Nel 2010, col sostegno del Consiglio Regionale Ligure, avevo provato a candidarmi sempre a questo incarico e, non essendoci riuscito allora, ho pensato di riprovare oggi. Gli eventi di quell’anno hanno portato alla nascita di un Movimento che si è definito di Rinnovamento all’interno della nostra Associazione; Movimento del quale sono stato nominato Coordinatore, carica che ricopro tutt’ora. Ho redatto il mio curriculum in stile freddamente burocratico perché è lo stesso che ho utilizzato fino a ieri durante tutto il mio percorso di vita e non ritengo giusto modificarlo, ma piuttosto aggiornarlo, se vorrete leggerlo penso capirete meglio chi sono e cosa ho fatto fino ad oggi. A completamento però aggiungo alcune considerazioni che spero permetteranno di conoscermi meglio e, di conseguenza, giudicarmi idoneo o meno a ricoprire l’incarico cui mi candido; infatti la formazione della mia vita è passata attraverso alcuni momenti:
l’Istituto Chiossone di Genova mi ha formato al suo interno, permettendomi di acquisire la cultura che mi ha sostenuto durante tutta la vita; la frequenza delle scuole superiori presso un Istituto Privato gestito dai Gesuiti ha caratterizzato la mia formazione religiosa: inizialmente profondamente cattolico e impegnato, successivamente agnostico, oggi profondamente credente in rapporto principalmente con Chiese Evangeliche. Gli amici e la frequenza dell’università mi hanno permesso di svolgere un ruolo attivo nella trasformazione dell’Istituto Chiossone a partire dai fatti del 1971 culminati nell’intervento della polizia il 5 marzo e nella riassunzione grazie all’intervento dei Consigli di Fabbrica in ottobre di tutti gli allievi espulsi, tra cui anche il sottoscritto. L’impegno di allora continua tutt’oggi. La frequenza dell’Unione e i vari incarichi che vi ho ricoperto e ricopro, mi hanno permesso di lavorare attivamente anzitutto per me, e successivamente per tutti gli altri amici e soci. Aver lavorato parecchi anni in Comune a Genova come funzionario direttivo mi ha permesso di conoscere a fondo la macchina burocratica e di capire come in parecchi casi si poteva eluderne la paralisi per realizzare servizi utili alla collettività.
Sulla base di queste esperienze mi sembra importante, per farmi conoscere meglio, cercare di esporre come mi piacerebbe poter lavorare all’interno del consiglio nazionale. Per prima cosa credo sia necessario che si arrivi a fare squadra per poter raggiungere gli obiettivi che vorremo raggiungere: fare squadra è un risultato difficile da raggiungere perché significa riuscire a collaborare pur avendo idee diverse, prospettive diverse e, spesso, culture diverse da cui proveniamo. La buona riuscita di ciò soprattutto dipende ovviamente dalle figure del presidente e del vice, ma tutti dobbiamo collaborarvi. Anche l’Unione, come tutte le organizzazioni, ha bisogno di un vertice compatto che possa essere convincete sia all’esterno che all’interno.
L’altro elemento da privilegiare, a mio avviso, è il rapporto col resto della società: le altre associazioni ed organismi di e per disabili, ciechi e ipovedenti compresi, devono poter trovare in noi uno strumento di collaborazione per raggiungere insieme obiettivi comuni, soprattutto in questo periodo in cui molte delle nostre conquiste vengono messe in discussione e spesso, per poterlo fare, veniamo messi l’uno contro l’altro. Allo stesso modo il discorso vale su scala più ampia con il resto della società civile: chi opera nella sanità, nella scuola, nel mondo del lavoro, nei settori sociale e assistenziale ha spesso problemi uguali ai nostri (necessità di prevenzione, cure adeguate, assistenza scolastica, integrazione scolastica e lavorativa, possibilità di condurre una vita degna di questo nome; se questi obiettivi possono essere comuni, allora anche la strada per raggiungerli può essere fatta insieme. Ovviamente non potremo essere tutti e sempre d’accordo, ma credo sarà molto utile anche a noi in questo caso scoprire le ragioni e le dimensioni delle differenze, confrontarvisi e, se proprio non sarà possibile, perché dovrebbero essere sacrificati nostri progressi raggiunti con tanto sforzo, avere chiaro il perché i modo da poterci comportare per conseguenza. Non scendo volutamente nei singoli settori che ho appena nominato, ma i documenti che in questi ultimi anni abbiamo elaborato come Movimento di Rinnovamento penso possano essere sufficienti a chiarire le mie prospettive in questa direzione.
Poi sono convinto che per poter raggiungere gli obiettivi che ci porremo, per poter far fronte alle situazioni difficili che già oggi non ci mancano e per poter progredire sulla strada di una nostra sempre maggiore integrazione sociale è necessario poter disporre di un’organizzazione che eufemisticamente definirei al passo coi tempi: questo significa maggiore trasparenza possibile, riduzione al minimo del cumulo delle cariche, incentivo a un continuo rinnovamento non solo di persone, ma anche di idee e di strumenti per dar loro gambe, la realizzazione di uno statuto che aumenti le potenzialità di tutti i livelli associativi, garantisca il massimo di democrazia e di coinvolgimento di soci, loro rappresentanti, nostro personale e nostri amici e collaboratori.
In fine, al momento di porre questa candidatura, mi viene spontanea una domanda cui cercherò di abbozzare una risposta: qual è oggi il senso di una associazione come la nostra? Perché soprattutto molti giovani (e io ho anche fatto parte di queste persone nel tempo) possono pensare che proprio per il fatto di ritrovarci in una associazione di ciechi ciò significhi un ostacolo alla nostra integrazione sociale? Io sono convinto che questo rischio esista davvero e che, se crediamo nei fini per cui l’Unione è nata, dobbiamo evitarlo a tutti i costi. Da un lato penso che si debba tentare ogni strada per aprire vie al nostro poter stare con chi vede, essendo però considerati alla pari: Ognuno, vedente o no, fa quello che può e che sa per aiutare gli altri. In secondo luogo le iniziative specifiche che realizziamo (corsi, gite, manifestazioni varie) devono poter essere aperte a tutti, soci e non, vedenti e non, ovviamente là dove ciò è possibile. In terzo luogo non vanno trascurate quelle iniziative che sicuramente non interessano chi vede (il corso di alfabetizzazione al computer, per esempio, interessa i vedenti magari solo per curiosità, ma diversamente non è necessario sia loro aperto). In fine credo sia importante incoraggiare la possibilità di esprimere, soprattutto a livello di volontariato, la nostra capacità di intervento nei diversi settori del sociale, dello sport e della cultura, non trascurando di offrire anche all’interno dell’associazione la possibilità di incarichi in questi ed altri settori più o meno retribuiti.
Ovviamente resto a disposizione per approfondire questi ed altri argomenti attraverso tutte le modalità che mi verranno offerte: potete contattarmi, leggere anche altri interventi che potrò scrivere, ascoltare le trasmissioni della nostra radio.
Eugenio Saltarel
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