Una bussola per orientarsi- Sviluppo nel non vedente, di Roberta Zumiani

Autore: Roberta Zumiani

Rubrica per genitori.

In questo numero, la dott.ssa Roberta Zumiani -psicologa della Cooperativa Sociale IRIFOR del Trentino- tratterà il tema dello sviluppo del bambino con nulla o ridotta capacità visiva.
Nel seguente articolo andiamo ad affrontare il tema della funzionalità visiva e lo sviluppo armonico in un bambino non vedente.
Con il termine non vedente indicherò di seguito sia il bambino cieco che ipovedente.
Nello specifico tratteremo la tematica dello sviluppo, evidenziando brevemente quanto la componente visiva incida sulla raccolta ed elaborazione delle informazioni visive e quale ricaduta la mancanza di tali feedback visivi possano avere sul bambino non vedente.
In particolare, in mancanza (o in presenza di una forte riduzione) della componente visiva, quali sono gli atteggiamenti che la famiglia deve assumere per fornire al bambino non vedente tutte quelle informazioni e quegli stimoli, che stanno alla base dello sviluppo dello stesso.
Il blocco dello sviluppo in un’area, infatti, se prolungato nel tempo e se si è in presenza di un ambiente sociale e famigliare che poco si adatta ai bisogni specifici del bambino non vedente, può compromettere l’intero sviluppo armonico dello stesso.
L’80% delle informazioni del modo esterno sono di tipo visivo. La vista è l’organo della sincresi, cioè permette di rielaborare anche le informazioni che derivano da altri apparati sensoriali e le fa proprie, per una risposta immediata. Per esempio se vedo un tavolo già posso dire se è fatto di legno, se è pesante, se è freddo… quindi attraverso l’atto del vedere posso raccogliere informazioni velocemente e che dipendono dagli altri sensi (tatto, olfatto, propriocezione, udito). Attraverso la vista e i continui feedback con il mondo esterno il bambino normalmente fa esperienza attraverso i 5 sensi e poi raccorda tutte queste esperienze ed impara a leggerle e categorizzarle in un codice visivo che fa sincresi di tutte le altre esperienze sensoriali.
L’attivazione cognitiva avviene per il 60% attraverso stimoli visivi, in tal senso si dice che lo sviluppo della funzione visiva è alla base della strutturazione psichica della persona.
Già dagli studi di J. Piaget (1972) emerge come lo sviluppo proceda a stadi.
La neuroscienza ha dimostrato, negli ultimi decenni, come apprendimento e maturazione biologica procedano con un andamento a spirale nello sviluppo dell’uomo.
La MATURAZIONE BIOLOGICA è un fenomeno caratterizzato in senso biologico e riguarda le strutture di cui un soggetto è dotato fin dalla nascita.
L’APPRENDIMENTO è definito come un qualcosa che il bambino ricava dal funzionamento delle proprie strutture biologiche.
A questi due processi, per lo sviluppo della persona va aggiunto un terzo elemento fondamentale, l’AMBIENTE.
L’ambiente interagisce influenzando lo sviluppo biologico e l’apprendimento, grazie alla tipologia degli stimoli permette di accelerare o di bloccare lo sviluppo del bambino.
Si pensi ai bambini che non possono ricevere stimoli e sollecitazioni positive in quanto vivono in orfanotrofio, il loro sviluppo può anche subire un blocco, che può comportare poi seri problemi anche a livello cognitivo.
Entrando nello specifico nel tema della funzionalità visiva e sviluppo è importante sapere che la funzione visiva non rappresenta una componente innata ma, il sistema visivo si sviluppa ancora dopo la nascita.
È il sistema più immaturo al momento della nascita, il bambino non coordina ancora gli occhi e riesce a mettere a fuoco ad una distanza di soli 20-30 cm (distanza seno-volto). E comunque gli stimoli visivi che gli pervengono non hanno per lui ancora alcun senso, in quanto non riesce a dar loro alcun significato, manca l’esperienza!
Questo ci dice come la VISTA rappresenti solo una componente sensoriale del circuito visivo.
Mentre la più complessa funzione visiva comprende anche fenomeni PERCETTIVI, GNOSICO-PRASSICI e COGNITIVI. Nel processo del vedere quindi è il nostro cervello che percepisce l’oggetto, attraverso un complesso meccanismo di memoria, confronto, relazione e fantasia. Il vedere deve essere appreso fin dalla prima infanzia.
Quindi la vista è espressione funzionale dell’occhio, organo di senso, mentre la funzione visiva esprime l’attività di numerose strutture neuronali e, studi recenti, hanno dimostrato l’importanza della funzione visiva nella strutturazione delle funzioni neuropsichiche.

