Dopo aver letto sul nostro giornale on line la lettera-articolo, “Le ragioni delle mie dimissioni”, con cui Angelo Mombelli dava il suo addio all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, e le parole di stima a lui tributate dal presidente regionale lombardo Nicola Stilla, sono rimasto a lungo interdetto prima di dar forma scritta ai pensieri che mi si presentavano tanto spontaneamente quanto con reiterata insistenza a riguardo delle vicende IAPB e commissariamento del consiglio regionale della Sicilia. Due vicende del tutto differenti, si dirà, ma tra le quali sussiste secondo me un’affinità non secondaria. Ed è proprio una frase contenuta nella lettera di Mombelli a suggerirla, probabilmente suo malgrado, ed è quando dice: “[…] E’ sempre preferibile, a mio avviso, un accordo deludente piuttosto che una vittoria in tribunale: quest’ultima crea desideri di rivalsa e faide che non giovano certo alla vita associativa”. La domanda che sorge spontanea è: ma nel caso della vicenda IAPB, cosa vorrebbe dire secondo Mombelli “accordo deludente” da accettare? Avallare l’operazione modifica dello statuto nel merito e nei modi in cui è avvenuta? Ciò significherebbe più che un accordo il puro e semplice acconsentire ad una operazione gravemente irregolare, assumendo come unica garanzia che, siccome ad attuarla sono state illustri personalità di lungo corso dell’Unione, esse avrebbero certamente operato nel sostanziale interesse dell’associazione, e che della bontà del loro operato a priori non sarebbe lecito dubitare. Se invece si dubita e si chiede che siano i probi viri a sciogliere i dubbi sopravvenuti (i probi viri, non un tribunale della repubblica), si grida allo scandalo: come, si osa eccepire sulla condotta di chi per decenni ha rappresentato l’Unione, sol perché ha commesso qualche piccola omissione e messo in atto procedure non proprio ortodosse? Si osa chiedersi e chiedere conto agli interessati se questi abbiano operato nell’effettivo interesse dell’Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti? L’unica risposta sdegnata che vien data a questi interrogativi a me pare più che legittimi è che per il bene e l’unità associativa bisogna tacere e accettare “accordi deludenti”, ovvero: non cercare di mettere il naso nel nostro “territorio”, anche se formalmente ne avresti tutti i diritti dal momento che quel “territorio” fa pur sempre parte del complessivo ed unico “territorio” associativo, così ti lasciamo in pace e viviamo tutti sereni e contenti! Corollario: nel “mio territorio” io mi comporto secondo metodi e criteri miei, anche se formalmente faccio parte di un unico sodalizio di cui – sempre formalmente – ho sottoscritto statuto e regolamento.
Certo è che ogni “accordo” (ma sarebbe più corretto parlare di aquiescenza) raggiunto secondo la prassi sopra descritta, prassi che ogni buon leader dovrebbe seguire, secondo Mombelli (sic!), non potrebbe che risultare “deludente”, poiché, a parte coloro che a propria discrezione hanno da gran tempo condotto i giochi in quel dato “territorio”, tutti gli, altri, ovvero all’incirca l’intero corpo associativo, non potrebbero non essere delusi del fatto che le regole cui tutti si son impegnati a sottostare da qualcuno siano sfrontatamente disattese, e ancor più sarebbero delusi da una dirigenza nazionale che in nome del quieto vivere, lasciasse passare senza batter ciglio o, peggio, esprimendo addirittura apprezzamento, comportamenti che, logica vorrebbe, dovrebbero essere invece aspramente rimproverati e censurati. Ma a fronte dei circostanziati rilievi circa un comportamento gravemente irrispettoso delle regole e lesivo degli interessi dell’Unione, si sorvola o si minimizza sulle irregolarità procedurali e nulla si dice sul perché le modifiche apportate non creerebbero danno alcuno all’Unione, ma ci si appella unicamente ai molti precedenti anni di militanza associativa nel ruolo di dirigenti, più volte riconfermati e riveriti.
