Il 2 giugno scorso è stato inaugurato il “Mercato al buio” nel Padiglione Italia all’Expo di Milano. Un’esperienza sensoriale che riproduce i suoni e gli odori della Vucciria, il celebre mercato all’aperto di Palermo. E che rimanda a “Dialogo nel buio”, l’iniziativa dell’Istituto dei Ciechi di Milano che ha ormai raggiunto l’incredibile traguardo del milione di visitatori.
Roberta spiega in inglese a una coppia di visitatori dai caratteri asiatici e a un gruppo di signori dall’aspetto occidentale, che cosa stanno per vedere. E lo fa rassicurandoli del fatto che lì nella sala buia non ci sono né gradini né buchi “ma si prova un’esperienza sensoriale dove l’importante è tenere le mani in avanti sempre e parlare con la guida”. La stessa spiegazione la fa anche noi nella lingua di Dante raccomandandoci di mettere occhiali e orologio in tasca e di spegnere il telefonino. E poi ci affida a Marinella, la nostra guida di oggi che ha una vasta esperienza a “Dialogo nel Buio” all’Istituto dei ciechi di Milano.
Marinella ha la voce rassicurante, ferma ma dolce. Il suo suono ti guida all’interno della sala che diventa subito buia. “Alla sua destra c’è una parete: la segua e poi si fermi. Vedrà che fa un angolo”, dice prima di passare al più informale “tu”. Siamo appena entrati ma il buio e l’oscurità avvolgono tutto. La signora dietro si attacca al mio zaino. Non varrebbe “ma – dice – mi fa da punto di riferimento e mi rassicura”. Poi la guida ci fa girare verso la sua voce. “Quello che stiamo per vivere è un mercato al buio che abbiamo ricreato ispirandoci al quadro di Renato Guttuso cercando di riprodurre l’ambientazione di quel luogo per farvi gustare l’emozione, l’atmosfera, la sensazione tattile, i suoni del mercato palermitano”. I suoi consigli non sono marginali: come quello di tenere gli occhi rilassati così come le spalle. “Con gli occhi non riuscirete a vedere proprio nulla: dovete cambiare completamente il vostro atteggiamento mentale e sarete sorpresi di quanti impulsi e informazioni utili vi daranno gli altri sensi. Quando guardate fatelo con due mani. Così, trovare qualcosa – aggiunge ancora – sarà come una conquista e scoprirete delle abilità che altrimenti non pensereste di avere”.
Superiamo la tenda ed entriamo. Le voci che si odono in sottofondo sono quelle tipiche dei venditori della Vucciria che con accento inconfondibile e in dialetto gridano per attrarre i loro clienti. Qui ci sono dei banchi ricolmi di frutta e verdura. Marinella chiama ad uno ad uno i partecipanti di cui ha imparato già i nomi. E li ha già associati alle loro voci: Luciana ci sei? Giusy tutto a posto? Piera vieni avanti. E Aldo c’è? Eccoci a Palermo alla Vucciria. Senza volerlo finisco per toccare delle arance e dei limoni. “Incominciate ad esplorare”, dice Marinella. “Cosa c’è alla vostra destra?”. “Mele” dico io tastandone la forma perfetta. E poi trovo dei meloni che con somma meraviglia sono freddi da frigo. “Ricordatevi quello che vi ho detto di guardare con le mani”. Poi mi imbatto nei finocchi che devono essere giganteschi. Almeno così mi pare. Una delle signore davanti o a fianco a me (il senso dell’orientamento nel buio lo perdo, mi è capitato anche alle cene al buio) trova delle noci e le fa suonare una contro l’altra. Lo stesso fa un’altra signora con le arachidi. “Anche senza toccarle si capisce che sono noci, no?”, chiede Marinella insistendo: “Dai ditemi che cosa state trovando”. “Delle banane”, grida felice un’altra signora che poi rimane un po’ delusa nel sapere che sono zucchine. Marinella mi richiama all’ordine. Mi chiede di spostarmi più a sinistra e di dirmi cosa c’è in quella parte di bancarella. Io tocco qualcosa di piacevole al tatto e dalla forma perfetta. Prima ancora di prenderlo e portarlo al naso nel gesto di annusarlo, capisco che è un peperone. Il suo profumo mi inebria per un istante e mi lascia senza respiro. Le signore a fianco trovano delle carote. Il gruppo viene pervaso dalla sindrome della vendita. Io urlo “peperoni freschi”, una signora a fianco trova delle melanzane e Giusi, che è siciliana, dice che se vogliamo lei una caponata ce la può fare. E comincia anche lei l’opera di persuasione all’acquisto. “Vendo melanzane ben sode, dure al punto giusto della nostra Sicilia. Solo 99 centesimi al chilo”. Poi c’è chi trova aglio, cipolle. “Ve la siete un po’ fatti la mappa mentale di questo posto?”, chiede Marinella che invita il gruppo a tornare un po’ indietro. Io no ma dico di sì per non sembrare da meno. All’uscita chiederò invano una foto dello spazio.
