Lettera al Presidente Nazionale UICI
Caro Mario,
non avrei mai voluto scrivere questa lettera perché credevo che tra di noi vi fosse una incondizionata fiducia e soprattutto stima. Ci sono state, però, varie tue decisioni che mi hanno fatto capire che non godo più della tua stima e fiducia. Mi chiedi e ci chiedi spesso di farti respirare e ci dici e mi dici che voglio correre e che hai tante cose importanti di cui occuparti e lo capisco, ma poi, non deleghi niente.
Io, come ho fatto per tutti questi anni ho cercato di sollevarti da tanti oneri e impegni ma, evidentemente, ora vuoi procedere con il tuo passo e in prima persona. Io ho sempre creduto in un lavoro di squadra ma per fare squadra i componenti devono fidarsi l’un l’altro e penso che tu non ti fidi più di me e del mio operato.
Se tu e la Direzione vorrete, rimarrò nel Consiglio di Amministrazione ma rimetto, in modo irrevocabile la carica di Vice presidente per svolgere la quale ci vuole un altro clima e un altro modo di fare.
Forse sarò io che sbaglio ma me ne assumo le responsabilità e assolverò il ruolo che la Direzione Nazionale ha voluto affidarmi. Credo, forse in modo presuntuoso, di aver offerto all’Istituto un contributo disinteressato, costante e di aver lavorato per il bene dei nostri colleghi ciechi e ipovedenti.
Questa mia decisione è sofferta perché interromperà una collaborazione che speravo ci portasse lontano. In realtà, i fatti dimostrano che io e te abbiamo una visione diversa dell’associazione e credimi non pensavo mai di dovermi trovare in questa posizione. Da qualche tempo la tua linea di Presidente si è allontanata dai principi che ci avevano portato a contrastare Daniele e poi a lanciare un progetto di rinnovamento che partisse da una associazione più collegiale, più aperta e più libera. La relazione programmatica per il 2016 era un manifesto entusiasmante ma di quegli enunciati, molti sono rimasti nelle intenzioni e adesso mi chiedo se davvero ci credevi in quanto lì scrivevi.
Ti auguro un futuro luminoso nell’interesse dei ciechi e degli ipovedenti ma io non smetterò di battermi perché l’Unione possa essere un’altra perché, come spesso hai detto, possa essere ribaltata a favore di più condivisione, più apertura, più collegialità e allo stesso tempo più confronto e più rispetto per gli organi collegiali.
Nella relazione programmatica per il 2016 scrivevi:
“A qualche giorno di distanza dal Congresso che abbiamo celebrato a Chianciano, il modo più corretto, efficace e impegnativo di onorare i deliberati congressuali ci pare quello di trasferirne i contenuti nella relazione programmatica del 2016 la quale, infatti, deve rappresentare proprio la prima tappa di un percorso quinquennale più lungo e articolato. Con qualche aggiustamento e qualche modifica, dunque, gli obiettivi di seguito elencati riprendono le indicazioni delle mozioni congressuali, convinti che la loro costante riproposizione rappresenta la modalità più certa ed efficace di dare attuazione al mandato ricevuto come Presidente e come Consiglio Nazionale. Il Congresso che abbiamo tenuto a Chianciano dal 5 all’8 novembre, ha registrato il più grande rinnovamento mai verificatosi nella nostra Associazione, con un ricambio di dirigenti pari all’80% dell’intero Consiglio Nazionale, con una forte presenza della componente femminile, pressoché in parità rispetto a quella maschile, e con una fusione di esperienza e giovinezza che sono il giusto carburante a supporto delle profonde riforme che ci attendono. A tutti dunque vogliamo ricordare ora e sempre che quel Congresso e quel ricambio non sono venuti invano! Non abbiamo fatto tutta questa strada e speso tutte queste energie perché ora ogni cosa rimanga come prima e ognuno possa continuare a fare e agire come ha sempre fatto. L’Unione deve mutare profondamente, pena la sua stessa continuità e sopravvivenza. Le aspettative riposte nella elezione di questo Presidente e di questo Consiglio sono immense. A noi l’onere e l’onore di interpretarle e di dare loro gambe e braccia in direzione di un rinnovamento atteso, da realizzare con coraggio e prudenza. In questa relazione, dunque, abbiamo cercato di riassumere e riproporre le principali indicazioni emerse dal Congresso e in particolare dalle sezioni di lavoro, proprio perché quelle indicazioni dovranno rappresentare la strada maestra tracciata dall’organo supremo della nostra Associazione che soci e dirigenti a ogni livello sono tenuti a rispettare e applicare. A tal proposito, nel nostro modo associativo usuale di pensare e di agire, occorrerà operare una notevole correzione di rotta, restituendo nei fatti al Consiglio Nazionale i propri poteri effettivi di indirizzo e di verifica, sia tramite più frequenti e incisivi momenti di consultazione e di confronto, sia tramite la creazione di un collegamento funzionale con le commissioni nazionali, in modo che le indicazioni di queste ultime possano diventare vere e proprie risoluzioni vincolanti per il Presidente e per la Direzione. Nel contempo, proprio la Direzione dovrà essere restituita pienamente ai propri compiti statutari e organizzativi che sono di attuazione dei deliberati del Congresso e del Consiglio Nazionale, senza impadronirsi dei poteri di indirizzo e di orientamento dell’intera politica associativa come accade troppo spesso oggi. Abbiamo infine aggiunto una specifica sezione dedicata all’organizzazione e ai compiti interni che ci attendono, a livello nazionale e territoriale, proprio per dare già un indirizzo alla grande riforma che dovrà essere attuata anche in riferimento ai principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ratificata con legge n. 18 del 3 marzo 2009 e della carta sociale europea.”
Non so come e quando si farà il prossimo Congresso, anche su questo hai avocato a te ogni decisione, ma quello che più mi rattrista è che, a quel congresso, arriveremo in modo anomalo e senza un reale confronto tra le idee. So con certezza che stando così le cose, saremo su fronti diversi ma certamente ci potremo ritrovare nel difendere gli interessi della categoria.
So che dirai che non era questo il momento ma io credo che la pazienza e lo spirito di sopportazione hanno tempi limitati e io non potevo più mettere la mia dignità sotto i piedi.
Nel ribadire le mie dimissioni irrevocabili dalla carica di Vice presidente, ti saluto cordialmente.