Proseguendo la tradizione che da molti anni lega gli enti di ricerca genovesi e l’Istituto David Chiossone l’Istituto Italiano di Tecnologia ha iniziato una collaborazione con l’obiettivo di sviluppare dispositivi e protocolli utili a migliorare l’inclusione sociale di bambini e adulti con disabilità visiva. Questo articolo descrive, in particolare, l’attività dei gruppi di ricerca U-VIP (Unit for Visually Impaired People) e RBCS (Robotics, Brain and Cognitive Sciences) che, a partire dall’obiettivo scientifico di capire i meccanismi cerebrali che guidano lo sviluppo delle capacità percettive del bambino, si sviluppa attraverso lo studio della disabilità visiva nel bambino e nell’adulto con l’obiettivo di sviluppare nuovi strumenti e protocolli per migliorare l’inclusione sociale e lo sviluppo delle capacità sensoriali.
Il motivo per cui riteniamo fondamentale sviluppare sistemi che possano essere usati fin dai primi anni di vita nasce da due osservazioni. La prima relativa al fatto che la maggior parte della tecnologia sviluppata ad oggi per le persona con disabilità visiva è diretta all’adulto. La seconda il fatto che i risultati della ricerca sullo sviluppo del bambino hanno dimostrato l’importanza dei primi anni di vita per la maturazione delle capacità sensoriali, motorie e cognitive. Nei primi anni di vita, infatti, la disabilità visiva ha ripercussioni sullo sviluppo degli altri canali sensoriali e, in generale, su tutte quelle capacità che si sviluppano principalmente sulla base di informazione visiva come ad esempio, il controllo del movimento e l’interazione sociale. Paradossalmente quindi, sembra esserci una carenza di strumenti di supporto proprio nel momento della vita in cui è più efficace intervenire. L’obiettivo della nostra ricerca è quello di cercare di sviluppare tecnologia riabilitativa e assistiva per coprire questa carenza.
Seguendo questo approccio, ad esempio, partendo dallo lo studio della integrazione di segnali sensoriali nel bambino (Gori et al. Current Biology 2008, 2010; Brain 2014) abbiamo realizzato, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Unione Europea, un dispositivo (ABBI – www.abbiproject.eu), in grado di migliorare la percezione dello spazio nei bambini non vedenti. ABBI è un braccialetto dal peso di pochi grammi che viene indossato dal bambino e, attraverso un sistema elettronico di misura ed elaborazione miniaturizzato, fornisce informazioni acustiche relative al movimento del bambino e/o delle persone che interagiscono con lui. ABBI è stato sperimentato sia con la partecipazione di adulti con disabilità visiva che con l’aiuto di 24 bambini liguri non vedenti.
ABBI funziona così: quando il bambino vedente muove la sua mano sente il movimento attraverso i sensori che si trovano nei muscoli e, contemporaneamente, vede la mano che si muove a differenza del bambino non vedente può sentire il movimento della mano ma non vederla. ABBI fornisce, attraverso suoni modulati dal movimento, una informazione alternativa a quella visiva dalla quale il nostro cervello è in grado di “calcolare” la posizione della mano nello spazio. Il senso dell’udito si sostituisce a quello della vista per fornire questa informazione “spaziale” importante per lo sviluppo delle capacità motorie nel bambino. In altre parole l’idea del braccialetto sonoro è proprio quella di “accendersi” quando comincia un movimento, di “suonare” durante il movimento e di “spegnersi” quando il movimento si ferma e di sfruttare, sviluppandola, le capacità naturali del cervello.
Abbiamo fatto indossare questo dispositivo a bambini e adulti non vedenti e ipovedenti per un certo periodo e abbiamo visto che l’uso del dispositivo permette di migliorare le capacità del non vedente di muoversi, interagire e percepite lo spazio intorno a se. In questo periodo gruppi di bambini all’istituto Chiossone stanno usando ABBI in attività di gruppo come ballare e giocare insieme. Attraverso l’ascolto del suono in movimento per i bambini è più facile interagire e giocare insieme. Questo sistema è stato sviluppato partendo dagli utenti non vedenti, dalle loro necessità e dai i loro consigli e i risultati stanno dimostrando quanto sia importante portare le necessità e le preferenze del bambino al centro del processo di progettazione, anche attraverso il coinvolgimento degli enti e delle persone che sono giornalmente a contatto con la disabilità. Riteniamo che, solo creando una linea diretta con le comunità, sia possibile guidare la progettazione e la sperimentazione verso dispositivi di reale utilità e non verso oggetti tecnologicamente sofisticati ma di difficile uso o di scarsa utilità.
Nel caso di ABBI per esempio i suoni emessi dal braccialetto possono essere scelti dall’utente e accesi e spenti come preferisce da applicazione su cellulare. Con i riabilitatori del Chiossone sono stati sviluppati una serie di giochi da fare con il braccialetto da soli o in gruppo in modo da poter integrare nel percorso riabilitativo anche a esperienze a casa con la partecipazione dei genitori. E’ importante sottolineare il fatto che ABBI è nato come sistema riabilitativo in grado di migliorare la percezione dello spazio e la mobilità e che, di conseguenza, non deve essere usato per tutta la vita. I nostri studi fanno vedere che l’uso del braccialetto per 1 ora al giorno e per un periodo di tre mesi fa migliorare la mobilità e la percezione dei suoni del bambino che lo ha usato. ABBI è stato usato anche in adulti non vedenti per brevi periodi e anche nel loro caso ha avuto un effetto positivo (quantificato con misure psicofisiche).
All’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ogni mese organizziamo incontri con bambini e adulti non vedenti e ipovedenti che possono partecipare alla nostra ricerca e aiutarci nel processo di progettazione di nuovi dispositivi. Se avete piacere a sapere più del progetto ABBI o a partecipare alla nostra attività o ricerca vi preghiamo di scriverci a u-vip@rbcs.it.
Digitando il seguente link un video della nostra attività: https://www.youtube.com/watch?v=oGg0SB8rj1U
Monica Gori