I Rapporto sull’invalidità civile e la burocrazia di Cittadinanzattiva: i veri invalidi penalizzati dalla lotta ai pochi che non ne hanno diritto, di Alessandro Cossu

Autore: Alessandro Cossu

Un anno di attesa per i benefici economici, scarsa informatizzazione e troppi passaggi
burocratici fanno il resto

Mentre si spende e si spande per la lotta ai falsi invalidi, il cittadino che prova a far domanda per l’invalidità si scontra con un percorso labirintico e ostile, con la burocrazia e la scarsa informatizzazione del sistema e attende in media un anno per ottenere i benefici economici connessi contro i 120 giorni stabiliti dalla legge.
Ad esser lento e farraginoso è tutto il percorso per l’accesso alla invalidità civile, con tempi più lunghi rispetto all’anno precedente: solo per essere convocati a prima visita passano in media 8 mesi rispetto ai 6 del 2011, 11 mesi per ricevere il verbale rispetto ai 9 dell’anno precedente.
Secondo la Corte dei Conti (relazione 2012), si attendono in media, dalla presentazione della domanda alla chiusura dell’iter,  278 giorni per accertare la invalidità, 325 per la cecità civile, 344 per la sordità. I costi di tali ritardi ammontano nel solo 2011 a 24 milioni di euro. Se a questi si aggiungono i 34 milioni di spesa per medici convenzionati INPS, siamo ad un totale di 58 mln di euro di fatto “bruciati” dalla cosiddetta caccia ai falsi invalidi che, secondo il Rapporto 2012 della Guardia di Finanza, sono poco più di 1000, pari allo 0,04% degli aventi diritto.
Altrettanto inconfutabile che i medici impiegati per le attività di verifica straordinaria siano stati di fatto sottratti alla attività ordinaria per la concessione della invalidità: nel 2011 essi sono stati regolarmente presenti nelle commissioni Asl in poco più di un caso su tre (tasso di presenza del 37,7% rispetto al 46% del 2010). A tutto ciò si aggiunga la scarsa informatizzazione delle Asl che hanno trasmesso in formato elettronico all’INPS solo il 56% dei verbali. Il restante 44% in formato cartaceo ha comportato un dispendio di risorse e tempo per l’inserimento nella piattaforma INPS. Per contro oltre il 45% dei cittadini che avanza domanda di invalidità, si scontra con la lentezza dell’iter burocratico.
Sono questi i principali elementi del I Rapporto nazionale sull’invalidità civile e la burocrazia, presentato oggi da Cittadinanzattiva, che nel maggio 2011 ha lanciato la campagna “Sono un V.i.P. – Very invalid People” (www.sonounvip.it). Il Rapporto prende in esame 3.876 segnalazioni giunte al PIT Salute nazionale e alle sedi del Tribunale per i diritti del malato nel corso del 2012.
“E’ inaccettabile che, per contenere la spesa assistenziale, si neghi al cittadino il diritto costituzionale alla invalidità civile, aumentando momenti accertativi e rivedendo al ribasso i criteri reddituali e sanitari per l’assegnazione delle indennità, e al contrario non si semplifichi l’attuale iter amministrativo che oltre a produrre forti ritardi, brucia solo per interessi passivi 24 milioni di euro in un solo anno. Né ci è dato sapere quanti siano e quali provvedimenti siano stati presi nei confronti di quei funzionari INPS e Asl che hanno concesso indebitamente quel numero irrisorio di indennità, accertato dalla Guardia di finanza”, afferma Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva.