Con i lavori di J. Piaget (“La nascita dell’intelligenza nel fanciullo”, 1972) si inizia a documentare l’esistenza di vari stadi all’interno dello sviluppo infantile. Inizia ad emergere l’idea di maturazione biologica distinta da apprendimento, ma comunque unite tra di loro. La maturazione, infatti, è un fenomeno caratterizzato in senso biologico, poiché riguarda la struttura di cui un soggetto è dotato fin dalla nascita. L’apprendimento invece è definibile come qualcosa che il bambino ricava dal funzionamento delle proprie strutture biologiche e che, a sua volta, orienta il funzionamento delle strutture stesse. Quindi tutti i settori dell’evoluzione si sviluppano con un andamento a spirale, in cui i fenomeni maturativi sono seguiti da fenomeni di apprendimento e viceversa.
In questa chiave di lettura manca ancora però la DIMENSIONE AMBIENTALE, elemento che va ad influenzare l’evoluzione del bambino. Cioè la maturazione e lo sviluppo di una persona dipendono anche dagli stimoli che riceve nell’ambiente in cui vive. Stimoli eccessivi possono bloccare lo sviluppo di un bambino quanto la mancanza di stimoli.
Entrando un po’ più nello specifico dello sviluppo psicologico e cognitivo del bambino non vedente è fondamentale tenere a mente che la grave disabilità visiva congenita o precoce interferisce su numerose aree di sviluppo perché la funzione visiva è uno strumento di interazione con la realtà privilegiato rispetto ad altri canali sensoriali sia per le sue caratteristiche funzionali sia per la precocità dei suoi processi di sviluppo (M. Cannao).

