L’importanza dell’assistenza scolastica domiciliare, di Marco Farinaccia

Autore: Marco Farinaccia

Mi chiamo Marco Farinaccia, le mando questa mail per metterla a conoscenza del fatto che la situazione descritta nella lettera inviatagli prima della fine del 2012, non è affatto migliorata, anzi ad oggi 24 Gennaio 2013 la mia piccola Chiara, ipovedente si è vista sparire definitivamente da più di un mese ogni tipo di assistenza domiciliare, consulenza tiflologica,e tutto ciò che è previsto dalla legge regione Abruzzo L 32/97.
L' UICI di Chieti alla lettera ha risposto con un comunicato al Presidente della Provincia di Chieti sollecitandolo a risolvere i problemi, e a noi genitori dei minori interessati da questo servizio, di appoggiarci per qualunque atto avessimo intenzione di intraprendere.
Noi genitori nei vari incontri con assessori, funzionari, dirigenti e Presidente della Provincia di Chieti non siamo riusciti a concludere assolutamente nulla, ci viene detto che i fondi da parte della Provincia sono 600 EURO a utente e con quelli le cooperative devono svolgere il servizio previsto dalla legge, le cooperative dicono che i fondi sono insufficienti, e noi siamo in mezzo con i nostri figli che perdono terreno rispetto ad altri ragazzi nello svolgimento dei programmi scolastici, e soprattutto nello sviluppo e nell'integrazione nella società.
Negli anni scorsi il servizio era gestito dall' UICI di CHIETI, e avevamo assistenza domiciliare di insegnanti specializzati per ragazzi con questo tipo di minorazione, l'assistenza del TIFLOLOGO periodica, ma disponibile al momento si verificavano problemi sia di apprendimento a scuola o comportamentali nell'ambito scolastico, oppure gli insegnanti di ruolo, non esperti nel trattare ragazzi con minorazioni visive, richiedessero consigli,o incontri per coordinare le attività da svolgere,oppure la scelta dell'ingrandimento dei testi, e quanto necessario a fare in modo che i nostri ragazzi vadano a passo con il mondo scolastico e non solo.
Al paragone del servizio svolto negli anni scorsi, le strutture che oggi non riescono a darlo allo stesso modo, rispondono che i fondi in passato erano di gran lunga più consistenti.

Marco Farinaccia.

Dopo 20 anni un nuovo punto sullo stato dell’inclusione scolastica dei disabili visivi, di Luciano Paschetta

Autore: Luciano Paschetta

Superare le supposizioni, i luoghi comuni  e  i giudizi infondati: una  ricerca dell'I.RI.FO.R  . realizza una "fotografia"  dello stato dell'inclusione scolastica dei disabili visivi

Ci sono voluti  diversi mesi per raccogliere, ed altri ne occorreranno per esaminare ed elaborare, i dati dei 1.473 questionari, riferiti ad altrettanti allievi con disabilità visiva, inseriti, dalla scuola materna alla secondaria di II grado, nelle diverse scuole del Paese.
Abbiamo scelto come riferimento per la raccolta dei dati l'anno scolastico 2011/12: esattamente venti anni dopo l'a.s. 1991/92, quello al quale faceva riferimento l'indagine dell'Unione Italiana dei Ciechi dalla quale era scaturito il "Primo libro bianco sull'integrazione scolastica dei disabili visivi" questo, tra l'altro, ci permetterà anche alcuni confronti atti a valutare come si è venuto evolvendo il processo di integrazione in questi anni.

L'" INDAGINE CONOSCITIVA SULLA INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITÀ VISIVA", della quale qui presentiamo una anticipazione dei primi risultati, voluta e coordinata dall'I.RI.FO.R., è stata realizzata  grazie alla collaborazione dei Centri di documentazione tiflodidattica della Biblioteca Italiana per ciechi "Regina Margherita" e della Federazione delle Istituzioni pro Ciechi i cui responsabili hanno provveduto alla raccolta dei dati ed alla compilazione on line dei questionari di rilevazione.

I questionari, alla cui elaborazione stiamo provvedendo, racchiudendo informazioni su 1.473 bambini/ragazzi con disabilità visiva, sparsi nei vari ordini di scuola delle diverse regioni, riferendosi a circa il 50% dell'intera popolazione di disabili visivi presenti nelle nostre scuole, riteniamo rappresentino un campione significativo dello stato dell'inclusione dei nostri ragazzi.

Attraverso le oltre 600 possibili risposte del questionario, abbiamo cercato innanzitutto di conoscere la tipologia della disabilità visiva e la presenza di eventuali altre disabilità, di sondare i diversi aspetti del processo di inclusione: dalla composizione della classe, al numero di ore di sostegno  e  di assistenza scolastica o  domiciliare, dagli ausili utilizzati , all'uso del PC, dalla capacità di lettura e scrittura in braille, al  modo  di avere i libri scolastici accessibili,  dalla verifica del modo di redigere il P.E.I., a quella del livello di specializzazione dei docenti. Abbiamo poi cercato di comprender il grado di autonomia personale e di movimento, i rapporti con i compagni e gli amici, di come, i ragazzi con disabilità visiva, occupino il loro tempo libero, e molte altre cose ancora.Una messe di informazioni che stiamo elaborando e analizzando e che sarà oggetto di una  futura presentazione.

Qui ci limitiamo ad anticiparvi alcuni dati riferiti alla tipologia e alla qualità della disabilità visiva, alla presenza di allievi con minorazioni aggiuntive e alla distribuzione dei ragazzi con disabilità visiva nei diversi ordini di scuola, come emergono dall'indagine, fornendovi le prime informazioni sulla qualità della "popolazione scolastica" dei disabili visivi inseriti nelle scuole. Il confronto dei dati rilevati attraverso l'attuale ricerca con quelli del 1992, ci consente  inoltre prima "lettura comparata" dell'evoluzione del processo di inclusione scolastica in questi vent'anni.

Nella composizione della "popolazione  scolastica"  dei  minorati  della  vista Il rapporto tra i due sessi è rimasto stabile: nell'anno scolastico 2011/12 come nell'a.s. 1991/92,  il 57% sono ragazzi, mentre  le ragazze restano minoranza  al 43%.
Positiva  la rilevante diminuzione della percentuale dei ciechi assoluti  scesi al 30,6 % rispetto al 45% di vent'anni fa  il che sommato al 25,6 % , di ragazzi con meno di 1/20 di visus, limita al 56,2 riducendo ( di quasi 11 punti, rispetto al 67% del 1992),   la percentuale di coloro ai quali è necessario l'apprendimento del braille per  ottenere una reale autonomia di lettura e scrittura. Relativamente a questo dato va detto che, nonostante il questionario prevedesse domande  relative al  residuo  visivo calcolato  anche sulla base del "danno perimetrico", le risposte in merito sono state in numero non significativo, tanto da evidenziare come questo metodo di valutazione della visione, nonostante la legge abbia più di dieci anni, non sia ancora entrato nell'uso corrente. 

A colpire negativamente è il forte aumento in questi vent'anni di studenti con handicap aggiuntivi a quello visivo: essi costituiscono oggi il 43,3 %del campione, contro il 38 per cento del1992 , con un aumento di oltre il 5% .
Disaggregando il dato per tipologia di disabilità si evidenzia come l'incremento maggiore sia  nel numero dei disabili con ritardo di apprendimento passati dal 22,5 % del 1992 al 34,6 %, del campione di oggi. Tale elevato incremento che porta a constatare come  tra i ragazzi con disabilità  visiva  con altre minorazioni  l'80% presenti difficoltà di apprendimento, trova una parziale  giustificazione nel fatto che oggi   ha ormai piena  applicazione la sentenza 215,  che nel 1988 ha aperto le scuole superiori a tutti i soggetti con disabilità, mentre i suoi effetti erano non ancora del tutto presenti nel 1992.
In forte aumento anche il numero dei ragazzi che aggiungono alla disabilità visiva disturbi del carattere passati dal 22,5 di vent'anni fa all'attuale  30,8 %; cresciuto   invece di  solo 1,4 % quello dei ragazzi che aggiungono alla disabilità visiva una difficoltà motoria. Segnaliamo infine la rilevazione nell'indagine attuale di un 7% di ragazzi che evidenziano disabilità uditive, in aggiunta a quelle visive (questo  dato non era presente nella ricerca del 1992).

