familiare lavoratore che assiste un parente portatore di handicap, ha diritto a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede, non potendo subire limitazioni in caso di mobilità connessa ad originarie esigenze tecnico-produttive dell’azienda o della P.A.
Anche alla luce dei precetti stabiliti dalla Carta di Nizza e dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sui diritti dei disabili, il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile va vietato anche se si tratta di disabilità non grave.
Deve, ovviamente, trattarsi di disabilità accertata dalla Commissione istituita presso la competente ASL, ai sensi dell’art. 4 della medesima legge, tuttavia, la società non poteva ignorare la complessiva situazione familiare della lavoratrice ed avrebbe dovuto rispettare la Convenzione ONU citata, astenendosi dal disporre l’impegnato trasferimento a prescindere dalla fruizione dei benefici di cui alla menzionata legge.
Il contratto di lavoro dei familiari conviventi con la persona tutelata va, dunque, regolamentato adeguatamente. Il trasferimento deve essere dichiarato illegittimo e va confermata la sentenza resa dal Tribunale in primo grado.

La sentenza in commento, esprime un orientamento espansivo dei diritti e sensibile ai bisogni dei più deboli, facendo prevalere la sostanza sulla forma.

Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – La cumulabilità dei permessi, ex Legge 104 del 1992, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

Generalmente il permesso può essere utilizzato per l’assistenza di una sola persona disabile. Tuttavia, uno stesso lavoratore ha diritto ad assistere più persone disabili, e dunque di cumulare i relativi permessi, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il 1° grado(o entro il 2° grado qualora i genitori o il coniuge del disabile abbiano compiuto i 65 anni, oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti).

Il cumulo è consentito quando la presenza del lavoratore è disgiuntamente necessaria per l’assistenza di ciascun disabile; è pertanto escluso quando altre persone possono fornire l’assistenza o quando lo stesso lavoratore può, per la natura della disabilità, sopperire congiuntamente alle necessità assistenziali nel corso dello stesso periodo.

Il richiedente deve presentare tante domande quanti sono i soggetti per i quali chiede i permessi, nonché allegare alla domanda idonea certificazione relativa alla particolare natura della disabilità, accompagnata da dichiarazione di responsabilità circa la sussistenza delle circostanza che giustificano la necessità di assistenza disgiunta.

Anche il lavoratore con disabilità grave, che già fruisce di permessi orari o giornalieri per se stesso, può cumulare a questi il godimento dei 3 giorni di permesso mensile per assistere un proprio familiare disabile grave, senza che debba essere acquisito alcun parere medico legale sulla capacità del lavoratore di soddisfare le necessità assistenziali del familiare anch’esso in condizioni di disabilità grave. È inoltre possibile la contemporanea fruizione dei 3 giorni di permesso da parte del lavoratore disabile grave e da parte del familiare lavoratore referente per la sua assistenza (Mess. INPS 30 dicembre 2011 n. 24705).

L’assistenza si considera disgiunta quando la prestazione nei confronti di due o più soggetti disabili può essere assicurata solo con modalità ed in tempi diversi, richiedendosi che l’assistenza sia contemporaneamente esclusiva e continua per ciascuno degli assistiti.

Centro di Documentazione Giuridica – Specifiche tecniche su hardware, software e tecnologie sulle postazioni di lavoro per i dipendenti con disabilità, di Paolo Colombo

L’Agenzia per l’Italia Digitale ha emanato la Circolare n. 2 del 23 settembre 2015, recante le “Specifiche tecniche sull’hardware, il software e le tecnologie assistive delle postazioni di lavoro a disposizione del dipendente con disabilità”, come previsto dall’articolo 4, comma 4, della legge 9 gennaio 2004, n. 4, integrato dall’art. 9, comma 4 del D.L. 179/2012.

Le Specifiche tecniche forniscono indicazioni e linee di indirizzo ai datori di lavoro, finalizzate ad agevolare l’identificazione della strumentazione e delle tecnologie assistive più idonee per lo svolgimento dei compiti a cui il dipendente con disabilità è assegnato.

Il documento sulle Specifiche è stato condiviso con i principali attori (amministrazioni, enti, federazioni e associazioni) impegnati sul tema dell’accessibilità ed è stato posto in consultazione pubblica sul sito: www.agid.gov.it, dal 14 luglio al 4 settembre 2015, al fine di recepire ulteriori osservazioni.

