XXIII Congresso UICI Candidatura al Consiglio Nazionale, di Annita Ventura

Autore: Annita Ventura

Presentazione

Il mio impegno nell’Associazione inizia negli anni 90. Ho collaborato con la Sezione di Roma della quale nel 1996 sono divenuta vicepresidente per dieci anni, fino al 2005, quando ho assunto la carica di Presidente Regionale del Lazio.
Sono stata responsabile delle Unità Territoriali di Coordinamento in Abruzzo, Lazio ed Umbria. Ho fatto parte di commissioni nazionali tra cui la Commissione Istruzione e mi sono impegnata in altri ambiti dove, nella veste di Consigliere Nazionale, veniva richiesta la mia collaborazione.
Nel novembre 2014 sono stata nominata dalla FAND quale componente del Comitato istituito con la legge 278 del 2005, relativo al Coordinamento delle attività di un Centro Polifunzionale Sperimentale di Alta Specializzazione per persone cieche con minorazioni aggiuntive.
Nella mia vita professionale ho insegnato dapprima nelle scuole speciali di Roma, poi ho vinto la cattedra per l’insegnamento di lettere negli Istituti di istruzione secondaria superiore ed ho insegnato nei licei romani, ricoprendo anche diversi incarichi di progettazione e coordinamento. Per i dettagli si può consultare il curricolo.

Proposte
Nel proporre la mia candidatura al Consiglio Nazionale per il XXIII Congresso dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, comunico che sono una dei firmatari del documento di sostegno alla candidatura a Presidente Nazionale di Mario Barbuto, di cui apprezzo il lavoro svolto in questo breve periodo di presidenza.
Mi sento di affermare che i canditati al Consiglio Nazionale non debbano avere programmi individuali. Infatti ritengo che il programma dell’Associazione debba essere unico e condiviso. Esso non può che basarsi sui tre elementi fondamentali individuati nel 1920 dai “padri fondatori” e che vengono ben enunciati nello Statuto Sociale: “Istruzione, Lavoro, Assistenza”.
Tre capisaldi all’interno dei quali è possibile declinare la tutela e l’esigibilità dei diritti inalienabili conquistati dai ciechi delle generazioni precedenti e quelli che vanno difesi, migliorati e adeguati alla società attuale in continua e veloce trasformazione.
Ogni dirigente associativo, qualunque sia il ruolo che ricopre, non può esplicare la sua azione politica che operando all’interno di quei capisaldi.
Dunque non mi dilungherò né sul diritto alla cultura nei suoi vari aspetti, né sul diritto al lavoro, o sull’accessibilità o sulla questione dell’ISEE, etc.; mi limiterò ad alcune riflessioni, senza la pretesa di essere originale.
L’Associazione, nella ricchezza delle sue articolazioni, dovrà adeguare la sua organizzazione rendendola più democratica e realmente partecipativa. In questa direzione vanno molte delle proposte di modifica allo Statuto sociale che, se approvate dal Congresso per la loro efficace portata, costituiranno da un lato un maggiore ed effettivo riconoscimento della volontà dei soci (e non soltanto dei dirigenti), e dall’altro una limitazione dei poteri degli organi statutari, garanzia questa di qualsivoglia impianto democratico.
L’Associazione, dunque, dovrà correggere una certa commistione, cui si è assistito, nelle funzioni e nei ruoli specifici degli organi statutari. Perché l’azione politica sia efficiente ed efficace, si dovrà evitare la sovrapposizione o, peggio, il disconoscimento dei singoli organismi istituzionali; per chiarezza: la funzione politica e la funzione esecutiva. Al Consiglio Nazionale deve essere restituito e riconosciuto il suo ruolo di organismo politico, dove il programma viene elaborato e modificato in conseguenza dei mutamenti che si presentano nel corso della consiliatura; alla Direzione deve essere riconosciuto il ruolo propositivo unitamente al ruolo esecutivo; ciò non rappresenta affatto una “diminutio”, ma, al contrario, si configura come una importante funzione di attuazione, nell’individuazione di strategie, metodi e strumenti, calibrati per i diversi ambiti, finalizzati al perseguimento ed al raggiungimento degli obiettivi politici individuati dal Consiglio Nazionale, di cui la Direzione è parte integrante, così come parte integrante ne sono i Presidenti Regionali, garanti delle esigenze diversificate dei territori.
3) La funzione decisionale, insomma, non dovrà più essere affidata a conventicole o ad oligarchie che si compongono e si ricompongono in base a variabili e criteri soggettivi o personalistici, ma dovrà essere effettiva assunzione di responsabilità da parte degli organi statutari, ognuno per la parte di propria competenza. Ritengo che in questo risieda il vero metodo democratico e consultivo.
4) La formazione dei dirigenti, a qualsivoglia livello, deve diventare effettiva e permanente. Il continuo susseguirsi di norme in tutti i settori, le “riforme” in atto e la loro attuazione, i mutamenti istituzionali del Paese uniti a quelli amministrativi, richiedono una informazione corretta ed una conoscenza chiara da parte di chi ha l’onore e l’onere di dirigere, a qualunque livello, l’Associazione. La formazione, ripeto, deve essere permanente, organizzata con scansioni precise e sostenibili, evitando certi impianti narrativi od omiletici cui talvolta si è stati sottoposti. Sarà pur vero, come si legge, che i Presidenti non devono né fare né sapere tutto, però, essendo essi gli interlocutori politici privilegiati (senza nulla togliere agli altri dirigenti), non possono essere privi della contezza su ciò e su quanto si va modificando o aggiornando.
5) Il Centro Polifunzionale per le persone cieche con minorazioni aggiuntive ha in questi mesi mosso i primi, faticosi, ma significativi passi: è stato salvaguardato il finanziamento pubblico a suo tempo ottenuto (cosa, come si sa, non scontata); con procedure pienamente trasparenti è stata acquistata una sede idonea, che, e sempre in piena trasparenza, verrà adeguata alle esigenze del Centro. Il Centro Polifunzionale di Alta Specializzazione rappresenterà la sfida dei prossimi anni, per la nostra Associazione così come per la Federazione delle Istituzioni pro Ciechi: occorreranno capitale umano, risorse economico-finanziarie, nonché una forte condivisione associativa nella consapevolezza che esso potrà rappresentare un punto di riferimento per gli utenti e per le loro famiglie.
6) Una associazione forte e riconosciuta come la nostra dovrebbe aprirsi alla solidarietà globale. In continenti diversi dal nostro, in condizioni di sottosviluppo, il numero dei ciechi è sicuramente altissimo e le condizioni di vita, di istruzione, sanitarie e lavorative, sono molto difficili. La conquista dei diritti fondamentali è lì ancora assai lontana e, allo stato delle cose, non facilmente attuabile per le motivazioni che ognuno può comprendere. Tuttavia bisognerebbe intraprendere delle azioni solidali e di sostegno alla emancipazione dei ciechi, unitamente ad organizzazioni presenti su quei territori, azioni che possano alimentare il sogno di una vita migliore. Non so bene cosa suggerire, ma auspico che questa mia proposta possa trovare accoglienza ed essere materia di approfondimento comune.

A chi condivide queste poche riflessioni, a chi ha apprezzato il mio operato nell’Associazione, chiedo un riconoscimento in Congresso con l’espressione di voto favorevole alla mia candidatura.

Annita Ventura

Per contatti:
cell. 348 65 86 086
e-mail ventura.annita@gmail.com