Tempi troppo lunghi, non solo rispetto ai 120 giorni stabiliti dalla legge, ma innanzitutto rispetto alle reali esigenze dei cittadini che nel 45,6% dei casi (rispetto al 28,4% del 2011) segnalano la lunghezza e tortuosità del percorso burocratico da intraprendere per la richiesta di invalidità: in un caso su tre (34% nel 2012 vs 30% nel 2011)  innanzitutto incontrano grandi difficoltà nel presentare la domanda, in un caso su 5 (24,8% rispetto al 23,7% del 2011) lunghe attese per la convocazione a prima visita, in un caso su 4 ulteriori attese per la ricezione del verbale definitivo (19,4% nel 2012, 12,7% nel 2011), da cui conseguono i relativi benefici economici. La necessità di acquistare o affittare protesi ed ausili, di pagare rette altissime in RSA e ticket sanitari sempre più elevati in assenza di una esenzione riconosciuta, l’impossibilità di accedere ad agevolazioni fiscali, sono le conseguenze più dirette di tali ritardi.
Il labirinto, con tutti i disagi che ne conseguono, è affrontato da persone clinicamente e psicologicamente fragili, che non di rado lottano per la sopravvivenza: il 39% di chi si è rivolto a Cittadinanzattiva ha una patologia oncologica, il 26,8% una malattia cronica e neurologica degenerativa, il 12,2% una patologia legata all’anzianità.
Quasi il 30% dei cittadini, in secondo luogo, considera inadeguata la valutazione della propria condizione clinica da parte della commissione medico-legale: o per la mancata concessione o revoca dell’assegno di accompagnamento (48,5%), o per una inadeguata percentuale di riconoscimento dell’invalidità/handicap (42,4%), o ancora perché vien loro riconosciuta una pensione di invalidità rivedibile (9,1%). Come conseguenza di questa “inadeguatezza”, dalle segnalazioni dei cittadini emerge un maggiore ricorso alle vie giudiziarie, avverso i verbali di invalidità civile. Sembra crescente, infatti, la tendenza a considerare come prassi l’accesso al ricorso giudiziario, quasi completasse l’iter amministrativo e fosse matematico dover fare causa per ottenere un diritto. Questa tendenza rappresenta una evidente disfunzione del sistema, nonché una beffa per il cittadino che deve sostenere ulteriori costi e attendere ulteriore tempo per ottenere ciò che gli spetta.
Stabili le segnalazioni sul ritardo per la concessione dei benefici economici e delle agevolazioni: lo denuncia nel 2012 il 18,2% rispetto al 19,1% dell’anno precedente. In particolare pesano i ritardi per l’erogazione delle agevolazioni legate all’handicap (62,9% vs 55,6% del 2011), dell’indennità di invalidità (20,4% vs 17,8%), e dell’assegno di accompagnamento (16,7% vs 26,7%).
Sebbene le problematiche generali sulla rivedibilità calino dal 13,3% del 2011 al 6,4% del 2012, è molto preoccupante l’ascesa delle mancate esenzioni dalla visita (come stabilito dal decreto 2 agosto 2007) segnalate dal 58,8% dei cittadini che, di fatto, nella fase che intercorre tra una visita e l’altra, vedono sospesi i relativi benefici sospesi.
Le nostre proposte Semplificare iter burocratico: meno tempo per i cittadini, meno costi per la collettività (58 mln Euro nel 2011. Rivedere le “linee guida operative” del 2010, già bocciate dal Parlamento, con cui l’INPS rivede al ribasso i criteri di riconoscimento dell’accompagnamento. Approvare DDL 538: il diritto va legato al reddito del richiedente, non del nucleo familiare. Concludere “indagine conoscitiva” avviata nel 2012 sulle procedure di accertamento delle minorazioni civili da parte dell’INPS (Comm. XI e XII del Senato). Ripristinare la possibilità di impugnazione giudizio di primo grado.

