Le righe che seguono sono rivolte in modo particolare ai partecipanti al prossimo Congresso U.I.C.I. che si terrà ad inizio novembre a Chianciano Terme, in senso stretto, ma vogliono parlare di me a tutti i soci dell’Unione.
Sono Elena Ferroni, vivo in provincia di Siena, ho 32 anni e sono iscritta all’Unione Italiana dei Ciechi ed degli Ipovedenti dal 1989. Sono stata sempre lontana e disinteressata delle attività dell’associazione, fino a che otto anni fa ha fatto irruzione nella mia vita la perdita inaspettata e totale della vista. Questo evento mi ha costretta a confrontarmi con tante nuove difficoltà che da ipovedente non esistevano neppure e a cercare supporto e informazioni alla sezione U.I.C.I. di Siena. Insieme all’elaborazione di questa mia nuova vita “con quattro sensi”, ho iniziato ad avvicinarmi all’Unione, a conoscere le sue azioni e i suoi scopi e a contribuirvi in prima persona. Dopo 5 anni trascorsi nel Consiglio regionale U.I.C.I. della Toscana, incarico che si è rinnovato lo scorso marzo e 2 anni di presenza intensa presso la sezione di Siena, desidero condividere con voi tutti la mia intenzione di candidarmi al Consiglio Nazionale della nostra Unione in occasione del prossimo Congresso di novembre.
Sono ormai diversi mesi che ci sto pensando e una riflessione estiva più approfondita, dopo l’assemblea precongressuale che si è tenuta lo scorso maggio a Roma, mi ha portato a decidere di candidarmi davvero.
Con i miei dirigenti toscani ho condiviso gli ultimi 5 anni di vita associativa a livello regionale e ho potuto fare esperienze e attività in particolare nella commissione ausili e nel settore dei cani guida. Quest’ultimo argomento mi appassiona e mi porta a nuove riflessioni ogni giorno, visto che mi trovo a condividere la vita e il passo con Vanda, la mia splendida femmina di labrador che ha l’ingrato compito di guidarmi dal 12 maggio del 2009. Incontrare ed affrontare insieme a lei le varie difficoltà che la cecità porta con sé ogni giorno, nella quotidianità delle attività e del tempo libero, rappresenta forse per me la scuola più formativa ed efficace.
In questi anni nell’Unione ho imparato che l’associazione è fatta di incontri, attività che a volte riescono e a volte purtroppo no. Ho potuto gioire per alcuni risultati raggiunti e imparato quanto sia importante avere pazienza nelle difficoltà e cercare collaborazione per conseguire i vari obiettivi.
Ho imparato soprattutto che dire sì all’Unione è mettere a disposizione tempo ed energia, specialmente fuori dagli appuntamenti fissi delle nostre riunioni, perché le cose da fare arrivano nei momenti più inaspettati e l’ascolto ai soci spesso non ha orari. Questo l’ho sperimentato soprattutto nel contatto con i soci in sezione a Siena, nel lavoro diretto con i bambini e i genitori a scuola, nelle loro tante piccole e grandi emergenze, nei mesi in cui ho coordinato i servizi di accompagnamento ai soci, giocandomi in prima persona nella gestione dei volontari.
Se ripenso a questi anni di vita associativa, mi rendo conto che è stato prezioso e continua ad esserlo l’esempio e il confronto in primis con il mio presidente Massimo Vita, che è il mio maestro più diretto e con cui ovviamente ho maggiore contatto quotidiano. E poi a cascata c’è il rapporto con molti dirigenti della mia Toscana, che sono fonte di consigli e rassicurazioni su cui so sempre di poter contare quando devo prendere qualche decisione o fare delle scelte.
Sono consapevole che la mia esperienza all’interno dell’Unione non è temporalmente lunga e che sicuramente ho ancora tanto tanto da imparare. Però posso assicurarvi che questa mia intenzione di candidarmi nasce con molta buona volontà di impegnarmi e fare per quel che sono capace, di acquisire nuove competenze e di essere utile a chi non vuole o non può mettersi in gioco in prima persona per i più svariati motivi.
Le risorse che porto con me sono l’esperienza personale della vita di bambina e ragazza ipovedente prima e non vedente poi, che ha vissuto le difficoltà dell’istruzione fino al conseguimento della laurea specialistica in psicologia e che inizia ad affacciarsi al mondo del lavoro, insieme alla voglia di esserci e fare con la conoscenza delle attività dell’associazione acquisita negli anni.
Spero che tutti voi delegati potrete sostenere questa mia candidatura al Consiglio nazionale nel prossimo Congresso e mi auguro che, nei cinque anni che seguiranno, indipendentemente dalle cariche più o meno formali, grazie anche agli stimoli di voi tutti, potremo fare azioni significative e durature per migliorare la qualità della vita delle persone non vedenti e ipovedenti come noi.
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Schermi a tocco ed evoluzioni degli apparecchi mobili, di Nunziante Esposito
Ormai sono diversi anni che i disabili visivi, con l’avvento dei telefonini con sistema operativo tale da consentire di installare uno screen-reader con sintesi vocale incorporata ed ingranditore schermo, software appositamente creati per rendere parlante qualsiasi operazione e ingrandire tutto su questi apparecchi, utilizzano questi ed altri apparecchi mobili, come ad esempio i palmari.
Fino a quando questi apparecchi hanno avuto la tastiera, quella tradizionale dei telefonini o quella QUERTY dei palmari, con la possibilità di installare un software di sintesi vocale come qualsiasi altro software al loro interno, problemi non ce ne sono mai stati.
