Oltre 200 rappresentanti del terzo settore a Roma per celebrare la Giornata internazionale indetta dell’Onu e fare il punto sulle evoluzioni dettate dalla riforma e da una società che muta velocemente. Tra i temi da affrontare insieme, il coinvolgimento dei giovani e la risposta alle sfide tecnologiche. Per tenere unite le comunità
“Quando le persone fanno la differenza” è questo il titolo scelto da Forum Terzo Settore, Csvnet e Caritas Italiana per celebrare la 33° Giornata del volontariato indetta dall’Onu. Oltre 200 rappresentanti del terzo settore si sono incontrati oggi a Roma, nell’Aula Magna della Facoltà di Architettura di Roma Tre per un confronto su un tema sempre attuale che oggi, alla luce delle novità introdotte dalla recente riforma del terzo settore, offre nuove chiavi di lettura, opportunità e sfide da esplorare. Il volontariato tiene unite le comunità e in ogni fase storica, non solo in quelle di maggiore crisi, è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale per la tenuta del paese e per la democrazia.
“Con la Riforma del terzo settore – ha dichiarato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore – il volontariato ha vinto perché il nuovo codice gli ha assegnato una funzione centrale e strategica per tutti gli enti di terzo settore riconoscendo l’azione di tutti i cittadini responsabili e solidali. Senza le persone l’iniziativa civica non esiste. Le persone sono il motore che fa partire tutto, la scintilla in grado di dare vita ad azioni collettive volte a rispondere con innovazione e creatività ai problemi delle comunità. La riforma del terzo settore – conclude Fiaschi – rilancia una nuova stagione di impegno civico e organizzato”.
E il tema delle sfide aperte dalla nuova normativa è stato ripreso in più occasioni durante la mattinata di celebrazione. “Una riforma – spiega Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana – che recepisce la liquidità del volontariato capace di convivere tra forme organizzative diverse, mantenendo una propria identità. Il volontariato di ieri era spesso militanza in forma associata, oggi è sempre più spesso esperienza in modalità destrutturata. Ci sono definizioni del passato che vanno maneggiate con cautela, come quella della ‘purezza del volontariato’. Dobbiamo pensare invece al compromesso come punto di partenza per l’azione. Il volontariato deve essere dentro ai processi e saper scendere a compromessi. Viviamo un tempo – conclude Marsico – in cui è impossibile capire cosa fare ma è importante essere al servizio dei processi che mettano al centro la persona più che occupare spazi”.
Costruire comunità resilienti, quindi, come indicato dall’Onu e ribadito da Stefano Tabò, presidente di CSVnet durante il suo intervento, “aiuta ad aprirci al mondo e ci sollecita a fare qualcosa in più”. Ma la celebrazione del 5 dicembre a Roma è stata soprattutto un’occasione per riflettere sulla natura stessa della cultura del dono e dell’impegno gratuito. “La cultura del volontariato è unica: è un modo di essere della persona nell’ambito dei rapporti sociali, che esprime socialità e la arricchisce della dimensione del dono – continua Tabò. Questa modalità ha a che fare con il modello di cittadinanza che vogliamo perseguire e che dobbiamo valorizzare e tutelare con cautela”. “Il volontariato non è una pianta selvatica ma un fiore di serra – spiega ancora Tabò riprendendo un’immagine spesso usata da Luciano Tavazza – perché ha bisogno di cure e attenzione. Ma non è la serra il luogo in cui è chiamato ad agire: il suo ruolo è quello di tenere unite le comunità e la ricerca sugli empori realizzata da CSVnet e Caritas italiana è lo specchio di questa capacità”.
All’evento è arrivato il messaggio del sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali Claudio Durigon, che ha sottolineato che “i volontari sono un esercito silente che con il loro lavoro contribuiscono significativamente a sostenere le fragilità e le esigenze della società. Con il loro operato migliorano la trama delle comunità contribuendo alla crescita, non solo morale, delle economie del nostro paese”. In conclusione il sottosegretario ha ribadito che “la posizione del Governo è di piena apertura e dialogo continuo con tutti gli attori interessati ed investiti dalla riforma”.
I lavori sono proseguiti con una tavola rotonda sul “Volontariato 4.0.”, per rispondere alle esigenze di una società che cambia in modo veloce e difficilmente decifrabile. Un processo veloce che ha investito anche il volontariato stesso che, come ribadito dal ricercatore dell’Università di Pisa Riccardo Guidi “deve guardare a queste trasformazioni se vuole diventare un fenomeno sempre più diffuso e popolare e non un’esperienza di pochi”. Cavalcare il cambiamento, quindi, e non evitarlo. “Dalle forme organizzate all’iniziativa autonoma, dalla pratica volontaria per progetti all’autorganizzazione dal basso – continua Guidi – l’impegno solidale acquisisce nuove forme ma il livello culturale rimane uno dei elementi fondamentali”. E per affrontare le sfide del cambiamento, è utile tenere ben saldi i valori di riferimento comuni. “Il primo è la solidarietà – ha spiegato Enzo Costa coordinatore della consulta del volontariato presso il Forum terzo settore – ancora più del dono. È una scelta individuale che deve trovare terreno fertile per connettersi con le altre individualità e diventare collettiva. Nella riforma manca proprio questo: una vera valorizzazione del volontariato nelle comunità e strumenti concreti che facilitino”. Alla tavola rotonda ha partecipato anche Maria Cristina Pisani, portavoce del Forum nazionale Giovani che ha ribadito l’impegno a coinvolgere le nuove generazioni in questo processo di partecipazione. “I giovani che fanno volontariato – ha spiegato Pisani – sono ancora pochi e hanno bisogno di spazi aperti al confronto e alla partecipazione con azioni continuative e strutturate. E come per il lavoro, dobbiamo lavorare sui tempi di conciliazione per andare incontro alle esigenze delle donne che vogliono fare attività volontaria”. Tra le sfide lanciate al “volontariato 4.0” c’è quella della comunicazione. “Non si può contrastare una cultura dell’odio crescente – ha spiegato Andrea Volterrani dell’Università Tor Vergata – se non si fa una comunicazione diversa e per questo oltre che nei quartieri, sulle strade, nei condomini, bisogna essere anche online, perché lì il volontariato non c’è ancora abbastanza”. Gli ha fatto eco Roberto Museo, direttore di CSVnet, ribandendo la crucialità del tema delle tecnologie convergenti per il volontariato. “Siamo nel pieno di una nuova rivoluzione industriale in cui, oltre ai device che usiamo, ciò che ci condiziona è il concetto che ‘io sono in quanto posso’”. “La sfida che attende i Csv – ha concluso Museo – è di essere luoghi e non più spazi, in cui il praticare in modo partecipato la coesione sociale, la partecipazione, l’inclusione e la democrazia”.
Presentati anche i dati del 1° rapporto sugli empori solidali realizzato da Caritas e Csvnet, i sempre più numerosi luoghi che permettono di dare risposte concrete ed omogenee a temi come la povertà alimentare, il recupero delle le eccedenze alimentari e l’aiuto a persone situazione di disagio economico. Ai dati illustrati da Monica Tola di Caritas e Stefano Trasatti di CSVnet, si sono aggiunte le storie dell’emporio di Oria, raccontata da don Alessandro Mayer, della rete ormai consolidata presente in Emilia-Romagna con Angela Artusi e l’esperienza di Verona con la referente Barbara Simoncelli.
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