Tolleranza, inclusione, cultura, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Il mese di febbraio, per i ciechi italiani, è un mese straordinario poiché, grazie al grandissimo lavoro dell’Unione Italiana Ciechi, dal 2007 è entrata in vigore la legge che decreta la celebrazione nazionale della giornata del Braille, al cadere del 21 febbraio di ogni anno. Per parlare di questo argomento ho deciso di utilizzare queste tre parole “tolleranza, inclusione, cultura” come ausilio in questa veloce riflessione. Iniziamo da tolleranza, ricordando insieme il significato della parola “Atteggiamento di rispetto o di indulgenza nei riguardi dei comportamenti, delle idee o delle convinzioni altrui, anche se in contrasto con le proprie”. Questo nuovo anno è iniziato con una scia pericolosa di fanatismo e radicalismo che mal si coniugano con la parola democrazia. Ciò non può essere tollerato da un ente come il nostro che crede in “una società di tutti e per tutti” e questa bandiera è diventata l’emblema e l’essenza delle politiche rivendicative, mai volte al pietismo ed all’assistenzialismo ma al riconoscimento del lavoro che svolge la nostra associazione e alle direttive che intende dare per lo sviluppo della vita sociale dei ciechi e degli ipovedenti italiani. In questi anni, perciò, abbiamo deciso di intraprendere un ulteriore percorso nel confronto con tutte le agenzie responsabili della crescita del paese, aprendo le porte della nostra associazione alle istituzioni affinché i nostri interlocutori possano conoscere e comprendere quanto l’UICI sia rispettosa delle idee, convinzioni e pensieri altrui ma, al contempo, determinata nel far capire che nessuno può decidere della vita dei ciechi senza i ciechi stessi. Per questo chiediamo tolleranza, perché il nostro obiettivo finale era e resta l’inclusione. Mi fermo ancora una volta ad aprire il vocabolario per ricordare il significato di “inserimento stabile e funzionale”. L’UICI sin dalla sua fondazione ha mirato ad arrivare ad una condivisione dei processi di costruzione di percorsi idonei all’istruzione, alla formazione, al lavoro, insomma ad una vita quotidiana che lasci ai ciechi e agli ipovedenti le sole difficoltà della vista senza permettere che si costruiscano muri mentali che frenino il sogno e l’aspirazione dei minorati della vista italiani. Alla vigilia delle celebrazioni del centenario della fondazione dell’Unione Italiana Ciechi vorremmo tanto festeggiare un mutamento sostanziale e concreto dell’assetto sociale dell’Italia. Vorremmo, finalmente, arrivare a quell’inserimento stabile e funzionale dei ciechi e degli ipovedenti all’interno della società e poter testimoniare che attraverso la tolleranza si è potuti arrivare ad un’inclusione che è divenuta acquisizione culturale.
Nelle pagine del giornale troverà ampio spazio la parola cultura, per cui vi risparmio il vocabolario ma non mi sottraggo ad un’ultima riflessione che accompagnerà, in maniera particolare, questo mese speciale e ricco d’impegno per il nostro sodalizio. Pur mantenendo un confronto dialettico forte ed acceso, l’UICI ha saputo far breccia nel cuore del legislatore italiano ottenendo alcuni riconoscimenti nei principi fondamentali della missione del nostro Ente. Vorrei per questo tornare al 3 agosto 2007 quando il Parlamento italiano riconosce dignità di lingua da proteggere e tutelare al Braille con l’approvazione della legge 126. L’articolo 2 della legge impegnava le amministrazioni pubbliche a poter promuovere ogni anno il 21 febbraio attività di sensibilizzazione e informazione sull’importanza del Braille per la vita dei non vedenti. Quel giorno è tanto lontano e dimenticato. Come d’incanto, invece, ti ritrovi in un paese dove chi ha il controllo dell’informazione continua a mistificare, con falsi scoop, i non vedenti mercificando la loro disabilità e facendola percepire quasi fosse un privilegio. Molta strada dobbiamo, purtroppo, fare per arrivare ad una rivoluzione culturale compiuta che tenga conto dell’identità e della specificità dei singoli. Per questo, come Unione, raddoppieremo le nostre energie per meglio rappresentare e far conoscere il nostro mondo, potendo contare su uno strumento straordinario ed insostituibile quale è il Braille. Per questo motivo, spero che possano essere più numerose le persone che vivano con tolleranza la diversità, operando quotidianamente per favorire una vera inclusione, frutto di un processo di trasformazione culturale. Noi siamo pronti a fare la nostra parte!