Commissione NAL – Relazione dettagliata della riunione del 09 ottobre 2018

Il giorno 09 ottobre 2018, in presenza alla sede centrale dell’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti in Via Borgognona 38 a Roma, alle ore 11, si è riunita la Commissione Nazionale Nuove Attività Lavorative dell’UICI per trattare il seguente ordine del giorno:

1) riferimenti del coordinatore di Commissione;
2) stato dell’arte delle progettualità NAL;
3) ipotesi di progettualità future;

Presenti:
Dott. Valter Calò, coordinatore della Commissione NAL
Avv. Stefano Borella, referente Commissione NAL
Dott. Emanuele Ceccarelli, segretario Commissione NAL
Componenti di commissione
Avv. Gianluca Fava
Maurizio Albanese
Dott.ssa Paola Labarile
Dott. Marco Pronello
Dott.ssa Tamara Lo Vasco
Enzo Iafrancesco
Dott.ssa Alina Pulcini
Dott.ssa Eleonora Ballocchi
Assente Carmelo Dimartino

Calò chiedeva a Pronello di verbalizzare nei dettagli la seduta.

1) riferimenti del coordinatore di Commissione (relatore Valter Calò).
Il progetto del perito fonico, che abbiamo iniziato tutti insieme e che adesso Calò e Pronello stanno portando avanti affrontando tantissime problematiche, sta procedendo da parte del Sant’Alessio, con la collaborazione della nostra commissione, di UICI e di I.Ri.Fo.R..
Era stata costituita una commissione d’esame alla quale inizialmente non era stato invitato a partecipare nessun componente dell’Unione e dell’IRIFOR. Calò e Pronello hanno vibratamente sottolineato con il Sant’Alessio ritenendo giusto che ci fosse una nostra rappresentanza, sia per la progettualità che stiamo portando avanti, sia per gli stanziamenti fortemente voluti dallo stesso Calò per questo progetto, cioè 42.000 euro in tutto, comprensivi di borse di studio da 4000 euro e di un contributo di 10.000 euro riguardante la mobilità anche per chi viene da fuori regione Lazio. Quest’ultimo si rende necessario perché il corso è destinato a persone disoccupate che dovranno seguire un corso di circa cinque mesi, quindi dovranno soggiornare a Roma dal lunedì al venerdì e il sabato e la domenica torneranno a casa, visto che non c’è lezione.
Alla fine abbiamo ottenuto che ci sia un rappresentante IRIFOR in commissione, anche per garanzia di trasparenza. Si tratterà di vedere a che titolo interverrà il rappresentante UICI/IRIFOR. Aspetteremo che arrivi la soluzione, per poi comunicarla al Presidente Barbuto, che tiene molto a questo progetto, per gli sforzi della nostra commissione e per gli sviluppi lavorativi che questo dovrà avere.
Si parla, come sbocco naturale, della creazione di un soggetto avente personalità giuridica, come una cooperativa o quant’altro, per lavori di trascrizione degli atti o come periti dei tribunali, almeno all’inizio. Da questo punto di vista, Calò e il Vicepresidente Tortini si impegnano a fare in modo, presso il Ministero della Giustizia e i tribunali, che le contribuzioni aumentino, perché per i periti del giudice sono molto basse, mentre per i consulenti di parte, soprattutto della difesa, non si è vincolati alle vacazioni e quindi i professionisti possono chiedere tariffe più elevate. C’è un grosso lavoro da fare, perché è una professione in itinere, non regolamentata e soprattutto che non prevede al momento corsi e prerequisiti formativi.
C’era anche l’idea di usare la piattaforma Moodle dell’I.Ri.Fo.R. per fare il corso online, in fad o in streaming, ma alcuni docenti si sono opposti, perché non vogliono che alcuni materiali, per i loro contenuti particolari, siano messi online. Comunque il 23 e il 24 ottobre ci saranno gli esami d’ingresso per 15 partecipanti: abbiamo avuto 47 adesioni da tutta Italia e una settantina di persone interessate.
Il secondo punto è quello delle cooperative: stanno procedendo bene, ce n’è una che si sta costituendo a Treviso, ma nel frattempo c’è stato un cambio della guardia in Consiglio Comunale, quindi sotto elezioni si è rallentata la progettualità. Il 13 ottobre Calò avrà un appuntamento con il nuovo sindaco che ha letto il progetto ed è interessato a parlarne, ricominciando da zero.
Sul bando per l’imprenditorialità lanciato a giugno non erano arrivati progetti al momento della scadenza il 15 settembre, così come confermato anche da Ceccarelli, quindi i termini sono stati prorogati di un altro mese, come deciso in una riunione con Valter Calò e Stefano Tortini. Ci saranno un paio di progetti che probabilmente saranno presentati. Ci sono 190.000 euro, di cui sei borse da 20.000 euro e 20 da 2500: queste ultime possono bastare se uno volesse aprire una partita iva, comprarsi il computer o aprirsi un sito.
