Se l’Inps sbaglia, paga, a cura di Paolo Colombo

Con una recente pronuncia della Cassazione, sezione lavoro, la sentenza 19 settembre 2013, n. 21454, che riguarda tutti i lavoratori, minorati della vista o meno, è stato affrontato il caso di una pensione di anzianità per dimissioni sulla base di un estratto conto contributivo errato rilasciato dall’Inps.

La questione interessa anche i dipendenti, collaboratori gratuiti e volontari di patronato, che nella loro attività gestionale di servizi all’utenza potrebbero trovarsi a gestire direttamente in sezione, tra le tante altre pratiche, eventuali istanze di pensionamento di anzianità per maturazione dei requisiti contributivi.

Il caso riguarda un lavoratore che, sulla base di un estratto conto assicurativo rilasciato dall’Inps, decide di dimettersi dal lavoro nell’errata convinzione di aver raggiunto il requisito contributivo per la pensione di anzianità.

Il problema sorge dal fatto che, per un passato periodo di circa otto mesi, il lavoratore non aveva percepito retribuzione, con relativa perdita, per il medesimo periodo, dell’accredito contributivo destinato ad incidere sulla misura del trattamento finale. L’estratto conto assicurativo, però, aveva fornito all’interessato una erronea indicazione (in eccesso) del numero dei contributi versati, solo apparentemente sufficienti a fruire della pensione di anzianità, non facendo rilevare all’assicurato né tantomeno al patronato che aveva in carico la gestione della pratica, l’ammanco di contributi per quel determinato periodo di otto mesi.

Se l’interessato avesse saputo della sovrapposizione dei periodi contributivi che ritardavano di circa otto mesi il momento della maturazione del requisito contributivo, avrebbe certamente continuato nell’attività lavorativa, fino al perfezionamento delle condizioni di accesso al trattamento.

L’Istituto respinge ogni accusa (dimissioni dal posto di lavoro nel presupposto di avere diritto alla pensione di anzianità con una certa decorrenza), imputando l’errore alla tipologia di certificazione richiesta dall’interessato contenente l’esplicito avvertimento della possibilità di inesattezze, nella distinzione tra estratto conto assicurativo ed estratto conto certificativo. L’Inps osserva infatti che le informazioni sono state fornite all’interessato a mezzo di un estratto conto assicurativo, privo di sottoscrizione, che per natura non può valere come atto certificativo della situazione contributiva dell’assicurato, ma ha solo valore conoscitivo; che sarebbe stato onere dell’assicurato chiedere il rilascio di una formale certificazione da parte dell’ente previdenziale; che solo sulla base di quanto attestato e sottoscritto da un funzionario Inps in grado di rappresentare la volontà dell’Istituto, l’interessato avrebbe potuto assumere le proprie impegnative determinazioni, ai fini delle dimissioni dal lavoro e della successiva istanza di accesso al pensionamento.
La Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore con previsione di una limitazione della responsabilità dell’Inps, nelle more delle clausole cautelative di salvaguardia usate dall’Istituto ai sensi dell’art. 1227 Cod. civ., nel momento in cui, a richiesta degli interessati, rilascia un qualsiasi tipo di attestazione dichiarativa (nel senso che l’estratto contributivo recasse espressioni tali da ingenerare nel destinatario un ragionevole dubbio circa l’esattezza e-o definitività dei dati esposti).

Dunque, se si parte dal presupposto che i principi generali di correttezza buona fede e legittimo affidamento (art. 1175 e 1375 Cod. civ.) sono immanenti in tutti i rapporti di diritto pubblico, vincolando la pubblica amministrazione a rispettare l’affidamento e l’attendibilità delle sue dichiarazioni, se ne ricava che tutti i documenti che provengono da un ente pubblico devono reputarsi idonei a ingenerare, in chi li riceve, un legittimo affidamento circa l’esattezza e la correttezza dei dati forniti, premurandosi che l’Ente abbia posto in essere, nel rilasciarli, quella doverosa opera di controllo dei dati risultanti dai propri archivi e destinati ad essere forniti a richiesta degli interessati. L’Ente deve rispondere dell’eventuale errore derivante da inadempimento amministrativo, salvo che provi che la causa sia esterna alla sua sfera di controllo e riferisca sull’inevitabilità del fatto impeditivo nonostante l’applicazione della normale diligenza.

Tali principi trovano la loro base costituzionale in quello di eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge (art. 3 Cost.) e sono applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). In particolare, la pubblica amministrazione è gravata dall’obbligo di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi, fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative (affidamento e attendibilità delle sue dichiarazioni).
Inoltre, viene riconosciuta la effettiva differenza, per la natura del documento, tra estratto conto assicurativo ed estratto conto certificativo, rilasciati entrambi dall’Inps a richiesta degli assicurati.