Interessante anche l'esame della distribuzione degli alunni nei vari ordini di scuola: nell'a.s. 1991/92  il 47,5%  era nella materna ed elementare (45 nella elementare e 2,5 nella materna), il  30,5% nella media inferiore e solo il 22% nella superiore, nell'anno scolastico 2011/12 nella scuola per l'infanzia ed elementare troviamo il 51% del campione,( 10,4  nella s.i. e 39,6  nell'el) , il 23% nella secondaria di I grado ed il 26% nella secondaria di II grado.
Anche se apparentemente non troppo variate, analizzate più a fondo, le percentuali della  distribuzione dei disabili visivi nei vari ordini di scuola in questi venti anni, inducono ad alcune considerazioni.
Per farlo è interessante esaminare l'andamento della percentuale media annua del numero di allievi con disabilità visiva presenti nei vari ordini di scuola, in rapporto alla media annua generale:

A.S. 1991/92

A.S. 2011/12

 
%
%/a
%/aG
DIFF
%
%/a
%/aG
DIFF.
SC.I.
2,5
0,83
6,25
-5,42
10,4
3,47

7,7
-4,23
S. Pr.
45
9
7,7
1,3
39,6
7,92
7,7
0,22
S.S.1 g
30,5
10,17
7,7
2,47
23
7,67
7,7
-0,03
S.S.2g
22
4,4
7,7
-3,3
26
5,2
7,7
-2,5
 
Dal confronto della colonna "%/a" (percentuale di allievi con disabilità visiva presenti   nei singoli anni di corso dell'ordine di scuola ) e la colonna "%/aG" (percentuale di allievi con disabilità visiva presenti   nei singoli anni i riferimento all'intero arco dell'istruzione)  della tabella risulta con evidenza  come la percentuale media degli alunni con disabilità visiva frequentanti la scuola primaria e la secondaria di I grado,     negli anni  si sia venuta stabilizzando: in questi  ordini di scuola  la percentuale è molto vicina  a quella della media complessiva,soprattutto se il calcolo  della media generale viene fatto escludendo dal  conteggio gli alunni  della scuola per l'infanzia. Ciò sta a significare che tra i due ordini di scuola  il tasso di abbandono  dei ragazzi con disabilità visiva inclusi  tende a zero.
Mentre la scuola secondaria di II grado con l'incremento di ben 4 punti della percentuale  media annua degli alunni inclusi, si è avvicinata alla media annua generale  degli alunni  con disabilità visiva frequentanti , evidenziando la notevole riduzione del tasso di abbandono (effetto anche questo della sentenza 215), la scuola per l'infanzia pur evidenziando la tendenza all'anticipo della scolarizzazione dei bambini con disabilità visiva, dimostrato dal forte incremento della percentuale dei bambini  iscritti(oltre il 10%. Nel 2011,  quadruplicati   rispetto al 2,5% del '91), resta pur sempre  quella ancora meno frequentata dai bambini con disabilità visiva: meno del 50% di quelli in età per potersi iscrivere.
E' questo un dato preoccupante perché fa capire come l'importanza  di questa scuola, fondamentale per lo sviluppo psicomotorio del bambino, venga ancora oggi sottovalutata dai genitori.
Viceversa, proprio la scuola per l'infanzia sarebbe l'ambiente ideale per aiutare il bimbo  a mettere le basi per una futura capacità di orientamento e per una buona autonomia  personale, aspetti questi ultimi che vedremo essere ancora carenti  nell'educazione dei disabili visivi.

Luciano Paschetta

La via italiana all’inclusione scolastica: valori, problemi, prospettive, di Luciano Paschetta

