Si è svolto sabato 16 e domenica 17 novembre presso il Novo Hotel Brescia Due a Brescia il seminario dal titolo “Dalla pelle al cuore. Cecità ed ipovisione: sessualità, affettività, diritti e amore. Come passare dagli stereotipi e tabù ad una cultura di condivisione?”, organizzato dalla Presidenza Nazionale dell’U.I.C.I. (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) ONLUS su proposta della Commissione Nazionale per le Pari Opportunità uomo-donna della stessa U.I.C.I. e dall’I.RI.FO.R. (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) ONLUS in collaborazione con il Consiglio Regionale Lombardo dell’U.I.C.I., la Sezione Provinciale U.I.C.I. di Brescia e l’I.Ri.Fo.R. della Lombardia.
Il seminario, che già nel titolo lascia intravvedere gli obiettivi prefissati e lo spirito con cui è stato concepito, è stato fortemente voluto con uno scopo ben preciso: accostare 2 tematiche (la disabilità e l’affettività/sessualità) che spessissimo vengono visti come 2 mondi a se stanti, quasi antitetici e per loro natura inaccostabili.
Le tematiche proposte non sono state affrontate in modo astratto proponendo una serie di teoremi sganciati dalla realtà, poiché i diversi relatori hanno proposto argomenti inserendoli nella realtà di tutti i giorni.
Grazie ad un percorso ben preciso tracciato da figure altamente qualificate, le relazioni presentate hanno fornito ai presenti svariati spunti per il dibattito che ne è seguito, nel quale si è potuto discutere con estrema naturalezza di argomenti come affettività, sessualità e amore che, spiace sottolinearlo, spessissimo sono considerati come “preclusi” alle persone affette da deficit visivo per via del loro handicap.
Dal confronto è invece emersa una forte volontà di confrontarsi su dette tematiche, smentendo tutti quei preconcetti che inducono a considerare la persona non vedente o ipovedente priva di aspirazioni affettive.
Partendo da una presentazione di quella che è la situazione attuale dal punto di vista delle discriminazioni verso le donne con disabilità, sono state poi affrontati diversi argomenti fra i quali il femminicidio, il dolore nella donna nelle sue varie sfaccettature, per arrivare al tema “sessualità e disabilità”.
Quanto alle discriminazioni verso le donne con disabilità, emerge una situazione non propriamente positiva. Sovente infatti la donna con disabilità viene vista come “sexless”, ovvero priva di una propria femminilità, o addirittura priva di una precisa identità sessuale dal punto di vista dell’affettività. La donna con disabilità viene addirittura ritenuta incapace di intraprendere una eventuale vita matrimoniale in quanto non in grado di prendersi cura della propria famiglia per via del proprio handicap. Da ciò discende un notevole svilimento della figura femminile che, al contrario, si è sempre rivelata punto di riferimento nell’ambito famigliare, nonché parte estremamente attiva in quanto ricca di risorse interiori in quel mondo sconfinato e variegato come quello dei rapporti interpersonali in generale.
I motivi che inducono ad una concezione così intrisa di pregiudizi non sono di facile comprensione. Essi hanno profonde radici culturali che risalgono all’antichità. La loro identificazione non è impresa facile, ma si può affermare che alla radice vi sia la difficoltà di confronto, unita ad una mancanza di dialogo per paura di confrontarsi col “diverso” che in questo caso è rappresentato dalla disabilità visiva. Al confronto si sostituisce la commiserazione e la compassione verso la persona non vedente o ipolvedente, che viene identificata col deficit stesso ancor prima di conoscerne i modi di fare, le aspirazioni e e i diversi lati del carattere.
In una società pervasa dalla “corporeità”, si è portati a credere che la persona affetta da deficit visivo non possa esprimersi pienamente nella sfera affettiva proprio perché, a causa del deficit visivo stesso, non ha la percezione del mondo circostante. Secondo tale concezione il “non vedere” impedirebbe di provare sensazioni, di provare attrazione, e di esprimere appieno la propria affettività nell’ambito di un rapporto a 2, quasi che la mancanza della vista comporti una percezione limitata anche di se stessi. Al contrario, come chiaramente confermato dalle varie relazioni svolte, in particolare dal dott. Marco Rossi, l’unico vero ostacolo è costituito dalla sottovalutazione di se stessi. L’affettività va oltre la semplice attrazione fisica, e il vero motore che possa davvero alimentare un rapporto è rappresentato dalla “fantasia” intesa come curiosità verso l’altro che stimola a conoscerne tutti gli aspetti.
Non v’è dubbio che il percorso che porti ad un vero cambiamento culturale sarà lungo e tortuoso. Sarebbe pura utopia pensare di sconfiggere dall’oggi al domani i pregiudizi riguardanti le persone affette da deficit visivo e la loro affettività, ma occasioni come questa non possono che far da stimolo ad un costante dialogo, linfa vitale per giungere a quella “cultura condivisa” come auspicato dagli organizzatori e lasciarsi alle spalle quel modo di pensare che induce a considerare la sessualità e l’affettività come argomenti tabù se riferiti alle persone disabili.