Il 15 ottobre scadrà il termine prorogato. Quelli di Treviso non riusciranno ad entrare per questione di tempi, altri erano progetti improponibili, comunque ci sarà poi una commissione giudicatrice di cui farà parte un membro della nostra commissione, uno della commissione lavoro, un membro istituzionale, qualcuno dell’I.Ri.Fo.R. e Calò aveva chiesto che ci fosse un giovane.
La novità è che Calò sta spingendo affinché all’interno di queste commissioni ci sia sempre un giovane, perché i giovani sono sempre un po’ abbandonati dalla sede centrale. Aveva chiesto che fosse estratto a sorte tra i giovani indicati dalle varie sezioni, ma questa proposta è stata bocciata. Adesso ha interessato il coordinatore del comitato giovani.
Iafrancesco obiettava che ci vorrebbe un minimo di competenza. Calò rispondeva che la competenza in questa fase non interessa: interessa che stiano lì ad osservare, poi cresceranno col tempo.
Albanese faceva notare come fosse necessario un cambio generale di mentalità perché il disabile visivo pretende ancora il posto fisso e la strada segnata dall’Unione per trovare lavoro. Bisogna far capire che non è più così e che bisogna darsi da fare senza aspettare che il lavoro piova dall’alto.
Valter Calò in molte occasioni in giro per l’Italia parla con i ragazzi e cerca di stimolarli, ma manca un organismo guida. Iafrancesco ed Albanese a questo proposito auspicavano che venisse stimolata la commissione giovani a collaborare con noi e va ricercata anche la collaborazione degli istituti per fare formazione. Gli stessi ragazzi possono proporci delle idee, però dobbiamo avere delle progettualità. È stata fatta una riunione in call conference circa un anno e mezzo fa, a cui hanno partecipato tra l’altro i coordinatori della commissione giovani e istruzione, assieme a Calò e Labarile, in cui si è pensato di stimolare i giovani ad entrare nel gruppo di facebook della commissione NAL. Per ora nessuno è entrato a farne parte, in ogni caso il gruppo ha più di 1000 iscritti. C’è anche da dire, come faceva notare Iafrancesco, che c’è poca collaborazione e poca voglia da parte dei giovani di farsi coinvolgere. Dev’essere coinvolta l’Unione e vanno coinvolti gli istituti che devono cambiare mentalità.
Il problema, come faceva notare Pronello, è addirittura a monte, cioè nelle famiglie e nell’educazione dei ragazzi fin da bambini, ai quali non viene insegnato molto spesso da parte delle famiglie a vivere come persone “normali”. Bisogna fare un lavoro con le famiglie, parlare ai ragazzi che frequentano gli istituti, farci conoscere come commissione, ma c’è bisogno del supporto dell’Unione perché è un grandissimo lavoro che non può essere tutto a carico nostro. Questi ragazzi, quando si parla loro delle cooperative sociali, vogliono essere assunti, in modo da potersi sedere sugli allori del posto fisso e, di fatto, non produrre; non pensano minimamente a mettersi in discussione.
Nell’Unione, proponeva Calò, dovrebbe esserci un organo consultivo per chi vuole aprire una partita iva e vuole mettere su una società. Il fatto è che non c’è la motivazione: esiste ancora la mentalità assistenzialista del posto fisso obbligatorio. Ci vuole una spinta propulsiva della Direzione Nazionale alla nostra azione. In questo mandato non sarà possibile, ma al prossimo congresso ci sarà un mandato preciso per la commissione NAL. In questa legislatura abbiamo un mandato esecutivo ed esplorativo, perché questa commissione è nata dopo il congresso per volere di Calò e di Barbuto, ma nella prossima la commissione NAL dovrà avere una linea d’azione precisa: dovrà organizzare i corsi, cercare in prima persona le professioni e le forze e sarà allora che verranno chieste sinergie, perché questo è il futuro. Iafrancesco diceva che il triangolo NAL, lavoro e giovani sarà il futuro, ancora di più dell’istruzione, perché se noi facciamo istruzione, ma poi i ragazzi rimangono lì seduti, la cosa non può funzionare. Bisogna essere pratici e questa è la via.
Calò ha parlato di questo con Stefano Tortini, auspicando la creazione di un comitato di coordinamento in cui siano dentro commissione NAL, lavoro, I.Ri.Fo.R. e giovani, per condividere e portare avanti le progettualità. Fava e Pronello dicevano che dovrebbe esserci anche un membro delle commissioni tecnologie e istruzione. Calò e Tortini hanno considerato questo punto: quando ci sarà bisogno di consulenze sulle tecnologie o sull’insegnamento si chiamerà qualcuno competente di queste commissioni: questo comitato non dovrà essere troppo allargato e non dovrà prevaricare le commissioni, ma dovrà semplicemente coordinare il lavoro di queste.