Autore: Luciano Paschetta

Questo il titolo dell'interessante seminario  nazionale, riservato agli addetti ai lavori, svoltosi, primo nel suo genere, giovedì 6 novembre nella Sala della comunicazione al MIUR. Un gruppo di "voci" sono state riunite dal MIUR, per un   confronto teso ad una verifica dei risultati di questi 35 anni di esperienza di inclusione scolastica, ad assistere in sala i referenti regionali e funzionari del MIUR.  Il ministro Francesco Profumo, molto interessato ad esserci ,  causa la particolare giornata parlamentare, è stato chiamato dagli inderogabili impegni di governo   al Senato , ma non ha voluto far mancare il suo apporto in un incontro "privato", prima dell'apertura dei lavori, con i relatori ai quali, dopo averli salutati personalmente uno ad uno,  ha significato il suo ringraziamento per  la collaborazione ed il lavoro fatto  insieme e ha indicato l'orientamento del MIUR per il futuro dell'inclusione, dicendo, tra l'altro: Nonostante la grande positività del modello italiano, tuttavia permangono delle "criticità, alle quali cerchiamo oggi di dare una risposta  ai nuovi e vecchi bisogni con un provvedimento che, da una parte, ha l'obiettivo di rafforzare l'organizzazione territoriale del Miur per l'inclusione scolastica, dall'altro affronta il tema dei Bisogni educativi speciali (Bes), ossia di una vasta gamma di problematicità che non rientrano nella legge 104 né nella 170/2010".
E' toccato a al sottosegretario Marco Rossi Doria, con al fianco la dirigente generale dell'istruzione Letizia Stellacci e il direttore della direzione per lo studente Giovanna Boda, dare avvio ai lavori. Egli in una brevissima introduzione si è limitato a ribadire la validità del modello italiano di inclusione, un modello che l'Europa intera, cerca di emulare, ma , proprio per questa consapevolezza  , occorre soffermarsi a riflettere, facendo una approfondita verifica dei risultati ottenuti per individuarne punti deboli e criticità. La dirigente generale Letizia Stellacci, che presenzierà, assieme al sottosegretario  e al direttore Boda, all'intera sessione dei lavori, ha sottolineato la sua volontà di superare l'autoreferenzialità, esaminando il  processo  di inclusione in termini di efficacia e  efficienza e, per questo,  si è impegnata a far sì che, questo primo momento importante di verifica ,   diventi un appuntamento annuale.
Per dar concretezza alla verifica, viene data la parola alle diverse "voci" coordinate al mattino da  Italo Fiorin, (Università Lumsa Roma)  sono  la voce della ricerca"  din Andrea Gavosto  (della Fondazione Agnelli, quella "della pedagogia speciale" di  Andrea Canevaro dell'Università di Bologna, quella "del dibattito in atto" di   Dario Ianes dell'Università di Bolzano,, quella "dell'amministrazione" di Raffaele Ciambrone, uffficio disabilità del Miur. Al pomeriggio, con il coordinamento di Paolo Mazzoli , capo segreteria del sottosegretario Rossi Doria, si ascoltano la "voce delle scuole" di Giuseppe Fusacchia, dirigente scolastico, quella "delle  ASL" di  Guido Fusaro ,  neuropsichiatra ASL B1 Piemonte, quella  "dell'osservatorio sull'integrazione scolastica" di Pietro Barbieri, in rappresentanza della FISH e di Luciano Paschetta, in rappresentanza della FAND, quella "dell'esperienza tridentina" di Marta Dalmaso, assessore della provincia di Trento, quella "degli enti locali" di Elio Satti, collaboratore di Stella Targetti, coordinatrice Assessori all'Istruzione, nella Conferenza  stato Regioni e di Alessandro Cattaneo, Sindaco di Pavia, in rappresentanza dell'ANCI nazionale.
Hanno concluso gli interventi le "voci della politica" quella dell'on. Letizia De Torre e quella dell'on. Elena Centemero, della 7ª Commissione della Camera.
La giornata è stata vivacizzata anche da alcune testimonianze di situazioni di inclusione attraverso alcuni collegamenti in teleconferenza e da quella  di Francesco,  studente milanese con disabilità presente in sala.
Difficile raccogliere tutti gli stimoli , le suggestioni e le considerazioni emerse nei vari interventi, cercherò di farne un ragionamento    complessivo.
Dai dati e dalla ricerca emerge un dato  incontestabile sulla validità della via italiana all'inclusione scolastica dei disabili: il progressivo aumento degli iscritti negli anni.    Gli alunni con disabilità per l'anno scolastico 2011/2012 sono stati 215.590: nell'anno scolastico  2010/2011 erano 208.521.    queste  Nei dieci anni precedenti, dall'anno scolastico 2000/2001 al 2010/2011,  gli alunni con disabilità iscritti sono aumentati del 51%, passando dai 126.994 del 2000/2001 ai 208.521 del 2010/2011. Chi sostenesse che questo aumento è dovuto , non ad una maggior scolarizzazione reale dei disabili, ma all'"effetto parcheggio", sarebbe smentito   dall'aumento  dei dati degli studenti universitari con disabilità, passati dai 4.816 dell'anno accademico 2000/2001 ai 14.171 dell'anno accademico 2010/2011. Certamente questo incremento è dovuto    alla legge 17/1999, dopo la quale gli atenei , tenuti ad adottare un approccio di tipo sistematico in materia di integrazione e supporto agli studenti disabili,   in molte realtà hanno garantito sussidi tecnici e didattici specifici, un tutorato specializzato. Il docente   che è stato delegato dal rettore per funzioni  di coordinamento del servizio disabili    si cura, nella stragrande maggioranza dei casi, che venga garantito  il supporto,  e il trattamento individualizzato per il superamento degli esami universitari, permettendo in tal modo maggiori possibilità di successo agli studenti con disabilità.
L'aumento degli allievi inseriti nei vari ordini di scuola ha prodotto , inevitabilmente, una lievitazione dei docenti di sostegno nell'a.s. 2011/2012, nonostante il rapporto medio    sia di i uno a due, sono stati poco meno di 100000, raggiungendo la percentuale del 12,8% rispetto all'intero corpo docente, ma, cosa che fa riflettere, non sembra esserci correlazione tra il numero di ore di sostegno e la qualità dell'inclusione.   E' questo una delle criticità evidenziate dalla ricerca del prof. Dario Ianez realizzata esaminando 33 relazioni provenienti dale diverse componenti: MIUR, associazioni di genitori e associazioni di disabili.Ci troviamo di fronte ad una altra criticità  rappresentata  da un  numero di docenti di sostegno così elevato, tanto da essere al limite della sostenibilità economica ed, inoltre, non sempre, nei casi dove il  numero di ore  di sostegno assegnate è elevato, ci si trova in presenza di un "buon modello" di inclusione.
Altra criticità del nostro modello di inclusione è rappresentata dal fatto che mentre il sostegno è utilizzato esclusivamente per gli studenti con disabilità, nella scuola  nessuno si occupa, né si preoccupa di coloro che presentano necessità educative speciali: ragazzi con DSA o in forte disagio scolastico. Parte da qui la riflessione verso il nuovo modello di inclusione: questi ragazzi, assieme agli alunni con disabilità, vanno a formare il gruppo dei BES (bisogni educativi speciali), gruppo che comprende complessivamente poco meno di un milione di studenti per i quali è indispensabile una scuola inclusiva che faccia però riferimento ad un modello diverso dall'attuale.
Due le proposte emerse con forza dal convegno: un grande sforzo per formare i docenti curriculari all'accoglienza dei BES e , come ha sostenuto il prof. Andrea Canevaro, la trasformazione del ruolo del docente di sostegno da "sostegno individuale" a "sostegno diffuso": quello su cui deve fondarsi il nuovo modello è una scuola capace di "accogliere" per questo occorre intervenire  sul contesto per rendere inclusivo e l'"ambiente" nel suo complesso.
Un altro dato che ci ha fatto riflettere è stato quello segnalato dal prof. Andrea Gavosto: se confrontiamo il livello di scolarizzazione dei disabili italiani con quello del resto d'Europa, il confronto è a nostro favore, ma se poi paragoniamo il numero degli inserimenti lavorativi  di disabili all'estero    con il nostro, il raffronto è decisamente a nostro sfavore . Una delle  cause  di ciò è  sicuramente da ricercarsi nella "distanza" che c'è nel nostro paese tra il sistema scolastico e il tessuto socio-lavorativo: la scuola, soprattutto nei confronti degli alunni con disabilità, fa fatica a porsi obiettivi che vadano oltre all'"hortus  conclususs" del sistema, Inoltre la valutazione della nostra scuola continua ad essere autoreferenziale: manca un metodo di valutazione dei risultati diverso dall'autovalutazione. In proposito la dirigente Letizia Stellacci ha sottolineato come il seminario rappresentasse proprio un momento importante di verifica   del processo di integrazione fatta da esperti esterni all'amministrazione e che era sua intenzione , farlo diventare un appuntamento annuale.
La direttiva  ministeriale presentata dal dott. Raffaele Ciambrone dell'ufficio disabili del MIUR, frutto anche di suggerimenti provenienti dall'Osservatorio sulla disabilità, vuole rappresentare una prima guida verso un nuovo modello.  La  direttiva si propone di superare la tradizionale distinzione fra alunno disabile e alunno "normale",  evidenziando  come vi siano una varietà di situazioni riferibili all'area dello svantaggio scolastico. Un modello di scuola   inclusiva, deve prestare attenzione  e saper dare risposte , non solo alle "certificazioni", ma  ai "bisogni educativi speciali" dell'alunno:disturbi evolutivi specifici ,  situazioni di svantaggio  derivanti dalle difficoltà linguistiche, culturali e/o socio-economiche.
Il sottosegretario Marco Rossi Doria nel ricordare che "il modello italiano di inclusione scolastica è considerato tra i migliori in Europa" e che "le criticità emerse negli anni ci permettono ora di considerare e ripensare un nuovo sistema", tenendo conto della "complessa realtà delle classi". Nel corso del seminario viene sottolineata l'opportunità  – di assumere un diverso approccio educativo, dove l'identificazione degli alunni con  bisogni educativi specifici non avvenga solo sulla base dell'eventuale certificazione di disabilità, sicuramente importante, ma anche individuando  lo stato di disagio  e di difficoltà dell'alunno, derivanti  da disturbi evolutivi specifici e/o  dallo svantaggio socio-economico, linguistico e culturale. In  tutte le  classi, infatti, c'è un numero di alunni che richiedono  una speciale attenzione per una varietà di ragioni, per i quali è opportuno individuare un percorso didattico personalizzato.
La Direttiva riconoscendo la necessità di un generale potenziamento della cultura dell'inclusione scolastica, prevede interventi personalizzati per  tutti gli alunni con Bisogni Educativi Speciali,  attraverso una formazione generalizzata alle tematiche dell'inclusione dei  docenti curriculari, la valorizzazione della funzione del docente per un sostegno  "diffuso" all'ambiente. Un ruolo particolare , nel supportare  questo nuovo modello, avrà  la riorganizzazione e il potenziamento dei Centri Territoriali di Supporto (Cts) istituiti  , sin dal 2005 e non sempre valorizzati nel modo giusto. Questi, funzionanti  presso scuole polo, possono costituire una rete di supporto al processo di integrazione mediante l'uso delle nuove tecnologie, ma anche offrendo un ausilio ai docenti secondo un modello cooperativo di intervento.
Da parte del ministero, inoltre,  è stato predisposto  un portale come ambiente di "apprendimento-insegnamento e scambio di informazioni " , proprio quale strumento di raccordo e "disseminazione" del lavoro dei Cts, che hanno il compito di operare a supporto delle scuole offrendo consulenza e formazione per docenti, studenti e famiglie sulle nuove tecnologie per l'inclusione (il tutto coordinandosi anche con province, comuni, servizi sanitari, associazioni, e centri di formazione e documentazione),. All'interno di questo portale "sono compresi i siti Handytecno ed Essediquadro (rispettivamente dedicati agli ausili ed al servizio di documentazione dei software didattici) .
Sul portale è presente una mappa completa dei Cts e dei Cti (centri territoriali per l'integrazione) realtà a livello distrettuale  oltre ad una pagina dedicata alle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari .
Il sottosegretario  Marco Rossi Doria, nel concludere la giornata, ha voluto ribadire come al di là di ogni dubbio il nostro modello di inclusione dei ragazzi con disabilità, sia un punto di riferimento per l'Europa. Delegazioni di funzionari, dirigenti e docenti di altri paesi si alternano nel venire a conoscere questa nostra realtà, che, pur tra difficoltà ed errori, ha fatto dei disabili soggetti con pieno diritto all'istruzione. Da questa esperienza , ormai condivisa da tutti, ha tenuto a precisare il sottosegretario ribadendo che: Da tempo ormai nessuna forza politica, sindacale e nessuna organizzazione sociale  del nostro paese , mette più in discussione la validità dell'integrazione scolastica". Di qui bisogna partire, da questa positiva esperienza pluridecennale, non per cullarsi sugli "allori", ma per leggerne le criticità, prenderne atto e trovare strumenti e metodi per superarle.
Luciano Paschetta
 

COMUNICATO STAMPA – EMERGENZA LAVORATIVA DEI CIECHI, a cura dell’Agenzia I-Mage

Autore: a cura dell'Agenzia I-Mage

"Voglio aprire questa conferenza portando la solidarietà di tutti i ciechi e gli ipovedenti italiani ai lavoratori dell'Alcoa, dell'Iva, del Sulcis, della Fiat e ai lavoratori di tutte le aziende in crisi.

Il lavoro è un bene prezioso per l'intera umanità, ma per i ciechi e gli ipovedenti è prezioso due volte perché rappresenta la strada maestra per l'integrazione sociale". Inizia così Tommaso Daniele, presidente nazionale dell'Unione italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, la Conferenza stampa per denunciare l'emergenza lavorativa dei ciechi e fare un appello al Ministro del Lavoro Elsa Fornero: approvate in tempi rapidi tutte quelle norme che, a costo zero, aprirebbero le porte del lavoro ai disabili visivi.

"L'emergenza sta ora diventando una tragedia. I giovani non vedenti rischiano davvero di non entrare nel mondo del lavoro e chi è dentro fa fatica a rimanerci. L'Unione non si è fatta trovare impreparata ma ha cercato di anticipare le sfide; si è però scontrata con la pigrizia dei Governi, che talvolta ha impedito di risolvere i problemi evidenziati". Paolo Colombo, componente della Direzione Nazionale dell'Unione e responsabile del settore Lavoro illustra le richieste principali dei disabili visivi: innanzitutto "la figura dell'operatore telefonico, ignorata dalla riforma degli istituti tecnici del ministro Gelmini, che è stata equiparata con Decreto del ministero del Lavoro, d'intesa con la Conferenza Stato Regioni, all'operatore amministrativo segretariale e conserva il diritto al collocamento obbligatorio previsto dalla Legge 113/1985; si chiede poi di sostituire le parole "terapista della riabilitazione" con "fisioterapista" per continuare a poter godere del beneficio del collocamento obbligatorio (Legge 29/1994 e A.S. 1573) e di mettere finalmente in moto la formazione a livello delle Regioni, per poter sbloccare le nuove figure professionali deliberate dal decreto Salvi del 10 gennaio 2000 e ad oggi ancora inutilizzate; si chiede inoltre un intervento normativo per rivedere il calcolo previdenziale dell'anzianità figurativa a carico dei disabili gravi e gravissimi, così come già fatto a favore dei famigliari delle vittime di terrorismo.

Spetta a Luciano Romito, Professore Associato di Fonetica e Fonologia, Fonetica Sperimentale e Linguistica Generale all'Università della Calabria, illustrare la figura del professionale del "perito fonico" in ambito forense, una figura formata specificamente per migliorare le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche.

La Conferenza stampa, moderata dal giornalista Rai e conduttore di "Radio Anch'io" Ruggero Po, ha visto la partecipazione del Senatore Luigi D'Ambrosio Lettieri, personalmente impegnato nella presentazione di un Disegno di Legge relativo alla modifica della legge 11 gennaio 1994 n. 29 ma non ancora approvata. Il Senatore si è impegnato a riproporlo appena possibile come emendamento al Decreto Balduzzi.

Erano anche presenti l'On. Augusto Battaglia, Giovanni Scacciavillani (UGL) e Nina Daita (CGIL), che ha ricordato come l'occupazione dei disabili sia diminuita del 40% su scala nazionale: "a richieste straordinarie si deve rispondere con finanziamenti straordinari, non si può scaricare ancora una volta il carico sulle famiglie. Uno Stato può essere considerato giusto solo quando tutela le categorie più deboli".

A conclusione, i prossimi appuntamenti per ricordare l'emergenza lavoro: una delegazione dell'Unione sarà ricevuta dal Sottosegretario Michel Martone venerdì 21 settembre, mentre si stanno organizzando dei sit-in davanti alle Prefetture d'Italia per il 27 settembre.

Si riporta di seguito la lettera inviata al Ministro Elsa Fornero.

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

ONLUS

Lettera alla Prof.ssa Elsa Fornero
Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali
L'emergenza lavorativa dei ciechi e degli ipovedenti

Illustrissimo Signor Ministro,

il lavoro è un bene prezioso per l'intera umanità, ma per i ciechi e gli ipovedenti è prezioso due volte perché rappresenta la strada maestra per l'integrazione sociale. Uno dei padri storici della nostra Unione lo ha definito "luce che ritorna", io mi permetto di aggiungere che è "sicurezza, dignità, vita".

Recenti dati statistici riferiscono che un giovane su tre è senza lavoro; i giovani ciechi ed ipovedenti sono praticamente disoccupati e attendono dal Governo un segnale concreto che possa rappresentare una inversione di tendenza. Essi chiedono, inoltre, alla nostra Unione, una azione decisa, forte affinché la loro problematica venga conosciuta dalle autorità di Governo, e termini il muro di gomma con il Ministero del Lavoro, con la Conferenza Stato Regioni e con le singole Regioni.

Da anni le nostre lettere rimangono puntualmente senza risposta.

Le chiediamo, Signor Ministro, di farsi carico di esaminare, insieme ai tecnici competenti per materia, i problemi che appresso Le indichiamo.

Operatori telefonici

La figura dell'operatore telefonico, ignorata dalla riforma degli istituti tecnici del Ministro Gelmini, è stata equiparata con Decreto del Ministero del Lavoro, d'intesa con la Conferenza Stato Regioni, all'operatore amministrativo segretariale e conserva il diritto al collocamento obbligatorio previsto dalla Legge 113/1985.

Massofisioterapista

La qualifica di massofisioterapista, che si ottiene attraverso un corso triennale con un titolo di scuola media inferiore, non è più spendibile perché la normativa europea prevede che il diploma di fisioterapista si consegue attraverso un corso universitario triennale. Si chiede, quindi, che la figura del massofisioterapista venga equiparata all'operatore del benessere e che sia prevista una corsia preferenziale all'interno dei meccanismi del collocamento mirato previsto dalla Legge 68/1999 (quali, ad es., le convenzioni di inserimento lavorativo).

Decreto Salvi del 10 gennaio 2000

Il suddetto Decreto, avvalendosi dell'articolo 45, comma 12, della legge 144/1999, ha individuato tre nuove figure professionali per i ciechi alle quali ha esteso i diritti previsti per gli operatori telefonici sanciti dalla Legge 113/1985: l'operatore di telemarketing, il gestore di banche dati e l'addetto alle relazioni con il pubblico. Tali figure non sono state utilizzate perché le Regioni non le hanno inserite nella programmazione. Si chiede un autorevole intervento sulla conferenza Stato Regioni affinché si provveda a recuperare il tempo perduto.

Fisioterapisti

La Legge 29/1994 prevede il collocamento obbligatorio del "terapista della riabilitazione". Tale figura è stata superata dalla evoluzione normativa ed è stata sostituita dal "fisioterapista" che attualmente non gode del beneficio del collocamento obbligatorio. Si chiede di intervenire presso la Commissione Lavoro del Senato affinché approvi il ddl A.S. 1573, almeno nella parte che sostituisce la parola "terapista della riabilitazione" con "fisioterapista".

Perito fonico

L'Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione (I.Ri.Fo.R.) – ONLUS, ha organizzato, in collaborazione con l'Università di Reggio Calabria, un corso di formazione per "perito fonico"
nell'ambito forense dedicato ai non vedenti; tale figura è stata formata specificamente per migliorare le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche. Da anni abbiamo chiesto al Ministero del Lavoro il riconoscimento di tale figura attraverso l'emanazione di un Decreto Ministeriale, alla stregua del Decreto Salvi del 2000, che riconosca tale figura. Si chiede di intervenire affinché il decreto venga emanato al più presto e si stipuli un accordo con il Ministero di Grazia e Giustizia per la utilizzazione di tale figura.

Posto operatore

L'utilizzo delle nuove tecnologie ha ridotto notevolmente il numero dei posti operatore con la conseguenza di diminuire il numero dei ciechi occupati come centralinista telefonico. Si chiede una interpretazione autentica dell'art. 3, comma 1, della legge 113/1985 perché a nostro avviso l'introduzione di nuove tecnologie non elimina il diritto dei ciechi e degli ipovedenti al collocamento obbligatorio.

Anzianità figurativa – calcolo previdenziale

Dopo la recente riforma pensionistica i contributi figurativi di cui godono i ciechi e gli altri disabili gravi non vengono presi in considerazione ai fini del calcolo del trattamento previdenziale con grave pregiudizio degli interessati. Si chiede un intervento normativo così come già fatto a favore dei familiari delle vittime del terrorismo.

Signor Ministro, non ci sfugge che il Paese sta attraversando un periodo particolarmente critico che mette in secondo piano i valori della solidarietà e della coesione sociale sacrificando i più deboli fra i quali sicuramente i ciechi.

Le faccio notare che le nostre richieste sono quasi tutte a costo zero. La prego, quindi, di intervenire con l'autorevolezza della Sua carica e porre termine ad una situazione non più sostenibile.

La nostra Unione ha deciso di porre in essere una serie di iniziative volte a far emergere il più possibile il problema: una conferenza stampa nei prossimi giorni, un sit-in presso le Prefetture di tutte le province d'Italia, una assemblea online dei nostri quadri dirigenti per coinvolgerli il più possibile nel problema, una richiesta di incontro con Lei e, ove mai non dovesse bastare, una grande manifestazione di protesta davanti a Palazzo Chigi per ottenere quella giustizia che da almeno dieci anni, in materia di lavoro, andiamo chiedendo.

In attesa di un cortese cenno di riscontro, La saluto cordialmente.

IL PRESIDENTE NAZIONALE
Prof. Tommaso Daniele

Un fattivo incontro quello di lunedì 23, dell’Osservatorio sulla disabilità del MI.U.R.

Autore: Luciano Paschetta

Lunedì 23  abbiamo partecipato, in qualità di esperti della FAND, alla riunione  del comitato tecnico dell'osservatorio sulla disabilità del MI.U.R.  La riunione ha segnato un punto fermo del lavoro di questi mesi tra le associazioni dei disabili ed il ministero,  del quale un importante risultato è la  firma del protocollo d'Intesa tra Miur e ministero della Salute sull'integrazione scolastica. Il documento   fortemente voluto dalle due federazioni delle associazioni dei disabili, Fand e FISH,   al fine di armonizzare il lavoro dei due ministeri in merito alle certificazioni,(diagnosi funzionali e P.E.I.),  facilita  i rapporti tra scuole  e ASL . 
Il Sottosegretario Marco Rossi Doria, NELL'INTRODURRE l'incontro ha manifestato la chiara volontà del  Ministro di giungere a breve alla definizione del disegno di legge sul quale  stiamo lavorando da  maggio, per questo  è già stata fissata la data dell'8 ottobre per il prossimo incontro del Comitato tecnico che dovrà esprimersi in modo definitivo  sul documento, così da permetterne la presentazione alle Camere per l'approvazione prima del termine della legislatura. . L'incontro sarà  preparato  dal lavoro di tre gruppi    ristretti che, nel mese di settembre ci vedranno impegnati  alla stesura del testo della proposta sulla base degli accordi raggiunti in materia di : formazione iniziale ed in  itinere dei docenti; continuità didattica; riorganizzazione della  rete  dei CTS.    Presso  questi ultimi vi è la volontà di aprire con la collaborazione delle associazioni,   sin dall'anno prossimo in via sperimentale, degli sportelli per la consulenza alle famiglie.
Il disegno di legge, ha sottolineato il capo della segreteria del Sottosegretario,  vuole essere una vera e propria integrazione della legge 104, per questo noi abbiamo richiesto l'inserimento nel testo di una   norma sull'accessibilità dei testi.
Altra notizia importante è la messa   a punto del data base per la rilevazione dei dati sugli allievi disabili che, integrato secondo i suggerimenti delle associazioni, è stato validato dal sistema informativo del ministero e nel quale a settembre verranno inseriti, quale prova generale,  i dati  di una  scuola per provincia.
 
