L’UNIONE CHE VORREI .2015: l’ANNO DEL CAMBIAMENTO SPUNTI DI RIFLESSIONE PER IL XXIII CONGRESSO NAZIONALE DELL’U.I.C.I.

Autore: Nicola Stilla

Nel 2015 celebreremo il XXIII Congresso Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: si tratta di un appuntamento che oltre all’indispensabile aggiornamento dei contenuti e delle strategie di politica associativa, segnerà con il rinnovo della leadership, un passaggio decisivo che caratterizzerà  in prospettiva il futuro della nostra organizzazione non solo per quanto riguarda gli aspetti più propriamente politici, ma anche quelli amministrativi, gestionali e della comunicazione.

 In tale ottica, occorrerà gettare le basi per un ricambio del Gruppo Dirigente ed elaborare linee programmatiche capaci di rilanciare l’attività dell’U.I.C.I. in modo da avvicinare un maggior numero di Soci e riuscire ad incidere maggiormente sulle scelte delle organizzazioni delle persone con disabilità, e conseguentemente su quelle del Governo e del Parlamento del nostro Paese.

 Com’è noto ormai a tutti, viviamo, infatti, in un’epoca nella quale, a causa della crisi economica planetaria, la finanza ha preso il sopravvento sulla politica e ne detta le regole; la conseguenza è che i valori sociali, e spesso anche quelli morali, vengono messi in discussione. In questo clima socio-culturale e politico, lo spazio per le persone con disabilità si riduce progressivamente.

Si parla spesso di sussidiarietà e di welfare, ma i servizi a favore delle fasce “deboli” vengono sempre più frequentemente demandati al no profit, e si riducono a causa delle poche risorse messe a disposizione degli Enti Locali, degli stessi interessati o delle organizzazioni di promozione sociale o di volontariato. Molti dei diritti acquisiti negli anni scorsi a favore delle persone con disabilità sono messi in discussione e, quotidianamente, le organizzazioni rappresentanti le istanze dei cittadini più esposti alla crisi, lottano per evitare che principi, un tempo definiti sacrosanti dai diversi organi costituzionali, sia in Italia che nel mondo, vengano disattesi.

 In questo quadro, per fronteggiare la situazione ed offrire una risposta concreta e puntuale ai bisogni delle persone non vedenti ed ipovedenti, avremo bisogno di una diversa organizzazione della nostra Unione e degli enti di propria emanazione o ad essa collegati; avremo bisogno di una maggiore incisività da parte nostra nelle scelte delle amministrazioni, del Governo e del Parlamento, e di una forte e competente presenza nei luoghi ove queste scelte vengono assunte , così da invertire l’attuale tendenza e garantire una maggiore integrazione scolastica, maggiori opportunità lavorative, maggiori garanzie sociali, maggiori garanzie per l’accessibilità alle informazioni e alla cultura, maggiore autonomia, affinchè tutte le persone con disabilità possano godere della stessa, piena libertà.

Per fare questo l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti dovrà essere in grado di darsi nuove regole: innanzitutto, un Gruppo Dirigente capace di operare nei diversi settori anche attraverso lo strumento della delega, all’insegna di una struttura meno centralistica dell’attuale; una struttura che scelga di erogare solo alcuni servizi selezionati e qualificati, e che torni ad essere un “soggetto di vigilanza” nei confronti di tutti gli Enti che erogano servizi a favore delle persone non vedenti o ipovedenti. Se da un lato, infatti, la co-gestione ha spesso consentito di incidere sulle scelte dei diversi Enti, dall’altro, rischia di ridurre l’efficacia dell’attività di “vigilanza”, facendo venir meno la funzione primaria dell’U.I.C.I.: assicurare alle persone cieche ed ipovedenti la piena esigibilità dei propri diritti.

In quest’ottica, riveste particolare importanza la questione delle risorse economiche: l’Unione dovrà rivedere le sue scelte in tal senso e, pur continuando a perseguire il finanziamento pubblico dei servizi che la stessa eroga direttamente o attraverso gli Enti collegati, dovrà individuare forme nuove di autofinanziamento, organizzando direttamente quelle iniziative ritenute più adeguate e rispondenti alle proprie esigenze amministrative.

 IL PASSAGGIO

 Nel 2015, quando terremo il XXIII congresso dell’Unione, saranno 30 anni che la nostra associazione ha lo stesso Presidente; probabilmente i 30 anni più lineari della sua storia. Tommaso Daniele, uomo dalla forte personalità e dal fine intuito, ha retto l’associazione con mano ferma, interpretando il suo ruolo istituzionale di figura emblematica, così come quello di primus inter pares con dedizione, equilibrio e intelligenza. Dei successi conseguiti dall’Unione durante i suoi sette mandati parlano i fatti e i documenti, parlano la stima e il rispetto che tutto il corpo associativo gli dimostra con un costante ampio consenso. Intorno a lui, conoscitore degli umani pregi e debolezze, si sono avvicendati numerosi dirigenti, che ne hanno condiviso e assecondato, salvo rare eccezioni, le scelte strategiche e operative. Tommaso Daniele ha saputo cogliere e adeguarsi con prudenza e lucidità ai radicali mutamenti della società, contrastando le spinte negative e stimolando il contesto associativo a livello sia regionale che provinciale, a rafforzare l’efficienza organizzativa e funzionale, al fine di svolgere un crescente ruolo di sensibilizzazione e di aggregazione della categoria.