Però, quando sono cominciati ad apparire sul mercato apparecchiature con schermi grandi , ma senza tastiera, con funzionamento a tocco e con la possibilità di usare una tastiera numerica o una QUERTY che apparivano direttamente sullo schermo al momento che era necessario digitare qualcosa, sembrava che i costruttori avessero deciso di comune accordo l’esclusione dei disabili visivi dal mondo delle nuove tecnologie.
Al primo impatto con queste novità che andavano affermandosi velocemente sul mercato, novità che erano ritenute da tutti i “cosiddetti normodotati” un miglioramento da acclamare e non sottovalutare, per noi diventò immediatamente una frustrazione.
Infatti, molti disabili visivi, ritenendo immediato il pericolo di restare senza un telefono che consentisse di installare uno dei software con sintesi vocale ed ingranditore che lo rendessero un apparecchio parlante ed ingrandente, si sono precipitati ad acquistarne uno di riserva da tenere nel cassetto, per sostituire quello che stavano usando, qualora si fosse guastato irreparabilmente.
Fortunatamente, anche in seguito a vibrate proteste delle associazioni di categoria, le cose sono andate molto diversamente da quello che tutti ormai pensavano.
I costruttori, dopo i primi esemplari che non era possibile usare senza la vista, hanno pensato di darci una mano e di migliorare i sistemi operativi, in modo che da li a poco, sarebbe stato possibile implementare degli screen-reader con sintesi incorporata al loro interno.
La prima società che ha reso possibile usare uno di questi apparecchi mobili è stata Apple che ha implementato, all’interno degli apparecchi messi in commercio, uno screen-reader ed un ingranditore software. Se all’inizio non erano proprio perfetti, con il passare del tempo sono sempre migliorati, fino a raggiungere oggi una capacità tale da consentire la gestione delle risorse dell’apparecchio, consentendo praticamente di poter fare tutto quello che fanno i vedenti e senza essere molto penalizzati come tempo di utilizzo.
Si è accodata immediatamente anche la comunità di sviluppo di Android che ha reso disponibile uno screen-reader anche per questo sistema operativo. Anche se non ci consente la medesima e completa gestione degli apparecchi mobili, sta diventando sempre più performante e più completo ogni giorno che passa e man mano che vengono forniti sistemi operativi aggiornati, diventando sempre di più un fedele assistente per il disabile visivo.
Le differenze tra i due sistemi non sono molte, ma sono molto significative: mentre il sistema offerto da Apple è blindato e si può fare solo quello che la società ha deciso di offrire ai propri clienti, con il sistema Android si ha la possibilità di poter gestire quasi tutto, e addirittura si possono anche creare delle App da soli, ovviamente avendo le capacità di programmazione necessarie.
Altre cose che sono diverse sono quelle hardware: mentre con Apple è consentito solo utilizzare il Bluetooth o il Wireless, tutti gli apparecchi con sistema operativo Android, li possiamo collegare al computer con un cavo USB ed effettuare tutte quelle cose cui eravamo già abituati con i vecchi telefonini.
In pratica, gli apparecchi con sistema operativo Android si possono gestire con esplora risorse di Windows, quindi, è possibile usare la memoria del telefono per copiare, modificare, cancellare e spostare, tutto quello che vogliamo.
Molti, per la sicurezza che i dispositivi Apple fino ad oggi dimostrano, preferiscono tali apparecchi, ma secondo me è solo questione di numeri.
Personalmente penso che il giorno che gli apparecchi Apple avranno una diffusione maggiore, maggiori saranno anche i problemi, come sarà molto più diffusa la pratica di creare virus e malware per questi dispositivi.
Al momento, la superiorità dei dispositivi Apple, soprattutto per noi disabili della vista è indiscussa, ma con i nuovi sistemi operativi Android, di progressi se ne fanno tanti e molto velocemente. Secondo me, non passerà molto tempo ed avremo anche noi dei dispositivi con sistema operativo Android che possiamo utilizzare senza problemi come facciamo oggi con i dispositivi Apple.
Tra qualche giorno ci sarà un’altra novità che molto probabilmente rivoluzionerà il modo di usare i dispositivi da parte di tutti e questa volta la novità viene dalla Microsoft che, con tutti i difetti e le critiche, è stata sempre molto attenta ai nostri problemi di disabili.
A fine di questo mese di Luglio 2015, forse sta per aprirsi un’altra finestra e, anche in questo caso, molto probabilmente anch’essa sarà molto favorevole per tutti noi. Infatti, da quello che sto leggendo in giro su Windows 10, se non sono tutte fandonie quelle che stanno scrivendo ormai tutti su Internet, avremo tra poco un sistema operativo rivoluzionario. Ovviamente è tutto da provare e giudicare, ma non passerà molto e verificheremo se le promesse diventeranno realtà.
Questo sistema operativo per il quale la Microsoft sta inducendo tantissime aspettative, oltre ad avere uno screen-reader già installato e disponibile, senza avere il bisogno di installare software di terze parti, sarà un sistema operativo che, a quanto pare, si adatterà a qualsiasi dispositivo.
Per tutti e non solo per noi disabili visivi, una volta imparato come usare questo sistema operativo, su qualsiasi dispositivo metteremo le mani, non avremo da perdere la testa ad imparare la struttura del sistema ed i comandi per usarlo.
Immagino che potrà essere come avviene oggi quando, per esempio, chi riesce sufficientemente ad usare per se un computer con Windows 7 , si trova a mettere le mani su un computer di un amico, diverso da quello personale, ma con lo stesso sistema operativo e con gli stessi programmi di base.
Speriamo che lo screen-reader installato di default nel sistema, ci consentirà una gestione completa delle risorse e di tutti i programmi installati, perché, a quanto pare, purtroppo non potremo usare per il momento gli screen-reader utilizzati fino ad ora e che potremo continuare ad usare fino a quando non decideremo di cambiare sistema operativo.
