Un contributo alla formazione professionale e all’occupazione di ciechi e ipovedenti
Il lavoro, nella Storia ormai secolare dei ciechi, soprattutto in Italia, ha rappresentato da sempre il veicolo di riscatto personale e di emancipazione civile dal bisogno, dalla dipendenza e dalla carità altrui.
Aurelio Nicolodi, Padre fondatore dell’Unione Italiana Ciechi, ne intuì per primo l’enorme valore sotto il profilo umano oltre che economico, proprio perché il Lavoro libera dal bisogno , ma soprattutto restituisce alle persone con disabilità quella dignità di cittadini e di appartenenti a un consesso civile, perduta finché la società continua a considerarle come un peso più o meno molesto; come soggetti da trattare tutt’al più con quel senso di pelosa compassione, spesso addirittura peggiore della più fredda indifferenza.
Paolo Bentivoglio, un altro Grande della Storia dell’Unione, definiva il Lavoro come “luce che ritorna”, quasi a volerne sottolineare l’importanza come se fosse il recupero stesso di un frammento della vista perduta.
Poiché le fabbriche non erano in condizione di accogliere i lavoratori ciechi, negli anni ’30 del secolo scorso, Nicolodi promosse e realizzò fabbriche speciali, poste sotto la Direzione dell’Ente Nazionale di Lavoro per Ciechi e sotto l’influenza dell’Unione, in modo da offrire un lavoro a centinaia e centinaia di persone prive della vista e addirittura aprire le porte a una sorta di integrazione sociale, assumendo anche innumerevoli lavoratori “normodotati” che poterono così svolgere le proprie mansioni fianco a fianco con colleghi e compagni non vedenti.
Negli anni ’50, esauritasi la stagione delle fabbriche speciali, l’Unione conquistò le prime leggi di protezione dei lavoratori ciechi che consentirono e permettono ancor oggi un collocamento mirato e obbligatorio presso moltissime aziende private e numerosi uffici pubblici, prima come centralinisti telefonici, subito dopo come massofisioterapisti, insegnanti, programmatori, avvocati e perfino liberi professionisti di ogni genere.
Per l’Unione e per ciascuno di noi personalmente, l’esercizio concreto del Diritto al Lavoro che diviene realmente effettivo solo con l’apertura delle porte di un’azienda, un pubblico ufficio, uno studio professionale, è sempre stato l’obiettivo della vita, il traguardo di un cammino di riscatto e di emancipazione reso spesso più complicato e faticoso a causa della mancanza della vista che tutto complica e tutto ingarbuglia.
Al giorno d’oggi, il Lavoro rimane ancora per noi quell’obiettivo imprescindibile per il quale spendersi e impegnarsi con ogni energia, proprio perché l’evoluzione vorticosa dell’organizzazione sociale e produttiva modifica continuamente il profilo professionale del lavoratore tipico e rende sempre meno agevole il nostro adattamento funzionale a quanto richiesto dal mercato del lavoro.
L’introduzione di tecnologie sempre più sofisticate e quasi mai accessibili senza l’uso della vista; la destrutturazione e la delocalizzazione di tantissime aziende del tessuto produttivo italiano; i cambiamenti in atto nella amministrazione pubblica, rendono il collocamento di un lavoratore cieco o ipovedente molto difficile da realizzare a causa dei numerosi ostacoli burocratici e tecnici che spesso si sommano ai pregiudizi dai quali la nostra società non è stata ancora in grado di affrancarsi in maniera totale e convincente.
Non abbiamo dovuto registrare, fortunatamente, una espulsione consistente dei lavoratori ciechi dai luoghi di lavoro, come purtroppo hanno sofferto molte altre categorie, ma dobbiamo tuttavia fronteggiare e superare difficoltà sempre crescenti nella individuazione di nuove opportunità di collocamento e resistenze sempre più accentuate da parte di un mercato della manodopera che pretende, fin troppo, flessibilità, disponibilità, adattamento, rinuncia a ogni tutela di carattere individuale, sociale e sindacale.
Dinanzi a noi, pertanto, un futuro di crescente incertezza e di preponderante difficoltà nel trovare nuove opportunità lavorative per i ciechi e gli ipovedenti, nonostante il grande progresso tecnico e le maggiori disponibilità di tecnologie assistive, anche a prezzi molto contenuti e a condizioni vantaggiose.
Il centralinista, il massofisioterapista, l’insegnante, nelle accezioni classiche, non offrono più un futuro certo di lavoro e di emancipazione per i ciechi e gli ipovedenti, inducendo dunque in noi tutti una riflessione profonda sulle nuove vie da percorrere e sui nuovi traguardi da perseguire per continuare a dare alle persone prive della vista una prospettiva occupazionale concreta che garantisca loro la libertà dal bisogno economico e la dignità di sentirsi cittadini tra i cittadini.
Sono molte le iniziative in atto sia sul piano legislativo che su quello formativo e organizzativo, tramite le quali la nostra Unione tenta di offrire nuove prospettive occupazionali alle migliaia di ciechi e ipovedenti che attendono ai margini del mercato del lavoro e che rischiano di esserne espulsi definitivamente, con conseguenze umane e sociali dagli effetti negativi inimmaginabili.
A sostegno di tali azioni e con l’intento di promuoverne di nuove e più efficaci, abbiamo pertanto deciso di destinare gli introiti derivanti dalla lotteria nazionale Louis Braille alle azioni positive di promozione della formazione professionale e del collocamento dei ciechi e degli ipovedenti in un mercato del lavoro particolarmente ostile, tanto da rappresentare forse oggi la sfida più grande, l’incognita più difficile, il traguardo più significativo di sempre.
La lotteria Louis Braille, oggi alla sua terza edizione, costituisce per noi una operazione di fundraising molto preziosa non solo per il rendimento finanziario che consegue, ma anche e soprattutto perché offre nuove e stimolanti occasioni di dialogo con la cittadinanza su tutto il territorio italiano circa le problematiche più scottanti che riguardano i ciechi e gli ipovedenti.
Nei due anni precedenti l’Unione ha profuso nella distribuzione dei biglietti un impegno enorme, assicurandone praticamente da sola la buona riuscita, con risultati più cheaccettabili.
Ci auguriamo che le altre parti in causa nella filiera della distribuzione dei biglietti come i Monopòli di Stato, la Federazione Italiana Tabaccai e la società distributrice Lottomatica, vogliano offrirci quel “di più” di supporto che consenta una maggiore e più capillare diffusione dei biglietti e del messaggio di enorme valore sociale che essi recano:
“lo sviluppo di iniziative e di azioni virtuose di promozione di una adeguata formazione professionale e di individuazione di tutte le opportunità lavorative oggi a disposizione per le persone non vedenti e ipovedenti”.
Alla cittadinanza l’appello a sostenerci nelle nostre quotidiane battaglie, come ha sempre dimostrato di fare fino a oggi.
Alle altre componenti in causa, l’appello a un impegno totale e convinto, a sostegno di un grande obiettivo di civiltà, ma anche nel rispetto dei termini sostanziali delle concessioni e delle licenze ricevute dallo Stato.
Ai nostri soci e dirigenti, la raccomandazione, la preghiera di voler dispiegare tutte le proprie capacità organizzative, comunicative e di dialogo, per promuovere e favorire la massima distribuzione dei biglietti di questa lotteria nazionale, per dare corpo sempre di più alle battaglie dell’Unione e per sentirsi partecipi di una conquista collettiva di civiltà quale la garanzia del Diritto al lavoro.
Mario Barbuto – Presidente Nazionale