 Tommaso Daniele ha saputo coniugare l’ottimismo della speranza con la valutazione critica dei problemi e delle circostanze, sempre guidato da un chiaro senso dell’opportunità e della concretezza.

 La struttura centralistica dell’Unione, che è stata ed è tuttora punto di forza e fattore di coesione, ha favorito l’assunzione da parte del Presidente di una responsabilità univoca, incentrata sulla sua persona quale garante dell’unità, della stabilità  e della solidità dell’associazione. Ora che norme statutarie da lui stesso condivise segnano la conclusione del suo lungo impegno, tutta la compagine associativa gli deve fraterna gratitudine e riconoscenza.

 Colui che avrà l’onore e l’onere di succedergli dovrà condurre l’associazione con altrettanta fermezza e competenza nel momento in cui essa affronta probabilmente una delle sfide più impegnative e decisive di tutta la sua lunga storia.

Infatti, la realtà in cui l’Unione operererà nel futuro prossimo, e per un tempo indefinito, sarà una realtà segnata da un ordine sociale  assai complicato:

l’Italia è minacciata dal crescente divario sociale che sta producendo povertà diffusa, esclusione sociale e disoccupazione, soprattutto tra i giovani. Le persone con disabilità sono tra le più duramente colpite dalle conseguenze della crisi economica e sociale che sta mietendo vittime nel nostro Paese cosìì come in gran parte degli stati maggiormente sviluppati dell’occidente.

 La struttura sociale al cui interno si è sviluppata l’azione di promozione e di tutela degli interessi delle persone cieche e ipovedenti appartiene al passato. La deregolamentazione dei rapporti di lavoro, lo smantellamento del sistema pensionistico, i tagli dei servizi sociali di pubblico interesse, in particolare nella sanità e nel sistema educativo, hanno messo in ginocchio la maggior parte della popolazione, indebolendo in buona parte il senso di solidarietà e di condivisione, così come le regole della convivenza civile e della stessa vita democratica.

Le politiche e i servizi sociali non sono percepiti come un investimento, ma come un costo: nel nostro Paese, come in altri dell’Unione Europea, sono state decise misure di austerità che non hanno prodotto crescita e coesione, ma degrado e disuguaglianza. Trasmettere il messaggio di una dignitosa inclusione sociale delle persone con disabilità è sempre più difficile, a causa della competizione per la conquista delle scarse risorse disponibili.

Questa nuova realtà obbligherà l’Unione  Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti a un drastico ripensamento e a una revisione delle proprie strategie, sia rispetto alla gestione delle risorse umane ed economiche, sia alle modalità di finanziamento delle sue articolate attività.

 Un palese limite dell’attuale gestione è stata la pervicace indisponibilità a trasferire il baricentro del finanziamento dal settore pubblico a quello privato, confidando nella buona volontà delle Istituzioni.

  In tutta l’Unione Europea la scure dei tagli si è abbattuta sui lavoratori, togliendo loro la sicurezza del futuro e su chi non lavora togliendogli, del futuro, la speranza. Questa situazione è ancora più critica per i cittadini più vulnerabili, prime tra i quali le persone con disabilità i cui interessi non sono più adeguatamente tutelati dalle istituzioni competenti. Le persone cieche e quelle ipovedenti sono state talora presi di mira dall’opinione pubblica disinformata, in quanto ritenuti dei privilegiati o dei millantatori. Questo ha contribuito a indebolire il senso di solidarietà nei nostri confronti ed a screditare inevitabilmente in modo qualunquistico anche l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

La nuova dirigenza che sarà eletta dal XXIII Congresso e in primis il nuovo Presidente, saranno chiamati ad affrontare questa nuova situazione economica e sociale, alimentando in se stessi, nei Soci e nell’opinione pubblica la fiduciosa consapevolezza che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, potrà continuarea svolgere un ruolo essenziale e insostituibile per l’emancipazione, l’inclusione e la partecipazione delle persone cieche e ipovedenti nella società.

 Fortunatamente, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti non ha risentito in misura macroscopica come i partiti, i sindacati e altre realtà associative della diaspora dei propri iscritti, tuttavia un significativo calo del numero dei Soci si è verificato, e solo grazie agli sforzi profusi da tutta la dirigenza i danni sono stati limitati.

Anche il dissenso interno, a parte qualche caduta di stile, non ha prodotto conseguenze traumatiche. lo spirito di appartenenza all’Unione è forte e diffuso. Vi sono quindi le condizioni favorevoli per sviluppare programmi e raggiungere obiettivi ambiziosi.