La Gazzetta Ufficiale ha dato comunicazione della pubblicazione della Circolare sul sito dell’AgID.

All’elaborazione della Circolare n. 2 del 23 settembre 2015, ha dato notevole contributo anche la nostra Dott.ssa Barbara Leporini.

L’elaborazione di questa Circolare è un passo fondamentale verso il lento, faticoso, ma inesorabile percorso verso le pari opportunità delle persone disabili. È da ricordare, infatti, che le segnalazioni all’AgID di inosservanza delle norme della Legge n. 4/2004(Legge Stanca), stanno già dando finalmente qualche significativo risultato.

Centro di Documentazione Giuridica – Le norme sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro possono costituire un rischio per il lavoro delle persone disabili, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

Il decreto 80/15 sulle misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro contiene una norma (articolo 23) rilevante per le aziende che facciano ricorso al telelavoro.
In particolare, qualora il ricorso al telelavoro sia motivato da esigenze di “conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, la legge prevede la possibilità di escludere i telelavoratori dalla base di calcolo per determinare i limiti numerici previsti di volta in volta dalla legge e dal Ccnl per l’applicazione di determinate norme e istituti.
Il sistema di collocamento obbligatorio (Legge 68/99) prevede l’obbligo per i datori di lavoro di avere quote di lavoratori disabili, in relazione al numero complessivo di occupati.
Escludendo i telelavoratori dal numero totale di occupati, anche le quote obbligatorie diminuiscono.
In passato la legge sul collocamento obbligatorio si era già premurata di specificare la possibilità di assumere telelavoratori ai fini della copertura della quota di riserva.
Tuttavia, nulla era previsto sulla computabilità di tali lavoratori ai fini del calcolo della quota.
Sul punto, l’opinione prevalente propendeva per il computo dei telelavoratori poiché, si sosteneva, il telelavoro rappresenta soltanto una modalità di svolgimento della prestazione.
La loro computabilità ai fini del calcolo della quota di riserva era, inoltre, confermata dalla prassi degli uffici provinciali.
Anche l’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004 per il recepimento dell’Accordo-quadro europeo sul Telelavoro del 16 luglio 2002 prevede la regola della computabilità dei telelavoratori subordinati nell’organico aziendale.
Ora la scelta di escludere i telelavoratori da ogni base di calcolo è stata fatta dal legislatore.
Ci sono settori in cui mancano gli accordi collettivi sul telelavoro, a cui fa riferimento il decreto 80/15, ma ci sono altri settori in cui tali accordi già esistono e non sembra che vi siano ragioni contro l’immediata esclusione dei telelavoratori dalla base di calcolo per determinare la quota di riserva.
A titolo esemplificativo, nel Ccnl del terziario (firmato da Confcommercio) viene richiamato l’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004, che a sua volta dà atto che le parti sociali stipulanti vedono nel telelavoro un mezzo che consente ai lavoratori di conciliare l’attività lavorativa con la vita sociale.
Nel Ccnl e in relazione all’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004, le parti confermano la validità del precedente Accordo interconfederale del 20 giugno 1997 sul telelavoro subordinato, che attribuisce al telelavoro gli effetti di miglioramento della qualità della vita e di miglior gestione dei tempi di lavoro.
Nel settore del credito si disciplina il telelavoro riconoscendone la rispondenza a esigenze sociali quali il miglioramento della qualità delle condizioni di vita e la miglior gestione dei tempi di lavoro.
Inoltre, con Accordo (Abi) del 19 aprile 2013, le parti sociali hanno espressamente “invitato” le aziende all’utilizzo del telelavoro al fine di sviluppare politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Per comprendere le conseguenze che l’articolo 23 del Dlgs 80/15 potrebbe avere si pensi, ad esempio, che una azienda con un organico di 100 lavoratori, di cui 50 in modalità di telelavoro, in passato avrebbe dovuto avere una quota di sette lavoratori disabili, mentre ora ne “basterebbero” due.
Il collocamento obbligatorio dei lavoratori con disabilità è materia molto sensibile, in primis per l’incidenza su tale fascia di lavoratori, ma anche per gli sforzi richiesti alle aziende e i pesanti riflessi sanzionatori, anche indiretti, a carico dei datori inadempienti.
È auspicabile un intervento del Ministero del Lavoro, che scongiuri questa subdola elusione delle norme sul collocamento obbligatorio.
Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – Legge 104: chi assiste una persona con handicap può passare con priorità dal full time al lavoro part-time lo prevede il Jobs Act per chi assiste un convivente portatore di grave handicap, di Paolo Colombo

