Le parole hanno un potere grande: danno forma al pensiero, trasmettono conoscenza, aiutano a cooperare, costruiscono visioni, incantano, guariscono e fanno innamorare. Ma le parole possono anche ferire, offendere, calunniare, ingannare, distruggere, emarginare, negando con questo l’umanità stessa di noi parlanti. Ecco perché dobbiamo usare bene e consapevolmente le parole, sia nel mondo reale sia in Rete.
Cit.
Negli ultimi anni siamo stati inghiottiti in quello che tanti definiscono il grande popolo della rete. Le tecnologie assistive, per fortuna, hanno dato anche a tutti noi non vedenti e ipovedenti la possibilità di essere protagonisti attivi di questo grande popolo. Dunque, tutti in rete!
Il nostro modo di vivere e di comunicare è stato davvero rivoluzionato.
Ma l’irruzione della rete, come tutti i grandi cambiamenti sociali, ha nel tempo fatto emergere effetti negativi dai quali ormai fatichiamo a svincolarci.
Se da un lato, infatti, accediamo alle informazioni in maniera immediata e comunichiamo con la stessa immediatezza, dall’altro, con analoga tempestività, siamo in grado di diffondere informazioni delle quali spesso non consideriamo le ricadute negative.
E succede sempre più di frequente: a scuola tra gli studenti, nelle relazioni politiche, nel mondo del lavoro e soprattutto nei rapporti interpersonali.
Forse spesso dimentichiamo che dietro uno schermo freddo c’è una persona in carne e ossa. E ci siamo così abituati, che perfino se la persona in carne ossa fosse di fronte a noi, continueremmo a vedere solo il freddo schermo e non la sua umanità!
Purtroppo, negli ultimi mesi, la nostra Unione vive un fenomeno che io definirei di “comunicazione ostile”.
Tutti contro tutti: Whatsapp, Facebook, email, Zoom, Meet.
Ogni forma di comunicazione disponibile è diventata strumento non già rivolto a esercitare il suo grande valore di confronto, scambio, opportunità, crescita, bensì mero esercizio di generazione di violenza verbale, prepotenza, prevaricazione e superficialità che finisce per causare effetti umani e associativi devastanti.
Non dimentichiamolo mai: una comunicazione ostile causa alle persone che la subiscono gli stessi effetti del dolore fisico.
Le parole non fanno meno male solo perché utilizzate in un gruppo chiuso, non feriscono di meno perché stanno alla base di un ragionamento valido. Le parole hanno il loro peso e restano eterne.
Le parole determinano le caratteristiche delle persone e dell’Associazione che siamo e che vogliamo diventare.
Le parole ci presentano al mondo.
E la nostra associazione non può e non deve scendere negli inferi delle parole che danno origine alla comunicazione ostile.
Le idee divergenti, infatti, sono sempre state la linfa del nostro dialogo associativo e siamo cresciuti anche perché le idee divergenti hanno, alla fine, prodotto un’unica grande idea comune di Unione.
Oggi, purtroppo, va di moda la pratica di individuare chi è portatore di una opinione differente come il “nemico” da annientare.
Gli insulti e le offese sono divenuti argomenti e tesi.
Ci siamo arrogati il diritto di mettere sulla pubblica piazza la vita privata delle persone; abbiamo creato filastrocche, canzoncine e sfottò di ogni genere, innalzato montagne di bugie e con lo stesso diritto e tantissima faciloneria, abbiamo diffuso tutto in rete.
Un vero capolavoro di comunicazione ostile e infruttuosa.
Un danno di immagine incalcolabile alla nostra Unione.
Un dolore permanente per chi è divenuto oggetto e vittima di tali comportamenti.
Pensiamo forse che la libertà di espressione consenta di utilizzare linguaggi inopportuni, offensivi e crudeli?
Pensiamo davvero che la ragionevolezza e la veridicità degli argomenti che sosteniamo si possa accreditare mortificando e umiliando chi sostiene argomenti diversi dai nostri?
Chi crede questo sbaglia.
Chi agisce in questo modo sbaglia due, cento, mille volte.
Le parole, non sono mai solo parole.
Le parole lasciano ferite invisibili, ma troppo spesso indelebili e incurabili.
Credo semplicemente e umilmente che per comunicare “bene” occorre un grande impegno, a partire innanzitutto dalla capacità di ascolto e dal rispetto umano che si deve agli altri. Abbiamo la grande responsabilità di raccontare e promuovere la nostra Associazione per progettare e costruire valore.
Siamo una grande e bella comunità che, proprio nei momenti di maggiore difficoltà deve saper ritrovare se stessa, diventare ancora più forte e coesa intorno alla sua storia centenaria e ai suoi valori fondativi.
Dobbiamo essere accorti e abili nel percorrere i canali migliori che ci consentano, pur nelle differenti idee, di assottigliare le distanze e di convergere sugli stessi obiettivi.
Puntiamo e facciamo forza, dunque, sui valori comuni. Quelli che ci identificano e che hanno fatto la nostra storia. Quelli che noi tutti abbiamo il dovere di portare avanti e rafforzare.
Comunichiamo quel sentire comune che, ne sono certissima, ancora c’è. Facciamolo con onestà, passione, etica e professionalità.
Da inguaribile portabandiera della fiducia, quale io mi sento tutti i giorni nel mio lavoro e nel mio impegno associativo, auspico che la nostra amata Unione e tutti noi sapremo trovare la forza per attraversare questo deserto di incomprensione e difficoltà comunicativa, per recuperare quel dialogo proficuo, sereno e che rianima il cuore.
L’Unione non si ferma!