Intervento del Presidente Nazionale al FAND DAY
Buongiorno a tutti,
benvenuti al FAND DAY, vi porto il saluto dei ciechi e degli ipovedenti italiani, di quelli che sono qui presenti in sala venuti da ogni parte d'Italia e di quelli che ci ascoltano attraverso la rete internet.
Ho deciso di rinunciare a parlare dei problemi dei ciechi e degli ipovedenti per dare spazio alla presentazione di un ordine del giorno relativo all'I.S.E.E., l'indice della situazione economica equivalente, sicuramente di interesse più generale. Lo faccio nella mia veste di Presidente onorario della FAND e ringrazio i colleghi che me lo hanno consentito.
L'ordine del giorno contiene le varie tappe del processo che ha portato alla stesura definitiva del Decreto; processo che ha visto coinvolte tutte le associazioni di disabili e le altre parti sociali, in un confronto serrato con il Governo che aveva impostato l'articolo 5 della "Legge di Stabilità" con l'unico obiettivo di effettuare dei forti risparmi sulla spesa pubblica.
Non passerò in rassegna le varie tappe di questo processo, mi limiterò a dire dove abbiamo vinto e dove abbiamo perso. Abbiamo vinto quando siamo riusciti ad ottenere che l'indennità di accompagnamento, così genericamente detta, non fosse assoggettata al reddito né individuale, né familiare: è stata una grande vittoria nella quale eravamo in pochi a credere. Abbiamo perso quando non siamo riusciti ad evitare che dette indennità e tutte le altre prestazioni economiche a qualsiasi titolo erogate, facessero parte del reddito che doveva determinare il diritto a ricevere le prestazioni dei servizi. Abbiamo perso quando non abbiamo ottenuto il raddoppio delle franchigie pensate per compensare i disagi prodotti dalla disabilità.
L'ordine del giorno in parola invita il Governo a non presentare il Decreto sull'I.S.E.E. o in subordine a presentarlo accogliendo le richieste dei disabili sopracitate.
Fin qui il contenuto dell'ordine del giorno, ora vorrei spendere qualche parola sulla strategia da adottare per farlo accogliere. La Fand deve decidere se intestarsi in esclusiva questa battaglia o chiedere il coinvolgimento di tutte le organizzazioni che hanno partecipato alla stesura del Decreto che, dopo aver superato gli scogli del Consiglio dei Ministri, delle Commissioni competenti, delle due Camere, del Consiglio di Stato, si è arenato nelle secche della Conferenza delle Regioni e, per fortuna, il Governo uscente non è riuscito a ripresentarlo a fine Legislatura. L'alternativa, dunque, è tra una battaglia solitaria o in compagnia di altri soggetti sociali.
Personalmente propendo per la seconda ipotesi: ritengo che sia finito il tempo per le battaglie solitarie e che di fronte alla crisi finanziaria, economica, sociale, morale, politica e culturale che attraversa l'intero pianeta, sia necessario unire le forze per ricacciare indietro tutti i tentativi in atto, anche nel nostro Paese, di esclusione sociale.
Due esempi per tutti: la feroce campagna contro i falsi invalidi e la cancellazione dalle ultime leggi finanziarie, pressoché totale, di tutti i capitoli relativi al sociale, con grave pregiudizio dell'accesso all'istruzione, alla formazione professionale, all'impiego, alla riabilitazione, alla prevenzione, all'informazione, alla cultura, ai beni culturali, al tempo libero. Lo stato sociale ormai è solo un ricordo. Non è questa la sede per un'analisi, ma è innegabile che l'inversione di tendenza sia dovuta al progressivo affermarsi del capitalismo, in America con Reagan e in Inghilterra con la Thatcher. Il massimo degli effetti negativi del capitalismo si verifica con l'avvento della globalizzazione che celebra il capitalismo finanziario più selvaggio, con la deificazione del denaro per il denaro, il potere per il potere, il successo per il successo. Un complesso di valori che sono agli antipodi della cultura e della civiltà mediterranea che affonda le sue radici nel Cristianesimo ed ha il suo fondamento nel principio di solidarietà.
È il tempo delle multinazionali senza scrupolo, dei signori della finanza che spostano i loro capitali nei paradisi fiscali e si fanno scudo delle organizzazioni sociali per mascherare i loro trucchi, i loro imbrogli, volti a bypassare le leggi dello Stato. Il trionfo della finanza in economia ha prodotto devastanti effetti negli equilibri sociali: il 10% della popolazione possiede il 90% della ricchezza mondiale, là dove prima esisteva un solco profondo tra ricchi e poveri, ora è stato scavato un vero e proprio abisso, con grande pregiudizio dei più deboli e fra i più deboli i disabili.
Di fronte ad un tale stato di fatto non possiamo rimanere inerti, neutrali, dobbiamo innalzare la bandiera della resistenza e batterci per una diversa visione della vita che rovesci la scala dei valori esistenti e ponga l'uomo con la sua dignità al centro dell'impegno sociale.
Dobbiamo utilizzare l'arma dei diritti umani, dobbiamo rivendicare il diritto ad avere i diritti, come sostiene Stefano Rodotà nel suo ultimo libro. Diritti che sono largamente presenti nella Costituzione del nostro Paese, si pensi al principio della solidarietà dell'articolo 2, al principio di uguaglianza dell'articolo 3, al principio di assistenza dell'articolo 38, principio che ritroviamo nella Carta di Nizza del 2000 sui Diritti fondamentali dell'uomo e ancora più presenti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
È tempo di dire basta al primato dell'economia e batterci per il ripristino di quello della politica, della buona politica, perché la cattiva politica produce l'antipolitica e l'antipolitica il populismo che, incapace di spiegare i fenomeni sociali, si affida all'azione dell'uomo della provvidenza; noi dobbiamo batterci per un altro tipo di Stato, dobbiamo batterci per un pluralismo democratico, per la sovranità popolare, per la cittadinanza piena, per la partecipazione attiva dei cittadini: dobbiamo compiere una vera e propria rivoluzione copernicana.
Per compiere il miracolo di questo obiettivo, dobbiamo creare una forte alleanza fra tutti coloro che credono nei diritti umani, nel diritto di avere i diritti, e siamo tanti: il mondo della disabilità, le loro famiglie, il mondo del volontariato, il Terzo Settore, i disoccupati, i poveri; siamo davvero tanti, un fiume di energie che se correttamente incanalato può accendere più di una speranza.
Speranza che affidiamo al Vice Ministro Cecilia Guerra che per professione, cultura e scelta politica può sostenerci nel viaggio verso la civiltà dei diritti umani.
Grazie della vostra attenzione.