Avvicinandoci alla celebrazione del 23° Congresso nazionale dell’Unione, crediamo non sia più rinviabile da parte nostra, cercare di ragionare e riflettere pacatamente ed una volta per tutte, su come si debba inquadrare correttamente il delicato tema afferente la promozione delle candidature alle diverse cariche associative. Il fulcro del problema ruota attorno alle modalità di ricercare in modo trasparente il consenso da parte dei candidati alla presidenza e al consiglio nazionale.
Una riflessione sollecitata anche dai numerosi ed accorati appelli del Presidente nazionale orientati nel merito da un’aperta e aspra polemica afferente alla prassi di formare alleanze tra diverse aree regionali.
Nell’intento di porre la questione in termini chiari e rispettosi della buona fede di tutti, si possono evidenziare alcuni punti fondamentali:
ogni candidato si presenta per essere eletto con il maggior consenso possibile;
il candidato per essere eletto deve ottenere il maggior numero possibile di voti;
in sede congressuale è normale che i candidati si contendano il voto dei delegati ricercando consenso e alleanze.
Ricercare i voti è prassi assolutamente fondamentale e legittima per chi si candida a una carica, mediante campagne elettorali (non campagne acquisti) secondo un percorso democratico che si può così sintetizzare:
a) è perfettamente legittimo che un organo associativo del territorio proponga e sostenga la candidatura di una personalità di fiducia;
b) lungi da qualsiasi intento spartitorio, è perfettamente legittimo da parte di un gruppo di delegati presentare apertamente e formalmente la richiesta ad altre delegazioni di far convergere il proprio sostegno su un candidato, sul suo programma e sulla sua strategia associativa;
c) è del tutto ovvio e indiscutibile che, di là da ogni linea concordata, il voto di ogni delegato deve essere assolutamente e insindacabilmente libero;
d) ricercare alla luce del sole il consenso condiviso dei congressisti è un diritto inalienabile dei candidati che vogliono costituirsi una solida base democratica.
Ciò premesso, sembra ragionevole sostenere che per realizzare un’attiva partecipazione all’agone democratico, un simile percorso possa essere legittimamente scelto da chi ne abbia titolo, essendo stato chiamato democraticamente a rappresentare gli iscritti (democrazia rappresentativa).
Allo stesso modo, è ragionevole che siano valutati con uguale attenzione progetti e proposte di autocandidatura, le quali, peraltro, per ottenere consenso non potranno sottrarsi alle logiche di ogni congresso, la ricerca dei voti, magari non attraverso le interlocuzioni con le delegazioni, ma grazie al sostegno di personalità variamente influenti nelle diverse aree regionali.
Allargando l’orizzonte sul tema della democrazia rappresentativa, assistiamo da tempo a un quadro sociale e politico caratterizzato da una crisi diffusa dei corpi intermedi della rappresentanza sociale e dalla crescente sfiducia nella classe politica, che ha ridato vigore al pervicace ricerca del leader carismatico capace di realizzare ciò che alla prassi democratica è precluso. A nostro parere un uomo solo o una ristretta squadra al comando non sono garanzia di buona politica, come dovrebbe essere chiaro a tutti dopo anni di cattiva politica e mala amministrazione.
Presidenzialismo e leaderismo si fanno sentire ormai anche nella nostra associazione, in particolare nella proposta di statuto predisposta dall’apposita commissione e sottoposta al giudizio del corpo associativo.
Al contrario, il buon senso e la ragione dovrebbero indurci a salvaguardare nella nostra Unione il tradizionale e prezioso confronto democratico e il valore della rappresentanza associativa costruita con l’esperienza di una lunga prassi democratica e statutariamente incardinata soprattutto nei consigli sezionali e regionali.
Nicola Stilla