Si rende noto che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 40 del 15 marzo 2013 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al possesso del permesso di soggiorno la concessione dell'indennità di accompagnamento e della pensione di inabilità agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio italiano.
Infatti, la disposizione citata escludeva dal beneficio tutti quegli stranieri che, nonostante fossero in possesso dei requisiti sanitari necessari, erano però presenti in Italia da meno di cinque anni, e per tale motivo non potevano ottenere il documento di soggiorno richiesto.
Va notato che la Consulta, con diverse pronunce, aveva già affrontato il sistema dell'accesso alle prestazioni di invalidità civile nei confronti degli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio italiano.
Si ricordano, infatti, le sentenze n. 306/2008 e n. 11/2009, con le quali la Corte aveva dichiarato manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione di prestazioni assistenziali, quali l'indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità, alla titolarità di un determinato reddito necessario al rilascio del permesso di soggiorno di lunga durata.
Con ulteriori pronunce n. 187/2010 e n. 329/2011, la Corte ha analizzato la compatibilità tra permesso di soggiorno di lungo periodo e la natura delle prestazioni di invalidità civile.
In generale la Corte ha, infatti, rilevato che le prestazioni assistenziali sono per loro natura "destinate al sostentamento della persona nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il disabile si trova inserito", per cui, qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, risulta in contrasto con il principio di non discriminazione previsto ai sensi dell'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
La Consulta in questa recente pronuncia, oltre a ribadire i princìpi espressi nelle precedenti sentenze, ha dichiarato che l'articolo 80, comma 19, della Legge n. 388/2000 aveva introdotto una condizione fortemente "restrittiva" anche rispetto "alla generale previsione dettata in materia di prestazioni sociali ed assistenziali in favore dei cittadini extracomunitari di cui all'art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998".
Secondo quanto precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza in commento, tale situazione portava inevitabilmente ad una discriminazione e disparità di trattamento in ordine ai diritti fondamentali della persona tra cittadini italiani e cittadini stranieri, rappresentando una violazione del diritto alla salute tutelato costituzionalmente.
Si legge, infatti, testualmente, nella decisione in oggetto che "in ragione delle gravi condizioni di salute dei soggetti di riferimento, portatori di handicap fortemente invalidanti, vengono infatti ad essere coinvolti una serie di valori di essenziale risalto – quali, in particolare, la salvaguardia della salute, le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio sociale, i doveri di assistenza per le famiglie – tutti di rilievo costituzionale in riferimento ai parametri evocati, tra cui spicca l'art. 2 della Costituzione – al lume, anche, delle diverse convenzioni internazionali che parimenti li presidiano – e che rendono priva di giustificazione la previsione di un regime restrittivo nei confronti di cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non episodico […]".
Pertanto, dai principi prima richiamati si ricava che le provvidenze economiche assistenziali spettano a tutti gli immigrati in possesso dei requisiti sanitari necessari e non solamente a quelli che siano titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno).
Cordiali saluti.
IL PRESIDENTE NAZIONALE
Prof. Tommaso Daniele