Alessandro Cossu

Reatech Italia – Accessibilità Inclusione Autonomia, Redazionale

Autore: Redazionale

Milano, 10 – 12 ottobre 2013

Convegno categorie protette: una risorsa per il mondo del lavoro
5 giugno 2013-05-20
Reatech Italia, rassegna italiana dedicata al mondo della disabilità e a tutte le persone con esigenze speciali, organizza un Convegno dedicato alle categorie protette.

Obiettivo dell'iniziativa è quello di fare chiarezza su cosa sia cambiato con la riforma del lavoro, sugli incentivi per le aziende che assumono e sulle sanzioni previste dalla normativa, e su come sia possibile selezionare un candidato appartenente ad una categoria protetta con successo.

 

L’INPS non spedisce più il CUD ai pensionati: un piccolo passo in avanti per l’autonomia dei ciechi o un problema in più per gli anziani? La storia infinita del CUD INPS, di Angelo De Gianni

Autore: Angelo De Gianni

In ottemperanza alla legge 228 del 2012, l'INPS, dovendo rispettare precisi obblighi di risparmio e di aumento dell'efficienza e proseguendo il percorso di informatizzazione dell'attività amministrativa, ha comunicato ufficialmente, con la circolare n. 32 del 26 febbraio scorso, che non saranno più inviati i CUD in forma cartacea ai pensionati, compresi quelli in carico all'ex INPDAP.
Che cos'è e a che cosa serve il CUD?
Il CUD è un documento, emesso annualmente, nel quale sono riepilogati i redditi percepiti nell'anno solare precedente e le ritenute fiscali che l'Istituto
ha operato su di essi. Chi è obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi, perché, ad esempio, percepisce altri redditi, oltre a quello della pensione, e/o possiede immobili non può fare a meno del CUD, per calcolare quanto dovuto complessivamente all'erario.
Se il CUD non viene più spedito al suo domicilio, come può fare un pensionato a procurarselo?
L'INPS, nella predetta circolare n. 32, elenca i canali alternativi a disposizione dei cittadini, che hanno necessità di ottenere questo importante documento: chi ha dimestichezza con il PC e/o con gli altri strumenti informatici può scaricare e/o stampare il CUD accedendo, tramite pin, alla propria area personale del sito internet dell'Istituto, oppure riceverlo direttamente nella casella di posta elettronica certificata, ovviamente se già attiva e conosciuta dall'INPS; coloro che, invece, per varie ragioni, non hanno accesso al web, hanno a disposizione altri canali: possono incaricare un Centro di Assistenza fiscale, possono recarsi presso una qualsiasi sede INPS o rivolgersi allo sportello amico di uno degli uffici postali nei quali questo servizio è funzionante, pagando, in quest'ultimo caso, un corrispettivo di circa €3.
Questo, apparentemente, è un passo in avanti verso l'autonomia "burocratica" dei disabili visivi, che possono collegarsi ad un sito web, accedere all'area personale INPS, scaricare il CUD e scandagliarlo tramite un video ingranditore o uno screen reader. Senonchè, sapiamo bene che la gran parte dei minorati della vista è costituita da anziani che non sono in grado, salvo poche eccezioni, di utilizzare con dimestichezza i nuovi strumenti informatici, destreggiandosi tra codici numerici interminabili, password e captcha indecifrabili.
Ancora una volta, quindi, il progresso tecnologico rischia di ritorcersi contro i più deboli tra i deboli.
Con un successivo messaggio l'INPS ha integrato la circolare n. 32, rendendo disponibile anche il nuovo numero verde 800 43 43 20, al quale si può richiedere la spedizione del CUD a casa propria,che può essere composto da rete fissa 24 ore su 24 e che, ad un servizio automatico, affianca il servizio con operatore, attivo, però, soltanto, si fa per dire, dalle 8 alle 20, dal lunedì al venerdì, e dalle 8 alle 14 il sabato. Da cellulare, invece, si può telefonare al n. 06 164 164.
A parte il problema, per chi non ha buona memoria, di leggere il proprio codice fiscale o il numero del libretto di pensione che presumibilmente verranno richiesti dall'operatore o dal sistema automatico, alcune domande di rito in questi casi sorgono spontanee: quanto tempo occorrerà stare con la cornetta incollata all'orecchio, prima di completare le operazioni di richiesta? Quanto tempo occorrerà aspettare prima di trovare nella cassetta della posta la busta contenente l'agognato CUD?
Insomma, ancora una volta le associazioni dei disabili, in primis l'Unione, sono chiamate a tutelare i soggetti che rappresentano, affinché siano garantiti i loro diritti: non va dimenticato, infatti, che ogni cittadino a diritto di conoscere quanto gli è stato erogato e quanto gli è stato trattenuto e che la presentazione della dichiarazione dei redditi, tranne alcuni casi particolari, è un obbligo, la cui inosservanza è sanzionata pesantemente.

Angelo De Gianni

La storia infinita del CUD INPS
Quando si parla dell'invio del CUD ai pensionati dell'INPS e degli altri enti ad esso accorpati, sembra di vedere un telefilm a puntate. Facciamo, allora, un breve riassunto della prima parte, prima di passare al secondo e, speriamo, conclusivo episodio.
Con la circolare n. 32 del 26 febbraio, a cui si è aggiunto un messaggio del 1 marzo, l'INPS ha reso noto che non invierà più il CUD a coloro che, nel 2012, hanno percepito dall'Istituto redditi soggetti all'Irpef. Nei due comunicati sono stati illustrati anche gli strumenti a disposizione dei cittadini per ottenere la certificazione utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi. L'UICI ha tempestivamente dato ampio risalto alla novità, sia attraverso la stampa associativa, sia tramite i messaggi e le newsletter delle Sezioni Provinciali, in modo da garantire una capillare diffusione tra i minorati della vista anziani.
Il 13 marzo è "andata in onda" la seconda puntata: l'ente previdenziale ha integrato la circolare n. 32 con un messaggio, nel quale sono state aggiunte nuove modalità per la richiesta del CUD. Chi ha la disponibilità di un'indirizzo di posta elettronica, anche non certificata, potrà chiedere la certificazione reddituale, inviando una e-mail all'indirizzo richiestaCUD@postacert.inps.gov.it, allegando l'istanza firmata e la copia digitale fronte/retro di un documento di riconoscimento valido del richiedente.
In altre parole, il pensionato, aiutato da un familiare se non è in grado di utilizzare gli strumenti informatici, dovrà redigere la richiesta a mano o con un programma di videoscrittura, firmarla, digitalizzarla, cioè passare allo scanner l'istanza ed il documento di riconoscimento, e, finalmente, inviare il tutto all'indirizzo mail sopra indicato, attendendo la risposta, i cui tempi di evasione non sono specificati.
Come nella precedente puntata, una serie di interrogativi sorge ancora una volta spontanea: praticamente tutte le famiglie d'Italia hanno tra i loro componenti una o più persone anziane; allora, perché non è stata prevista, fin dall'inizio, la possibilità di richiedere il CUD via posta elettronica ordinaria, dato che, in genere, un figlio, un nipote o un altro congiunto possiedono un indirizzo e-mail dal quale spedire la richiesta?
Ma, più in generale, viene da chiedersi: i costi del personale addetto alla spedizione dei CUD, sottratto ad altre attività, del numero verde, che, come tutti sappiamo, prevede l'addebito delle chiamate al ricevente, delle spedizioni cartacee tramite gli uffici postali, nonché le spese accessorie, non risulteranno, a conti fatti, superiori a quelle che l'Istituto avrebbe sostenuto spedendo il CUD a tutti, come è avvenuto fino all'anno scorso?
Piuttosto che creare confusione tra persone che già hanno difficoltà a districarsi tra i mille adempimenti della vita quotidiana, non sarebbe risultato più economico bloccare la spedizione automatica della certificazione reddituale solo a coloro che siano già in possesso dell'abilitazione ai servizi telematici dell'INPS, lanciando, nel contempo, una campagna d'informazione sui vantaggi dell'informatizzazione, finalizzata a convincere i pigri e gli indecisi a richiedere il PIN?
Ancora una volta l'innovazione tecnologica italiana passa attraverso confusione ed incertezze, coinvolgendo, o, meglio, travolgendo i cittadini più fragili.

Angelo De Gianni

Buonuscita, Redazionale

Autore: Redazionale

ROMA Ora lo dice anche la Corte costituzionale: quella trattenuta pari al 2 per cento dello stipendio, che circa due milioni di dipendenti pubblici si vedono applicare ogni mese, non è legittima. Nella stessa sentenza in cui censurano il prelievo sulle retribuzioni più alte, i giudici della Consulta affermano che la legge 122 del 2010 con la quale è stato riformato l'istituto della buonuscita viola gli articoli 3 e 36 della Costituzione determinando "un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati".

La possibilità che quei soldi tornino in tempi brevi nelle tasche degli interessati è piuttosto bassa: l'onere per lo Stato sarebbe troppo pesante soprattutto in una fase di ulteriore stretta di bilancio. Ma è chiaro che di un pronunciamento pesante come quello della Corte costituzionale, che segue quelli di alcuni Tar, lo Stato in qualche modo dovrà tener conto.

