Non c’è più tempo da perdere: la Direzione Nazionale dichiara lo stato di emergenza del lavoro dei ciechi e degli ipovedenti

Autore: Tommaso Daniele

La riunione dei Presidenti regionali prima e la Direzione Nazionale poi, hanno accolto con entusiasmo la mia proposta di dichiarare lo stato d'emergenza del lavoro dei ciechi.
Sono anni che ci scontriamo con il muro di gomma del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e con la pigrizia delle Regioni, senza cavare un ragno dal buco; sono anni che poniamo quesiti sui contributi figurativi in presenza dei profondi mutamenti intervenuti nel frattempo in materia previdenziale; sono anni che interroghiamo il Ministero sul concetto di posto-operatore da quando le nuove tecnologie hanno ridotto notevolmente lo spazio lavorativo dei ciechi e degli ipovedenti; sono anni che chiediamo allo stesso Ministero di individuare nuove professioni lavorative per i ciechi e gli ipovedenti ed un intervento nei confronti della Conferenza delle Regioni per l'attuazione del decreto Salvi del 2000 che individua tre nuove attività lavorative: l'addetto alle relazioni con il pubblico, il gestore di banche dati e l'operatore di marketing. Ma il risultato è stato sempre lo stesso: il silenzio o vaghe promesse.
Sembrava che le cose potessero cambiare dopo l'incontro del 2011 con il Ministro Sacconi, che aveva mostrato grande attenzione e disponibilità per le nostre problematiche e sembrava voler porre termine ad un così lungo, deplorevole periodo di inerzia; cosa che indusse la Direzione Nazionale a
conferirgli il Premio Braille nonostante si sapesse che il Ministro era l'ispiratore della famigerata riforma sull'assistenza.
Poi, la crisi di Governo: non ci hanno riservato migliore trattamento i nuovi inquilini del Ministero del Lavoro; più volte, sia pure fugacemente, ho avuto occasione di porre il problema del lavoro dei ciechi e degli ipovedenti al Sottosegretario Maria Cecilia Guerra e allo stesso Ministro, anche in occasione dell'ultima riunione dell'Osservatorio sulla disabilità. Il Viceministro, Michel Martone è stato avvicinato dal responsabile del settore lavoro, Paolo Colombo ed è stato destinatario di numerose missive da parte dei nostri uffici. L'unico risultato ottenuto è stato un incontro con il Direttore Generale del Ministero, dr. Raffaele Tangorra, che è stato gentilissimo ma risultati finora non ne abbiamo avuti.
Uguale trattamento abbiamo avuto dal Ministero della Pubblica Istruzione al tempo del Ministro Maria Stella Gelmini, che nella sua riforma degli istituti tecnici ha completamente dimenticato i ciechi e gli ipovedenti.
Si ha la sensazione che la nuova classe politica, influenzata anche dalle altre associazioni di disabili e dalla Confindustria, che ci vedono come dei privilegiati, considerino le leggi speciali del collocamento dei ciechi e degli ipovedenti come qualcosa di superato e che ci sia la voglia di inserirci nelle regole del collocamento obbligatorio degli altri disabili obbedendo alla logica  perversa di voler fare parti uguali tra disuguali.
Non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo accettare tutto questo, dobbiamo, invece, tutti insieme innalzare la bandiera della resistenza, forti delle nostre buone ragioni; il lavoro, insieme all'istruzione, ha sempre costituito la via maestra per la piena conquista dell'integrazione sociale.
Paolo Bentivoglio sosteneva che "il lavoro è luce che ritorna", io mi permetto di aggiungere che il lavoro è lo strumento per la conquista della dignità di ogni uomo e in particolare dei ciechi e degli ipovedenti che devono sempre dimostrare di essere più bravi degli altri per essere considerati cittadini con pari dignità.
Dobbiamo innalzare, dunque, la bandiera della resistenza e dar vita ad una campagna di sensibilizzazione e di protesta insieme. È davvero singolare che ci si voglia privare del lavoro proprio oggi che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, firmata e ratificata dal nostro Governo, ne affermi la intangibilità senza se e senza ma per tutti i disabili del mondo.
Non c'è più tempo da perdere, dobbiamo difendere le leggi speciali senza falsi pudori e pretendere che esse siano estese ad altre categorie di lavoratori ciechi ed ipovedenti. Le leggi speciali sono il frutto dell'intelligenza dei nostri predecessori che hanno saputo dimostrare che le possibilità lavorative dei ciechi sono largamente inferiori a quelle degli altri disabili; non costituiscono, quindi, un privilegio ma una dura necessità.
