Fabio Ulivastri, atleta di equitazione paralimpica

Autore: Carmen Morrone

Fabio Ulivastri, 46 anni, atleta di equitazione paralimpica, in pochi mesi ha collezionato due primati. È stato il primo atleta non vedente a entrare in una classifica regionale di una gara della FISE-federazione italiana sport equestri. È stato il primo a testare l’innovativa chatter box, un ausilio considerato rivoluzionario nel campo della equitazione per persone con disabilità. Anche il primo traguardo è stato reso possibile grazie a un’innovazione tecnologica a dimostrazione del fatto che quando l’high tech si coniuga con la tradizione si raggiungono nuove conquiste in fatto di pari opportunità e di autonomia. In questa intervista Fabio Ulivastri racconta l’esperienza che sta facendo grazie al Centro equestre fiorentino, al suo cavallo Indagato di Gallura e alla sua allenatrice Francesca Gentile.

 

Fabio Ulivastri si vuole presentare?

Ho 46 anni, sono di Firenze. Lavoro come operatore telefonico nel settore pubblico. Sono cieco a seguito di un glaucoma. Sino all’età di 18 anni ero vedente.

Di quale primato ci vuole parlare, per primo?

Quello relativo alla gara di san Rossore che si è tenuta lo scorso ottobre. Si trattava di un percorso endurance di 30 km, vale a dire una competizione di resistenza e non di velocità.  Si può fare il paragone con l’atletica leggera: l’endurance è una gara di fondo, come una maratona. La gara rappresenta una tappa importante per tutto lo sport equestre paralimpico perché per la prima volta un cavaliere non vedente è entrato in classifica. Ho sempre partecipato a competizioni della Federazione ma fuori gara, questa volta invece ero in concorso come gli altri cavalieri, che erano tutti normodotati. Un esordio reso possibile grazie all’allenamento che grazie a uno speciale cappello è diventato di alta qualità.

Il cappello è uno dei suoi ausili high tech. Ce ne vuole parlare?

È un classico caschetto da equitazione a cui è stata aggiunta una radio ricevente. La parte trasmittente è indossata dall’istruttore. Questo ha innovato il modo di insegnare equitazione alle persone non vedenti.

Senza il radio-cappello come avviene l’insegnamento?

L’istruttore, nelle prime fasi, sta sempre al tuo fianco e poi comincia a precederti e ti indica il percorso passo dopo passo.

Con il radio-cappello, invece cosa accade?

Che l’istruttore può stare anche a distanza e non importa dove e ti dà le indicazioni. Non c’è il problema di sentire la sua voce.

Dove ha trovato questo cappello?

Lo ha realizzato una ditta italiana. A volte cerchiamo in tutto il mondo e poi si scopre che anche a casa nostra, dietro l’angolo come si dice, ci sono eccellenze.  Ci sono imprenditori, come Lelia Polini di Kep Italia, sono capaci di accettare nuove sfide.

Il secondo primato, invece in cosa consiste?

Il centro ippico fiorentino è l’unico al mondo ad essersi dotato della chatter box e io lo sto sperimentando da alcuni mesi. Letteralmente chatter box significa scatola chiacchierante perché una voce emette delle parole, delle lettere dell’alfabeto a cui corrisponde un tratto di un percorso. Serve per orientarsi nel campo di allenamento. Ad esempio se la box emette la lettera A significa che la scatola ha rilevato che davanti a cavallo e cavaliere c’è il lato corto del campo di allenamento.

Questo è possibile per un sistema di sensori capaci di rilevare un riferimento a una distanza massima di 5-6 metri e di segnalarne presenza e distanza con opportuni messaggi vocali, che consente agli atleti ciechi di cavalcare in autonomia. In questo momento la chatter box funziona all’interno di un’area di 20×40 metri che è il campo regolare in cui ci si allena. Questo perché in questa area sono posizionati i riferimenti che i sensori possono cogliere. Fra qualche tempo, questo dispositivo potrà essere utilizzato su aree più vaste.

La chatter box emette suoni. Il cavallo come reagisce?

All’inizio è stato curioso. Sicuramente si sarà chiesto: ma chi sta parlando? Poi ha dovuto capire che a un certo suono corrispondeva un mio comando. Dopo qualche ora si adattato benissimo.

Chi ha inventato la chatter box?

Anche in questo caso è made in Italy. È stata ideata e assemblata da Emanuele Ricciardi del Centro ipovisione di Firenze. Lo spunto per arrivare alla chatter box è stato il sistema di sensori che facilitano le manovre di parcheggio dell’automobile. Tuttavia i componenti esistenti non erano adatti e quindi ne sono stati ideati di nuovi.  Sono stati realizzati sensori e una scheda audio speciali. La chatter box ha richiesto molto tempo e molta competenza tecnica. Alla fine è uscito un prototipo di buona qualità.

Quanto costa?

Attorno ai 3mila euro. Per questo la chatter box che sto usando è stata donata dai taxisti di Firenze. Mi conoscono, sono un loro storico cliente e hanno fatto una colletta. Non finirò mai di ringraziarli.

Sempre a proposito di tecnologia. In occasione della gara di San Rossore hanno utilizzato la telemetria. A quale scopo?

Per la prima volta è stata introdotta la telemetria per la misurazione di alcuni parametri del cavallo che poi saranno studiati e analizzati dall’allenatore e dagli allevatori.

La telemetria, sappiamo, è un sistema usato nello sport, ad esempio per monitorare la frequenza cardiaca di una persona durante l’allenamento grazie alla fascia cardiaca indossata che trasmette i dati a un ricevitore grande come un orologio. Si tratta di una modalità wireless e quindi non limita il movimento. Il sistema offre dati in tempo reale fornendo una valutazione immediata della performance.