Quindi il canale visivo ha un ruolo fondamentale per un adeguato sviluppo cognitivo.
Le abilità cognitive si sviluppano nei primi anni di vita attraverso un confronto attivo del bambino con il mondo materiale, sociale e spaziale.
Lo sviluppo cognitivo è un processo composto dal cogliere un’informazione, elaborarla ed agire attivamente.
È attraverso l’esperienza corporea e la propria fisicità che il bambino entra in contatto con il mondo esterno e impara a conoscere le cose, gli oggetti che lo circondano e attraverso la vista il bambino fa memoria e coordina tutte le esperienze.
Grazie alla manipolazione degli oggetti può costruirsi anche l’idea di permanenza dell’oggetto (il biberon è sempre lo stesso che lo prenda in mano vuoto o pieno, che lo ruoti in senso orario o antiorario), e questa continua interazione tra bambino e mondo esterno sta alla base dello sviluppo cognitivo. Grazie alla vista, infatti, il bambino è motivato a ricercare il giochino e a tentare di afferrarlo, e questo aspetto influenza apprendimenti non solo sul piano del movimento ma anche sul piano del coordinamento occhio-mano e sul piano cognitivo. Il bambino durante la manipolazione del gioco cerca di capire a cosa serve, come si usa, e, in questo modo, si attivano processi di memoria, ricercando il confronto con altri giochini simili.
La “percezione” è il processo mediante il quale traiamo informazioni sul mondo nel quale viviamo.
Non si tratta di una semplice registrazione passiva dei messaggi che l’ambiente invia agli organi di senso, ma dell’elaborazione cognitiva dei dati sensoriali, mediata dall’esperienza diretta e dall’ambiente.
Non è facile distinguere, in questo processo, dove finisce il versante sensoriale e dove iniziano le competenze cognitive.
Per giungere alla conoscenza quindi un bambino deve anche costruirsi la capacità mentale di comprendere la permanenza dell’oggetto. Cioè un oggetto continua ad esistere anche se momentaneamente non lo vede o non lo ha in mano.
Nel bambino normovedente tale capacità compare verso i 6-7 mesi e questo gli permette di fare tutta una serie di inferenze oltre a rassicurarlo, ad esempio, rispetto all’imminente ricomparsa della madre dopo brevi momenti di distacco. La permanenza dell’oggetto è alla base dello sviluppo affettivo di una persona.
Un bambino che ci vede può tranquillamente, seduto sul suo seggiolone, seguire i movimenti della madre, che entra ed esce dalla stanza. Un bambino non vedente, mancando il feedback visivo, ha più difficoltà e impiegherà più tempo per poter comprendere che la madre continua ad esistere anche se non lo tiene direttamente in braccio! Sicuramente un modo efficace per aiutare un bambino non vedente a costruirsi il concetto di permanenza dell’oggetto è permettergli di seguire gli spostamenti, ad esempio, della madre, che continua a parlare da una stanza all’altra. Questo semplice accorgimento permette al bambino di sentire ininterrottamente la voce della madre che si allontana e si avvicina durante le sue faccende domestiche. L’azione ha due valenze positive, da una parte permette al bambino di costruirsi nuove strutture cerebrali che supportano l’idea di permanenza dell’oggetto, dall’altra permettono al bambino e alla madre di fare un’esperienza positiva di separazione e di identificazione, che sta alla base della costruzione dell’identità.
Altro aspetto fondamentale per promuovere lo sviluppo armonico della persona è la componente fisica. La conoscenza dello schema corporeo e il movimento sono anche alla base dello sviluppo cognitivo.
È importante quindi facilitare la competenza motoria anche nel bambino non vedente, nonostante la fatica e l’inevitabile frustrazione che inizialmente genitori e bambino dovranno vivere assieme. Il movimento è uno dei primi stimoli che permette di sviluppare le basi dell’intelligenza, base per i futuri apprendimenti cognitivi. Mentre un bambino normovedente, grazie agli stimoli visivi, è più stimolato a muoversi e a padroneggiare con lo sguardo lo spazio intorno a sé, un bambino con una grave minorazione visiva tende a rimanere fermo nella posizione in cui viene messo e non ha motivo per iniziare il movimento. Fondamentale in questo frangente risulta l’intervento dell’adulto, che lo stimola, attraverso la voce, attirando l’attenzione del bambino e facendo rumore con il gioco. La palla sonora con cui gioca ad un certo punto smette di fare rumore e il bambino non sa che la palla continua ad esistere, e non ha ancora sviluppato le basi necessarie per orientarsi dove la palla potrebbe essere rotolata, quindi non si muove, aspetta. Imparare a leggere i segnali che il bambino invia è importante per poterlo stimolare nella maniera più adeguata, rispettosa dei suoi tempi, ma cogliendo anche la naturale spinta evolutiva innata che appartiene ad ogni bambino, cioè quella curiosità verso il mondo, che fa parte dell’essere bambino.
Spesso i genitori faticano a leggere i segnali di attività del proprio piccolo non vedente (per esempio con uno stimolo uditivo la reazione del bambino è quella di girare l’orecchio verso il suono, quindi allontana lo sguardo; i genitori pensano che non sia interessato all’oggetto e lo mettono via, invece di porgerglielo).
Altro aspetto che caratterizza i bambini non vedenti è il ritardo che si può riscontrare ache grandi ritardi sull’elaborazione mentale dello spazio, in modo particolare possono avere difficoltà sul concetto di spostamento dell’oggetto nello spazio. Infatti, a differenza dei bambini normovedenti che possono controllare l’oggetto nella posizione di partenza, l’oggetto in movimento ed infine nella posizione di arrivo, il bambino non vedente ha il solo controllo dell’oggetto nella posizione di partenza e talvolta in quella di arrivo.
Un ritardo nello sviluppo motorio di 2-5 mesi è nella norma per un bambino non vedente. L’importante è che i genitori non manchino di stimolare adeguatamente il bambino, perché ci sia la voglia, la curiosità e il piacere del gioco.
Lo sviluppo percettivo e cinestesico è un altro elemento fondamentale per rendere un domani autonomo il bambino non vedente.
In questo caso è fondamentale essere consapevoli che il livello di organizzazione delle percezioni tattilo-cinestetiche è inferiore rispetto a quello delle percezioni visive. L’esiguità del campo di apprendimento tattile, il suo carattere successivo e frammentario, la necessità di una sintesi finale per ricostruire gli oggetti nella loro totalità, rendono difficili l’apprendimento delle relazioni spaziali e la strutturazione dei dati percepiti. Si dice che la persona non vedente scopre il mondo palmo a palmo, un pezzo alla volta, con tempi più lunghi e con una più elevata attenzione e concentrazione. Questo comporta che l’apprendimento attraverso modalità tattile non può rimanere un atteggiamento passivo, ma ha bisogno di essere continuamente e costantemente riattivata attraverso i movimenti di spaziatura dei recettori, in quanto la percezione tattile si smorza facilmente.
Perché il bambino cieco possa essere curioso e quindi motivato a toccare ed esplorare il mondo circostante (spazio-stanza, oggetti), è molto importante che l’adulto lo aiuti e lo guidi a conferire sostanzialità fisica alle sollecitazioni uditive!