Analoga linea difensiva è stata seguita dai dirigenti storici dell’UICI siciliana in merito al commissariamento del marzo scorso: minimizzare sulle irregolarità contestate al consiglio regionale siciliano e a quello sezionale di Catania, e gridare all’illiceità della messa in discussione dell’operato di alcuni loro dirigenti semplicemente in nome della loro lunga storia associativa e in ruoli di prestigio anche a livello nazionale.
Piuttosto che accettare un confronto sul metodo e sul merito del proprio operato si esce sbattendo la porta, ci si fa forti del fatto che per decenni si è rappresentata pubblicamente l’Unione e si rivendica una sorta di diritto insindacabile che sarebbe stato per ciò acquisito di derogare a propria discrezione da regole e linee politico-organizzative congressualmente decise. Insomma, una sorta di ribaltamento dei ruoli, un misconoscimento della nuova dirigenza uscita dal congresso fino al punto di dar vita ad iniziative del tipo nuovi statuti di enti sotto il controllo dell’UICI in modo da farne di fatto enti del tutto da essa indipendenti, promuovere leggi che sottraggono fondi all’UICI come se si trattasse di associazione concorrente e non della propria associazione, nominare una persona appena dimessasi dall’UICI componente del direttivo regionale dell’IAPB lombarda quale rappresentante… dell’UICI? Della SOI?. E’ come se si dicesse: “l’Union c’est moi”, e chi cercasse di ostacolarmi si farà responsabile della frattura associativa. Lo dice di fatto Mombelli e lo dicono anche i messaggi anonimi che da un po’ di giorni in qua arrivano dalla Sicilia ai componenti del Consiglio e della Direzione Nazionale. Ma tutti vedono chiaramente chi sta muovendosi per salvaguardare ed affermare l’unità associativa entro l’alveo di regole certe stabilite da uno statuto condiviso, e chi si sta muovendo, in nome di una malintesa autonomia, al di fuori delle norme statutarie e di uno spirito realmente unitario che dovrebbe contraddistinguere un sodalizio degno di questo nome. E’ vero che per lungo tempo si è operato a colpi di “accordi deludenti”, in base ai quali i “grandi elettori” garantivano l’establishment nazionale guadagnando in cambio ampia autonomia di manovra nei propri territori considerati quasi alla stregua di regni, ma le cose stanno cambiando ed è proprio al cambiamento in corso che certi soggetti si oppongono strenuamente con ogni mezzo, anche a costo di andar oltre i limiti di una corretta dialettica interna, dialettica che non mi risulta sia mai stata impedita da questa dirigenza.
Ma per fortuna vi sono segnali che ci confortano a proseguire nella direzione intrapresa.
Quando, domenica 24 aprile mattina, all’approvazione pressoché unanime (mancava solo il voto di due consiglieri momentaneamente assenti) dell’Ordine del giorno presentato dai componenti della Direzione Nazionale a sostegno di Linda Legname – nominata commissaria del Consiglio regionale siciliano dell’UICI -, è partito quel lungo, teso e convinto applauso che tutta Italia ha potuto sentire, è accaduto qualcosa di davvero importante, di cui da gran tempo mancava un’espressione così netta e compatta: la nuova Unione ha detto basta agli “accordi deludenti”, basta agli intoccabili che han facoltà di fare il bello e il cattivo tempo nel proprio territorio come in quello nazionale, strada sbarrata a chi pensa di poter piegare le norme associative al proprio personale uso e beneficio. Ma quell’applauso ha anche significato una scelta per il futuro e un’assunzione di impegno, scelta dalla quale deriverà un modo di stare e di operare nell’UICI, di cui siamo prima di tutto soci e non semplici spettatori o beneficiari; e l’impegno a confrontarsi e discutere liberamente su tutte le questioni che ci riguardano come soci ,nel rispetto delle idee altrui anche quando contrastanti con le nostre, certo, ma senza che siano ammessi mostri sacri sciolti dal dovere di sottoporre a dibattito il proprio punto di vista e di render conto del proprio operato quando richiesti.
Francesco Fratta