Riaffermato il valore costituzionale del Terzo Settore

Fiaschi: “La sentenza 131 della Corte Costituzionale segna una importante svolta”

In un approfondimento sul rapporto tra cooperative di comunità e pubblica amministrazione della Regione Umbria, la Corte Costituzionale – con Sentenza del 20/05/2020 e pubblicata oggi, 26 giugno 2020 – fornisce un importante approfondimento e chiarimento sull’articolo 55 del Codice del Terzo Settore in materia di co-programmazione e co-progettazione tra la Pubblica Amministrazione e gli Enti di Terzo settore. 

La Corte Costituzionale ha infatti esaminato diversi aspetti relativi a una delle norme più innovative e qualificanti del Codice, l’art.55, fondando sulla Costituzione e anche sul quadro normativo europeo la piena liceità di quanto previsto dalla norma. 

Con questa sentenza la Corte Costituzionale dà finalmente ragione alle tesi sostenute dal Forum e cioè che attraverso gli strumenti della co-programmazione e co-progettazione viene definita una prassi collaborativa tra istituzioni pubbliche ed enti di Terzo settore, nel riconoscimento di una comune finalità volta al perseguimento dell’interesse generale della comunità e in piena attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà. La Corte non solo smonta la linea sostenuta, in alcuni casi, dalla giustizia amministrativa ma, attraverso una accurata disamina di tutta la normativa riguardante il Terzo settore e le precedenti sentenze della stessa Suprema Corte, ne consolida definitivamente il valore costituzionale. Si tratta di una svolta importantissima”  così commenta Claudia Fiaschi, Portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore.

Qui il testo della Sentenza della Corte Costituzionale

SENTENZA  N. 131 DELLA CORTE COSTITUZIONALE: IL COMMENTO DI LUCA GORI

La sentenza n. 131/2020 è stata originata dal ricorso governativo sulla legge regionale Umbria n. 2 del 2019 (Disciplina delle cooperative di comunità). Tale legge, nel riconoscere  e disciplinare le cooperative di comunità (che non sono, necessariamente, ETS ma possono acquisire tale qualifica, ricorrendo i presupposti previsti dal legislatore statale), ha previsto, tra l’altro, che la Regione, «riconoscendo il rilevante valore sociale e la finalità pubblica della cooperazione in generale e delle cooperative di comunità in particolare» disciplini «le modalità di attuazione della co-programmazione, della co-progettazione e dell’accreditamento previste dall’articolo 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106) (…)».

Il Governo ha impugnato la legge umbra sostenendo che una siffatta formulazione violasse il Codice del Terzo settore e, quindi, violasse il riparto di competenza fra Stato e Regioni. In particolare, poiché l’art. 55 CTS prevede che i soli enti del Terzo settore possano essere coinvolti attivamente tramite co-programmazione, co-progettazione ed accreditamento (ai sensi dell’art. 55 CTS), l’ammissione delle cooperative di comunità  – senza precisare che queste debbano essere anche ETS – avrebbe potuto determinare una violazione del riparto costituzionale di competenze. Al contrario, La legge regionale avrebbe dovuto delimitare alle sole cooperative di comunità – ETS la possibilità di accedervi.

La Corte ha risolto la questione in via interpretativa, affermando che gli istituti dell’art. 55 del Codice del Terzo settore, richiamati dalla legge regionale, non possano trovare applicazione qualora le cooperative di comunità non siano anche in possesso della qualifica di ETS.

Ma la vera “svolta” è nella motivazione. La Corte costituzionale – che nella sentenza n. 185/2018 era stata piuttosto stringata a proposito del profilo costituzionale del Terzo settore –  precisa che l’art. 55 CTS costituisce una possibile del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale (art. 118, u.c. Cost.): la disposizione, infatti, «realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria – strutturando e ampliando una prospettiva che era già stata prefigurata, ma limitatamente a interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale (…)». Pare importante, a questo proposito, segnalare come l’art. 55 CTS costituisca, nell’interpretazione del giudice costituzionale, un ampliamento degli strumenti già previsti dalla legge 328 del 2000,  che sono riassorbiti dentro il paradigma del Codice del Terzo settore,  rifuggendo da una lettura limitativa  per la quale esso avrebbe dovuto essere letto con lo sguardo rivolto al “passato” (l’art. 55 come norme riepilogativa di quanto già previsto da altre fonti secondarie, posizione difficilmente accettabile).

La Corte risponde anche alla domanda – cruciale – sul perché gli ETS sono meritevoli di essere “coinvolti attivamente” attraverso queste forme. Si legge, infatti, che «gli ETS sono identificati dal CTS come un insieme limitato di soggetti giuridici dotati di caratteri specifici (art. 4), rivolti a «perseguire il bene comune» (art. 1), a svolgere «attività di interesse generale» (art. 5), senza perseguire finalità lucrative soggettive (art. 8), sottoposti a un sistema pubblicistico di registrazione (art. 11) e a rigorosi controlli (articoli da 90 a 97). Tali elementi sono quindi valorizzati come la chiave di volta di un nuovo rapporto collaborativo con i soggetti pubblici (…). Gli ETS, in quanto rappresentativi della “società solidale”, del resto, spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della “società del bisogno”».

A partire da questa premessa, ne consegue che è ammissibile un modello diverso, rispetto a quello configurato dal mercato e dalle finalità di profitto che lo caratterizzano (la Corte non lo richiama espressamente, ma il riferimento è, principalmente, al Codice dei contratti pubblici). L’art. 55 CTS, infatti, fonda un modello di relazione fra ETS e P.A. che si fonda «sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico».

La pronuncia affronta anche il delicato profilo della compatibilità con il diritto dell’Unione europea (circostanza assai significativa, poiché il Governo non aveva lamentato la violazione del diritto euro-unitario). A giudizio della Corte è lo «stesso diritto dell’Unione che mantiene, a ben vedere, in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali)».