Le leggi speciali costituiscono anche una difesa contro il pregiudizio dei datori di lavoro che ancora oggi, nonostante le grandi prove di professionalità dei ventimila lavoratori ciechi, non li assumono volentieri e si oppongono con pervicacia in Parlamento alle modifiche migliorative della legge 113 del 1985 (centralinisti telefonici) e della legge 29 del 1994 (terapisti della riabilitazione). Ad onore del vero, a tale pregiudizio hanno notevolmente contribuito anche quei lavoratori ciechi che hanno abusato dei benefici previsti dalla legge 104 del 1992, giustamente pensata per quei disabili con necessità speciali; più volte abbiamo discusso in Consiglio Nazionale sull'opportunità di avvalersi di tali benefici e abbiamo concluso che trattandosi di diritti soggettivi la scelta spettava al singolo lavoratore. Tuttavia, è innegabile che l'uso indiscriminato della 104 appanni l'immagine del lavoratore cieco che l'impegno associativo aveva così faticosamente accreditato.
Forse è tempo di tornare ad affermare con forza che accanto ai diritti esistono anche i doveri dei ciechi. Sarà più facile pretendere che venga attuata la legge 144 del 1999 che delega il Ministero del Lavoro ad individuare nuove professioni per i ciechi ogni volta che le nuove tecnologie lo rendano possibile.
Lasciatemi dire, con un pizzico di polemica nei confronti di coloro (per fortuna pochi!) i quali affermano che l'Unione non ha fatto abbastanza in materia di lavoro, che siamo stati previgenti, lungimiranti 13 anni fa e che il decreto Salvi del 2000 è frutto della nostra intuizione e della nostra azione; che poi dopo 13 anni non sia stato ancora attuato è solo colpa dell'ottusità della politica e della burocrazia e in qualche misura anche dello scarso impegno, salvo rari casi, delle nostre strutture periferiche.
Ma ora, bando alle polemiche e impegniamoci tutti insieme affinché sia riconosciuta la figura del perito fonico, il cui profilo è stato già elaborato in collaborazione con l'Università di Reggio Calabria; ma dobbiamo fare di più, dobbiamo affiancare al perito fonico altre figure professionali che pensiamo di scoprire attraverso un concorso di idee che di fatto viene bandito con il presente articolo. Metteremo in palio una "Matrioska" di grande valore artistico perché dipinta a mano.
A breve sarà inserito sul sito dell'Unione un blog aperto alla partecipazione di tutti e avviato un confronto sulla lista di discussione della Commissione lavoro e sul nostro Giornale on line (http://giornale.uici.it/). Sarà, in settembre, convocata un'Assemblea on-line per una discussione a 360° sulla materia, poi, subito dopo, la Direzione sceglierà l'idea migliore e premierà il vincitore.
Dobbiamo ottenere che la Conferenza delle Regioni si pronunci sui dubbi interpretativi del decreto Salvi ed equipari le tre nuove figure professionali a quella dell'operatore telefonico con gli stessi benefici previsti per loro dalla legge 113 del 1985.
Dobbiamo, infine, utilizzare meglio gli spazi occupazionali per i ciechi e gli ipovedenti previsti dalla legge 68 del 1999 a favore di quelle figure professionali non protette dalle leggi speciali.
Lasciatemi dire, ancora una volta, che non è stato facile in quel periodo difendere le leggi speciali, eravamo uno contro tutti, abbiamo vinto per la forza delle nostre ragioni, ma abbiamo vinto anche per il prestigio della nostra Unione.
Di appelli all'unità ne ho fatti tanti nei miei 27 anni di Presidenza, ma credo che ne valga la pena: questa volta la posta in gioco è di quelle sulle quali non si può scherzare, se qualcuno si diverte a piantare le proprie bandierine, faccia pure, ma si ricordi che al di sopra delle bandierine c'è la bandiera, quella vera: la bandiera dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, che tante volte abbiamo issato sul pennone più alto dei palazzi del Governo, del Parlamento, delle Regioni, delle Province, dei Comuni. La bandiera che parla del presente, del passato e guarda al futuro; il futuro dei ciechi passa attraverso il lavoro, senza il lavoro c'è solo esclusione sociale e il ritorno alle miserie di un secolo fa.
Per questo obiettivo, l'Unione dovrà mobilitarsi con la passione civile e il senso di responsabilità dei tempi migliori; il contesto nel quale ci muoviamo è estremamente difficile, si può definire con un solo aggettivo: drammatico.  Ma è proprio in queste situazioni che l'Unione ha sempre trovato le energie migliori e ha vinto. Vinceremo anche questa volta, tanto più che le nostre richieste sono a costo zero.
La Direzione Nazionale sarà in prima fila, dichiareremo da subito lo stato di emergenza alla radio, alla televisione, sui giornali; ci sarà una conferenza stampa in settembre, vi chiederemo di organizzare un sit-in presso le Prefetture e portare un documento ai Prefetti che dovrà essere inviato al Governo;  chiederemo, anzi pretenderemo un incontro con il Ministro e se non basterà, se non avremo soddisfazione, sarà manifestazione, una grande manifestazione, quella che tanti di voi sognano da tempo. Voglio la stessa frenesia che avete messo nella difesa dell'indennità di accompagnamento.
Sì, amici, perché il lavoro vale più dell'indennità di accompagnamento.
Non c'è più tempo da perdere, avanti insieme, dunque.

IL PRESIDENTE NAZIONALE
Prof. Tommaso Daniele