La Legge 3 febbraio 1975, n.18, stabilisce che la firma apposta su qualsiasi atto, senza alcuna assistenza, dalla persona affetta da cecità, è vincolante ai fini delle obbligazioni e delle responsabilità connesse.
Tuttavia, il non vedente ha la facoltà di farsi assistere durante la sottoscrizione da altra persona cui egli accordi la necessaria fiducia, oppure di fare redigere a questa l’atto medesimo.
La persona che presta assistenza nel compimento di un atto deve apporre su di esso, dopo la firma del cieco, la propria, premettendo a essa le parole ‘’ il testimone’’; la persona che partecipa, invece, alla redazione dell’atto deve apporre su di esso, dopo la firma del cieco, la propria, premettendo le parole ‘’ partecipante alla redazione dell’atto’’.
Quando la persona affetta da cecità non è in grado di apporre la firma, effettua la sottoscrizione con un segno di croce; se non può sottoscrivere neppure con il segno di croce, ne è fatta menzione sul documento con la formula ‘’impossibilitato a sottoscrivere’’.
In entrambi i casi, il documento è perfezionato con l’intervento e la sottoscrizione di due persone designate dal non vedente e di sua fiducia.
Alla luce della vigente normativa il non vedente in quanto persona pienamente capace di agire può sottoscrivere atti privati in autonomia, l’unica eccezione è riconosciuta per quanti sono in possesso di una carta di identità con la dicitura “impossibilitato” alla voce firma del titolare. Per loro anche quegli atti libera espressione dell’autonomia negoziale si perfezionano necessariamente con l’intervento e la sottoscrizione di due persone in qualità di testimoni.
In questo caso la firma dell’atto si sostanzierà nel cd. crocesegno. Dunque il cieco o l’ipovedente che non sappia apporre la propria sottoscrizione se non con il crocesegno, può validamente apporlo su qualsiasi atto, in quanto egli è perfettamente capace di agire, ma dovrà crocesegnare in presenza di due testimoni.
Le disposizioni della legge 18 del 1975 si applicano esclusivamente alle scritture private, restando esclusi gli atti pubblici, che per la loro natura devono essere redatti dal pubblico ufficiale.
In tali casi i disabili visivi devono necessariamente essere assistiti da due testimoni, tale circostanza è resa obbligatoria dall’art. 48 della legge notarile del 1933, la cui abrogazione non è intervenuta malgrado il successivo intervento del legislatore operato dalla legge n. 18 del 1975.
In particolare, qualora un cieco sia parte nella formazione di un atto notarile è necessaria la presenza dei due testimoni come disposto dall’art. 48 della legge n. 89 del 1913 (Legge notarile) e non anche quella degli assistenti.
Tanto è vero ciò che il notaio, al fine di evitare qualsiasi ipotetico profilo di responsabilità, da’ espressamente menzione nell’atto del fatto che il cieco rinuncia ad avvalersi degli assistenti previsti dalla legge n.18/1975.
D’altra parte, quando si verte in tema di atto pubblico, la natura dello stesso, rende l’intervento e la firma degli ausiliari privi di qualsiasi funzione, pratica o giuridica.
Quanto sopra trova costante conferma nella Giurisprudenza sia di merito che di legittimità.