Per l’I.Ri.Fo.R. Calò pensava a Giangualano, poi per i giovani ci sarà il coordinatore o chi per lui, ma soprattutto, i giovani dovranno essere più attivi, perché se si organizza un corso per una professione e poi questa ai giovani non interessa, non ha senso e sono risorse sprecate.
Sarà un gruppo variabile, perché in base alle riunioni e a quello di cui si parla la composizione cambia e anche altre commissioni, come ad esempio la pluridisabilità, potranno intervenire e collaborare attivamente quando si parlerà di cose inerenti il loro campo.
Ovviamente si parla di giovani, ma i giovani sono il 25/30% dei circa 53.000 nostri iscritti e in generale dei disabili visivi, secondo i dati citati all’ultima riunione dei quadri dirigenti da Tortini e Barbuto. Quindi si dovrà pensare a come coinvolgere i giovani, perché sono veramente pochi i giovani coinvolti nell’associazione. È anche colpa della stessa Unione che, come notava Albanese, si occupa in maniera esponenziale delle pluridisabilità o di altre categorie, dimenticando i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Si ritorna al discorso degli istituti che essi stessi vanno formati e devono cambiare mentalità. Calò ed Albanese hanno fatto un bel lavoro con l’istituto di Palermo che ha dichiarato la sua totale disponibilità a lavorare con noi.
Lo Vasco accennava anche all’alternanza scuola lavoro, chiedendosi se ci sono non vedenti che effettivamente riescono ad usufruirne in maniera valida, quanto le aziende siano disposte ad accoglierli e se la scuola sia pronta ad affrontare questa problematica.
Borella ribadiva che il fatto che UICI si occupi quasi solo del plurihandicap, sottende una mentalità assistenzialista che va cambiata, perché i ciechi e gli ipovedenti chiedono altro: chiedono inclusione, lavoro, progressione lavorativa e la tecnologia dà molta autonomia ai minorati visivi, fermo restando che il substrato culturale in cui vivono è ancora permeato di assistenzialismo ed iperprotezionismo da parte delle famiglie che non incoraggiano i ragazzi a vivere nel mondo autonomamente.
Pulcini sottolineava questo aspetto: se i ragazzi crescono insicuri e inadeguati al mondo è colpa delle famiglie. Noi possiamo prospettargli i lavori migliori del mondo, possiamo andare dalle aziende a dire che i ciechi possono fare tutto, ma se poi i ciechi non ci vanno perché è difficile arrivare sul posto di lavoro e li deve accompagnare la mamma o non vogliono fare altro se non il centralinista, tutto questo viene vanificato.
Lo Vasco chiedeva cosa fanno le sedi territoriali sul campo del lavoro e delle nuove attività lavorative. Calò rispondeva che noi in commissione siamo pochi, non possiamo sobbarcarci il compito di contattare tutti i soci e le loro famiglie. Questo dovrebbero farlo le sezioni, ma spesso c’è una comunicazione inefficace da parte della sede centrale verso le sedi sezionali, perché non basta fare un protocollo, bisogna poi agire in concreto, perché di protocolli e di comunicazioni ne vengono mandati tanti alle sedi e qualcuno si perde per strada. Infatti un problema grosso è quello della comunicazione interna: per i questionari c’è stata poca adesione da parte dei soci e ne abbiamo raccolti solo una sessantina, un po’ perché probabilmente i soci non erano interessati a partecipare, ma anche perché c’è stata una comunicazione difettosa tra la sede centrale e le sezioni. Alla nostra richiesta di diffusione dell’iniziativa, molte sezioni non hanno collaborato e non hanno informato i soci; in altri casi c’è anche stata diffidenza da parte dei soci contattati perché la richiesta non proveniva da un indirizzo e-mail istituzionale, ma dagli indirizzi privati dei membri della nostra commissione. È chiaro che questo non dava garanzie sull’autenticità della fonte da cui proveniva il questionario. Auspichiamo, ed è stato anche richiesto da Calò e da Pulcini, che la prossima volta per questi scopi si utilizzino indirizzi di posta elettronica riconducibili all’Unione.
Altra questione, conseguente a questa, sollevata da Lo Vasco, è che sarebbe importante collaborare tra varie associazioni di ciechi per andare a coinvolgere membri di altre associazioni o chi non fa parte di nessuna realtà associativa.
Fava diceva a questo proposito che c’è tanto l’abitudine a delegare per la risoluzione dei problemi: la base delega i vertici sezionali, senza che nessuno collabori veramente con gli altri. Poi a cascata, le sezioni territoriali delegano alla sede centrale, la sede centrale alle commissioni, ma le commissioni sono gelose ognuna del suo ambito e non collaborano tra loro. Poi l’Unione delega al legislatore per la normazione. Però le leggi prendono in considerazione solo una categoria di lavoratori: quelli dipendenti, con il rischio, che poi è quasi una certezza, se qualcuno decide di accorgersene, di avere profili di incostituzionalità. Questo sistema di deleghe produce norme monche, zoppe e di fatto inutili.