Tutto nasce dalla legge 122 del 2010, una corposa manovra economica che oltre a bloccare i rinnovi contrattuali per tre anni e a congelare le retribuzioni dei dipendenti pubblici, modificava l'istituto della loro buonuscita equiparandola a partire dal 2011 al Tfr dei privati. Le due forme di liquidazione funzionano in modo abbastanza diverso: la buonuscita degli statali era alimentata da un accantonamento del 9,6 per cento calcolato sull'80 per cento della retribuzione: il 2,5 (quindi il 2 per cento del totale) era a carico del lavoratore. Invece per il Tfr viene accantonato il 6,91 per cento dello stipendio totale, totalmente a carico del datore di lavoro.

Con l'equiparazione tra pubblico e privato la trattenuta del 2,5 per cento, denominata "Opera di previdenza" sarebbe dovuta sparire dai cedolini.

Anche perché a fronte di questi soldi non c'è più a fine carriera, come accadeva con la buonuscita, una liquidazione generalmente più vantaggiosa del Tfr.

Anzi, per i lavoratori pubblici la base retributiva per il calcolo del Tfr resta pari all'80 per cento dello stipendio, mentre per i privati si tiene conto del 100 per cento.

Nella realtà però non è successo nulla, anche perché l'allora Inpdap (poi confluita nell'Inps) ha emanato una circolare in cui sosteneva che siccome la legge aveva sì modificato il sistema di calcolo, ma senza cambiare il nome "buonuscita", la trattenuta doveva essere applicata ancora. E così hanno fatto tutte le amministrazioni. Alcuni lavoratori si sono però rivolti alla giustizia amministrativa che ha iniziato a dare loro ragione; dal Tar dell'Umbria il nodo è poi rimbalzato alla Consulta, che ora si è pronunciata.

Sulla carta, si tratta di una partita finanziaria gigantesca. Il prelievo dichiarato illegittimo pesa sulla busta paga di un dipendente medio per 35-40 euro al mese; 600 euro l'anno è la stima della Uil-Fpl per un lavoratore di fascia C. Siccome il nuovo meccanismo è scattato all'inizio del 2011 si tratterebbe – oltre che di sospendere il prelievo- di restituire quello applicato ormai su quasi due anni. La Cgil valuta l'impatto sul biennio pari a 3,8 miliardi di euro riferendosi a tutta la platea del pubblico impiego.

Bisogna ricordare però che questa situazione non riguarda tutti i dipendenti pubblici ma solo quelli assunti prima del 2001: gli altri infatti hanno già fin dall'inizio il meccanismo del Tfr e la trattenuta non viene loro applicata per il semplice motivo che lo stipendio è stato loro ridotto in proporzione al momento in cui sono stati assunti: soluzione ugualmente poco piacevole nella sostanza ma giuridicamente corretta.

Ora parte la battaglia per rendere esecutivo il principio fissato dai giudici; il governo dovrà quanto meno iniziare ad ipotizzare qualche soluzione. "Abbiamo sempre sostenuto che il prelievo fosse illegittimo in quanto viola il principio di eguaglianza e quello di parità di trattamento retributivo rispetto al settore privato – commenta Giovanni Torluccio – segretario generale della Uil-Fpl – ora le amministrazioni dovranno restituire ai lavoratori le somme illegittimamente trattenute". La Cgil parla di "una vera e propria bomba sui conti Inps-Inpdap".

Invalidità civile e Privacy

Autore: Tommaso Daniele

Il Garante della protezione dei dati personali ha disposto che sulla busta contenente la documentazione sanitaria in materia di invalidità civile inviata dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale non deve essere riportata alcuna indicazione che possa rivelare, anche indirettamente, lo stato di salute dei destinatari (cfr. newsletter 4 luglio 2012, n. 360 direttamente consultabile al seguente indirizzo: http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1908061).
La normativa in materia di protezione dei dati personali prevede, infatti, che i plichi postali non debbano recare, sulla parte esterna, indicazioni tali da consentire a soggetti estranei di desumere il contenuto delle comunicazioni o degli atti in essi inseriti e dalle quali possano evincersi, anche indirettamente, informazioni idonee a rivelare lo stato di salute del destinatario.
In applicazione del principio formulato dal Garante e nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati, l'INPS ha, pertanto, disposto che sulle buste utilizzate per l'invio di documentazione sanitaria sia apposto unicamente il timbro della filiale, denominazione e indirizzo del mittente, senza alcun altra formula o segno in dettaglio.

Il Presidente Nazionale
Prof. Tommaso Daniele