Luciano Paschetta

 

Sedicesima edizione del concorso alle borse di studio “Beretta-Pistoresi”

Autore: Tommaso Daniele

È indetto il concorso per l'assegnazione delle borse di studio "Beretta-Pistoresi", giunto, quest'anno, alla sedicesima edizione.
Il concorso è riservato, per il corrente anno, ai Soci della nostra Unione, che si sono diplomati o laureati durante l'anno solare 2011.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione è fissato al 31 luglio 2012.
Si pubblica, in calce, il bando del concorso, cui si prega di dare massima diffusione.
Cordiali saluti.
IL PRESIDENTE NAZIONALE
Prof. Tommaso Daniele

BANDO DI CONCORSO PER L'ASSEGNAZIONE
DELLE BORSE DI STUDIO "BERETTA PISTORESI"

Art. l. Natura del concorso
Nel rispetto della volontà delle donatrici, Lidia Teresa Beretta ed Elena Pistoresi, l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti mette a concorso delle borse di studio annuali per i Soci che abbiano concluso con merito gli studi secondari superiori, gli studi musicali o gli studi universitari, nell'anno solare precedente quello di indizione della gara.

Art. 2. Requisiti di ammissione
Alla corrente edizione del concorso per l'assegnazione delle borse di studio "Beretta-Pistoresi", possono partecipare i Soci dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti che, nell'anno solare 2011, hanno conseguito uno dei titoli di seguito elencati:
a) laurea magistrale o diploma di laurea conseguito secondo la normativa in vigore anteriormente alla riforma di cui al D.M. 509/1999
b) laurea
c) diploma di conservatorio musicale
d) diploma di istruzione secondaria superiore.

Art. 3. Borse di studio
Le borse sono costituite da sussidi tiflotecnici di valore pari a:
– 2.100,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai concorrenti in possesso di laurea magistrale o di laurea conseguita secondo la normativa in vigore anteriormente alla riforma di cui al D.M. 509/1999
– 1.300,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai concorrenti in possesso di laurea
– 1.300,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai concorrenti in possesso di diploma di conservatorio musicale
– 1.300,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai concorrenti in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.
A richiesta dei vincitori, le borse possono essere erogate in denaro.

Art. 4. Presentazione delle domande di partecipazione

Le domande di partecipazione, redatte in carta libera e sottoscritte, devono pervenire, mediante raccomandata postale o mediante posta elettronica certificata o con consegna a mano, entro e non oltre le ore 12:00 di martedì, 31 luglio 2012, all'indirizzo:
Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Presidenza Nazionale
Via Borgognona, 38
00187 Roma.
Nella domanda di partecipazione, i concorrenti devono indicare la categoria di concorso alla quale intendono partecipare e dichiarare, sotto la propria responsabilità, ai sensi dell'art. 46 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445:
– cognome e nome
– luogo e data di nascita
– residenza
– iscrizione all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, con indicazione della Sezione Provinciale di appartenenza
– titolo di studio, con indicazione del voto di laurea o di diploma
– votazioni agli esami previsti dal piano di studi universitario, se in possesso di laurea magistrale, di diploma di laurea o di laurea
– votazioni agli esami intermedi, se in possesso di diploma di conservatorio
– votazioni al primo quadrimestre dell'ultimo anno di corso, se in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.
I concorrenti devono, altresì, indicare un recapito telefonico e/o e.mail e l'indirizzo al quale desiderano vengano inviate le comunicazioni relative al concorso.
La firma in calce alla domanda, da apporre in forma autografa, non è soggetta ad autenticazione.
Le domande pervenute oltre il termine o incomplete si intendono escluse dal concorso.

Art. 5. Commissione esaminatrice
La Commissione esaminatrice è costituita dal Presidente Nazionale dell'Unione, o da un suo delegato, e da due componenti, nominati dalla Direzione Nazionale della stessa Unione.
Sulla base dei voti riportati dai candidati alle prove di esame intermedie e finali, la Commissione forma quattro graduatorie di merito, una per ciascuna categoria di concorso, e designa, quale vincitore delle relative borse di studio, il primo classificato in ognuna di dette graduatorie.

Art. 6. Proclamazione dei vincitori
Con propria deliberazione, la Direzione Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti approva le graduatorie di merito e proclama vincitori delle borse di studio, messe a concorso con il presente bando, il primo classificato in ciascuna graduatoria.

Gli esiti del concorso sono comunicati ai concorrenti, a mezzo posta.
Gli stessi esiti sono, inoltre, resi pubblici, mediante la stampa periodica e il sito web dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e la pagina 790 del Televideo Rai.
I vincitori delle borse di studio sono tenuti a comprovare la regolarità delle dichiarazioni rese nelle domande di partecipazione.
A tale scopo, essi devono far pervenire, mediante raccomandata postale o mediante posta elettronica certificata o con consegna a mano, all'indirizzo:
Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Presidenza Nazionale
Via Borgognona, 38
00187 Roma,
entro 30 giorni dalla comunicazione dei risultati concorsuali, certificazione, originale o in copia autenticata, attestante:
– il titolo di studio
– il voto di laurea o di diploma
– le votazioni riportate alle prove di esame intermedie, se vincitori delle borse di studio riservate ai laureati di primo e secondo livello e ai diplomati presso i conservatori di musica; oppure, le votazioni riportate al primo quadrimestre dell'ultimo anno di corso, se vincitori della borsa di studio riservata ai  diplomati presso istituti di istruzione secondaria superiore.
Il vincitore, che non produca la certificazione richiesta o le cui dichiarazioni risultino, in tutto o in parte, non veritiere, decade dal beneficio.
In tal caso, la Direzione Nazionale dell'Unione procede alla proclamazione di altro vincitore, secondo l'ordine della graduatoria di merito.

Art. 7. Responsabilità
La partecipazione al concorso implica l'accettazione senza riserve, da parte dei concorrenti, del  presente bando.
Spetta esclusivamente alla Direzione Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti il giudizio finale sui casi controversi e su quanto non espressamente previsto.

Art. 8. Trattamento dei dati personali
Tutte le informazioni raccolte nell'ambito del presente concorso saranno tutelate ai sensi del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, "Codice in materia di protezione dei dati personali".

 