Borella diceva che il Ministero della Famiglia sta lavorando, nella persona del viceministro Zoccano, per la redazione di un codice delle disabilità che raccolga in un testo unico le norme esistenti e colmi i vuoti normativi. Tra questi vuoti sarebbe auspicabile, come diceva anche Lo Vasco, che si faccia chiarezza sulle norme della legge Stanca quanto al settore privato e alle norme sul cane guida che deve poter accedere a qualsiasi luogo, senza che ci debbano essere questioni interpretative giurisprudenziali a chiarire le controversie.
Pronello diceva che più che un problema giuridico è un problema culturale: il pluralismo di associazioni va benissimo, ma non si devono combattere tra di loro, visto che dovrebbero perseguire lo stesso obiettivo, quindi la questione giuridica e quella culturale dovrebbero essere affrontate in parallelo. I ciechi sono la categoria tra le persone disabili, più tutelata dalle leggi, questo va detto per onestà intellettuale, il nostro assegno di accompagnamento è una realtà solo Italiana e di pochi altre Nazioni in Europa, fa notare Calò, quindi Non si può dire che l’Unione non faccia niente, anzi fa e ha fatto molto.
Detto questo però, l’Unione deve smetterla di essere un circolo che organizza solo le gite, come dicevano Borella e Lo Vasco. In un convegno sul lavoro come quello cui ha partecipato Calò a Genova, che era gratis, c’erano sì e no venti persone, mentre se organizziamo la festa della mortadella vengono sessanta persone se si paga, se è gratis ne vengono duecento.
La realtà italiana, diceva Borella, è una realtà in cui le aziende che partono ex novo, per essere destinate ad avere successo, devono disporre già di capitali di rischio e di un team di persone che abbia delle competenze tali da potersi installare nella filiera produttiva, quindi i disabili visivi devono mettersi in testa che bisogna acquisire competenze, fare esperienze ed uscire dal guscio della famiglia. Ballocchi citava il suo esempio per dire che se un’azienda ha bisogno di competenze specifiche, le cerca indipendentemente dalla disabilità. L’azienda dove lavora lei aveva bisogno di un laureato in economia che sapesse tre lingue e l’ha assunta nel suo organico. Certo, siamo tutti d’accordo che oltre ad essere capaci ci vuole anche la fortuna di trovare l’azienda che ci crede.
Altro problema è che anche laddove ci sono le competenze, poi i softwares e le piattaforme aziendali non sono accessibili, ma se un’azienda ci crede può risolvere anche questo aspetto.
Lo Vasco diceva che d’altro canto l’Unione non è un sindacato e quindi non avrebbe titolo di entrare nelle controversie tra dipendenti, ancorché ciechi, e datori di lavoro. Calò affermava che in effetti questo l’Unione lo ha fatto, pur non essendo un sindacato, ed Emanuele Ceccarelli si è esposto più di una volta in questo senso.
Pulcini chiedeva se si fosse evoluta l’idea sollevata in direzione nazionale di contattare le associazioni imprenditoriali come Confcommercio e quant’altro. Calò non ne sapeva niente, ma quelli che ha contattato lui si sono ritirati grazie alla cattiva organizzazione che hanno visto all’interno di UICI e lui ha fatto anche brutte figure perché ci ha messo la faccia.
È piaciuto molto l’articolo di Calò uscito sulle riviste associative, che mira a dimostrare che l’assunzione di un disabile visivo conviene anche economicamente alle aziende, infatti si è parlato di divulgarlo presso le associazioni di categoria, ma il coordinatore NAL ritiene che per divulgarlo fuori va fatto un adeguato battage pubblicitario e va circostanziato con contenuti più appropriati.
Calò ha parlato col presidente di Confcooperative di Reggio Emilia che era molto interessato a costituire una cooperativa di non vedenti. Ha contattato quasi tutte le sezioni emiliane, una in Lombardia e una Veneta, circa un milione di abitanti e 5/10.000 disabili visivi e sono arrivate zero risposte. Allora la questione è: proponiamo prospettive noi e cerchiamo adesioni, o aspettiamo che vengano gli interessati a chiederci? Bisogna trovare l’equilibrio giusto: non dobbiamo buttare degli incapaci nel mondo del lavoro, anche perché chi vuole fare l’imprenditore, cieco o non cieco, lo fa senza bisogno dell’Unione, o quantomeno ci prova seriamente. Quindi bisogna formare ed informare sulle iniziative, per perseguire questa strada. Albanese ha fatto un buon lavoro per il convegno di Palermo, organizzato dalla locale sezione UICI, a cui hanno partecipato onorevoli, realtà economiche e molti giovani, Pronello ne organizzerà uno a Torino e questa è la strada. C’è anche da dire che l’impianto legislativo italiano non incoraggia una partecipazione attiva dei ciechi: soprattutto la legge 113/85 è una spinta all’assistenzialismo ad oltranza, secondo Pronello andrebbe abrogata in toto. In primavera del prossimo anno verrà fatto un congresso dedicato esclusivamente al lavoro, con grandi, piccole e medie aziende, in modo da far vedere le capacità dei disabili visivi. È un progetto nato nell’ultima riunione della Commissione lavoro alla quale ha partecipato anche Calò, è stato proposto di organizzarlo entro fine anno, ma i tempi sono ristretti e bisogna strutturarlo bene, non come alcuni workshop come quello recente a Genova che è stato organizzato male, all’ultimo momento, con poco pubblico e soprattutto con molte aziende che sarebbero state interessate a partecipare e non hanno potuto perché non sono state avvisate in tempo.