Termino dicendo, e non certamente per chi smanetta e riesce a districarsi talvolta anche in situazioni difficili, che è meglio aspettare e non passare subito al nuovo sistema operativo della Microsoft.
La ragione è presto detta: per dare il tempo alle persone tra noi disabili della vista un po’ più smaliziate, per provare e fornire le indicazioni giuste per tutti coloro che sono costretti ad usare uno screen-reader o un ingranditore software per poter usare un computer o un altro dispositivo.
Allora, dicono i giocatori di biliardo: calma e gesso! Pensiamoci un attimo prima di aggiornare a Windows 10, tanto non ci vorrà molto a capire se i nostri problemi sono risolti o sono insormontabili e dobbiamo continuare ad usare i vecchi sistemi operativi.
Per ulteriori spiegazioni, scrivere a: Nunziante Esposito <nunziante.esposito@uiciechi.it>`
Perché tante critiche al Jobs Act?, di Gianluca Rapisarda
Clima teso ed atmosfera infuocata come non mai tra Nicola Stilla e Mario Barbuto: è un Agosto “caldo” per il nostro mondo della disabilità visiva, ormai chiaramente in piena e frenetica “campagna elettorale” prima di Chianciano.
Per il momento (ma credo che ce ne saranno ben presto anche altri) l’oggetto del contendere tra i nostri due principali “competitors” alla Presidenza Nazionale è lo schema di decreto legislativo (Atti del Governo, n. 176), attuativo della delega di cui alla legge 183/2014: in parole povere, si tratta dei decreti delegati del Jobs Act, che sono attualmente sottoposti al parere della Conferenza Stato-Regioni e delle competenti Commissioni di Senato e Camera.
A chiedere accoratamente modifiche a tali Decreti attuativi, ci sono in prima fila tre sindacati – la Cgil, la Uil e l’Ugl – insieme all’Anmic (associazione nazionale mutilati invalidi civili) e all’Ens (ente nazionale sordi).
Sull’altro fronte, s’è schierato il nostro Presidente Nazionale Mario Barbuto, a nome ovviamente dell’UICI, insieme alla Cisl ed alla Fish, una delle due grandi federazioni di associazioni di disabili. La Fand, l’altra ”storica” organizzazione di persone con disabilità, invece, pare spaccata su tale questione, divenuta pertanto davvero rovente.
Quella che fino a questo momento è stata una semplice (e secondo me poco evidente) diversità di lettura sulla nostra Unione da parte di Stilla e Barbuto, improvvisamente a causa del Jobs Act, è diventato quasi uno scontro verbale nei giorni scorsi, quando Nicola, palesemente contrario alle nuove norme, ha duramente criticato la controparte con toni che non si registravano da tempo nei rapporti fra i due. In particolare Stilla non ha digerito il riferimento che Cisl, Fish e UICI (e dunque anche il nostro Presidente Barbuto) hanno fatto, nell’argomentare la loro posizione favorevole, ai lavori dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità: “È davvero scorretto – ha scritto Stilla – il comportamento di Mario Barbuto che arbitrariamente si è arrogato il diritto di parlare a nome di tutte le persone con minorazione visiva, esprimendo il plauso incondizionato ai decreti attuativi del Jobs Act”.
Una reazione veemente e certamente inconsueta, che al di là dei toni mi stupisce perché, poco tempo fa, s’è tenuta un’adunanza del nostro Consiglio Nazionale, durante la quale, Nicola avrebbe potuto senz’altro affrontare l’argomento in oggetto e sollevare il caso! Vicenda che tra l’altro nessun altro Consigliere Nazionale ha contestato, dimostrando quindi di condividere in toto le opinioni del Presidente Barbuto sul Jobs Act.
Ad essere messa sotto accusa, dunque, è la “pretesa” di Mario di rappresentare tutto il mondo della disabilità visiva o comunque di poter parlare in rappresentanza di tutti i ciechi ed ipovedenti italiani.
Ma che cosa dovrebbe fare allora il nostro Presidente Nazionale, indipendentemente dal fatto che attualmente tale incarico sia ricoperto da Mario Barbuto?
Nel merito del Jobs Act del Governo, il principale punto di frizione riguarda il rafforzamento dell’istituto della “chiamata nominativa”, che assume un ruolo preminente.
Fish, Cisl e Barbuto fanno notare come il rafforzamento di questa tipologia di chiamata consente esattamente di selezionare la “persona giusta” e collocarla nel “posto giusto”: un vero e proprio collocamento mirato, quindi, che consentirebbe di realizzare inserimenti lavorativi proficui e di superare le discriminazioni che tutt’oggi colpiscono soprattutto le persone con disabilità più grave, in particolare sensoriali, intellettive e relazionali.
Ed io, francamente, la penso come il nostro Presidente Barbuto. Ma ho come la sensazione che siamo solo all’inizio e che la torrida ”canicola” estiva di questi giorni infiammerà ulteriormente una campagna elettorale che già promette scintille!
Nel mio piccolo, mi permetto di sottolineare come i personalismi ed il bisogno di visibilità hanno in passato troppo spesso impoverito e soffocato il dialogo al nostro interno.
Riprendiamo, invece, il dibattito sulle diverse interpretazioni del ruolo centrale che la nostra “gloriosa” Associazione deve avere anche nel nuovo millennio e sui valori “portanti” della nostra Unione. Solo così facendo, infatti, sono assolutamente convinto che Nicola Stilla ritroverà con il Presidente Mario Barbuto molti più punti in comune che elementi di disaccordo.
