Ho girato quasi tutta l’Europa, ma non ero mai stata a Poronin (provincia della Malpolska, Polonia), piccolo e bucolico villaggio incastonato tra i monti Tatra e a 108 chilometri dalla vibrante Cracovia. E forse la vita non mi ci avrebbe mai portata, se l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti non mi avesse chiesto di co-ordinare un gruppo di giovani per uno scambio che si svolgeva proprio lì. I rapporti di grande amicizia che mi legano all’UICI, oltre all’interesse che ho sempre nutrito per gli scambi internazionali e l’incontro tra culture, mi hanno fatto accettare l’incarico senza pensarci due volte e la settimana passata nel tranquillo albergo “Willa Austryjok”, con i risvegli scanditi dal muggito delle mucche e il canto dei galli, ha addirittura superato qualunque mia aspettativa.
Lo scambio, fortemente voluto dall’associazione polacca Fundacja Brajlówka e inserito nel quadro dei progetti Erasmus+, si è svolto dal 9 al 17 settembre ed ha coinvolto giovani di età compresa tra i 17 e i 25 anni, sia vedenti che non vedenti. I quattro Paesi partner (Belgio, Italia, Polonia e Ungheria, aggiuntasi quasi all’ultimo momento dopo che la Croazia si è ritirata) hanno partecipato con gruppi misti e ben amalgamati, sotto la guida di leader per lo più non vedenti (a parte nel caso polacco). Noi italiani, per non smentire la fama che abbiamo in tutto il mondo, ci siamo distinti per l’alto tasso di risate, canzoni e l’estrema espressività delle nostre conversazioni, a tavola, in pullman e altrove; nessuno di noi aveva però immaginato di doversi contendere la palma d’oro della vivacità con altre nazioni. I belgi erano soltanto sei, ma la loro energia era contagiosa; passavano elegantemente dal francese al fiammingo, optando a volte per l’inglese, chiaro riflesso dell’affascinante multilinguismo del loro Paese. I polacchi, invece, hanno incantato tutti con la loro vena canora: alcune canzoni sono state cantate e ricantate per nove giorni di fila, tanto che persino i non polacchi hanno finito per impararle, sfidando coraggiosamente la barriera linguistica (quattro o cinque consonanti di seguito hanno dato non poco filo da torcere, soprattutto ai parlanti di lingue romanze composte dalla metà dei fonemi!). Il gruppo ungherese, ultimo ma non per importanza, si è distinto per la sua estrema voglia di divertirsi e di far conoscere la cultura del proprio Paese, incredibilmente vibrante ma poco conosciuto ai più.
Direi che lo scopo principale dello scambio, quello cioè di incoraggiare l’integrazione, sia stato decisamente raggiunto. In primis, l’integrazione tra vedenti e non vedenti: chi vedeva dava spontaneamente una mano ai non vedenti al buffet, li guidava quando necessario e, soprattutto, si assicurava che non mancassero mai i selfie! La maggior parte di loro non aveva mai avuto a che fare con non vedenti, ma l’atmosfera amichevole e cameratesca dello scambio ha fatto sì che assimilassero il tutto senza neanche rendersene conto. Anche l’integrazione delle diverse culture è stata incredibile, ed ha rappresentato forse l’aspetto più bello dell’intera esperienza: un belga imparava diligentemente le parole di una canzone polacca, mentre un ungherese spiegava a un italiano come usare il cubo di Rubik, inventato da un suo connazionale; parole in lingue diverse venivano scambiate in continuazione, come le figurine degli album per bambini. Non è un caso che, nella loro serata, gli ungheresi abbiano creato una gara linguistica, per vedere chi avesse imparato il maggior numero di parole ungheresi.
E le attività? Trascinati dall’instancabile voglia di vivere e allegria di Wojtec, siamo stati coinvolti nelle attività più disparate. Coprire la faccia del proprio partner con una sostanza liquida e appiccicosa, per poterlo prendere in giro mentre la sostanza si solidificava e trarne poi una maschera da poter colorare. Danzare un tipico ballo polacco nel giardino dell’albergo, scambiandosi di coppia al momento opportuno e cercando di non uccidere i ballerini circostanti con un passo non azzeccato. Per non parlare poi degli sport: una bellissima mattinata nella palestra di Zakopane (da noi italiani ribattezzata “‘n sacco de pane”!), dove l’integrazione ha regnato sovrana: un vedente doveva correre con un non vedente, spiegandogli gli esercizi e cercando di guidarlo senza intoppi nel rapido slalom tra birilli e ostacoli vari. Le terme, infine, sono state forse il posto più bello e suggestivo che abbiamo visitato: acqua termale da togliere quasi il respiro (nel vero senso della parola!), scivoli mozzafiato e tante, tantissime risate.
Quattro delle serate, poi, sono state dedicate alle culture dei Paesi partner. La Polonia si è prodigata nelle sue stupende canzoni, con l’accompagnamento di una chitarra classica, e la deliziosa aggiunta di un formaggio molto simile alla scamorza. I belgi hanno invece preparato un quiz sul loro interessante Paese, donando alla nazione vincitrice un tris delle loro rinomatissime birre. Anche noi italiani abbiamo proposto un quiz sull’Italia, oltre a far ascoltare il nostro inno e una delle canzoni più conosciute di tutti i tempi, da qualunque straniero di qualunque angolo del globo: “Nel blu dipinto di blu” (indescrivibile l’entusiasmo con cui tutti hanno cantato, seguendo il testo proiettato). Gli ungheresi, infine, ci hanno fatto notare quante delle cose che usiamo correntemente siano state inventate proprio da loro (il computer, per nominarne una su tutte!) e ci hanno fatto capire quanto la loro lingua non-indoeuropea, con 36 fonemi, sia pressoché impossibile da imparare per noi poveri comuni mortali.
Ci sarebbe molto altro da dire, perché gli otto giorni passati a Poronin sono stati densi di avvenimenti, attività e scoperte. Non vorrei dilungarmi troppo però, e quindi mi fermo qui. Credo però di poter affermare, senza alcuna esitazione, che lo scambio sia decisamente riuscito, dato l’entusiasmo misto a malinconia che ha accompagnato tutti noi nel viaggio verso i rispettivi paesi. Un senso di calore ha riempito tutti e ognuno ha riportato a casa, oltre ai classici souvenir e gli zloty avanzati, tantissimi indimenticabili ricordi.
Beyond the horizon, across the cultures – Oltre l’orizzonte, attraverso le culture, di Maria Clara Ori
Autore: Maria Clara Ori