Questo convegno è ancora tutto da sviluppare: c’è già il titolo, adesso ci sarà da lavorare. La cosa importante è che un nostro progetto vada avanti, secondo Calò non è fondamentale che noi come commissione compariamo, basta che si portino avanti le progettualità. Pronello ed Albanese invece concordavano sul fatto che, dopo tutto il lavoro e gli sforzi che profondiamo, è importante che il campo sia nostro non per apparire e farsi vedere in prima linea, ma semplicemente per metterci la faccia ed avere un riconoscimento.
Albanese chiedeva se non fosse il caso di presentare un nostro documento. Calò rispondeva che, più che un documento, sarebbe indispensabile avere uno spazio nostro in cui presentare le nostre progettualità, valutando anche come sarà composto il pubblico degli interlocutori, cioè se ci saranno più aziende private o essenzialmente enti pubblici.
Lo Vasco faceva notare come un’azienda in un convegno promosso da una commissione potrebbe non essere interessata a partecipare, mentre se il convegno è organizzato da UICI sì, perché non sarebbe facile spiegare che la commissione NAL fa parte di UICI. Pronello ed Albanese chiarivano che è evidente che il convegno dev’essere organizzato da UICI, ma che la nostra commissione, anche magari con la commissione lavoro, come suggeriva Iafrancesco, deve avere in quest’ottica un ruolo di primo piano.
Calò garantiva che farà di tutto perché noi abbiamo una presenza evidente, anche perché a Tirrenia alla riunione dei quadri dirigenti il vicepresidente Stefano Tortini ha parlato di quello che UICI ha conseguito nell’ambito del lavoro, visto che questo è l’anno del lavoro, citando di fatto anche l’operato della nostra commissione, senza però darle il giusto merito. È per questo che Calò ha detto che l’importante non è comparire, ma che vengano portate avanti le progettualità concrete.
Calò, inoltre, ha avuto anche un invito da parte della direzione generale di Unicredit a partecipare ad un convegno a fine ottobre, in cui parleranno di come fare a massimizzare le risorse disabili che hanno in azienda. Unicredit, come altre aziende, ha sviluppato delle progettualità per convertire il lavoro del centralinista in altre mansioni per persone che per esempio hanno competenze nelle lingue o nell’informatica, e farle lavorare in uffici come il back office. Lo stesso Calò conosce una persona che in una grossa azienda da centralinista è passata poi attraverso vari step ad essere dirigente e ad avere sotto di sé una trentina di collaboratori.
Albanese riferiva di un progetto a Palermo con l’INPS, in cui sono stati formati alcuni ragazzi che erano al centralino a dare informazioni e a prendere gli appuntamenti presso il funzionario competente per risolvere le pratiche. Per contro, come si è già detto, Pulcini riferiva di casi in cui il dirigente della struttura era disponibilissimo a riqualificare dei centralinisti e questi si sono rifiutati. Quindi bisogna tener presenti entrambi i lati della medaglia.
Altro punto dolente è quello della formazione: Calò ne ha parlato anche con Stefano Tortini e Massimo vita, bisogna smetterla di fare corsi fini a sé stessi e l’I.Ri.Fo.R. deve cercare di fare corsi più mirati e legati alla realtà di fatto. Il corso per mediatore civile e commerciale che era stato fatto nel 2013 era molto interessante, ma è stato lettera morta anche grazie ad una legislazione che non favorisce lo sviluppo della mediazione in Italia.
Borella rilanciava il progetto conoscitivo su quanti sono i dirigenti disabili nelle Pubbliche Amministrazioni. Pronello ha cercato di contattare il sindaco di Cuneo, ma ancora non ha ricevuto risposta. Pulcini si è informata e nella Regione Marche non dovrebbero essercene, così come in Friuli Venezia Giulia. Albanese si informerà presso l’INPS di Palermo. Pronello proponeva di allargare l’ambito di indagine anche alle grandi aziende private. Borella ha parlato con un assessore della sua Regione che gli ha detto che in effetti bisognerebbe fare quello che già stiamo facendo, cioè porre normativamente delle riserve obbligatorie per i dirigenti disabili.