Avremo mai la vera accessibilità?, di Mario Mirabile
Le righe che seguono non vogliono essere una polemica sterile ed inutile, ma soltanto un piccolo contributo finalizzato a far comprendere per un cieco in cosa consiste la vera accessibilità di un luogo culturale, museale, artistico e più in generale cosa significa poter fruire di un bene o di un evento alla pari, o quasi alla pari dei normodotati. Solo per fare qualche esempio, si pensi a quando un cieco vuole assistere ad una partita di calcio, ad un concerto, o ad un qualsiasi altro evento: in questi casi, per poter eventualmente usufruire, ove previsto di qualche biglietto scontato, o che consenta la gratuità per l’accompagnatore, si è costretti ad assistere all’evento nei settori dedicati soltanto ai disabili, come se tutti questi dovessero stare in un ghetto con i loro simili. Ma perché un non vedente non può assistere ad una partita di calcio da una gradinata, o da una curva insieme ai suoi amici? Che cosa lo impedisce?
Ma andiamo ad analizzare l’evento sicuramente più significativo ed importante di questo periodo, ovvero Expo Milano 2015. Indubbiamente ci sono tanti accorgimenti per le persone disabili: ingressi dedicati, biglietterie esclusive, sconti che consentono l’ingresso gratuito per gli accompagnatori, chilometri di percorsi loges e decine di mappe tattili. Chi non conosce a fondo la disabilità non può che plaudire a tutti questi accorgimenti, ma un non vedente non può essere soddisfatto. All’interno dei padiglioni dei diversi paesi, infatti, non è previsto quasi nulla per i non vedenti e gli ipovedenti. I filmati, le scenografie, le mappe sono pressoché inaccessibili ai disabili visivi, i quali devono affidarsi alle descrizioni più o meno precise dei loro accompagnatori. Quasi sempre, vicino agli oggetti esposti, c’è il classico divieto di toccare e se solo ci si azzarda ad allungare una mano, c’è subito pronto l’addetto che richiama ad osservare il divieto; come se si trattasse di reperti storici o archeologici, non tenendo conto che questi padiglioni tra poco più di 3 mesi verranno completamente smantellati. Tutto ciò che è interattivo è praticamente of limits per i minorati della vista. E allora la domanda sorge spontanea: a cosa è servito spendere tanti soldi per installare percorsi pedotattili, se i non vedenti comunque sono costretti ad essere accompagnati? Non credo che i non vedenti si rechino all’interno dell’expo soltanto per mangiare qualcosa ai chioschetti adibiti per lo street food. E per completare il quadro della non accessibilità, le navette che consentono di muoversi all’interno del sito espositivo, pur essendo di ultima generazione, non sono dotate di sistemi di annuncio vocale delle fermate. Ma quello appena descritto è soltanto l’esempio più eclatante. Passiamo ora a alle visite guidate, “accessibili”, presso palazzo Zevallos Stigliano a Napoli, il Museo di Banca Intesa. E bene, a fronte di un lavoro che ha consentito la riproduzione in rilievo di diversi importanti quadri, il progetto è solo all’inizio, nulla è stato fatto perché si comprendesse davvero che cosa è l’accessibilità. Infatti, nella visita guidata organizzata per mostrare i capolavori presenti anche ai non vedenti, a questi ultimi è stato proibito di toccare le sculture presenti e addirittura dei mobili in legno. Ho chiesto alla guida se era davvero convinta che un tavolo in legno del XVII secolo potesse rovinarsi se un cieco a mani nude lo avesse toccato. La guida, al quanto imbarazzata, mi ha risposto che quelle erano le disposizioni della direzione. Dunque a questo punto viene da pensare che la conferenza stampa e le riproduzioni dei quadri è stata una idea soltanto per farsi un po’ di pubblicità, ma non perché si era davvero convinti che una persona cieca o ipovedente potesse fruire davvero dei capolavori artistici presenti. Purtroppo sono ancora troppi i tabù che non consentono al nostro paese di mettersi al pari delle Nazioni europee che, mi dispiace dirlo, sono molto più evoluti. Da noi la cultura assistenzialista non è stata ancora sostituita da una idea inclusiva della disabilità. Gli eventi ideati per consentire di visitare un museo, un luogo d’arte, un sito archeologico con guide formate e con specifici ausili sono ancora troppo sporadici ed estemporanei, spesso organizzati soltanto per consentire una passerella ai politici di questo o quel posto. Non è una questione di mancanza di soldi, come troppo spesso ci raccontano, ma il problema è culturale; fino a quando il disabile viene considerato meritevole della sola assistenza e del pietismo e non come una persona uguale alle altre, ma con esigenze speciali, ci ritroveremo sempre a dover assistere ad eventi sportivi nei settori ghetto, a non poter fruire a pieno di un evento come l’Expo, a poter visitare questo o quel sito archeologico e museale soltanto nei giorni individuati per gentile concessione da questa o quella sovrintendenza. Attenzione per la giornata del disabile – 3 dicembre – tutti gli enti museali sono pronti a far accedere i portatori di handicap! Quindi organizziamoci per un tour de force in quella giornata perché la prossima possibilità ce la daranno dopo un anno!
Un soggiorno memorabile, di Patrizia Onori
Non appena ho ricevuto la notizia che anche quest’anno si sarebbe svolto il soggiorno organizzato dalla sezione provinciale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Frosinone, presa da un travolgente entusiasmo, per poter partecipare, ho immediatamente formulato la richiesta di ferie presso l’ufficio in cui lavoro.
La mia delusione è stata immensa quando inizialmente, ho avuto una risposta evasiva, però, dopo qualche giorno, ecco la certezza, ferie approvate, quindi si parte!