Ci parli del suo cavallo.

Si chiama Indagato di Gallura. Facciamo coppia da due anni. È un cavallo arabo che ha fatto molte gare di galoppo, ha partecipato anche a un palio di Siena. È vispo, veloce, obbediente.  Come cavallo di razza araba ha delle caratteristiche adatte per l’endurance. Proprio perché nativo di zone molto calde, geneticamente, possiede una capacità di raffreddare i polmoni molto alta. Se non fosse così, nel deserto finirebbe per bruciarsi i polmoni. Un’altra sua peculiarità riguarda il filtro per la sabbia che, naturalmente, ha nel naso. E poi Indagato di Gallura, sa che sono cieco. Non so come abbia fatto a capirlo. Ma lo sa.

Ci spieghi…

Con me è protettivo. È come se sapesse che non ci vedo. Quando c’è un ostacolo rallenta e lo evita senza darmi segnali di nervosismo. Non è una mia sensazione, chi può vedere  conferma questi suoi comportamenti.

La sua specialità è l’endurance, ci vuole spiegare in cosa consiste?

Le competizioni, come si diceva, consistono in corse di resistenza su percorsi di varia natura e un chilometraggio che varia dai 30 ai 160 km. Una delle peculiarità della disciplina è l’attenzione alla salute del cavallo. Ogni tot km, infatti, l’animale viene sottoposto al controllo del battito cardiaco e di altri parametri che permettono di valutare se le condizioni del cavallo sono idonee per il prosieguo della competizione. Qualora uno di questi fosse fuori norma il cavallo verrebbe eliminato dalla corsa. L’endurance è uno sport equestre diffuso. In Italia si svolgono gare molto importanti che riscuotono l’interesse di personaggi di spicco del mondo arabo. Sappiamo che i mass media parlano solo di calcio…

Quante persone non vedenti fanno endurance in Italia?

Fra ipovedenti e non vedenti saremo cinque o sei.

Come mai così poche?

L’equitazione è uno sport impegnativo.

Costoso?

Questo è un po’ un mito da sfatare. I centri ippici fanno abbonamenti. Insomma non è uno sport per ricchi, come si sente dire. È impegnativo soprattutto per gli spostamenti. Nel mio caso, ci si sposta sempre in quattro: io e l’atleta guida e i rispettivi cavalli. Il mezzo che stiamo usando sembra un piccolo autobus. Parlare di questo sport, spero aiuti a rendere sensibili anche le aziende che potrebbero diventare sponsor, che potrebbero aiutare qualche persona disabile a intraprendere o continuare questo sport. Chi volesse provare può contattare il Centro equestre fiorentino o la Fise e saprà dove trovare istruttori all’altezza. Io sono stato molto fortunato a incontrare Francesca Gentile, Istruttore Federale, specializzata in Riabilitazione Equestre.

Quando ha cominciato a fare equitazione?

Ho iniziato a interessarmene cinque anni fa. Stavo cercando qualche attività che potessi svolgere come sport e all’aria aperta. Allo stesso tempo mi piacciono molto gli animali. Così sono stato al Centro equestre fiorentino per curiosità.

Qual è stata la prima impressione a salire a cavallo?

Prima di arrivare a quello ce ne è voluto. Intanto il cavallo è grande e grosso.  Nel mio caso c’è stato un percorso di avvicinamento. In ogni caso, il Centro conta istruttori molto preparati anche per chi ha una disabilità e vuole fare equitazione. Questo mi ha permesso di sentirmi a mio agio. Di non sentirmi esposto a rischi. Avvertivo, infatti, che tutto veniva svolto in sicurezza. E in allegria. Il clima era sempre giocoso e festoso.

Mai fatto sport prima?

Si. Mi piaceva sciare. Sino a che ho potuto vedere ho sempre sciato. Mai fatto equitazione.

Quante volte si allena?

Due o tre volte a settimana. Ogni sessione dura almeno due ore e mezza. Inoltre c’è la preparazione del cavallo prima e alla fine dell’allenamento.

Come ci arriva al centro equestre?

In due modi. Il primo è con i mezzi pubblici. C’è una tramvia.  Il secondo grazie agli accompagnatori messi a disposizione dai servizi sociali del comune per persone non vedenti.

Vive a Firenze. Come trova la città in fatto di accessibilità?

Meglio Roma di Firenze. Meglio Bologna di Firenze. Firenze, ad esempio, possiede marciapiedi troppo stretti. È vero è una città storica, ma perché non ci sono i percorsi pedonali tattili? Volevo rivolgere la domanda a Matteo Renzi quando era il mio sindaco, ma non mi ha mai ricevuto. Con Dario Nardella, invece, si è istaurato un dialogo. Vedremo che accadrà.

Prossimi appuntamenti agonistici?

Il 24 agosto, sempre a san Rossore. Un percorso di 30 km, fra dune di sabbia e boschi. E poi mi piacerebbe poter fare gare all’estero.

Le Paralimpiadi ad esempio?

No. No. O meglio, magari. L’endurance non è disciplina paralimpica, lo è invece il dressage. Sta cominciando a farsi strada un movimento che vuole portare anche l’endurance ai Giochi. Lo scorso giugno, l’esperienza che il centro equestre fiorentino sta facendo con me è stata portata a un importante convegno mondiale sugli sport equestri. È stato realizzato un video durante alcuni allenamenti ed è stato mostrato ai vertici delle federazioni partecipanti. Lo sport, come si diceva, è diffuso e alla portata di tutti. Scommetto che fra qualche anno sarà disciplina paralimpica. Sarebbe fantastico poter prendere parte alla prima edizione dell’endurance nei Giochi. Sarebbe un altro primato.