Il problema di fondo è che il disabile in generale, non solo il non vedente, è considerato come una persona non degna di assurgere a certe posizioni. Il progetto del perito fonico in questo contesto può servire a dare ai disabili visivi una certa credibilità. Altra cosa importante a livello politico è che, come diceva Calò, sarebbe importante che più disabili possibili riuscissero ad arrivare nelle posizioni che contano nelle istituzioni.
Nascono tante domande: Pulcini si chiedeva quanti ciechi sarebbero disposti o capaci a fare i dirigenti. Fava si chiedeva perché le Pubbliche Amministrazioni non si avvalgono delle prestazioni di consulenti esterni disabili, pur essendocene di competenti. Pronello e Calò si chiedevano perché la stessa Unione non si avvale di avvocati disabili visivi o non assuma dipendenti disabili visivi. Alcune sezioni territoriali hanno già qualche dipendente disabile visivo, tra cui Bolzano e Palermo. In altri contesti c’è ancora ritrosia.
In conclusione, abbiamo molta carne al fuoco: non tutto riguarda strettamente la commissione NAL, ma ci può riguardare in stretta sinergia con altre commissioni e con gli organi direttivi dell’Unione, perché, ribadiva Calò, bisogna smetterla di dire che l’Unione non fa niente, dato che nel corso della sua vita ha ottenuto grandi traguardi, ma bisogna continuare a crescere e migliorare la collaborazione per ottimizzare gli obiettivi.

2) Stato dell’arte delle progettualità NAL.
L’opuscolo sui questionari è praticamente completo. Ci saranno ancora da aggiungere un paio di interviste redatte da Calò e bisogna pensare ad un titolo accattivante e ad una veste grafica adatta ad una diffusione esterna, cioè presso i centri per l’impiego, le scuole, le aziende, gli enti pubblici, i sindacati e le università.
Il titolo provvisorio è “c’è chi fa carriera”; Fava proponeva di aggiungere “ma non si vede”.
I fondi per la stampa dell’opuscolo dovrebbero esserci, perché è una delle nostre attività approvate dalla direzione nazionale, quando sarà completato verrà presentato ad Eugenio Saltarel, a Stefano Tortini e a Mario Barbuto che poi dovranno approvare la conclusione del progetto.
Le sue finalità si sono un po’ ridimensionate nel corso del tempo, perché lo scopo all’inizio era quello di fare una banca dati di tutte le professioni alternative e di chi le svolgeva, in modo che chi fosse interessato ad una professione potesse consultarla e contattare chi già la svolgeva. Poi, per i problemi di comunicazione già citati, si è molto ridimensionato il progetto e ci siamo limitati a citare i dati dei sessanta questionari raccolti per dare all’esterno una testimonianza di quello che un disabile visivo può fare e anche per cercare di migliorare l’immagine del non vedente.
Fava proponeva di inserire i nomi e i cognomi di chi ha partecipato ai questionari, ovviamente previo loro consenso ai sensi delle norme sulla privacy. Si proponeva di contattarli e di chiedere il loro consenso a comparire nell’opuscolo, in alternativa si renderà noto che i dati di queste persone sono a disposizione dell’Unione per chi fosse interessato.
A latere del progetto, Lo Vasco e Fava proponevano di fare una serie di piccoli videoclip in cui chi vuole della commissione NAL si presenta brevemente e parla delle sue esperienze lavorative. A questo scopo si potrebbe approntare un canale YouTube.
Lo Vasco proponeva di aggiungere a questo opuscolo una parte sul lavoro autonomo. Si conveniva insieme che, essendo già lungo ed essendo questo rivolto alle aziende e agli enti pubblici, questa fosse un’ottima idea, ma da trattare in un opuscolo ad hoc.
Ballocchi passa a relazionare l’abbozzo sui due lavori di traduzione ed interpretariato e di giornalista. I gruppi sono composti da Ballocchi, Lo Vasco e Pronello per entrambi i progetti, Fava per il progetto sui giornalisti ed Iafrancesco che si riserverà di scegliere uno dei due gruppi.
Le professioni di traduzione ed interpretariato non sono regolate da normative precise, quindi è un po’ una giungla perché ognuno può fare più o meno come gli pare, ma il vantaggio è che ci sono più spazi di azione per noi. Si intende per interpretariato la traduzione da una lingua all’altra in verbale, mentre la traduzione propriamente detta è scritta. Un’attività collaterale è la fornitura di lezioni di lingua e lo svolgimento naturale del progetto è andare a vedere come le persone minorate della vista possono svolgere queste attività.
Se l’attività di traduzione è per iscritto e quindi è accessibile, l’attività di interpretariato può avere qualche problema in più, perché ci sono elementi non verbali, quindi la gestualità del corpo, da considerare. Bisogna capire qual è la platea a cui ci si rivolge. Ci sono varie persone che svolgono queste attività, ma per conoscere un numero esatto ci si potrebbe rivolgere alle scuole di interpretariato, col rischio che non ci possano dare questi dati per ragioni di privacy. Chiederlo all’Unione, visto come sono andati i questionari, sembra difficile.
