In questi giorni sugli organi di stampa dedicati è comparsa in pompa magna la notizia che Iliad, l’operatore di telefonia mobile che opera nel nostro mercato da ben 4 anni, ha fatto dono della possibilità di navigare nel suo sito ai suoi clienti con disabilità.
Si potrebbe dire meglio tardi che mai, ma purtroppo dobbiamo constatare ancora una volta che il dono si è rivelato l’ennesimo motivo di frustrazione per le persone con disabilità, e che per Iliad non è ancora giunto il tempo per vantare una piena inclusività.
Sì, perché come sta accadendo purtroppo spesso, invece di seguire la via maestra di produrre siti che tengono conto già in fase di sviluppo delle regole prescritte dal consorzio mondiale W3C per realizzare contenuti web accessibili, si è scelta una scorciatoia, un apparente uovo di Colombo.
Si tratta di un overlay di correzione automatica, che vediamo comparire sempre più spesso nei siti della Pubblica Amministrazione e non solo, che promette una accessibilità automatizzata ma che in realtà genera il solito accrocco dove la persona disabile naviga con fatica.
Nello specifico, ad una analisi solo sommaria, il sito di Iliad non presenta una suddivisione corretta per intestazioni, i link e le immagini hanno etichette di scarsa comprensibilità e le parti interattive, i cosiddetti form, non sono interamente completabili.
Come INVAT (Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie) da anni mettiamo a disposizione di chiunque lo richieda le competenze di utenti web con disabilità visive, e saremmo ben stati lieti di offrire ad Iliad un supporto puntuale e verificato dall’esperienza d’uso, ma purtroppo non ci hanno consultati.
L’episodio è particolarmente preoccupante perché in Italia, il prossimo novembre, scatterà l’obbligo per tutte le aziende con fatturato annuo superiore ai 500 milioni per tre anni, di rendere completamente accessibili i propri servizi offerti via Web. Non vorremmo che per risparmiare qualche spicciolo, queste prendessero esempio da Iliad e ricorressero all’accrocco. Sarebbe l’ennesima beffa nei confronti delle persone con disabilità che tradisce buone intenzioni ma produce pessimi risultati. La stessa AgID, che in Italia si occupa di normazione e di regolamenti tecnici per le piattaforme informatiche, norme e regolamenti afferenti anche l’accessibilità, spiega, in un articolo eloquente ed esaustivo, perché questi accrocchi non possano sostituire l’intervento umano. Leggasi a tal proposito l’articolo seguente:
Giova altresì ricordare che tali soluzioni stanno subendo una contestazione legale di rilevante importanza proprio negli USA, culla del diritto in questo ambito, proprio perché trattasi di soluzioni tampone che spesso e volentieri creano più difficoltà che benefici reali nella navigazione di una piattaforma web. L’uso di questi overlays di correzione automatica è un fenomeno che desta non poche perplessità e preoccupazioni, in quanto si sta diffondendo a macchia di leopardo, dal momento che, non solo entità private, bensì anche Pubbliche Amministrazioni si stanno avvalendo di queste soluzioni. Soluzioni proposte per una manciata di euro, evidentemente spesi male, alle spalle dei contribuenti; platea della quale anche i disabili, a buon diritto/dovere fanno parte: beffa nella beffa dunque! E a proposito di beffe: una chiosa finale, da sorriso beffardo, se non fosse che quanto scritto sul sito MondoMobileWeb è tremendamente vero; citiamo dall’articolo: “Il tool è identificabile in basso a sinistra dello schermo (sia nella versione desktop che mobile) attraverso un’icona rossa che permette di impostare tutte le personalizzazioni necessarie a rendere le pagine accessibili al maggior numero di utenti.”! Un’icona rossa… come rampognare un utente sordomuto che non apprezza la nona sinfonia di Beethoven… ogni commento suonerebbe come superfluo…
Francesco Tranfaglia – gruppo osservatorio siti internet di INVAT – Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie
Pubblicato il 11/07/2022.