Infatti, l’estratto conto assicurativo è semplicemente la riproduzione di un documento elettronico ed ha valore conoscitivo, mentre l’estratto conto certificativo viene emesso all’esito di un procedimento amministrativo allo scopo specificatamente avviato su richiesta formale dell’interessato, reca la firma del funzionario responsabile Inps e vale come atto certificativo della situazione contributiva dell’assicurato, con responsabilità gravante sull’Inps.

La Corte ha affermato che le informazioni rese dall’Inps ai richiedenti circa il numero dei contributi versati, siano esse comunicate con un estratto conto assicurativo oppure con un estratto conto certificativo, sono fonte di responsabilità contrattuale, per il fatto che il lavoratore ripone in esse pieno affidamento circa l’insorgenza del proprio diritto al pensionamento. Infatti, i documenti rilasciati dall’Istituto, provenendo da un ente pubblico, devono sempre reputarsi idonei a ingenerare, in chi li riceve, un legittimo affidamento circa l’esattezza dei dati forniti, presumendosi che l’Ente abbia posto in essere, nel rilasciarli, quella doverosa opera di controllo dei dati risultanti dai propri archivi e destinati ad essere forniti a richiesta degli interessati.

Dalla Consulta decadono le difese dell’Istituto, laddove abbia posto sotto giudizio le responsabilità dell’assicurato (l’errore era comunque riconoscibile e lo stesso è a conoscenza della propria storia lavorativa) e quelle del patronato (in quanto soggetto esperto e qualificato in materia avrebbe dovuto riscontrare l’errore incrociando i dati dell’estratto conto assicurativo con il libretto di lavoro dell’assicurato e in caso di dubbio richiedere all’Inps una formale certificazione dell’effettivo stato contributivo).
Secondo i giudici di legittimità, anche se non richiesta tale certificazione, non è comunque conforme a correttezza il rilascio di notizie inesatte relative alla posizione di un amministrato. Anzi, proprio la provvisorietà o comunque l’inesattezza dei dati deve distogliere l’ente pubblico dal comunicarli in qualsiasi forma finché non siano perfezionati gli accertamenti. Né vale a escludere la responsabilità il fatto che l’estratto conto non fosse sottoscritto; questo perché gli estratti contributivi dell’Inps sono la riproduzione di un documento elettronico e quindi spiegano i propri effetti anche senza la firma di un funzionario.

La sentenza, pur escludendo l’esistenza di un generale obbligo dell’assicurato di verificare l’esattezza dei dati forniti dall’Inps, ritiene meritevole di accoglimento il ricorso affermando che il danno subito dal lavoratore che sia stato indotto alla anticipata cessazione del rapporto di lavoro, a seguito di una errata comunicazione dell’Inps sulla propria posizione contributiva, e che si è visto rigettare la domanda di pensione di anzianità per insufficienza dei contributi versati, in quanto fondato sul rapporto giuridico previdenziale, è riconducibile ad illecito contrattuale in quanto fondato sul rapporto giuridico previdenziale tra cittadino e Inps.

Per tali motivi, la Corte ha accolto il ricorso dell’interessato (esonerando anche il patronato da ogni responsabilità), riconoscendogli il diritto al risarcimento del danno in un importo commisurabile a quello delle retribuzioni perdute fra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quella dell’effettivo conseguimento della detta pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario, ottenuto col versamento di contributi volontari, da sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati.

Ha rinviato, poi, alla Corte di Appello la previsione di una possibile limitazione della responsabilità dell’Inps per concorso di colpa del lavoratore (ovvero per valutare fino a che punto l’assicurato abbia trascurato tutte le espressioni cautelative usate dall’Istituto e idonee a far dubitare dell’esattezza dei dati esposti).
In ogni caso, per fugare eventuali dubbi, sia che si tratti di uscita per vecchiaia sia che ci si dimetta volontariamente dal lavoro per presentare poi istanza di anzianità (nel settore bancario, ricorrendo ai fondi agevolativi per l’uscita), tutti i lavoratori, minorati della vista o meno, dovranno richiedere all’Inps l’estratto conto certificativo e non solo quello assicurativo anche per via patronale. I tempi di attesa per il rilascio di tale attestazione possono essere più lunghi (il rilascio di un estratto conto assicurativo richiede, invece, un paio di giorni dalla richiesta) ma essa dà sicuramente maggiori garanzie nel rilevare la posizione previdenziale personale.

a cura di Paolo Colombo (coordinatore del Centro di Documentazione Giuridica)