Lo sviluppo successivo potrebbe essere la creazione di una cooperativa o comunque una realtà imprenditoriale che garantisca un’ottima qualità dei servizi resi. Questo implica una serie di analisi preliminari come analisi di mercato, dei tariffari ecc., e questo si può fare anche contattando l’Associazione Nazionale Traduttori e Interpreti. I tariffari sono abbastanza liberi, non ci sono regole certe e si trova di tutto.
Per l’attività collaterale di insegnamento delle lingue, si possono fare lezioni in presenza o anche online, sfruttando piattaforme che possono essere gestibili o programmi come Skype. Anche qui, si tratta di un’attività poco regolamentata, quindi bisogna vedere come si può entrare in questi meccanismi e cercare di dare un servizio di alta qualità.
Il problema infatti è la qualità: Calò ha avviato alcuni ragazzi a fare lezioni di lingua online, senza garantire sulla qualità del loro lavoro, e infatti l’esito è stato disastroso. C’erano altri ragazzi interessati a fondare una cooperativa di traduzioni, ma poi sono spariti e non hanno neanche redatto uno statuto e un regolamento.
Per contro, ci sono non vedenti che fanno già questo lavoro di traduzione da anni e sono specializzati in settori un po’ di nicchia: ad esempio una ragazza è specializzata in traduzione di bugiardini farmaceutici e lo fa per le più grandi case farmaceutiche. Quindi l’idea è buona, c’è margine e Valter Calò chiedeva ai componenti del sottogruppo quali potrebbero essere gli sviluppi di questo progetto.
Lo Vasco e Ballocchi rispondevano che innanzi tutto bisogna vedere se c’è gente disponibile, quindi bisogna fare un’analisi di mercato e di fattibilità, conoscendo anche i costi. Qui non si tratta di fare corsi di avviamento come per il perito fonico, perché ci vuole una conoscenza pregressa già costruita che è quella delle lingue, mentre per il perito fonico bisogna costruire tutto dalla base. È importante che gli interessati sviluppino competenze per tradurre testi specialistici, perché non basta sapere le lingue, ma bisogna conoscere anche i linguaggi tecnici cui ci si va ad approcciare e soprattutto ci vuole la giusta motivazione e la giusta voglia.
Calò conosce un interprete di sala italiano al Parlamento Europeo che non può svolgere il lavoro in piena autonomia, ha bisogno di qualcuno che lo assista, perché le strumentazioni non sono pienamente accessibili. Detto questo, bisogna dare dei punti che gli interessati dovranno sviluppare, quindi ad esempio ognuno sceglierà un suo ambito di specializzazione, e poi se vorranno aprire ditte individuali, società o cooperative potremmo esserci noi a supportarli.
A questo proposito, Ballocchi ritiene che un corso interessante che l’I.Ri.Fo.R. potrebbe fare sarebbe un corso di autoimprenditorialità, perché i ragazzi spesso non sanno da che parte iniziare. Calò diceva che qui il problema non è tanto su come aprire una partita iva, ma è su come gestire le conflittualità nel gruppo e come fare squadra, è su questo, ad esempio che verteranno i corsi di autoimprenditorialità che lui stesso terrà a Palermo e al Sant’Alessio.
Sulla professione di giornalista, la strada è tracciata, quindi il problema è semplicemente sfoltire la trafila che si vuole fare. Ci sono varie strade: quella dei giornalisti freelance, dei pubblicisti sul web, ma chi vuole fare il giornalista riconosciuto, iscritto all’albo, deve seguire una trafila e bisognerà cercare di stilare gli step di azione, come ci si potrà formare, dove sono le scuole e quant’altro, per dare la possibilità di scegliere. Anche il pubblicista è iscritto all’ordine dei giornalisti, ma in un elenco separato.
Quindi la tabella di marcia prevederà la pubblicazione dei progetti e la pubblicità sia per mezzo della stampa associativa, sia per mezzo del comitato di coordinamento che si auspica che nascerà. I tempi potrebbero essere per i primi del 2019, completando a fine gennaio un progetto e poi a fine febbraio o metà marzo l’altro.
Iafrancesco segue il progetto del tecnico del suono. Aveva parlato con un tecnico di Roma che inizialmente glielo ha sconsigliato, poi però ha conosciuto dei ragazzi in puglia che gestiscono una web radio con un discreto successo. Valter Calò chiederà a Salvatore Romano di dare un mandato conoscitivo ad Enzo Iafrancesco, che si recherà sul posto a fare un’analisi commerciale, costi benefici, dividendi ecc. Quello che si sa è che hanno avuto dei fondi regionali per le prime attrezzature e per il momento stanno vivendo con sovvenzionamenti spontanei.
Iafrancesco è disponibile a recarsi sul posto non prima di dicembre. Manderà una e-mail a Valter Calò, con il progetto in sintesi e questi la girerà a Salvatore Romano per l’approvazione.
