Consapevole che è difficile parlare di sé e, allo stesso tempo, suscitare col proprio vissuto riflessione e confronto, Silvano, primo cittadino di Lierna, un piccolo Comune sul lago di Como, racconta la sua storia con la semplicità e la delicatezza di una favola.
“C’era una volta un piccolo liernese che un giorno non riuscì più a vedere il cielo stellato…”
Per me è andata proprio così, un bambino vivace e curioso, con una immensa voglia di diventare grande e di scoprire il mondo, si ritrovò ben presto ad essere un adolescente tormentato e angosciato dall’idea di perdere completamente la vista. Mi diagnosticarono infatti la retinite pigmentosa, una malattia genetica dell’occhio che porta alla cecità. A lungo mi sono rifiutato di accettare la mia condizione di disabilità e di chiedere aiuto. Fino a trent’anni ho potuto comunque svolgere, almeno durante il giorno, le mie attività senza grosse limitazioni. La notte invece la vista era sempre più offuscata. La situazione col tempo peggiorò, finché giunse il momento in cui il buio assoluto mi avvolse e sconvolse. Fu il periodo più terribile, ma proprio allora, inaspettatamente, scoprii che dentro di me c’era un altro ragazzo, uno che aveva con una voglia pazza di fare, che non si sarebbe fatto schiacciare dalla paura, insomma, non si sarebbe arreso. Da qual momento decisi di lasciar fare a lui!
Aprii un negozio di fiori e mi resi subito conto di quanto mi piacesse quel lavoro. Vivere immerso in una meravigliosa natura profumata, creando composizioni floreali, mi dava una grande soddisfazione. Ho dovuto pian piano rinunciare a vedere, ma potevo toccare, annusare, sentire e, dove non arrivavo io, c’era sempre l’appoggio di chi mi stava accanto. Quei fiori portavano gioia e allegria nelle case delle persone, regali sempre graditi per ricordare un avvenimento speciale, per suggellare una promessa, sorprendere l’amata o semplicemente regalare un sorriso. Lavorare come fiorista col tempo diventò sempre più difficile, allora decisi di intraprendere una nuova attività che avrei potuto gestire avvalendomi di alcuni collaboratori.
La mia nuova sfida fu prendere in gestione un chiosco bar. Fondamentale è stato l’appoggio delle persone che mi sono state accanto con grande sensibilità, grazie a loro ho potuto vivere un’esperienza che non avrei mai pensato di poter fare nella mia situazione. Gli scambi confidenziali e vivaci di pensieri e opinioni con i clienti mi hanno fatto capire che non sempre le persone, per offrirti amicizia e rispetto, ti chiedono di essere perfetto. Mi accettavano e mi stimavano così com’ero, anche con la mia disabilità, perché non avrei dovuto farlo anch’io?!
Sono stati anni indimenticabili, evidentemente la vita mi stava dando più di quanto avessi immaginato. Ed ora, dopo tanto tempo, mi rendo conto che non mi sono mai lasciato abbattere dalle difficoltà, le ho affrontate, ad una ad una, momento per momento, senza fermarmi mai.
Qualche anno più tardi ebbi l’opportunità di un altro cambiamento professionale: fui assunto presso una pubblica amministrazione come operatore centralinista. Un lavoro umile che in realtà si rivelò interessante: i contatti con le persone erano per lo più legati all’ascolto, eppure ben presto mi accorsi che quelle voci trasmettevano frammenti di vita e un’infinità di emozioni: ansia, preoccupazione, bisogno di risolvere un problema o di essere ascoltati. La mia semplice mansione si trasformò allora in una missione di vicinanza, solidarietà, empatia, a volte persino condivisione.
In tutto questo riconosco quanto sia stato importante e non scontato l’affetto dei miei familiari e dei miei amici, con il loro sostegno mi hanno concretamente aiutato a compiere coraggiosi passi verso l’autonomia. Me ne accorgo soprattutto adesso che sto vivendo la mia seconda esperienza matrimoniale che giorno per giorno mi dà tutta la forza e l’amore di cui ho bisogno.