Il decreto attuativo 15 giugno 2015, n. 81 (entrato in vigore il 25 giugno 2015) ha reso possibile, per i soggetti indicati dalla suddetta legge, poter ottenere con priorità la trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
L’art. 8 del decreto attuativo concede il passaggio da full time a part time (su accordo delle parti risultante da atto scritto) a categorie determinate di lavoratori, come ad esempio quelli del settore pubblico e privato affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa accertata da una commissione medica dell’ASL territorialmente competente.
Anche il lavoratore che non sia direttamente affetto da tali malattie, ha comunque diritto ad ottenere con priorità questa trasformazione se le patologie oncologiche o gravi (cronico-degenerative ingravescenti) riguardano il coniuge, i figli o i suoi genitori; lo stesso avviene in caso il lavoratore assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità (ex art. 3, comma 3. legge 104/92) che necessita di assistenza continua poiché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
La priorità del passaggio del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, è riconosciuta anche nel caso la richiesta venga avanzata da un lavoratore o da una lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’art. 3 della legge n. 104/92.
I soggetti di cui all’art 3 della legge ivi citata, sono coloro che hanno subito una minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, rendendo necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.
A tali situazioni è riconosciuta la connotazione di “gravità” che determina la priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – Trasferimento facilitato per i lavoratori disabili, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

Il lavoratore disabile che rivendica il diritto al trasferimento nella sede più vicina al proprio domicilio ha un onere della prova attenuato, potendosi limitare a indicare le sedi disponibili e le relative scoperture di personale mentre grava sul datore di lavoro l’onere di provare che il trasferimento verso tali destinazioni contrasta con le esigenze aziendali.
Questa la conclusione contenuta in un’ordinanza del tribunale di Roma del 31 agosto(numero 85622/2015), emessa al termine di una procedura d’urgenza attivata da un lavoratore che non aveva ottenuto il trasferimento presso una sede più vicina al proprio domicilio.
Il datore di lavoro aveva motivato il mancato accoglimento della domanda di trasferimento evidenziando che il dipendente non aveva un punteggio sufficiente, nell’ambito della graduatoria appositamente formata dall’azienda per gestire tali richieste.
Secondo l’ordinanza tale argomentazione non giustifica il diniego, poiché l’ordine della graduatoria non rileva nei casi – come quello oggetto della causa – nei quali il dipendente chiede di essere trasferito in virtù del proprio stato d’invalidità, accertato ai sensi della legge 104/1992.
In tali situazioni deve applicarsi l’articolo 33 della legge 104, nella parte in cui attribuisce ai lavoratori portatori di handicap il diritto di essere trasferiti nella sede più vicina al proprio domicilio.
Tale diritto, tuttavia, non è assoluto e incondizionato: la legge specifica che la domanda del dipendente deve essere accolta “ove possibile”, al fine di contemperare l’interesse individuale del lavoratore con le esigenze economiche, organizzative e produttive del datore di lavoro.
Per ottenere il trasferimento, quindi, il lavoratore deve assolvere un duplice onere della prova: deve dimostrare lo stato di handicap grave e deve provare la possibilità per il datore di lavoro di attuare il trasferimento.
Su quest’ultimo punto, l’ordinanza del tribunale prende una posizione
netta: al lavoratore non può essere chiesto di fornire una prova completa, ma è sufficiente che egli si limiti a indicare la sede nella quale ci sarebbero posti vacanti o comunque disponibili.
Di fronte a tale allegazione, l’azienda dovrà dimostrare che presso la sede indicata non ci sono le scoperture indicate o, comunque, non è possibile attuare il trasferimento.
Questa considerazione viene motivata con il cosiddetto principio di vicinanza della prova, in virtù del quale l’onere probatorio deve essere posto in capo al soggetto più vicino al fatto da provare e per il quale la prova risulta più agevole.
Diversamente, secondo la pronuncia, si porrebbe in capo al lavoratore un onere della prova impossibile da attuare, non avendo egli una piena conoscenza delle esigenze organizzative e produttive del datore di lavoro, e si svuoterebbe del tutto la tutela che la legge 104/1992 vuole offrire ai dipendenti disabili.
Per questi motivi, prosegue l’ordinanza, in capo al dipendente deve ritenersi sussistente, più che un onere della prova, un semplice onere di allegazione, che si concretizza nella necessità di dare indicazione dei posti vacanti.
Il tribunale esclude, infine, che il ritardo nella presentazione del ricorso d’urgenza costituisca argomento sufficiente per negare la sussistenza del cosiddetto periculum in mora, requisito necessario ai fini della concessione della tutela cautelare.
Il trascorrere del tempo, si legge nella decisione, può rendere più grave il pregiudizio subito da chi chiede la tutela, e quindi rende ancora più urgente la necessità di una tutela immediata.

Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – Inabilità, basta il soggiorno. L’Inps finalmente si adegua alla Corte Costituzionale, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

I cittadini extracomunitari, ciechi assoluti o parziali, hanno diritto alla pensione d’inabilità e all’indennità speciale anche se non hanno la carta di soggiorno, purché siano regolarmente soggiornanti in Italia.
La novità, sancita dalla Corte costituzionale (sentenza n. 22/2015), non trova applicazione nelle situazioni consolidate per effetto di sentenze passate in giudicato che hanno negato la prestazione.
Lo spiega, tra l’altro, l’Inps nel messaggio n. 6456/2015. Con la sentenza n. 22/2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 80, comma 19, della legge n. 388/2000 “nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello stato della pensione non reversibile di cui all’art. 8 della legge 66/1962 e dell’indennità di cui all’art.
3 comma 1 della legge 508/1988 a favore degli stranieri extracomunitari legalmente soggiornanti in Italia anche se sprovvisti del permesso di lungo soggiorno”. La pronuncia si riferisce alle seguenti prestazioni:
a) pensione per ciechi assoluti o ventesimisti, cioè con residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi (art. 8 della legge n. 66/1962). Questa pensione, oggi, viene attribuita a qualunque età ai ciechi ventesimisti e al compimento dei 18 anni a quelli assoluti; è pari a 279,75 euro per i primi e 302,53 euro per i secondi, al mese (per 13 mesi), in presenza di un reddito fino a 16.532,10 euro;
b) indennità speciale per ciechi assoluti o ventesimisti (art. 3, comma 1, legge n. 508/1988) che oggi viene attribuita a qualunque età nell’importo di euro 203,15 al mese per 12 mesi, senza condizione di reddito. Le prestazioni saranno riconosciute fino alla relativa data di scadenza e prorogata alla consegna della ricevuta della richiesta di rinnovo rilasciata dalla questura.
La pronuncia della Corte non trova applicazione nei casi consolidati per effetto di sentenze passate in giudicato che abbiano negato la prestazione.

Qui di seguito si allega il messaggio l’Inps n. 6456/2015.

PRASSI – INPS – MESSAGGIO 20 OTTOBRE 2015, N. 6456

Prestazioni a favore degli stranieri extracomunitari. Adeguamenti interpretativi dell’Istituto La Corte Costituzionale – con sentenza n. 22 del 27/01/2015 – si è pronunciata nuovamente sull’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sancendone l’incostituzionalità “nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione non reversibile di cui all’art. 8 della legge 66/1962 e dell’indennità di cui all’art. 3 comma 1 della legge
508/1988 a favore degli stranieri extracomunitari legalmente soggiornanti in Italia anche se sprovvisti del permesso di lungo soggiorno”.
La Corte, in sostanza, riconosce ai cittadini stranieri extracomunitari non vedenti, anche se sprovvisti del permesso di lungo soggiorno, il diritto alla pensione e all’indennità speciale riconosciute ai ciechi civili qualora legalmente soggiornanti.
Si tratta dell’ultimo di una serie di interventi con cui la Corte ha ampliato la portata della norma, estendendo ai cittadini extracomunitari, anche sprovvisti di permesso di lungo soggiorno, il diritto all’assegno mensile di invalidità, all’indennità di accompagnamento, all’indennità di frequenza, alla pensione di inabilità (cfr. sentt. nn. 306/2008, 11/2009, 187/2010, 329/2011, 40/2013).
Pertanto, come già avvenuto in precedenza con le prestazioni di invalidità civile (cfr. messaggio n. 13983/2013) e come peraltro condiviso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (nota 21 settembre 2015 Prot. 29/4450/L) si estende il diritto alle prestazioni previste per i ciechi totali e parziali nei confronti degli stranieri extracomunitari titolari di permesso di soggiorno di almeno un anno di cui all’art. 41 TU immigrazione, anche se sprovvisti di permesso di lungo soggiorno.
Nei confronti di questi soggetti la prestazione andrà riconosciuta fino alla relativa data di scadenza e prorogata alla consegna della ricevuta della richiesta di rinnovo rilasciata dalla Questura competente. Tale documentazione dovrà naturalmente essere acquisita nel fascicolo dell’istruttoria.
Si fa presente che la pronuncia della Corte non potrà trovare applicazione nelle ipotesi di situazioni ormai consolidate per effetto di sentenze passate in giudicato che abbiano negato la prestazione.
Si chiarisce, infine, che i programmi di calcolo sono stati aggiornati per riconoscere e gestire la presenza del codice “4” (individuato per i ciechi) nel campo DB GP1AV71N, azzerando la prestazione dal mese successivo alla scadenza del permesso di soggiorno.
Nel TE08 sarà riportata la scadenza della prestazione come da valore indicato nel campo GP1AV71N con la seguente dicitura:
“La prestazione è stata concessa fino al mese di MM/AAAA (i valori di GP1AV71N), data di scadenza del suo permesso di soggiorno”.
Si invitano i destinatari del presente messaggio a garantirne la più ampia diffusione con le consuete modalità.

Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – In vigore le nuove norme per il collocamento dei lavoratori con disabilità nella Pubblica Amministrazione, di Paolo Colombo

La ministra Madia mantiene l’impegno assunto con il mondo della disabilità. Subito al lavoro per i decreti attuativi.

LEGGE 7 AGOSTO 2015, N. 124 ART 17 – RIORDINO DELLA DISCIPLINA DEL LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

1. I decreti legislativi per il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa sono adottati, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente Legge, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all’articolo 16:

… omissis…
n) per garantire un’efficace integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità di cui alla Legge 12 marzo 1999, n. 68, previsione della nomina, da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una Consulta nazionale, composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei sindacati maggiormente rappresentativi e delle associazioni di categoria, con il compito di:
1) elaborare piani per ottemperare agli obblighi derivanti dalla Legge 12 marzo 1999, n. 68;
2) prevedere interventi straordinari per l’adozione degli accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro previsti dall’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
3) monitorare e controllare l’obbligo di trasmissione annuale da parte delle pubbliche amministrazioni alla Consulta, al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché al centro per l’impiego territorialmente competente della comunicazione relativa ai posti riservati ai lavoratori disabili non coperti e di un programma relativo a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente, nel rispetto dei vincoli normativi in materia di assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni;

… omissis …

z) al fine di garantire un’efficace integrazione in ambiente di lavoro di persone con disabilità ai sensi della Legge 12 marzo 1999, n. 68, previsione della nomina, da parte delle amministrazioni pubbliche con più di 200 dipendenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di un responsabile dei processi di inserimento, definendone i compiti con particolare riferimento alla garanzia dell’accomodamento ragionevole di cui all’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216; previsione dell’obbligo di trasmissione annuale da parte delle amministrazioni pubbliche al Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali oltre che al centro per l’impiego territorialmente competente, non solo della comunicazione relativa alle scoperture di posti riservati ai lavoratori disabili, ma anche di una successiva dichiarazione relativa a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente, il rispetto dei vincoli normativi assunzionali delle amministrazioni pubbliche, nonché previsione di adeguate sanzioni per il mancato invio della suddetta dichiarazione, anche in termini di avviamento numerico di lavoratori con disabilità da parte del centro per l’impiego territorialmente competente.

2. Le deleghe di cui all’articolo 11 e al presente articolo possono essere esercitate congiuntamente mediante l’adozione di uno o più decreti legislativi secondo la procedura di cui all’articolo 16, purché i decreti siano adottati entro il termine di cui all’articolo 11, comma 1.

Paolo Colombo

Centro di Documentazione Giuridica – Accessibilità dei Servizi nella Pubblica Amministrazione – riferimenti normativi, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

Riteniamo utile riepilogare qui le principali norme di riferimento sugli obiettivi di accessibilità che le Amministrazioni Pubbliche devono perseguire e rispettare per facilitare l’attività lavorativa dei propri dipendenti con disabilità, al fine di offrire una maggior tutela ai nostri lavoratori non vedenti e ipovedenti.
La redazione di questo documento si è resa possibile grazie al lavoro svolto dai nostri rappresentanti che partecipano con assiduità ai tavoli tecnici presso il Ministero del Lavoro e presso l’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale).
Le sottostanti indicazioni normative desiderano richiamare i principali elementi di riferimento ai quali devono attenersi i datori di lavoro pubblici e privati, al fine di mettere a disposizione dei lavoratori con disabilità la strumentazione hardware e software e la tecnologia assistiva adeguata alla specifica disabilità, anche nei casi di telelavoro, in relazione alle mansioni effettivamente svolte, nel rispetto della normativa vigente.

L’articolo 1 della legge n. 4 del 9 gennaio 2004, “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, si basa sul principio costituzionale di uguaglianza e afferma che “la Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.
E’ tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione”.
La legge 4/2004, art. 2, comma a, definisce “l’accessibilità, come la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che, a causa di disabilità, utilizzano tecnologie assistive o configurazioni particolari”.
Inoltre la legge 4/2004, art. 2, comma b, definisce le tecnologie assistive come “gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici”.

Il decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012, “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, introduce, nella sezione II “Amministrazione digitale e dati di tipo aperto”, all’art. 9 “Documenti informatici, dati di tipo aperto e inclusione digitale”, comma 4, alcune modificazioni della legge 4/2004, in relazione ai seguenti articoli della stessa:
– all’articolo 3, comma 1, si estende l’obbligo di garantire l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici, già previsto per le Pubbliche Amministrazioni, a tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet;
– all’articolo 4, comma 4, si demanda all’Agenzia per l’Italia Digitale il compito di stabilire le specifiche tecniche delle postazioni, nel rispetto della normativa internazionale, con riguardo all’obbligo dei datori di lavoro pubblici e privati di porre a disposizione del dipendente con disabilità la strumentazione hardware e software e la tecnologia assistiva adeguata alla specifica disabilità, anche in caso di telelavoro, in relazione alle mansioni effettivamente svolte;
– l’articolo 4, comma 5, è sostituito con
“I datori di lavoro pubblici provvedono all’attuazione del comma 4 nell’ambito delle specifiche dotazioni di bilancio destinate alla realizzazione e allo sviluppo del sistema informatico”.
Il citato decreto n. 179 apporta anche, all’art. 9, comma 6, alcune modificazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, “Codice dell’amministrazione digitale” con riferimento all’articolo 23-ter riguardante i documenti amministrativi informatici e dispone che i documenti di cui al presente articolo devono essere fruibili, indipendentemente dalle condizioni di disabilità personale, applicando i criteri di accessibilità definiti nei requisiti tecnici di cui all’art. 11 della legge 4/2004.
Inoltre, lo stesso decreto n. 179, all’art. 9, comma 7, introduce a carico delle Pubbliche Amministrazioni l’obbligo di pubblicare sul proprio sito Web, entro il 31 marzo di ogni anno, gli obiettivi di accessibilità per l’anno corrente che l’amministrazione stessa si prefigge di raggiungere e lo stato di attuazione del piano per l’utilizzo del telelavoro.
Infine il decreto n. 179, all’art. 9, comma 8, prevede che gli interessati che rilevino inadempienze in ordine all’accessibilità dei servizi erogati, ne facciano segnalazione all’Agenzia per l’Italia digitale. Qualora l’Agenzia ritenga la segnalazione fondata sulla base dell’osservanza dei 12 requisiti previsti dal decreto ministeriale del 20 marzo 2013, “Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità degli strumenti informatici”, richiederà all’amministrazione l’adeguamento dei servizi, concedendo un termine temporale non superiore a novanta giorni.
Con riferimento a tali obblighi l’Agenzia per l’Italia Digitale ha predisposto una circolare, la n. 61/2013, nella quale si riassumono le modifiche normative apportate dal decreto legge n. 179, fornendo due allegati, A e B, rispettivamente progettati uno per aiutare le amministrazioni a censire lo stato di accessibilità attuale dei sistemi informatici (siti Web, documentazione, postazioni di lavoro, intranet, postazioni pubbliche); l’altro per predisporre uno schema di obiettivi da raggiungere per la soluzione dei problemi individuati.

Con tali premesse si possono meglio evidenziare gli elementi utili per un’analisi compiuta, relativa all’adeguamento e adattamento delle postazione di lavoro del dipendente con disabilità, nell’intento di agevolare l’identificazione della strumentazione e delle tecnologie assistive più idonee in funzione dello svolgimento delle mansioni assegnate.

Paolo Colombo