Il convincimento espresso si fonda, non solo sull’interpretazione letterale dell’art. 48 della legge n. 89 del 1913 (Legge notarile) così come riformato dal comma 1 dell’art. 12 della legge 28 novembre 2005 n. 246 (“oltre che in altri casi previsti per legge, è necessaria la presenza di due testimoni per gli atti di donazione, per le convenzioni matrimoniali e le loro modificazioni e per le dichiarazioni di scelta del regime di separazione dei beni nonché qualora anche una sola delle parti non sappia o non possa leggere e scrivere ovvero una parte o il notaio ne richieda la presenza. Il notaio deve fare espressa menzione della presenza dei testimoni in principio dell’atto.”) e s.m.e i., ma soprattutto sull’interpretazione logica del combinato della normativa in parola che rende incompatibile con la natura e la struttura dell’atto pubblico la disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 18 del 1975 (cfr. Cass. Civ. n. 15326 del 2001: “è incompatibile con la natura e con la struttura dell’atto pubblico la disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 18 del 1975 in tema di assistenza a persona non vedente nella partecipazione ad atti documentali, potendo riguardare l’intervento e la firma dei due ausiliari del cieco (previsti dal secondo comma della norma in parola) la sola scrittura privata; pertanto, la validità dell’atto pubblico va valutata con riferimento all’art. 51, n. 10, della legge notarile n. 89 del 1913 il quale stabilisce che il requisito formale (previsto a pena di nullità) della sottoscrizione della parte può venir meno solo nel caso di impossibilità (e non, come nella specie, di difficoltà) a sottoscrivere”; Trib. Napoli sent. 22.06.2000: “è esclusa l’applicabilità agli atti pubblici della l. 3 novembre 1975 n. 18 (provvedimenti a favore dei ciechi). Infatti, l’intervento e la firma dei due ausiliari ivi previsto non riveste, in atto proveniente da notaio, alcuna funzione, pratica o giuridica. Compito proprio degli stessi, difatti, è di agevolare il cieco nella redazione del documento, mentre in materia di atti pubblici è solo ed esclusivamente il notaio a poter indagare sulla volontà negoziale delle parti (ed il cieco è parte), darne conto e riprodurla in atto, nonché far menzione, corredandola dei motivi, dell’impossibilità per il cieco di sottoscrivere”.
Inoltre va detto che oggi le nuove tecnologie consentono ai disabili visivi di creare un testo e di sottoscriverlo senza la mediazione di terzi, tuttavia la sottoscrizione dei contratti, delle istanze rivolte alla pubblica amministrazione, dei documenti in generale, nonché il controllo della sottoscrizione autografa di terzi, costituiscono ancora insuperabili ostacoli che limitano concretamente la loro autonomia che potrà rafforzarsi solo grazie a ulteriori e normativi innovativi.
Attualmente è all’esame della Camera dei deputati la proposta di legge n. n. 2941 “Disposizioni per il riconoscimento della firma mediante apposizione dell’impronta digitale per le persone affette da disabilità motoria che, a causa di infermità gravemente invalidanti, non possono avvalersi dell’uso delle mani”.
In merito a tale proposta di legge l’UICI si sta prodigando con un intervento volto ad aggiungere nel titolo della proposta Disposizioni per il riconoscimento della firma mediante apposizione…….mani l’inciso: o mediante firma digitale per i ciechi ed ipovedenti;
nonché all’art. 1 l’introduzione di un secondo comma, con la seguente previsione: “altresì le persone cieche ed ipovedenti possono apporre la propria firma digitale ai contratto e agli atti notarili. Pertanto viene abrogato l’art.48 della legge notarile.
Ove la proposta venisse approvata con la possibile estensione delle norme in essa contenute anche ai non vedenti si potrebbe finalmente realizzare quella piena autonomia contrattuale per i non vedenti che attualmente è soffocata dall’obbligo per la stipula di atti pubblici di due testimoni.
L’uso della firma digitale, infatti, esclude possibili contraffazioni della firma e darebbe la possibilità anche a quei non vedenti che presentano l’annotazione sulla propria carta di identità “impossibilitato alla firma” una partecipazione diretta alla stesura dell’atto.
Si attendono inoltre anche i positivi esiti di un intervento di modifica al Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110 in materia di ammodernamento dell’Ordinamento del Notariato, volto a prevedere l’obbligatorietà per i notai di redigere e di rogare atti pubblici o di autenticare scritture private con modalità e in formato elettronico, ove tra le parti vi sia un non vedente.
Attualmente, infatti, per effetto del decreto n.110/2010 i comparenti hanno facoltà di scegliere e di richiedere al notaio di stipulare l’atto negoziale di proprio interesse con le forme dell’atto notarile in formato elettronico al posto di quello cartaceo solo su richiesta e conseguente consenso di tutte le parti interessate (comparenti e notaio).
Paolo Colombo