Insieme alla mia famiglia, siamo partiti da Latina per raggiungere la città di Frosinone, dove ci aspettava il pullman che conseguentemente ci ha condotto a Roseto degli Abruzzi presso l’hotel Liberty.
Dopo aver abbondantemente pranzato, abbiamo ricevuto le chiavi corrispondenti alle nostre stanze e, dopo aver sistemato i bagagli ed aver riposato, eccoci in spiaggia, io, mio marito Fabio, mia madre Ivana e mio figlio Gianluca.
Bellissimo l’incontro con tanti amici ma soprattutto, stupendo ritrovare volontari conosciuti lo scorso anno poichè con smisurato amore e dedizione, accompagnavano anche questa volta i soci che necessitavano di specifica assistenza.
Ho trovato particolarmente maturato e migliorato il percorso del volontario Marco Vecchiarino, con il quale abbiamo approfondito la conoscenza ed è rimasto veramente meravigliato quando ha appreso che mi ricordavo perfettamente tutto ciò che di lui mi aveva precisato lo scorso anno.
Non avrei mai potuto dimenticare persone straordinarie come i volontari che con tanta passione mettono a disposizione il loro tempo e soprattutto, dedicano parte della loro vita a favore di chi è meno fortunato.
Grazie!
Fondamentale importanza, ha avuto un momento particolarmente emozionante ed originale, dato che durante una mattinata in spiaggia, mio figlio Gianluca insieme a due dei suoi amici, Paolo e Gianmarco, hanno guidato il pedalò per circa due ore e trenta minuti accompagnando gruppi di persone disabili ed ogni venti minuti, provvedevano a far scendere un gruppo per poi aiutare altre persone a raggiungere il pedalò.
Sono stati tra l’altro organizzati dai volontari due divertenti minitornei comprendenti piccoli premi simbolici, di cui uno all’interno dell’hotel riguardante il gioco delle carte chiamato scopone scientifico e l’altro in spiaggia relativo al gioco del bowling.
La sera, dopo aver cenato, facevamo lunghe passeggiate o ci fermavamo a sedere all’esterno dell’hotel e, in questi momenti, abbiamo avuto concrete occasioni di confronto che hanno dato luogo a nuove amicizie.
I giorni proseguivano così, all’insegna della totale tranquillità e dell’assoluto rilassamento, tra ore in spiaggia ed ore in piscina.
Infatti, presso l’Hotel Bellavista che ospitava parte del gruppo e che si trova poco distante dall’Hotel che ci ospitava, avevamo in più la possibilità di poter usufruire della piscina così, due giorni prima del termine della vacanza, dopo cena, è stato organizzato dal volontario e capogruppo Giuliano Basilischi un piscina party con rinfresco e karaoke, dove hanno preso parte con giocosità particolare gli amici di famiglia Fulvio Diana, Paolo Perciballe e Gianmarco Patrizi, divertimento generale!
Il giorno prima di partire, abbiamo avuto un’inattesa sorpresa poiché è venuto a trovarci Giuseppe Tozzi, organizzatore del soggiorno marino il quale, a causa dei suoi numerosi impegni, quest’anno non ha potuto condividere con noi questa straordinaria esperienza, però ha comunque voluto renderci felici con la sua presenza anche se purtroppo solo per poche ore.
Assolutamente in fretta, è arrivato il giorno della partenza e, dopo aver pranzato, con rimpianto e nostalgia, abbiamo dovuto lasciare il luogo che ci ha trasmesso attimi di gioia dandoci la possibilità di trascorrere istanti indimenticabili, di sognare momenti felici, così ognuno di noi è tornato alla piena quotidianità, con la possibilità di vivere istanti magnifici ma con la consapevolezza di dover affrontare ogni giorno le difficoltà dell’essere disabili.
Un particolare ringraziamento lo rivolgo agli amici Leonardo Villani e sua moglie Teresa, poiché conoscendoli, ho avuto modo di accostarmi a due persone dotate di grande sensibilità, immensa disponibilità ed eccezionale gentilezza.
Grazie Giuliano Basilischi, poiché con la tua naturalezza, sei riuscito meravigliosamente ad esercitare le tue competenze umane riguardanti l’attività di volontariato e, contemporaneamente, a coordinare perfettamente il gruppo dei partecipanti al soggiorno.
Mi è doveroso inoltre rivolgere uno specifico ringraziamento a Giuseppe Tozzi, organizzatore di tale magnifico soggiorno, poiché, pur non avendo partecipato personalmente alla vacanza, è riuscito esattamente a predisporre il tutto con l’esclusiva precisione che lo contraddistingue.
Complimenti a Claudio Cola, neoeletto Presidente regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti del Lazio, perché con le sue notevoli risorse intellettive e con la sua rilevante energia, ha apprezzabilmente contribuito alla realizzazione dell’intero soggiorno, addirittura portando con sé in questa vacanza sia la Presidente provinciale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Viterbo signora Elena Dominici, sia il Presidente provinciale dell’unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti di Frosinone Eliseo Ferrante.
La vita è uno splendido film in cui ognuno di noi ne è l’assoluto protagonista, perciò, anche se costretti a guardare il mondo con occhi altrui, non lasciamoci sfuggire ciò che ci circonda perdendo occasioni splendide come quella descritta in questo resoconto.
Viviamo serenamente ogni istante!
