Oltre…
Al di là; dall’altra parte; oltre. Di più, in più, più in là, più lontano…
Con occhi verso l’Oltre, dobbiamo imparare a guardare alla vita di tutti i giorni da persone tra le persone e da dirigenti tra i dirigenti della nostra grande Associazione.
E per andare “oltre” abbiamo bisogno di toccare con mano, senza lasciarci avvolgere soltanto dalle parole e dal loro suono.
È vero! Il diritto della parola è inalienabile per tutti gli esseri umani. Mai più dovrà essere messo in discussione. E tuttavia proprio la parola non può divenire mero fenomeno acustico; esercizio verbale fine a se stesso, privo di quel legame sostanziale tra apparenza e contenuto, perché altrimenti, finiremmo per parlare a vuoto: dei “massimi sistemi” o di povere banalità.
Almeno fin dal tempo della Rivoluzione Americana e Francese, la dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo ci dice che tutti gli esseri umani vengono al mondo liberi, uguali, fratelli; nutriti di quel diritto sacrosanto di parola, opinione, coscienza, fede… Quei diritti per i quali milioni di persone in ogni epoca, venute al mondo prima di noi, si sono dovute sacrificare, hanno dovuto sacrificare molte volte perfino la propria vita. Diritti sacri! Che abbiamo dunque il dovere di rispettare, tutelare e custodire. Quei diritti inalienabili dell’uomo, sanciti dalla nostra Carta Costituzionale e sì, certo, nel nostro piccolo, anche, dallo Statuto dell’Unione.
Quello Statuto che rappresenta la Carta costitutiva intorno alla quale tutti noi ci ritroviamo e ci riconosciamo sempre, perché incarna il patto di lealtà e onore che ciascuno di noi ha stipulato e stipula giorno per giorno, in ogni momento, con l’Associazione e con ciascuno degli altri associati, fin da quando gli viene riconosciuta la qualifica e consegnata la tessera di socio.
Incardinare una discussione sul tema della mancanza o restrizione del diritto di parola e di opinione, pertanto, potrebbe divenire esercizio assai rischioso e recare danno grave, non già a questa o quella persona, a questo o quel presidente Nazionale, Regionale, Sezionale; non alla Direzione, non al dirigente antipatico e cattivo, ma all’insieme degli Organi associativi.
Infatti, orecchie esterne che fossero chiamate ad ascoltare simile discussione nella quale mettiamo in dubbio al nostro interno l’intangibilità del diritto di parola, opinione, coscienza di ciascuno di noi, non ci prenderebbero sul serio oppure trarrebbero la triste conclusione che questa nostra Associazione meriterebbe di essere cancellata, perché indegna di annoverarsi quale parte del tessuto democratico del Paese.
E mai dobbiamo dimenticare, nella nostra responsabilità di soci e dirigenti, che orecchie esterne sempre ci ascoltano; occhi esterni sempre ci guardano; persone esterne sempre ci osservano. E più è elevata la nostra posizione di dirigenti, tanto maggiore deve essere la sensibilità personale e associativa verso l’immagine di noi Unione che proiettiamo all’esterno con gesti, parole e atti.
Oltre, dunque, guardiamo oltre. Per formulare proposte concrete, percorrere le vie più adatte ad affrontare e risolvere nel contempo gli affari più semplici e le problematiche più complesse.
Questa è l’unica strada sulla quale possiamo camminare come dirigenti responsabili e consapevoli; la strada che abbiamo l’obbligo di percorrere tutti insieme, tenendoci per mano, senza sgambetti o colpi bassi, senza pregiudizi e gelosie; a cuore aperto e mente libera.
Noi siamo stati chiamati dal nostro Congresso a stare insieme: ora dunque, dobbiamo stare insieme. Vincere insieme o cadere insieme; perché siamo l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e abbiamo il dovere di rappresentare la nostra Storia centenaria con l’orgoglio e l’umiltà che ci hanno insegnato i nostri “Padri fondatori” e predecessori.
Pochi giorni fa abbiamo salutato con gioia e sollievo la rielezione di Sergio Mattarella quale nostro “nuovo” Presidente della Repubblica.
Eppure in questa elezione si colgono tutte le fragilità di un sistema e tutte le incertezze di una classe politica che arranca nell’interpretare paure, aspettative e speranze di un Paese giunto oggi forse a uno snodo cruciale della propria storia.
Saremo chiamati di certo a vivere ancora tempi difficili, non solo e non tanto a causa della pandemia terribile di questi ultimi mesi, ma soprattutto per via del quadro politico incerto che rende instabile l’economia, precaria l’esistenza di tutti i giorni e pregiudica la fiducia nelle istituzioni a ogni livello.
Anche noi, dunque, l’Unione, siamo chiamati a fare i conti con questa situazione generale e fronteggiarla al meglio, mediante l’elaborazione di proposte e strategie che sappiano mantenere e rafforzare la nostra credibilità e autorevolezza, perché sia sempre assicurata ai ciechi e agli ipovedenti italiani quella voce forte che riesca a farsi ascoltare pur nel frastuono di un contesto complicato dove tutti parlano, mentre invece solo pochi agiscono e provvedono.
Abbiamo la responsabilità di portare questa Associazione sulle spalle di noi tutti per cinque anni; lo abbiamo chiesto, lo abbiamo ottenuto e ci è stato accordato dal Congresso appena un anno fa. Dentro le regole del nostro Statuto, dobbiamo dunque compiere insieme questo tratto di strada, senza velleitarie fughe in avanti e senza che alcuno si assuma la responsabilità tremenda di infliggere all’Associazione una stagione di turbolenza e instabilità.
Sì, insieme. Soltanto insieme. Per l’Unione!
Mario Barbuto – Presidente Nazionale UICI