Decisivo per questo aspetto è stato anche avere al mio fianco, come eccezionale compagna di viaggio, la mia Koda, un labrador color miele che ogni giorno, per dodici anni, mi ha preceduto di qualche passo. Affidarmi a lei è stata l’alternativa impegnativa, ma senza paragoni, al bastone bianco e mi ha permesso di avere relazioni sociali e di vivere bellissime esperienze. È incredibile il senso di responsabilità che si assume un cane guida quando conduce un non vedente, la sua attitudine a dare prima di ricevere, la sua attenzione amorevole e silenziosa. Con lei ho camminato per il mondo, abbiamo condiviso affanni e preoccupazioni, ma anche momenti sereni e scherzosi.
La mia guida a quattro zampe è stata un esempio costante di generosità. Ricordo quando ha condiviso la sua ciotola di pappa con un cagnolino appena conosciuto o quando su una nave le fu chiesto di accompagnare all’ascensore una mamma che si era persa nei corridoi con i suoi bambini e Koda ha portato a termine il compito che le era stato affidato con grande attenzione. Era anche dotata di una memoria formidabile, sapeva ritrovare un luogo anche se l’aveva visto pochissime volte. E poi è sempre stata molto paziente: era capace di aspettare per ore che terminassi i miei impegni senza mai lamentarsi.
Nel 2009 fu il momento di fare un altro passo: decisi di candidarmi alle elezioni comunali, di mettermi a disposizione della mia Lierna, dalla quale avevo ricevuto tanto. Pensa che fosse giunto il momento di restituire.
In un mandato fui eletto consigliere, nel secondo ricoprii la carica di vice-sindaco ed ora sono il sindaco del mio paese. Al di là della voglia di mettermi in gioco, queste esperienze mi hanno dimostrato la fiducia che i miei concittadini hanno riposto in me e questo mi ha riempito il cuore di gioia.
Fare il sindaco è un compito tanto difficile quanto appassionante. La tecnologia mi permette di svolgere molti atti amministrativi in autonomia, anche in assenza della vista, ma la mia vera forza è la collaborazione del team amministrativo, dei dipendenti comunali e di tutti i cittadini che quotidianamente, sostituendosi ai miei occhi, mi offrono uno sguardo sul paese e sulle sue necessità.
Il destino ha voluto che il mio mandato coincidesse di fatto con la pandemia, che ha condizionato tutti i progetti e le scelte, rovesciando le priorità.
Eppure, quando l’angoscia e la paura dominavano, quando le strade del paese erano immerse in un silenzio assordante e serenità e speranza sembravano chimere, la collaborazione tra le amministrazioni comunali e la solidarietà delle persone si sono rafforzate. Il noto motto: “Insieme ce la faremo!” è stato davvero alla base di ogni nostra iniziativa.
Così, alla luce di quanto ho vissuto, credo che solo continuando a condividere obiettivi e sacrifici e ad aspirare tutti assieme al bene sociale possiamo contribuire a dar vita ad un presente e ad un futuro migliore per il nostro paese.
La vita ci propone sempre nuove sfide, nelle quali viene alzata ogni volta un po’ di più l’asticella del limite di ciascuno di noi, persone con disabilità o meno: l’importante è trovare la forza di rialzarsi dopo ogni inevitabile caduta e continuare a mettersi in gioco.
Ora, camminando per le vie di Lierna insieme a King, il cucciolotto appena arrivato dal morbido mantello tutto nero, che ha già deciso di affiancarmi qualsiasi strada prenderò, penso a quel che è stato e a tutto quello che c’è da fare. Una cosa mi sento di dire a tutti: anche quando sentite la fatica e l’asprezza della vita, quando sembra che vi manchino risorse e possibilità, c’è sempre qualcosa che potete fare, date retta al ragazzo coraggioso che è in voi e non fermatevi mai! In fondo non c’è buio che non si possa illuminare. King abbaia deciso, evidentemente è d’accordo con me.
Giornalista Francesca Stucchi
pubblicato già sul n. 43 del settimanale Confidenze con una foto di Silvano.
Pubblicato il 26/10/2021.