Patrizia Onori
Ma le sezioni?, di Eugenio Saltarel
Al centro della vita associativa ci sono le singole sezioni; io sono stato presidente di una sezione piuttosto piccola come Imperia e di una piuttosto grande come ora Genova. Di fronte ad un congresso in cui certamente si discuterà di rivedere lo statuto della nostra associazione mi sembra ineludibile porsi il problema di come affrontarlo davanti alla situazione delle nostre sezioni. E’ vero che in quest’ultimo anno si sono fatti dei grossi passi avanti: il fondo di solidarietà in un momento di notevoli difficoltà economiche è stato portato a un milione di Euro e la lotteria Louis Braille è interamente destinata alla finanza delle sezioni. Grazie per queste iniziative; ma se dobbiamo guardare al futuro, bisogna che ogni delegato al congresso (oltre a tutto inviato dalla sua sezione territoriale) sappia capire e prendere decisioni che riguarderanno sicuramente anche il futuro della sezione che lo ha inviato. Io faccio una certa fatica ad accettare che il nuovo presidente sezionale sia eletto dall’assemblea dei soci e non dal consiglio che dovrà presiedere così come si ventila, così come faccio una certa fatica a immaginare che le assemblee sezionali non inviino più al congresso direttamente loro delegati. Lo so che queste due affermazioni sembrano in contraddizione, da un lato rivendico l’elezione del presidente sezionale solo nelle mani del consiglio, mentre dall’altro rivendico all’assemblea sezionale l’elezione dei delegati al congresso, sottraendola al previsto consiglio regionale; però le mie perplessità restano nel cercare di garantire il massimo di percorribilità insieme al massimo di democrazia possibile. Altro problema riguarda la gestione quotidiana delle sezioni: penso che in questo senso debbano essere notevolmente potenziate le capacità d’intervento dei consigli regionali, attribuendo loro la gestione del personale, aumentando il loro peso nella gestione economico-finanziaria delle sezioni, sgravandole di molti obblighi che oggi le rilegano ad una contabilità veramente difficile da sostenere in termini economici e di tempo. Immagino inoltre che il nuovo statuto dovrà tener conto della nuova situazione italiana dove le provincie avranno sempre meno peso, se non verranno abolite del tutto; quindi bisognerà pensare ad una definizione diversa di sezione sul territorio, in modo da poter garantire la presenza dell’Unione in tutta Italia, senza immaginare sezioni con 2 o 3 soci solo perché lì una sezione ci deve essere. Per tutte queste ragioni invito tutti i delegati e quanti sono interessati a questi problemi, ad approfondirli in modo da arrivare al Congresso con le idee chiare su cosa vogliamo per il futuro delle nostre sezioni, oltre che per quello dell’Unione; non basta certamente rifarsi a cosa pensa qualcun altro, bisogna penso poter essere convinti di come si vota, di cosa si propone e si sostiene in modo che la conclusione del dibattito tenga conto del maggior numero di punti di vista possibili e sia una sintesi condivisa il massimo possibile arricchita da tutte le nostre esperienze personali.
Eugenio Saltarel
Istituti per ciechi: considerazioni e qualche proposta, di Silvana Piscopo
Napoli: 2 glorie della storia dei ciechi napoletani e, più in generale, di gran parte del sud, l’istituto Martuscelli e l’Istituto Colosimo, sia pure in situazioni diverse sul piano giuridico e per prestazioni di servizi, vivono un momento di profondissimo disagio e, in generale, sono in crisi di identità.
Si tende, oggi, ad attribuire le colpe alle battaglie fatte per l’integrazione scolastica dei ciechi nelle scuole di tutti, alle leggi sullo scioglimento degli enti inutili con i relativi passaggi di questi ultimi ai comuni e alle regioni: ma è proprio vero che tali trasformazioni, avvenute in un contesto sociale e politico in cui fortissime erano le lotte per i diritti, contenessero implicitamente i presupposti per la decadenza di queste importanti e prestigiose strutture? Che cosa ha impedito, ad esempio, al Martuscelli, dotato di insegnanti altamente qualificati negli anni precedenti e successivi alla legge 517, di mantenere, insieme alla scuola dell’obbligo interna, di aprirsi all’intero territorio ed offrirsi come polo di formazione ed aggiornamento degli insegnanti di sostegno, del personale ausiliario e tecnico operante in tutte le scuole della Campania? Perché mai una struttura così bella, ricca di spazi interni ed esterni, così attrezzata in termini di patrimonio librario e tiflodidattico, di palestre, di attrezzature musicali, e, successivamente, di laboratori informatici, non avrebbe potuto diventare un centro polifunzionale di ricerca, di promozione culturale, sociale, educativa e riabilitativa per le disabilità non solo visiva? e allora non sarebbe più corretto chiederci:
cosa abbiamo prodotto tutti noi, impegnati a vario titolo nell’Uici, nella società civile, per bloccare il processo degenerativo del Martuscelli?
Se gli amministratori hanno voluto privilegiare il principio della sopravvivenza con il metodo del tirare a campare, del carpe diem, dell’uso, quantomeno allegro e spigliato delle risorse pubbliche e del patrimonio privato, tutti i nostri rappresentanti, cui competeva vigilare e difendere i diritti dell’utenza, dove, quando e come hanno coinvolto esplicitamente il corpo dell’associazione, e cioè i soci?
Adesso c’è il commissario inviato dal ministero dell’istruzione e auspico che sia fatta chiarezza sulle responsabilità e sia intrapresa una strada per offrire nuove opportunità all’istituto; intanto sarebbe, a mio avviso, indispensabile che l’Uici, a livello nazionale, creasse un gruppo di esperti, costituito da persone già operative in istituti esistenti e in salute e di amministratori per costruire una griglia di servizi standard di base cui queste istituzioni destinate a migliorare la vita dei ciechi ed ipovedenti in ogni campo, debbano attenersi. è ovvio che gli standard vadano tarati sui bisogni emergenti dai vari e diversi contesti, così come è altrettanto evidente che vanno anche garantiti margini di autonomia progettuale.
So che siamo in estate, che da settembre la maggiore concentrazione di energie confluirà sull’imminente congresso, ma credo che nulla più di ben augurante per la scadenza congressuale possa esserci, che far coincidere attività per costruire supporti ai ciechi ed ipovedenti e scadenze di politica associativa.
Mi riservo di fare qualche diversa considerazione sull’importanza del Colosimo che, comunque, è ancora un punto di riferimento per ragazzi ed adulti ciechi ed ipovedenti, ma che, comunque, merita attenzione e interventi di valorizzazione.
Silvana Piscopo
Verso il congresso delle idee e delle novità, di Massimo Vita
Le assemblee pre-congressuali si sono concluse e sarebbe interessante che si sviluppasse un dibattito sui contenuti che da esse sono emersi se ne sono emersi.
Io devo dire che dall’assemblea del centro Italia non ho colto spunti rilevanti neppure dai due candidati alla presidenza nazionale.
Se non vado errato, le affermazioni più degne di nota ci sono state sulle regole statutarie e poi su come si dovrebbe sviluppare il congresso nazionale.
Il presidente nazionale ha detto con chiarezza cosa vede nel futuro della nostra associazione e soprattutto ha chiarito come si dovrebbe svolgere, a suo avviso, il prossimo congresso di Chianciano.
Io vorrei esprimere un auspicio per il futuro della nostra Unione:
andare al congresso con la candidatura di Mario che si unisce alle due che già conosciamo.
Parlo di unione perché io non vedo tre candidature che si fanno la lotta ma tre candidature che propongano ai delegati tre modelli associativi sui quali aprire un sereno dibattito.
Penso che sui grandi temi come l’Unità associativa non ci siano differenze ma, almeno a me, piacerebbe sapere come vedono il futuro organizzativo dell’associazione coloro che si candidano a dirigerla.
Cosa pensano sui temi del lavoro e dell’integrazione scolastica?
Cosa pensano di fare per regolarizzare la vita associativa e semplificare le regole?
Molti altri sarebbero i temi da discutere ma forse sarei troppo prolisso e per tanto concludo chiedendo a Mario di sciogliere la sua riserva e lanciare una sfida non ai suoi competitor ma al futuro che sta davanti alla nostra associazione.
Spero che con Mario ci saranno donne e uomini di qualità che sappiano portare avanti le sfide difficili che troveremo sia al nostro interno che nella società civile.
Oltre a Mario, invito le donne e i giovani a farsi avanti senza timore perché solo chi sa portare avanti la forza delle idee può contribuire al successo dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
Assemblea precongressuale del 20 Giugno di Palermo, di Gianluca Rapisarda
Caro Presidente,
ti scrivo per inviarti l’intervento che avrei fatto in occasione dell’Assemblea precongressuale del 20 Giugno p.v. di Palermo, alla quale mi sarà impossibile presenziare.
E non sai quanto ciò mi rattristi, ma impegni istituzionali indifferibili precedentemente assunti con la Federazione Nazionale Delle Istituzioni Pro Ciechi me lo impediranno.
Infatti, come ti è ben noto, dal 19 al 21 Giugno, io sarò impegnato a Reggio Emilia come Presidente di giuria del “prestigioso” premio nazionale di editoria tattile per l’infanzia “Tocca a te!”
Ma ho deciso di spedirti la presente anche dopo aver letto sul nostro Giornale on line il bellissimo e toccante articolo del mio amico Stefano Tortini, con il quale invita tutti noi a sostenere la tua candidatura a Presidente Nazionale, che ovviamente condivido in toto.
Ricordo ancora come fosse ieri, quando circa una decina di anni fa, io, Stefano Tortini e Mario Mirabile, componenti lo scorso Comitato Giovani dell’UICI, nel nostro piccolo sognavamo in grande un’Unione finalmente più democratica, più moderna, più trasparente. Ed improvvisamente, tutto ciò con te oggi diventa “REALTA’.
Un’Unione più democratica significa che esprimere un’opinione diversa dai Vertici associativi e pensarla diversamente da loro non è un “peccato di Lesa maestà”, né un “attentato” terroristico od un tentativo di “golpe”, come certi vecchi (e fortunatamente pochi) dirigenti ritengono ancora.
La difesa dell’Unità associativa che anche per me è un “valore” assoluto, non può e deve però essere Unanimismo.
Fino a prova contraria, da che mondo è mondo, il dibattito è stato sempre fonte di crescita e sviluppo. Oggi, invece, nell’ambito dell’UICI accade ancora troppo spesso che il “dibattito associativo” non sia fondato su una diversa interpretazione del ruolo della nostra Unione nel nuovo Millennio, ma dettato solo da bisogni di “visibilità” personale, riducendo erroneamente gli scontri a semplici fatti personali e soffocando ed impoverendo il dialogo al nostro interno.
Riprendiamo, pertanto, sin da Chianciano il dibattito culturale sui grandi temi associativi, sulle idee portanti e sui “profondi” valori della nostra Unione quali l’inclusione scolastica, le pari opportunità, il lavoro, l’accessibilità, la riabilitazione dei ciechi pluriminorati, la prevenzione della cecità e forse, anzi certamente, gli stessi Nicola Stilla e Peppino Simone ritroveranno con il Presidente Barbuto molti più punti in comune che elementi di disaccordo.
Un’Unione più moderna significa semplificare la struttura organizzativa delle nostre sezioni, adeguandole ai tempi e soprattutto ai cambiamenti imminenti che verranno in seguito all’istituzione delle “città metropolitane”
Ancora oggi abbiamo troppi organi associativi che sono tra l’altro troppo burocratizzati. Bisogna necessariamente renderli più agili nella struttura e meno pletorici nel numero dei componenti, facendo si che non solo i nostri “consigli” ma anche i Presidenti e Vice Presidenti sezionali e regionali siano eletti direttamente dalla base e dalle Assemblee dei soci.