Istruzione: a colloquio con il Sottosegretario del MIUR Marco Rossi Doria

Autore: Luciano Paschetta

Nel  tardo pomeriggio  di martedì, 19 giugno 2012, la nostra Unione è stata ricevuta dal Sottosegretario di Stato all'Istruzione, con delega a trattare i servizi per l'integrazione degli studenti disabili, Marco Rossi Doria.
Il Sottosegretario Rossi Doria è  entrato nel merito dei diversi problemi affrontati, dimostrando competenza, sensibilità e, cosa che  abbiamo particolarmente apprezzato, con estrema franchezza.
Egli  ha introdotto l'incontro informandoci  che,  in questi giorni, ha incontrato alcune delle parti interessate alla materia dell'integrazione scolastica e che al mattino dello   stesso  19 giugno,  aveva riferito alla Commissione VII della Camera dei Deputati su taluni recenti provvedimenti, concernenti la specializzazione per le attività di sostegno.
Ha, così, avuto occasione di verificare che l'esigenza, ben nota al Dicastero, di ridefinire il sistema delle misure, poste a tutela e sostegno del diritto all'educazione e all'istruzione dei minori disabili, è ampiamente avvertita anche in quella sede.
Da parte nostra, abbiamo ripreso  quanto emerso nella riunione dello scorso 17 maggio dell'Osservatorio ministeriale permanente per l'integrazione degli alunni con disabilità, dove il Ministro, Francesco Profumo, è stato sollecitato proprio ad un'azione di riforma.
La necessità di procedere al riordino del settore è evidenziata  anche dal progressivo aumento dei ricorsi proposti ai Tribunali Amministrativi Regionali per l'annullamento dei provvedimenti di assegnazione delle ore di sostegno. La generale soccombenza dell'Amministrazione scolastica comporta, mentre si cerca di contenere  la spesa, un  incremento dei costi sempre più difficilmente sostenibili e, cosa che più preoccupa, è che l'attivazione  degli interventi  derivanti dalle sentenze  risultano spesso "ridondanti" rispetto alle effettive esigenze dello studente,  e possono finire per mortificare, piuttosto che  potenziare, l'autonomia dell'allievo, autonomia che è la finalità  principali dei percorsi educativi e scolastici inclusivi.
Il Sottosegretario ha condiviso, come già aveva fatto il Ministro in sede di Osservatorio, le posizioni appena illustrate, posizioni che, come Unione, sosteniamo con particolare forza, convinti come siamo che la cecità e l'ipovisione lasciano intatte le capacità della persona di apprendere e di agire in modo autonomo.
Il Sottosegretario,  per quanto concerne il riordino normativo,  ha sottolineato che,  in ogni caso,  esso  potrebbe essere attuato,  non mediante decreto-legge, come  emerso dall'Osservatorio, ma tramite disegno di legge d'iniziativa governativa, nel rispetto dei ruoli istituzionali, ripetutamente invocato dal Presidente della Repubblica.
Circa i rapporti  con la Conferenza stato regioni, il Sottosegretario si è detto impegnato a promuovere e a conseguire l'intesa della Conferenza Unificata sui livelli minimi delle prestazioni preordinate all'esercizio del diritto educativo  e scolastico dei minori con disabilità. Ha, tuttavia, escluso che la sua attività di mediazione possa produrre, come da noi richiesto, la definizione della figura professionale, attraverso la quale gli Enti Locali assolvono all'obbligo di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione degli studenti disabili  sensoriali, obbligo istituito dall'art. 42 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, e confermato dall'art. 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ha, in ogni caso, concordato con noi che la definizione di detta figura contribuirebbe a qualificare l'offerta dei servizi educativi integrativi, particolarmente preziosi per i nostri bambini e i nostri ragazzi.
Affrontando  la problematica dell'"accessibilità"il Sottosegretario ha, quindi, mostrato interesse alla nostra ipotesi di richiedere alle Case Editrici il deposito dei testi scolastici digitali in formati riconoscibili dagli hardware e dai software di cui ci avvaliamo. Informato circa il fatto che le LIM  sono inaccessibili nella loro gestione, si è, di fatto, impegnato a porre tra gli obiettivi delle ricerche di cui il MIUR  si farà promotore  e  mirate al perfezionamento dello strumento,   la definizione dei criteri che le rendano pienamente utilizzabili anche da parte degli studenti e dei docenti ciechi ed ipovedenti.
Sulla delicata materia della valutazione degli apprendimenti scolastici mediante le prove nazionali standard, curate dall'INVALSI, il Sottosegretario ci  ha assicurato che la nuova Presidenza dell'Istituto  è particolarmente attenta e sensibile al problema  e che, lui ne era certo, presterà massima attenzione alle nostre richieste.  Per questo ci i ha  suggerito di formulare direttamente al presidente,  la nostra proposta di  garantire che le prove vengano elaborate in modo da poter essere comprensibili anche quando vengano eliminati i riferimenti visivi. 
Ancora, alla nostra richiesta di vigilare ed intervenire affinché le classi iniziali di ogni ordine e grado scolastico, che accolgono alunni con disabilità siano, di norma, costituite con non più di 20 alunni, come dispone l'art. 5 del d.p.r. 20 marzo 2009, n. 81, il Sottosegretario ha risposto  , con estrema franchezza, che l'azione di monitoraggio è continua per verificare   la presenza di scostamenti significativi dal rapporto medio nazionale "alunni/classe". Tuttavia, la necessità di approssimare tale rapporto medio a quello europeo insieme alla necessità di garantire l'offerta scolastica in tutti gli ambiti territoriali, a prescindere dalla densità e dalla distribuzione della popolazione,  rende, purtroppo, la formazione di classi ben più numerose di quanto utile, ai fini didattici. Una soluzione può venire dall'assegnazione di organici funzionali alle singole istituzioni scolastiche.
Abbiamo quindi invitato il Sottosegretario ha  segnalare al Ministro  la necessità  di convocare  a breve il Comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio permanente per l'integrazione scolastica,  al fine di raccogliere  il contributo del Comitato  per riassetto del sistema, riassetto che il Ministro Profumo e il Sottosegretario Rossi Doria hanno dichiarato dover essere finalizzato all'ottimizzazione, e non alla riduzione, delle risorse disponibili.

Il responsabile operativo della  commissione nazionale istruzione
   Luciano Paschetta

 

Istruzione: Decreto direttoriale 16 aprile 2012, n. 7, “Corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno destinati al personale docente in esubero. Anno scolastico 2012/2013”

Autore: a cura del MIUR

Chiarimenti e rassicurazioni sui corsi di sostegno
Nelle ultime settimane alcuni siti hanno diffuso notizie allarmanti sulle conseguenze del Decreto direttoriale n. 7 del 16 aprile 2012, a firma del Direttore generale del personale scolastico, che istituisce i corsi, facoltativi e gratuiti, destinati al personale scolastico in esubero, per acquisire il titolo di docente specializzato per le attività di sostegno.
Si accredita l'ipotesi che i suddetti corsi possano togliere posti ai docenti già specializzati di ruolo o precari in   servizio sul sostegno e che questa certezza avrebbe poi indotto il MIUR a ritardarne e sospenderne l'attuazione.

Sembra opportuno smentire entrambe le previsioni. Il corso inizierà nei prossimi giorni in ossequio ad un preciso impegno contrattuale di riconversione del personale docente stabilizzato in esubero rispetto ai posti di organico.
Il continuo incremento dei posti di sostegno, registrato negli ultimi anni, farebbe escludere ripercussioni negative sulle assunzioni del personale precario nel prossimo anno scolastico.

Istruzione: scolarizzazione e integrazione scolastica dei ragazzi con disabilità visiva

Autore: Luciano Paschetta

 

 

Riflessioni e proposte per superare un "modello mai nato"

Permettetemi di riprendere, a beneficio di quanti non avessero letto il mio precedente articolo "Storia di un modello mai nato", (Corriere dei ciechi n.2/2012) alcune considerazioni quale premessa per le successive riflessioni.

La riconquista di un "diritto negato"
Il processo di scolarizzazione dei disabili visivi, diventato "istituzionale"  a partire dalla riforma Gentile del 1923,  evidenzia come  esso si sia realizzato  attraverso l'integrazione  "ante litteram" dei giovani  non vedenti.
La frequenza delle scuole speciali,  presenti negli istituti per ciechi, era infatti limitata al primo ciclo della scuola elementare (allora fino alla terza), mentre dalla quarta elementare i ragazzi proseguivano gli studi prima nelle scuole elementari prossime all'istituto, poi nelle scuole medie della città   e così   fino al termine delle superiori. Il loro inserimento   nelle scuole "comuni",  frequentate con successo da centinaia di giovani disabili visivi, non prevedeva alcun insegnante di sostegno. Solo nel 1963, con l'avvento della scuola media unica, i ragazzi con disabilità visiva, a causa di una interpretazione surrettizia della legge, si trovarono "obbligati" a frequentare la nuova scuola media   unica speciale, nata dalla trasformazione delle preesistenti scuole speciali di avviamento professionale  annesse agli istituti per ciechi.
Fu questo un "momento buio" del  processo di scolarizzazione dei ragazzi con disabilità    visiva, un momento che , senza alcuna motivazione pedagogica, sancì  la "ghettizzazione" dell'insegnamento ai minorati della vista.
Una delle cause  di questa involuzione è da ricercarsi anche nella progressiva perdita di prestigio , quale centro di ricerca tiflopedagogica,  del'istituto Romagnoli  di Roma. Senza più il suo fondatore , il grande AUgusto Romagnoli prematuramente scomparso nel 1948, esso diventava sempre meno capace di continuare ad essere il punto di riferimento per sensibilizzare i "circoli culturali"  e gli intellettuali sulle tematiche  dell'educazione e dell'integrazione sociale dei disabili visivi e, chiudendosi sempre più in sé stesso e diventando sempre più autoreferenziale, via, via, si  emarginava  dal movimento di rinnovamento culturale e scientifico della psicopedagogia  che  , in quegli  anni,  caratterizzava le università italiane.
Quando all'inizio degli anni '70 si avviò nella scuola e nella società italiana, quel grande movimento innovatore che ha nel principio dell'integrazione  sociale dei diversamente abili uno dei suoi aspetti più significativi, alcuni genitori di disabili visivi, affiancati da un gruppo minoritario di psicopedagogisti non vedenti si rifiutarono di iscrivere i loro figli alle scuole speciali , avviando così la battaglia per la "riconquista" del diritto all'integrazione. Diritto   che verrà riconosciuto con la legge 360 del 1976, un anno prima della legge che sancirà il diritto all'integrazione nella scuola dell'obbligo per  tutti i disabili: la legge 517 del 1977.
Battaglia vinta quindi: il "diritto negato" era stato nuovamente riconosciuto, purtroppo ciò è vero solo in parte: il diritto all'integrazione riconquistato sul piano giuridico avrebbe avuto bisogno per la sua corretta realizzazione di essere accompagnato dalla necessaria riflessione pedagogica sugli aspetti peculiari che avrebbero dovuto caratterizzare il modello organizzativo di inclusione dei disabili visivi.

