Torino: Enzo Tomatis insignito del Sigillo Civico, di Alex Melis

Autore: Alex Melis

Nella bellissima cornice della Sala Rossa il Sindaco di Torino Piero Fassino conferisce al nostro socio il prestigioso riconoscimento della Città di Torino

“L’Unione Ciechi e Ipovedenti ha dato a me più di quanto le abbia dato io”. Sono state queste le prime parole che un emozionatissimo Enzo Tomatis ha pronunciato in Sala Rossa, la splendida sede del Consiglio comunale di Torino, dove il 10 novembre ha ricevuto direttamente dalle mani del sindaco Piero Fassino il prestigioso Sigillo Civico. Un riconoscimento che in passato, come ha ricordato il presidente del consiglio comunale Giovanni Porcino, è stato conferito ad altri illustri torinesi come Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone. Emozionato come poche volte è capitato di vedere anche a chi lo conosce bene, Tomatis ha esordito con quella frase che rispecchia perfettamente un personaggio poco incline a parlare di sé in pubblico, dove invece è sempre pronto a perorare la causa della sua associazione. E in Comune lo sanno bene…
Una vita intensa, la sua, che per ovvi motivi di tempo il consigliere comunale Andrea Araldi ha potuto ripercorrere solo per sommi capi nel presentare Tomatis, facendo ricorso anche ad alcuni simpatici aneddoti riguardanti sia la sua vita privata che quella lavorativa.
Nella stessa occasione sono stati premiati anche Paolo Osiride Ferrero, Vincenzo Bozza e Piera Parnigoni in Civallero altri personaggi attivi da decenni nel sociale e tutti accomunati non solo dall’impegno in favore dei più deboli, ma anche dall’aver operato a vario titolo nel CSA – Coordinamento Sanità e Assistenza, di cui Tomatis è stato uno dei fondatori: con un pizzico di nostalgia ha ricordato quegli anni pioneristici quando, ogni settimana, si ritrovava in una piccola stanzetta con il suo amico Santanera per dare vita a quella che è stata, a tutti gli effetti, la prima forma di cooperazione e trasversalità tra importanti associazioni torinesi. Altri tempi, tempi in cui un riconoscimento come il Sigillo Civico per meriti sociali era un evento tutt’altro che scontato anche nella la città dei “Santi Sociali”, come ricordato da Fassino nel suo bellissimo excursus sul welfare torinese.
Ed erano gli anni settanta quando Tomatis maturò la convinzione che le cose andavano cambiate. Serviva un segnale forte, una svolta, che venne data. Fino ad allora, infatti, la vita di un cieco torinese era inesorabilmente legata all’Istituto dei Ciechi di via Nizza: ciechi che frequentavano scuole per ciechi, con insegnanti ciechi, praticamente ghettizzati. Tomatis, che non è un uomo dalle mezze misure, si prese la responsabilità di far chiudere lo storico Istituto dei Ciechi: una provocazione, certo, che però sortì l’effetto sperato. I bambini, seppur con minorazioni visive, potevano finalmente frequentare le scuole pubbliche del proprio quartiere, e quella che inizialmente sembrava a entrambe le parti una “convivenza forzata”, si trasformò ben presto in integrazione scolastica, e poi in integrazione sociale.
No, questa volta proprio non si può sottrarre all’abbraccio che Torino, la città che lo ha adottato, gli ha voluto tributare. Una città che ha lasciato solo negli “anni romani”, come li definisce lui, quando è entrato a far parte della Direzione Nazionale dell’UICI per dirigere il “Centro Regionale Sant’Alessio – Margherita di Savoia per i Ciechi”, ma soprattutto per occuparsi dei rapporti con il Parlamento, l’unico modo per salvaguardare i diritti dei minorati della vista proprio nel luogo dal quale oggi arrivano le insidie maggiori, come dimostra l’iter della nuova legge di Stabilità.
Nonostante le tante difficoltà, Tomatis è sempre andato dritto per la sua strada, ovvero salvaguardare la dignità dei ciechi e degli ipovedenti, con un’attenzione particolare ai più indifesi tra i deboli: i pluriminorati. E’ proprio a loro che dedica il suo ultimo pensiero, chiedendo a tutta la città di riconsegnare alla sezione UICI di Torino lo stabile di via Nizza per dare vita al “Dopo di noi”, un centro per l’accoglienza dei pluriminorati rimasti soli, da realizzare in quella che fu la casa dei ciechi. Un ultimo desiderio, per chiudere un cerchio. L’amico Fassino, preoccupato, scuote la testa, ma gli scappa un sorriso: Tomatis non cambierà mai.

Alex Melis