Il nuovo Presidente dovrà essere una persona dinamica, energica, profondamente radicata nell’esperienza personale e collettiva della cecità, aperta al dialogo con tutte le componenti associative, ma anche con tutte le diverse entità del movimento della disabilità, del mondo del lavoro, della società civile e soprattutto della politica e sull’eredità di Tommaso Daniele, dovrà saper costruire nell’arido suolo di una comunità umana divisa, delusa e stanca di parole vuote e di abusati luoghi comuni, la concreta possibilità di dare ganbe e voce alla battaglia per le pari opportunità.

Non di meno, il futuro Presidente, dovrà mobilitare tutte le energie e le forze positive dell’associazione e su questa base operare nella trasparenza per l’unità, la responsabilità, la collegialità e il rinnovamento.

 Partendo da queste fondamentali premesse ed in vista quindi del XXIII Congresso Nazionale della nostra Associazione che necessita, come già detto, di un cambiamento forte e forse radicale dopo trent’anni di Presidenza Daniele, dopo una lunga riflessione, condivisa con alcuni amici che da sempre mi sono vicini nell’attività associativa che mi ha visto impegnato in qualità di Consigliere e Presidente della Sezione di Pavia e, dal 2005, dopo due mandati da Consigliere Regionale, da Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, ho deciso di presentare la mia candidatura alla carica  di Presidente Nazionale.

 Avendo ben chiari i molti successi conseguiti dei decenni scorsi e le criticità che tutti noi abbiamo riscontrato nella gestione della nostra organizzazione, uno dei primi obiettivi da perseguire con forza è sicuramente quello di mantenere l’unità dell’associazione e nello stesso tempo misurarci con il bisogno di cambiamento ed è proprio per tale ragione che in questo periodo con Mario Barbuto, abbiamo deciso di costituire un gruppo di lavoro congiunto che sta provando ad elaborare un progetto comune per poi, attraverso una consultazione tra tutti coloro che lo condivideranno, venga individuato la persona che dovrà, con il consenso più ampio e rappresentativo da parte del Congresso, nel rispetto delle eventuali minoranze, portare avanti il progetto in maniera collegiale.

La scelta di questo percorso è frutto di un serio ed importante confronto che parte da due presupposti condivisi:

1. la volontà mia e di Mario di porre entrambi la candidatura a Presidente Nazionale nel 2015;

2. l’interesse comune di non dividere l’associazione e tentare di raggiungere l’obiettivo di una unica candidatura.

Un progetto quindi che parte da un confronto unitario per capire se vi sono le condizioni per arrivare alla definizione di un percorso condiviso e solo alla fine di esso, in caso di una convergenza di fondo, si passerà al passo successivo: l’individuazione del leader, i ruoli e le funzioni.

 Scrivere oggi un progetto di rilancio dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti consentirà al nuovo Presidente ed alla sua squadra, a partire dal giorno successivo della celebrazione  del Congresso, di riorganizzare l’associazione e proseguire il proprio  impegnativo lavoro a favore delle persone non vedenti ed ipovedenti.

 Tutto questo, dovrà completarsi entro il prossimo mese di aprile e dovrà portare a definire:

– la definizione di regole per la scelta del leader;

– la bozza di un programma da sottoporre al contributo di tutti i Dirigenti e tutti i Soci per la sua definizione.

Il progetto dovrà svilupparsi su tre perni fondamentali per il rilancio dell’attività e dell’associazione: la conduzione collegiale dell’organizzazione, la valorizzazione ed il rispetto delle strutture territoriali e dei loro Dirigenti e la riorganizzazione della Sede Centrale e degli Enti Collegati fermo restando che, la struttura dell’associazione deve rimanere una struttura di carattere nazionale con gli aggiustamenti del caso affinchè tutte le strutture possano iscriversi nei diversi registri regionali e, fino a quando esisteranno, provinciali e nelle diverse anagrafi.

Su questa base, a mio avviso per definire il progetto, andranno approfonditi i seguenti punti fondamentali:

– l’unità associativa,

– l’ampliamento della base associativa,

– l’inclusione reale nella società delle persone ipovedenti,

– il ruolo delle struttureterritoriali,

– il ruolo ed il funzionamento degli Organi collegiali Centrali,

– l’unità delle persone con disabilità,

– l’importanza della funzione di rappresentanza,

– una corretta vigilanza sui servizi (anche quando erogati dai nostri Enti)

– la questione delle risorse e dell’autofinanziamento.

– e, non ultimo, i rapporti con l’Europa (E.B.U. e E.D.F.) e con l’Unione Mondiale dei Ciechi,

Insomma, un gioco di squadra che, “Con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto sul futuro”, riesca a tenere i rapporti quotidiani con le strutture del territorio, con le altre associazioni di e per persone cieche, con le altre associazioni di e per persone con disabilità, con il mondo politico e sindacale, con quello Istituzionale mettendo al centro la persona e la collegialità nel rispetto di tutte le strutture interne, dalla più piccola a quella più rilevante.

Solo in questo modo, ne sono convinto, la nostra Unione potrà ritornare ad assumere quella funzione di traino che ha sempre guidato le scelte politiche non unicamente nel nostro Paese ma anche in Europa ed ha saputo portare avanti i grossi concetti e principi della solidariettà nel mondo.

Per chi volesse contattarmi o dare il proprio contributo, nicola@stilla.it