Nell’acquisizione del linguaggio si rileva un ritardo significativo in presenza di una minorazione visiva più legata alla ricerca del significato delle parole, anche se non vi è ritardo nella produzione del linguaggio.
La visione rappresenta il mezzo più diretto e precoce per la costruzione di una funzione simbolica e quindi per favorire lo sviluppo del linguaggio.
Il bambino deve essere in grado di costruire una rappresentazione mentale di un oggetto prima di potersi riferire a questa immagine mentale con una parola. Le parole sono simboli, immagini mentali. Risulta quindi fondamentale poter far esplorare l’oggetto anche tattilmente al bambino non vedente, in modo che possa costruirsi un’immagine mentale globale dell’oggetto e fare una sincresi delle sue caratteristiche principali. Per esempio la palla, non è solo un suono, un rumore di rimbalzi, ma è anche sferica, ha un suo volume, un peso e una texture che la caratterizzano. Inoltre il poterla maneggiare, il poterci giocare permette al bambino non vedente di categorizzare l’oggetto in base alle caratteristiche per la funzionalità del nome “palla”.
Normalmente nel bambino non vedente si presentano difficoltà nell’uso corretto di pronomi personali e possessivi, legato proprio alla mancanza del feedback visivo. Questo gap si colma normalmente verso i 5 anni.
Particolare attenzione invece va posta all’uso del linguaggio ecolalico, cioè la ripetizione vuota di parole o frasi.
I bambini non vedenti rimangono a lungo con giochi che si riferiscono al proprio corpo o con una manipolazione ed esplorazione indifferenziata degli oggetti.
Il bambino non vedente apprende le informazioni dall’ambiente attraverso l’uso dei sensi vicarianti. Non può ricorrere alla strategia imitativa, tipica modalità di apprendimento del bambino normovedente. Quindi il tatto e la percezione aptica rappresentano le modalità privilegiate per pervenire alla costruzione di nuovi concetti, ma occorre anche il contributo degli altri sensi ed in particolare dell’udito.
L’esplorazione dell’ambiente attraverso il tatto è un’esplorazione lenta, limitata, legata alla motricità fine, alla capacità di coordinazione, alla bimanualità, tappe che maturano in tempi diversi.
Per aiutare un bambino non vedente nello sviluppo è necessario stimolare la prestazione motoria con strategie specifiche.
Incentivare il bambino alla verbalizzazione delle esperienze, stabilire in modo chiaro e preciso i punti di partenza e di arrivo di ogni percorso da eseguire, iniziare l’attività in ambiente protetto e soprattutto motivare il bambino al compito, presentando il compito in modo giocoso e divertente. Ma deve essere divertente sia per il bambino sia per l’adulto, perché l’apprendimento passa soprattutto attraverso la relazione!
Per permettere al bambino non vedente uno sviluppo armonico l’ambiente famigliare deve migliorare le competenze sensoriali, psicomotorie e neuropsicologiche del bambino promuovendo lo sviluppo dei canali sensoriali residui e, come detto prima, la curiosità nei confronti della realtà che lo circonda.

Dott.ssa Roberta Zumiani
Psicologa della Cooperativa Sociale IRIFOR del Trentino e
Componente del gruppo di lavoro per il Sostegno Psicologico per i Genitori dei ragazzi ciechi ed ipovedenti