Una piccola ma significativa questione riguarda pure il tesseramento dei nostri iscritti. Facciamo sovente i “conti” con numeri incerti e discutibili, risultato e frutto solitamente della logica dei “bollini” facili solo in prossimità dei rinnovi delle varie cariche associative, piuttosto che di una “seria” campagna d’iscrizione soci che sia invece più costante nel tempo, più sistematica e trasparente.
Un’Unione più trasparente significa anche adottare criteri di merito nella selezione e nomina dei candidati ai “posti di comando” del nostro “glorioso” sodalizio.
Per tale motivo, saluto molto favorevolmente la novità già annunciata da Mario Barbuto di voler realizzare un’apposita sezione del nostro sito istituzionale dove, chiunque vorrà candidarsi al Consiglio Nazionale (ed io lo farò certamente), potrà inserire il proprio curriculum ed il proprio programma.
Diceva Lavelle : “Il bene più grande che puoi fare ad un’altra persona non è dargli la tua ricchezza, ma rivelargli la SUA”.
Ebbene, il grande “miracolo” Barbutiano sta proprio in questo e cioè nel farci riscoprire tutti un po’ più ricchi dentro, nel farci sentire tutti principali artefici e protagonisti del futuro destino dei ciechi e degli ipovedenti italiani.
Caro Presidente, per questo io sottopongo alla tua attenzione ed a quella di tutti i congressisti la mia candidatura al prossimo Consiglio Nazionale.
Mi candido, perché la tua “trascinante” capacità di accendere il nostro entusiasmo, di individuare bisogni e prospettare soluzioni m’ha letteralmente contagiato, persuadendomi che persino un “nanetto” come me possa contribuire positivamente alla causa della nostra Unione.
Una cosa è certa, con un timoniere “visionario” come te, capace di “vedere” oltre e di prospettare all’UICI scenari ed orizzonti fino a pochissimo tempo fa addirittura impensabili, noi minorati della vista italiani “toccheremo con mano” sempre più importanti traguardi di civiltà!
Ricordi d’infanzia. Continuazione, di Michele Sciacca
All’età di tre anni mi fu dato modo di lasciare la casa dei nonni materni per stabilirmi con mia madre in una grande masseria sita nel territorio di Riposto, e precisamente in una grande proprietà presa in gabella da mio padre.
In quella proprietà c’erano tre fabbricati abitati da altrettante famiglie che erano molto spaventate dai bombardamenti diurni che talvolta avvenivano in prossimità del vicino mar Jonio. In quel periodo mi capitò di assistere al bruttissimo episodio di un aereo tedesco che, con due piloti a bordo, precipitò accanto alle nostre abitazioni.
Lo schianto fu terribile si levarono in cielo alte colonne di fumo nero. Allora tutti gli abitanti della masseria si raccolsero in preghiera sotto un’arcata perché temevano che lo scoppio delle bombe, avrebbe potuto decretare la loro fine; non fu così perché l’aereo per fortuna non trasportava ordigni.
Un altro momento difficile fu quando, a poca distanza dalla costa, i soldati tedeschi a bordo di una grossa cannoniera vistisi minacciati da un sottomarino nemico, iniziarono a gettare bombe di profondità che sollevarono in aria enormi colonne di acqua. Io e mia madre che eravamo proprio nelle immediate vicinanze, spaventati da quanto stava accadendo, fuggimmo velocemente verso casa.
Nel frattempo un aereo nemico, volteggiante sulle nostre teste, sganciava alcune bombe che fortunatamente finirono in mare.
Un’altra volta, in un’imprecisata notte di mezza estate, mia madre, io e mio fratello fummo svegliati dal fragore di una violenta sparatoria fra gli uomini della masseria ed alcuni ladri di mestiere che volevano rubare i loro vitelli grassi. Finita la sparatoria, vidi i Massari col fucile in mano contenti e soddisfatti per lo scampato pericolo, i quali si raccomandavano fra loro di non abbassare la guardia poiché i ladri sarebbero certamente tornati di nuovo all’attacco. Intanto, sentivo dire a quegli stessi uomini che le sorti della guerra volgevano a favore degli alleati i quali avevano rotto in più punti il fronte dell’esercito nazi-fascista operante in Africa settentrionale e si accingevano a compiere lo sbarco in Sicilia.
Qualche tempo dopo, dalla masseria, con la mano sulla fronte a mo’ di visiera, vidi in lontananza gigantesche navi bianche, navigare nelle acque del nostro mare. Quelle navi trasportavano uomini, viveri, automezzi e materiale bellico. Una volta sbarcati e messo piede sulla terra ferma, gli alleati avanzarono rapidamente per la flebile resistenza dell’esercito italo-tedesco.
Essi, in meno di un mese, arrivarono dalle nostre parti. Io vidi l’ampio cortile della masseria, occupato da soldati britannici che vi avevano messo le loro tende in cui mangiavano e dormivano. Essendo molto curioso, ogni giorno solevo andare a guardare da vicino l’accampamento. Un giorno vidi piangere un giovane soldato scozzese mentre mostrava a mia madre la foto del fratello perito nel crollo del ponte Primosole, minato e fatto saltare in aria dai tedeschi durante la ritirata; vidi altresì, un altro scozzese, mettere sulla testa di un vecchietto della masseria, a mo’ di elmetto, la tazza con cui il poveretto ogni giorno chiedeva la sua porzione di rancio e lo stesso scozzese ridere di gusto nel vedere il vecchietto fuggire a gambe levate verso casa sua.