La novità del modello di integrazione: il docente di sostegno
Purtroppo però,  L'inserimento nella scuola  di tutti,  avvenuto contro il parere e al di fuori  della volontà dell'intellighenzia ufficiale" dei disabili visivi, rappresentata  in quegli  anni dalla potente "Federazione delle istituzioni pro ciechi "e dalla maggioranza dell'Unione italiana ciechi, non potrà essere supportato dalle necessarie indicazioni psicopedagogiche, in quanto la stragrande maggioranza degli insegnanti specializzati e degli "esperti" di tiflopedagogia, rifugiata nel l"Aventino" dei loro istituti,  rifiuta ogni collaborazione al processo di integrazione che vede come "il diavolo  vede l'acqua santa".
Parimenti, mentre l'istituto Romagnoli, arroccato nella sua "torre d'avorio" delle competenze tiflopedagogiche  continua  denigrare l'inserimento scolastico e a formare nella omonima "scuola di metodo" educatori nell'ottica della istituzionalizzazione, nelle università italiane si vengono definendo metodologie innovative e didattiche inclusive, ma questo quasi sempre nell'ignoranza delle tematiche tiflologiche e delle specifiche esigenze dei disabili visivi, per le quali non vi è esperienza, né riflessione da parte della comunità scientifica.
E' in questo contesto che si viene definendo il "modello" di integrazione che avrà nel docente di sostegno l'elemento di novità sul quale "imperniare" il processo diinclusione.
Sull'onda di questa innovazione anche ai disabili visivi inseriti nelle scuole elementari e medie viene assegnato  il sostegno e quando nel 1988 , la sentenza 215 , aprirà le porte delle scuole superiori a tutti i disabili, i ciechi e gli ipovedenti, che  da sempre  e fino ad allora avevano frequentato autonomamente,  si vedono affiancare il docente di sostegno,  che, spesso,   è privo delle necessarie competenze specifiche.

Un modello organizzativo "estraneo" ai bisogni derivanti dalla disabilità visiva
Il modello  organizzativo di inclusione che si è  venuto consolidando è "indifferenziato"  in rapporto alle tipologie di disabilità, e  si è "modellato" ed evoluto principalmente in riferimento ai bisogni   della tipologia di disabilità   che risulta essere di gran lunga maggioritaria, strutturandosi  in relazione alle indicazioni della conseguente riflessione psicopedagogica che su questa si è sviluppata: la disabilità intellettiva con ritardo  di apprendimento.
Oltre a ciò, nel tempo, assistiamo sempre più spesso a comportamenti difformi da quanto stabilito dalla legge 517. Essa, definendo nel rapporto 1 a 4   il tempo di impiego e 'assegnazione alla classe" del docente di sostegno, ne prospettava il ruolo quale "mediatore" tra i bisogni  del disabile,  il consiglio di classe ed i compagni, con  una funzione di  stimolo del contesto a cogliere  e saper leggere i bisogni del disabile  e ad attivarsi per fornire le risposte idonee al suo apprendimento.
Essendo  la tipologia di handicap di gran lunga maggioritaria  quella  riconducibile alla disabilità intellettiva    con conseguente ritardo  e/o disturbi , più o meno gravi, di apprendimento,   il modello organizzativo  che si è venuto affermando è quello funzionale ai bisogni  relativi,   che trovano  risposta negli insegnamenti  e nella didattica differenziati con valutazione riferita agli obiettivi  personalizzati del PEI, più o meno indipendenti  (spesso addirittura estranei) dagli obiettivi comuni della classe. Il modello   organizzativo nel tempo si è allontanato sempre più  dalla  impostazione  prevista dalla legge  che, rispondendo al corretto concetto di inclusione,  voleva il docente di sostegno assegnato alla classe  a supporto (non in sostituzione) dei docenti curriculari . Questi, invece,  viene sempre più spesso considerato come docente "esclusivo"  del   e per il bambino disabile  ed a lui viene delegata la responsabilità    del suo apprendimento e del processo di integrazione. Il consiglio di classe , viene assumendo  un ruolo  sempre più estraneo al percorso educativo   del bambino disabile:  la stesura del PEI   , la definizione degli obiettivi didattici  e disciplinari  , (sovente slegati dal contesto degli obiettivi della classe e quasi mai veramente definiti e misurabili), la responsabilità  e la valutazione del loro raggiungimento sono affidati , quasi esclusivamente, all'opera del docente di sostegno.
E' in questo contesto educativo    che il suo numero di ore   viene interpretato  dai genitori ( e dai giudici quando chiamati a decidere) come "l'indicatore di riferimento"   a garanzia del successo   formativo  e del processo di integrazione. 
I giudici , chiamati in causa dalle famiglie che ricorrono contro lo scarso numero di ore di sostegno assegnate al loro "bambino" , riconoscono  in caso di grave disabilità la necessità del rapporto 1 a 1 , ed in alcuni casi anche di più.
Per comprendere quanto sia distorta questa interpretazione  pedagogica prima e "giuridica"  poi della  funzione del docente di sostegno,   basta pensare che essa si fonda sulla  determinazione del numero di ore da assegnare, non su una valutazione della complessità   del lavoro didattico , né del tempo occorrente per svolgere il lavoro didattico   necessario al raggiungimento degli obiettivi educativi  definiti nel P.E.I., ma quasi unicamente su una valutazione "socio-sanitaria", quando non assistenziale,  della disabilità che si fonda sulla gravità della minorazione indicata nella diagnosi.

Considerazioni sul  "modello mai nato"
Purtroppo questa distorsione  in negativo del modello organizzativo   di integrazione , non essendo mai nato un modello elaborato nello specifico per favorire l'inclusione dei nostri ragazzi,coinvolge anche i disabili visivi, prevedendo sempre l'assegnazione del docente di sostegno, ed inoltre, essendo la cecità assoluta considerata minorazione grave, ai genitori, che scontenti dei risultati dell'integrazione  del figlio fanno ricorso, il giudice assegna il  massimo delle ore di sostegno.
E' però necessario chiedersi se sia   lo scarso numero di ore di sostegno la vera causa dell'insuccesso scolastico : noi siamo certi di  no, se, come abbiamo ricordato, in tempi non lontani, i ragazzi ,dalla scuola media in avanti, frequentavano con successo le comuni scuole senza bisogno del docente di sostegno.
Per questo  è importante cercare di comprendere se, anche nella scuola di oggi dove i disabili visivi spesso fanno fatica ad apprendere ed a stare al passo con i compagni, non possa essere preso in considerazione un modello di integrazione non fondato sul docente di sostegno.
La prima considerazione emerge da quanto detto fin qui:  il  modello organizzativo di inclusione che si è consolidato in questi anni facendo  riferimento principalmente ai bisogni  derivanti dalla disabilità intellettiva e dal ritardo di apprendimento, tende a generalizzare il presupposto che l'alunno con disabilità (a prescindere dalla tipologia)  non riesca a raggiungere gli obiettivi comuni, ma necessiti di un piano educativo individualizzato e, conseguentemente, di un docente di sostegno. 
Anche per questo, il modello di inclusione si è "incardinato" sempre   più sul rapporto tra  alunno e docente di sostegno  ,  e  , delegando a quest'ultimo  le responsabilità dell'apprendimento, tende a  escludere gli insegnanti   curriculari dal loro ruolo di docenti nei confronti del ragazzo disabile e, interponendosi tra loro, ne  ostacola anche la comprensione delle modalità di "comunicazione e relazione".
La tendenza a riferire la disabilità al ritardo di apprendimento fa spesso dimenticare che il  ragazzo con disabilità visiva,  è dotato di normali capacità di apprendimento e è assolutamente in grado, se dotato dei giusti strumenti, di seguire con profitto le lezioni e di partecipare al lavoro didattico comune.
La presenza di un docente di sostegno, quasi sempre  con poche  (se non nulle)competenze in  tiflopedagogia e con vaga conoscenza degli strumenti  tiflotecnici e dei sussidi tiflodidattici,  non sapendo educare l'alunno  all'autonomia personale , né  essere capace  a predisporgli i materiali didattici necessari a permettergli di seguire con profitto le lezioni del docente curriculare, fornendo a quest'ultimo le informazioni necessarie per una corretta relazione con lui, anziché "facilitare" il processo di integrazione , ne diventa un ostacolo: egli si è "sovrapposto" al disabile visivo  nel rapporto con compagni e docenti ,  gli ha impedito di "crescere"  e di diventare autonomo nel suo operare quotidiano : non è difficile incontrare ragazzi di scuola media  e/o superiore che non possiedono un metodo di letto/scrittura diretta) , che non sono capaci di muoversi autonomamente all'interno dell'aula e della  scuola  e che, negli intervalli se ne stanno in un angolo con il docente di sostegno.
Per  questi soggetti poco servirà ricorrere al giudice per aumentare il numero delle ore di sostegno per garantirne il successo formativo.
Abbiamo accennato alla generale scarsa competenza specifica dei docenti di sostegno: è questa  una delle cause principali dell'insuccesso scolastico  e della mancata inclusione dei disabili visivi. Egli , se  non competente, non può svolgere un ruolo attivo di mediatore  tra i bisogni del ragazzo ed i docenti di classe, né può stimolare l'ambiente  a comprendere le modalità di relazione positiva con il disabile visivo e ne diventa  di fatto la "balia" . Con il suo atteggiamento protettivo ostacola, anziché favorire, lo  sviluppo delle sue autonomie personali, di movimento e di lavoro.
Sul piano della formazione  dei docenti , forse anche per esorcizzare lo spettro delle scuole speciali,  si  è  voluto per comodità   imboccare la  strada della "polivalenza",   quale unica  modalità formativa idonea a garantire il successo dell'inclusione, ma , anche in questo caso, via , via abbiamo assistito alla progressiva eliminazione degli insegnamenti specifici: a partire     dal 1995 con il D. M.  226  prima e presso le S.I.S.  dopo, fino ad arrivare al decreto 249 del 2011 di prossima attuazione, gli insegnamenti specifici sono quasi  (se non del tutto) scomparsi, con conseguente aumento degli insuccessi scolastici e dei percorsi di integrazione.

