Consiglio di Stato, sentenza n. 07850, pubblicata il 10/12/2020
Si richiama l’attenzione sull’ultima sentenza del Consiglio di Stato in materia di disabilità, la n. 07850 del 10 dicembre 2020, che ribadisce il principio secondo cui la pensione d’invalidità e l’indennità di accompagnamento cat. INVCIV esulano dalla nozione di “reddito”, in quanto non costituiscono incrementi di ricchezza, ma vanno considerati come emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo o risarcitorio delle situazioni di disabilità.
In particolare, i magistrati del Consiglio di Stato hanno sostenuto che l’indennità di accompagnamento, al pari delle altre indennità con la medesima finalità, non può essere valutata come un reddito, in quanto essa “unitamente alle altre forme risarcitorie serve non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica…. situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale”. “Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio…. non determinano infatti una migliore situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subìta da chi richiede la prestazione assistenziale e possiede i requisiti per accedervi”.
Segue un breve riassunto dei fatti di causa.
Veniva proposto ricorso contro il Comune di Parma, per l’illegittimità del Regolamento comunale n. 72/2018, che imponeva costi in compartecipazione, a carico dell’utente con disabilità, per la fruizione di interventi sociali e socio-sanitari. L’Amministrazione comunale, quindi, non si limitava a valutare la compartecipazione al “budget di progetto” in proporzione all’ISEE, ma – ai fini dell’ammissione alle prestazioni sociali e socio-sanitarie e della misura della loro corresponsabilità – applicava a carico dell’utente con disabilità un criterio economico aggiuntivo, che veniva individuato sulla base delle “entrate effettivamente disponibili”; in tal modo, addiveniva all’estensione in malam partem del concetto di “reddito”, considerando anche la pensione di invalidità cat. INVCIV e l’indennità diaccompagnamento.
Il ricorso veniva accolto, con l’ordine al Comune di Parma di annullare il Regolamento in questione. Per il Consiglio di Stato, infatti, l’ISEE resta l’unico parametro di valutazione della condizione economica del richiedente quale criterio selettivo per la fruizione di progetti sociali e socio-sanitari. Pertanto, l’ISEE rappresenta il “livello essenziale delle prestazioni”, con la conseguenza che le leggi regionali e i regolamenti comunali devono considerare vincolanti le sue prescrizioni, ai fini di progettualità di carattere sociale e socio-sanitario rivolte a persone con disabilità, escludendo le ulteriori entrate non calcolate ai fini dell’ISEE, come, ad esempio, la pensione di invalidità e l’accompagnamento.
Al riguardo, ricordiamo che già nel 2016 il Consiglio di Stato aveva ampiamente argomentato la questione, pronunciandosi per ben tre volte in tali termini: “l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva e ontologica, cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva, situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo e a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa. Pertanto, la «capacità selettiva» dell’ISEE, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerarli per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile.” (sentenze n. 838, 841 e 842 del 2016).
Del resto, in virtù di tale principio, ispirato ai criteri di proporzionalità di cui agli artt. 3, 38 e 53 Cost., il legislatore aveva riformato il DPCM n. 159/2013 (legge n. 89 del 26 maggio 2016, art. 2 sexies; cfr. circolare INPS n. 13/2016), escludendo dal reddito disponibile di cui all’art. 5 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF (Cons. Stato, Sez. III, n. 6371/2018).
In conclusione, la sentenza del Consiglio di Stato n. 07850/2020 dichiara illegittima l’inclusione della pensione di invalidità cat. INVCIV e dell’indennità di accompagnamento tra i redditi utili, ai fini della valutazione di spettanza o meno degli interventi sociali e sociosanitari.
Resta inteso, però, che – fuori dalle ipotesi espressamente contemplate – mentre l’indennità di accompagnamento non rileva mai ai fini reddituali, la pensione di invalidità potrebbe avere rilevanza, quale forma di reddito da valutare, per alcune specifiche prestazioni previste dalla legge. Due esempi, tra tutti, sono il cd “incremento al milione” delle prestazioni cat. INVCIV e il reddito di cittadinanza (cfr. le casistiche riportate all’interno del comunicato UICI n. 147/2020). In tali fattispecie, infatti, l’inclusione della pensione d’invalidità civile – e non anche dell’accompagnamento – tra i redditi rilevanti è dovuta al fatto che l’“incremento al milione”, il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza sono, a loro volta, dei trattamenti di natura assistenziale.
Il testo della sentenza viene allegato di seguito: