Riflessioni per la Giornata Nazionale del Braille (21 febbraio)
Siamo a un passo dalla Giornata Nazionale del Braille, che si celebra ogni anno il 21 febbraio: è l’occasione per ricordare, ancora una volta, l’importanza e l’attualità di un codice che da sempre è sinonimo di inclusione.
Quando, nel diciannovesimo secolo, la genialità di Louis Braille diede vita al sistema di lettura e scrittura a sei punti in rilievo, prese avvio una rivoluzione culturale senza precedenti per la comunità delle persone cieche. Fino a quel momento, infatti, i ciechi non avevano alcuna possibilità di leggere e scrivere in autonomia: serviva qualcuno che lo facesse per loro. Di conseguenza non potevano accedere, se non per interposta persona, al patrimonio librario, né potevano ambire a quella preparazione culturale indispensabile per svolgere incarichi di responsabilità e interagire compiutamente con l’ambiente circostante.
Da quando esiste, la scrittura Braille ha permesso a centinaia di migliaia di disabili visivi in tutto il mondo di studiare, di inserirsi nel tessuto sociale, di contribuire al progresso, alle arti, allo sviluppo di un pensiero critico. Generazioni di lavoratori (fisioterapisti e centralinisti telefonici, ma anche insegnanti, avvocati, musicisti ed esperti in molti altri ambiti) hanno potuto formarsi e conseguire i titoli di studio necessari usando questo codice e continuando a utilizzarlo nello svolgimento della loro professione.
Con l’avvento dell’informatica e con gli straordinari progressi nelle nuove tecnologie, qualcuno potrebbe pensare che la scrittura in rilievo, ormai superata, sia da mandare in soffitta. Personalmente credo che, al contrario, il mondo digitale sia un’occasione di rilancio per l’alfabeto tattile: infatti i dispositivi braille collegati con i pc o con gli smartphone permettono di accedere all’universo della rete: siti di informazione, giornali, ma anche libri e contenuti su qualsiasi argomento diventano, letteralmente, a portata di mano.
Credo anche che il solo dato sonoro, pur utilissimo, non sia sufficiente alla conoscenza profonda della realtà: fin dalla scuola primaria, i bambini hanno bisogno di confrontarsi con il testo scritto per imparare la grammatica. E per apprendere una lingua straniera è fondamentale capire come sono scritte le parole e come è costruita la frase. Ecco perché il codice braille ha un ruolo insostituibile nel percorso formativo. Dire a un ragazzo cieco che può fare a meno del braille significa privarlo di uno strumento cognitivo di fondamentale importanza, negargli un’opportunità di inclusione e autonomia che non ha eguali.
Da questa consapevolezza deriva l’impegno dell’Unione Ciechi per una didattica a tutto campo, che includa braille e nuove tecnologie, strumenti, come abbiamo visto, perfettamente compatibili. Grazie a possibilità che fino a un ventennio fa erano del tutto inimmaginabili, oggi, per chi non vede, il mondo della cultura è senz’altro più accessibile rispetto al passato e abbiamo ragione di sperare che il futuro sarà ancora più inclusivo. Ma gli strumenti, da soli, non bastano. Ciò che serve, prima di tutto, è una grande preparazione, ottenuta con percorsi coerenti e impegno quotidiano. Ragazzi, ora la palla è nel vostro campo. E noi, come associazione, faremo di tutto per essere al vostro fianco, anche con il braille.
Giovanni Laiolo
Presidente UICI Torino