Un bisogno di specificità
A questo punto mi si dirà  che sono il solido  pedagogista cieco che rivendica gli insegnamenti tiflopedagogici specifici, dimenticando che il cieco  disabile visivo è prima un bambino poi un non vedente, che l'educazione  si rivolge allo sviluppo della persona e non può focalizzarsi sulla minorazione ,  per arrivare a dire che solo i ciechi ed i sordi, storicamente hanno avuto un percorso specifico, mentre tutti gli altri  disabili   sono stati sempre accomunati, e così via.
La formazione polivalente , ossia una informazione generale che, stante le sempre meno ore degli attuali percorsi formativi di specializzazione, rischia di diventare generica, sarebbe  utile ai docenti curriculari perché potessero farsi carico, così come dovrebbe essere, dell'insegnamento ai disabili inseriti nelle loro classi,  ma è assolutamente inutile per quel ruolo  di "mediatore"  di cui abbiamo accennato sopra, che dovrebbe svolgere il docente di sostegno.
I sostenitori ad oltranza della polivalenza   ci "accusano"  di "retroguardia" dicendoci che solo i disabili sensoriali hanno avuto  nel tempo percorsi formativi specifici,  quasi questo  , sia stato un errore del passato, da non ripetere e, soprattutto, da non rivendicare perché , diversamente, bisognerebbe dare risposta anche alle richieste di specificità provenienti dalle organizzazioni  di genitori dei ragazzi down, autistici dislessici, ecc.
 Senza voler entrare , in questa sede,  più nel merito del problema, mi limito a ricordare che  costoro sembrano   ignorare i progressi fatti dalle scienze psicologiche e dalle neuroscienze in questi ultimi anni  in merito alle  conoscenze specifiche  alle diverse disabilità intellettive e alle relative modalità di  approccio e di relazione positiva con i  singoli soggetti.
Ignorare  le richieste,   che arrivano dai genitori  di ragazzi con disabilità  visiva, e non solo,  che vedono la mancata "crescita culturale"  dei loro ragazzi, vuol dire non dar retta al "campanello di allarme"   che ci avvisa che questo nostro modello di integrazione , fondato sulla miglior legislazione d'Europa,   ma che spesso non produce gli effetti proclamati, è in pericolo.
Per rimanere  sui problemi dei nostri ragazzi  e delle loro famiglie: attualmente noi abbiamo un insegnante di sostegno che possiede le  conoscenze   generali per sapersi relazionare positivamente con il ragazzo disabile, conoscenze utili a svolgere magari un buon lavoro di "maternage" , ma del tutto inadeguate per svolgere un intervento didattico efficace mirato ad ottenere dal disabile visivo  quanto più possibile sul piano dell'apprendimento e su quello della relazione con l'ambiente. Per chiarire perché l'attuale modello organizzativo sia certamente inadeguato per l'inclusione dei ragazzi con disabilità visiva, mi rifaccio alle mie conoscenze relative alle molte situazioni di scolarizzazione di cui sono a conoscenza.
Al bambino, inserito a scuola, quasi sempre viene assegnato un docente di sostegno che non ha competenze di tiflopedagogia e non conosce i sussidi tiflotecnici e tiflodidattici. Se siamo all'inizio di un ciclo elementare come farà ad apprendere un sistema di letto/scrittura autonomo? Quand'anche il docente si  affrettasse per imparare il braille, saprà capire che il metodo che ah usato lui per impararlo, non è quello che gli servirà per insegnarlo al bambino? Ecc. Quali suggerimenti potrà dare ai docenti curriculari circa l'uso delle immagini e dei colori nel  lavoro didattico?  Come fare ad educarlo all'autonomia di movimento , ad insegnargli ad esplorare l'aula, ad andare ai servizi da solo. Eppure quel ragazzo ha capacità di apprendimento normali, il problema sta solo nel fatto che qualcuno  conosca gli strumenti idonei  per consentirgli di "comunicare" con il contesto. Lasciato senza indicazioni , inevitabilmente , dopo qualche mese egli comincerà ad avere un ritardo di conoscenze, che se non colmato si trasformerà in ritardo di apprendimento,, non perché  egli fosse "incapace", ma perché nessuno ha saputo  fornirgli  gli strumenti   per dargli "pari opportunità"  per  imparare a leggere e scrivere e per " comunicare" con gli altri,  e gli altri con lui, in modo idoneo. Un esempio  per  tutti se il docente di sostegno non conosce il  braille  , il bambino non potrà imparare un modo autonomo di scrittura e di lettura e, necessariamente, non riuscirà a seguire il lavoro didattico della classe e, pian,piano il divario con i compagni aumenterà. I genitori e i docenti della classe , preoccupati, l'anno successivo richiederanno un incremento delle ore di sostegno, il che  farà lievitare la spesa, senza però  migliorare il servizio.
Questa la situazione di molti ragazzi con disabilità visive inseriti nelle nostre scuole e le principali cause del loro disagio   e delle loro difficoltà di apprendimento.

Una risposta concreta
Come si vede per garantire il successo al processo di inclusione dei ragazzi con disabilità visiva, manca un intervento capace di fornire gli elementi conoscitivi specifici al contesto perché possa diventare "accogliente" nei suoi confronti, così da consentirgli "pari opportunità" di accesso e che, nel contempo, sia in grado di fornirgli  tutti gli strumenti  ed i suggerimenti utili  al raggiungimento della sua autonomia personale, di movimento  e nel lavoro didattico.
Si tratta di una figura capace, non tanto di intervento educativo   o didattico ,ma in grado di fornire un supporto "tecnico specifico" rivolto al  disabile ed al "contesto" (docenti curriculari, personale A.T.A. , compagni, ecc), per mettere il non vedente in grado di muoversi ed  orientarsi nell'ambiente, di  comunicare con gli altri e di possedere gli strumenti per un autonomo lavoro didattico e,  contemporaneamente di sensibilizzare gli altri (docenti e compagni) a "sapersi relazionare con lui in modo positivo e a saper leggere" i suoi bisogni di aiuto.
Come spesso avviene nella legislazione italiana non c'è una nuova legge da scrivere, né una nuova figura da inventare, basta  far emergere dal "limbo" e chiedere  la presenza  nella scuola del "assistente/facilitatore" della comunicazione "figura prevista dall'art. 13 comma C della legge 104/92, la sua presenza consentirebbe di ridurre al minimo  le ore del docente di sostegno (se non soprattutto nelle superiori, di eliminarle). Prima, però, occorre, riprendere la norma, per definire  il "profilo" professionale e  il percorso formativo  di questa figura.
L'I.RI.FO.R. con l'Università La Sapienza di Roma  ha cominciato a farlo progettando il primo Master per " Assistente/facilitatore alla comunicazione e all'autonomia personale per disabili sensoriali" che verrà realizzato nell'anno accademico 2012/13.

Luciano Paschetta
Responsabile operativo commissione nazionale istruzione

Istruzione: Corsi di riconversione

Autore: Luciano Paschetta

In riferimento ai corsi previsti dal M.I.U.R. per riconvertire  i docenti soprannumerari che volontariamente  abbiano chiesto il passaggio sul sostegno, l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, che unitamente alle altre associazioni, aveva richiesto e ottenuto, il 10 gennaio, il ritiro del precedente decreto che prevedeva corsi di riconversione on line di sole 120 ore, nel ribadire la generale mancanza di competenze in relazione alla disabilità visiva del personale di sostegno, tuttavia nello specifico, ritiene di poter condividere la proposta formativa attualmente prevista per i docenti in servizio.
Proposta elaborata, a suo tempo, da un apposito gruppo di lavoro al quale hanno attivamente partecipato, i rappresentanti della Fand e della FISH e che ora, applicata, si sta avviando per permettere la riconversione dei docenti soprannumerari interessati.
Il percorso, realizzato dalle Università, prevede 60 CFU, da acquisire attraverso lezioni teoriche, laboratori e tirocinio formativo. Unica concessione, stante la dispersione sul territorio dei formandi è data dalla frequenza on line del 50% delle ore di teoria.
Consapevoli che la specializzazione dei docenti incide sulla qualità dell'inclusione, riteniamo che il percorso formativo proposto, rappresenti, nella situazione data, un significativo sforzo e una sufficiente garanzia tra le necessità degli alunni con disabilità e il bisogno dell'amministrazione, di riutilizzare in modo efficace in una nuova funzione il personale in soprannumero che volontariamente ha chiesto di passare sul sostegno.