Albanese continua a seguire il progetto dell’accordatore di pianoforte. Il presidente dell’Istituto dei Ciechi di Palermo è fortemente interessato ad aprire una scuola di accordatura e tenere un corso permanente, cioè che ogni anno si reitera. Ci sono sei ragazze diplomate al conservatorio che sono fortemente motivate ad apprendere questa professione. Maurizio Albanese aveva trovato un accordatore che avrebbe insegnato volentieri in questo corso, ma poi probabilmente quando ha capito che queste ragazze avrebbero potuto prendergli una bella fetta di mercato si è defilato, con la scusa che ormai la gente non compra più i pianoforti classici, ma quelli elettronici. La realtà è invece che le scuole, i teatri, i conservatori e i centri culturali hanno ancora i pianoforti, quindi ci potrebbe essere margine per un progetto a livello nazionale.
Adesso Albanese è in trattativa con un altro docente, sostenuto dal presidente della sezione di Palermo e dal presidente dell’Istituto. Valter Calò gli garantisce il sostegno suo e di tutta la commissione per il proseguo.

3) Ipotesi di progettualità future.
Fava presentava la sua idea di istituire un master sulle disabilità. Si tratterebbe di un master, che sarebbe preferibilmente di secondo livello, cioè per laureati, sulle tematiche della disabilità, in cui potrebbero essere coinvolte come docenti persone con disabilità e soprattutto, per quello che ci compete, con disabilità visiva. Quindi sarebbe un progetto da portare avanti in sinergia con la commissione lavoro e la commissione istruzione e quello che compete alla commissione NAL sarebbe che l’attività di docente in un master sulle disabilità potrebbe essere una nuova attività lavorativa.
Potrebbe essere anche svolto online e a questo proposito Fava conosce il rettore di Pegaso, con cui potrebbe prendere contatto. Con Pegaso UICI ha appena stipulato una convenzione, che è vero che è tematica, ma comunque si è aperta una porta di dialogo con questa università e quindi la si può sfruttare per un altro progetto come il master, che potrebbe essere finanziato o cofinanziato da I.Ri.Fo.R..
Iafrancesco obiettava che docenti universitari disabili esistono già e alcuni lavorano in progetti simili a questo, come il corso di tiflodidattica organizzato da Marco Condidorio in Molise.
Fava diceva che quello non era un master, perché un master è interdisciplinare e invece quello verteva solo sulla tiflologia. Iafrancesco diceva che anche quel corso era per laureati e lo avevano chiamato master.
Pronello diceva che il corso di tiflodidattica ha un carattere più specifico sulla disabilità visiva, rispetto al master che propone Fava, che è più ad ampio raggio e si pone come finalità, precisa Fava, la formazione di persone che abbiano a che fare con soggetti con disabilità in vari ambiti; per esempio, se formiamo persone in ambito turistico, avranno le competenze sull’accoglienza delle persone disabili, ecc.
Calò ha preso informazioni e ha fatto indagini di mercato: ha parlato con Marco Condidorio che gli ha detto che master di questo tipo ce ne sono tanti, a seconda degli obiettivi e delle finalità che ognuno di questi si pone. Disabilità è un concetto molto ampio e il corso di tiflodidattica è solo uno di quelli che già esistono.
Marco Condidorio, quando ha iniziato a pensare a questo corso, ha fatto tutto un progetto sulle finalità, sui programmi da seguire, ha indicato i possibili docenti, ha trovato 25.000 euro dall’I.Ri.Fo.R. e probabilmente altri finanziamenti, ha presentato il tutto al Consiglio di Facoltà che ha preso il progetto, lo ha cambiato tutto e ha scelto altri docenti, non quelli indicati da Condidorio. È stato un lavoro di anni, non di pochi mesi.
Comunque Calò proponeva al gruppo che si formerà su questo progetto di fare al più presto una call conference con Condidorio per sentire eventuali suggerimenti e anche se Condidorio dirà che è un’idea già percorsa da altri e quindi non fattibile, Calò invita Gianluca Fava e il suo gruppo ad andare comunque avanti, perché, come dice lo stesso Fava, va bene sbattere la testa, ma bisogna sbatterla dopo averci creduto e provato.
Pronello avverte che bisogna fare attenzione a distinguere questo master dal corso per disability manager, perché anche quest’ultimo è ad ampio raggio e sulle disabilità in generale e quindi questo progetto rischia di sovrapporsi al disability manager, più che al corso sulla tiflodidattica.
Valter Calò diceva che è meglio non percorrere la strada di Pegaso, perché c’è già una convenzione tematica, con stanziamenti di denaro, o perlomeno prima di tentare questa strada bisogna parlarne con la direzione nazionale e percorrerla con l’intercessione dei vertici dell’Unione.
Si forma il sottogruppo con Pronello, Lo Vasco, Pulcini, Borella, Ballocchi e Fava come coordinatore.
I lavori si chiudono alle ore 16.00.

Il componente la Commissione NAL verbalizzante
Dott. Marco Pronello