PERCHE’ E’ MEGLIO UN VOTO PER BARBUTO? di Francesco Fratta

Autore: Francesco Fratta

Se andiamo a rileggere il documento  con Cui Terranova avanzava la sua candidatura, in largo anticipo sulla data del Congresso (cosa di cui qualcuno si stupì), e ben prima che Daniele formulasse le proprie dimissioni, comprendiamo tra l’altro che egli pensava già a queste imminenti elezioni, che ipotizzava appunto imminenti o forse addirittura già sapeva in qualche modo esser tali. Per contro, chi ha pensato che Barbuto esitava troppo a metter in campo la propria, di candidatura, ora è in condizione di riconoscere il significato di quel presunto ritardo: era già stato intavolato un dialogo con Nicola Stilla per sviluppare un confronto ad ampio raggio sui diversi aspetti della vita associativa, sulle sue varie problematiche e sui punti di criticità, su questioni di metodo e sui criteri da adottare per giungere all’individuazione del candidato che meglio era in grado di rappresentare le urgenti istanze di rinnovamento avvertite anche nella base associativa, direi anche al di là di quanti, in modo crescente, si sono riconosciuti espressamente nelle battaglie e nelle idee portate avanti dal movimento UICIRINNOVAMENTO. Correttamente, quindi, a partire proprio dall’idea che la prossima dirigenza dovrà inaugurare uno stile di lavoro collegiale anche al supremo vertice dell’organizzazione, Mario Barbuto ha atteso di portare sufficientemente avanti  il confronto con Nicola Stilla insieme ad un piccolo gruppo di collaboratori, prima di avanzare in modo non ambiguo, per questa fase di fine mandato, la propria candidatura. Per il prossimo mandato, che scaturirà dal voto congressuale,  si vedrà, sempre ragionando e confrontandosi apertamente con chi in vario modo sente l’urgenza di un cambio di struttura organizzativa e di strategia politica, per individuare oltre al miglior candidato presidente, la migliore squadra e un programma adeguato alla sfida dei tempi.

Ed anche qui, pensiamo, rileggendoli, ai vari documenti di Barbuto e Stilla da una parte, e a quello di Terranova dall’altra.

Terranova, al di là di una scrittura senz’altro elegante che ben padroneggia gli strumenti della retorica, ci disegna una Unione più che tradizionale, con un comandante supremo che detta la linea, con un’associazione monolitica e unanimista, dove neppure viene ipotizzata la possibilità che vi siano voci di dissenso e che abbiano pieno diritto di cittadinanza, tutta intenta a fare una politica di lobbying sui governi che si dovessero succedere, preferibilmente da sola, poco o nulla concedendo al confronto e all’accordo con altre forze sociali, fossero esse anche altre associazioni di disabili.

A sostegno di questa idea di associazione e di strategia politica vengono addotti i grandi successi del passato conseguiti, secondo lui, appunto in questo modo.

Egli cita tra l’altro, come esempio di successi ottenuti,  l’integrazione scolastica. Si dimentica però di dire, che quella battaglia non partì propriamente dalla dirigenza dell’UICI,ma dalle lotte degli istituti di Bologna, di Padova e di Genova, e che l’allora presidente Fucà vedeva con molta preoccupazione le istanze portate avanti dagli studenti ciechi. Ricordo ancora quando una delegazione degli studenti del Cavazza, di cui facevano parte Carlo Loiodice, Antonio Frau e il sottoscritto, fu convocata a Roma per un colloquio con Fucà in persona, che non comprendeva le ragioni di quelle agitazioni, e nei congressi degli anni ’70, molti dirigenti erano per lo meno al quanto perplessi sull’integrazione, e più d’uno si spese decisamente per osteggiarla. Ma se oggi l’integrazione è una realtà, sia pure resa difficile dalle miopie delle politiche scolastiche portate avanti dai governi liberisti di questi tempi, ciò è  perché , sia pure obtorto collo la dirigenza UICI dovette finire con l’assumere le istanze che le vennero imposte dal movimento di allora. Quante energie si sarebbero potute meglio mettere in campo e spendere se l’Unione fosse stata più aperta e democratica, più  pronta a cogliere quelle istanze e a interloquire con coloro che se ne facevano  portatori, alcuni dei quali già fin da allora cominciarono ad abbandonare un’associazione ritenuta troppo chiusa al suo interno e troppo sorda ai bisogni che stavano  emergendo nella società di quegli anni?

Ecco, l’elezione di Terranova esporrebbe l’UICI ad un rischio analogo, se non più grave, viste le indicazioni che l’interessato fornisce nel suo documento di candidatura, e visti anche i metodi utilizzati, ovvero contatti esclusivamente presi a livello individuale e basati essenzialmente su una promessa di fedeltà personale.

Insomma, se ci si rende conto delle difficoltà politiche e sociali del momento che attraversiamo, la cosa migliore è favorire una discussione ampia e franca, senza limitazioni preventive e senza timori di sorta, che affronti alla luce  del sole i vari problemi di strategia e di organizzazione interna,in modo da mettere in moto tutte le   risorse disponibili intorno a progetti chiari, dibattuti e condivisi, con una dirigenza autorevole e collegiale, che mantenga un costante e vitale scambio con la base associativa e i suoi bisogni reali. Ecco perché  credo che la scelta indicata dall’accordo tra Stilla e Barbuto sia la migliore, anche per prepararsi in un modo nuovo e  più partecipativo al prossimo congresso.

Anch’io ho temporeggiato prima di esprimere queste considerazioni che andavo mettendo insieme da un po’, perché volevo attendere l’esito del confronto in corso con Stilla e i suoi sostenitori, pur avendo, insieme a tutti coloro con cui ho parlato, più di un motivo per ritenere che si sarebbe concluso in modo positivo.

Cordiali saluti, insieme all’augurio che il 15 marzo prossimo tutti votino in piena coscienza e in piena autonomia di valutazione, pensando al futuro della vita associativa nel suo insieme, che avrà a mio parere molte  più chances di tornare ad essere propositiva e partecipata se il Consiglio Nazionale avrà il coraggio di scegliere la via del rinnovamento, sia nel metodo che nelle persone.