Il gioco si complica: veniamo divisi in due gruppi. Marinella dice che stasera ha ospiti a cena e vorrebbe preparare delle verdure miste: zucchine e melanzane grigliate. Quante ce ne sono? A me viene chiesto di cercare le arance insieme a Margherita. Le troviamo addirittura divise su due banchi. Quante sono? Dopo aver faticato a trovarle proviamo a contarle ma non è semplice. Saranno una ventina in totale dico io in modo approssimativo guadagnandomi le simpatie del gruppo per la mia imprecisione.
Marinella ci richiama a lei. Seguiamo la sua voce e la raggiungiamo non senza esserci pestati i piedi e urtati varie volte. “A destra c’è una parete, seguitela e poi una tenda, superatela”.
Siamo ormai arrivati alla fine del nostro giro. “Cosa avete sperimentato”, chiede Marinella. “Il tatto e l’olfatto”, risponde Donatella. Giusi non usa mezzi termini e dice che per lei essere non vedente sarebbe troppo dura. Donatella le fa eco dicendo che il suo incubo peggiore sarebbe proprio quello di perdere la vista. La chiusa è di Marinella e non potrebbe essere altrimenti. “E’ inevitabile che questo percorso uno lo colleghi alla cecità. In realtà dialogo nel buio ha lo scopo non di farvi immedesimare in una persona cieca riproducendone la cecità. Il messaggio che noi vogliamo trasmettervi è l’importanza degli altri sensi: la vista è un dono meraviglioso ma va utilizzata insieme agli altri sensi. E poi, perché no, la sensibilizzazione per abbattere un po’ il pregiudizio del non vedente che non può fare certe cose. Noi ciechi viviamo la nostra vita in maniera dignitosa e io spero di avervi trasmesso serenità e gioia. Voi siete al buio da pochi minuti e l’impatto è stato forte. Ma chi è cieco vive la cecità serenamente e l’accetta”. Poi ci saluta introducendoci al quadro che all’uscita dal buio troveremo e cioè la Vucciria di Guttuso. “Ricordatevi guardandola le sensazioni che avete vissuto qui al mercato della Vucciria con gli altri sensi”.
“La realizzazione di questo percorso è stata per noi un successo. La visibilità che arriva all’Istituto è importante, specialmente in un momento in cui la trasformazione del sistema istituzionale del nostro paese ha messo in difficoltà servizi consolidati da sempre”. Esordisce così Rodolfo Masto Commissario dell’Istituto dei Ciechi di Milano commentando la presenza ad Expo di un mercato al buio, per niente preoccupato del fatto che l’inaugurazione, per problemi vari, sia slittata di un mese. “Molte attività non primarie di Expo sono iniziate in ritardo. O non sono ancora incominciate. E comunque la messa a punto della mostra, che richiede alcuni accorgimenti particolari, non è stata facile in uno spazio così piccolo. Pensiamo agli odori: bisognava anche fare in modo che non ce ne fossero per meglio far apprezzare quelli della frutta e della verdura. Che, grazie ad un accordo con Padiglione Italia, è fresca e c’è un ricambio delle derrate al bisogno”.
Una presenza importante anche se per ragioni pratiche, le sensazioni della mostra possono essere fatte provare solo ad un numero limitato di persone (500 circa al giorno) delle decine di migliaia che visitano il Padiglione Italia: “Non è possibile fare altrimenti nemmeno programmando un servizio di ingressi ad appuntamenti. La potenzialità dei visitatori del padiglione è di almeno dieci volte superiore a quella del mercato al buio”. Poi il commissario Masto si sofferma sul lavoro quotidiano per l’inserimento dei non vedenti nel mondo del lavoro. “Gli obiettivi che si pongono le associazioni come la nostra sono quelli di far maturare nella società la convinzione che anche una persona che non vede può esprimere al meglio una professione e non deve essere necessariamente segregata a lavori a cui pure noi siamo molto legati come i centralinisti telefonici o i massofisioterapisti. Grazie alla tecnologia e alla maggior consapevolezza dei ciechi, intraprendere delle carriere professionali diverse e fino a ieri precluse, oggi potrebbero non essere più un tabù. Si pensi alla carriera di giudice per esempio”.
Poi, ritornando sulla professione del telefonista, aggiunge: “Il non vedente sarebbe in grado di rispondere anche a delle emergenze mediche e di pubblica sicurezza. Alla base di tutto c’è una cultura della conoscenza delle persone che non vedono e che oggi in Italia non c’è ancora. Se la società si chiude viene anche meno la voglia del cieco di aprirsi verso di essa”, conclude Masto invitando tutti coloro che non riescono a visitare il mercato al buio di Expo ad andare a fare l’esperienza di Dialogo al Buio all’Istituto di Ciechi di Milano.